LE RAGIONI DI MARCO SONO LE RAGIONI DI TUTTI
di Iuri Maria Prado
(Il Giornale, 14 novembre 1997)
Inizio a pensare a questo articolo alle ore 0.30 di ieri, giovedì 13 novembre, dopo aver letto il comunicato con cui Marco Pannella, poche ore prima, annunciava la propria intenzione di cominciare uno sciopero assoluto della sete e della fame, interrompendo le cure cui è stato sottoposto in seguito al recente ricovero per ischemia cerebrale.
I medici assicurano che, nelle condizioni in cui si trova, Marco Pannella risentirà 'nel giro di ore' della mancata assunzione di cibo e liquidi e dell'interruzione delle cure. Questo significa che Marco Pannella sarà in pericolo definitivo di vita se adesso, mentre i quotidiani arrivano in edicola, non avrà ancora interrotto lo sciopero e ripreso a sottoporsi alle cure mediche. Marco Pannella ha deciso di mettere in gioco la propria vita quest'altra volta, consapevole del fatto che può trattarsi della soluzione finale 'nel giro di ore', perché ritiene non ulteriormente tollerabile l'assoluta esclusione della propria persona, dei rappresentanti del proprio movimento politico, delle iniziative politiche dell'area radicale, da ogni luogo dell'informazione politica e, più in generale, perché denuncia e non può tollerare l'esclusione scientificamente meditata ed eseguita di ogni possibilità di rendere pubblica l'esistenza di proposte e attività politiche radicalmente alternative rispetto a quelle che il regime d
ell'informazione ammette. Il "giudizio" che Pannella dà di questa situazione è che si tratta di un attentato alle libertà civili, politiche e democratiche, di una tale gravità e tanto carico del rischio di diventare progressivamente tragico e portatore di tragedie, da giustificare questa sua estrema iniziativa.
Su tale "giudizio" si può essere d'accordo o no. Ma si fonda su 'fatti', su documenti i quali debbono essere pubblicati, debbono essere conosciuti, salvo poi il diritto di chiunque di considerare secondo il proprio criterio se tali fatti e documenti descrivano la situazione che Marco Pannella denuncia. I dati per stare solo agli ultimi mesi - illustrano la letterale "inesistenza", e la pratica "clandestinità" di un movimento politico per cui hanno votato centinaia di migliaia di cittadini; che ha raccolto dodici milioni di firme per venti quesiti referendari; che ha sottoposto secondo Costituzione all'elettorato un fascio di proposte di abrogazione legislativa su temi fondamentali; che ha ottenuto oltre dieci milioni di voti favorevoli a tali proposte; che fa precise (giuste o sbagliate) proposte per la riforma della legislazione sulla droga, sul finanziamento pubblico dei partiti, sulla sanità, sul lavoro, sulle privatizzazioni, sul fisco, sul sindacato, sul sistema elettorale.
Che un tale movimento politico debba per ottenere che il sistema dell'informazione dia conto di tali iniziative e modo a chi le assume di spiegarne le ragioni ridursi a travestire da fantasmi i propri militanti, che si incatenano, si fanno arrestare digiunano e quant'altro e ciò nonostante, in violazione di ogni regola di diritto positivo e di deontologia, l'informazione continui la propria opera di censura e addirittura impedendo che vengano diffusi, neutralmente, questi "dati", ebbene tutto ciò non è più questione che riguardi Marco Pannella e la sua vita: riguarda tutti e la vita di tutti, l'essenza e la vita della democrazia.
Se i "dati" sulle presenze (assenze) delle iniziative radicali e riformatrici nei luoghi dell'informazione politica non saranno diffusi e se non si consentirà dunque all'opinione pubblica di formarsi un giudizio sull'aderenza civile e democratica di questa situazione, allora il dramma non sarà (come oggi non è) di Marco Pannella e del suo movimento, ma di ogni partito politico, di ogni osservatore, di ogni cittadino con facoltà di influenza che si afferma democratico.