GIOVANNI NEGRI SI RIVOLGE CON UNA LETTERA APERTA AL CONSIGLIO NAZIONALE DEL PSDI CHE SI RIUNISCE OGGI E PROPONE DUE MOZIONI SULLA DROGA: DISSOCIAZIONE DEL PSDI E COMUNQUE PIENA LIBERTA' DI COSCIENZA DEI PARLAMENTARI. "ANCHE SUL PIANO GENERALE, CARI COMPAGNI, OCCORRE SCEGLIERE: O UN NUOVO PSDI O IL RITORNO A CRISI INTERNE E ANNESSIONI INTERNE."
Roma, 27 settembre -N.R.- Pubblichiamo in allegato ( pagine
ALL. 1/ 2/ 3/ 4) la lettera aperta di Giovanni Negri ai consiglieri nazionali socialdemocratici in occasione della riunione odierna.
Pubblichiamo di seguito le due mozioni presentate da Negri al CN.
1) Il Consiglio nazionale del PSDI non condivide l'involuzione della posizione governativa in materia di droga; conferma e fa propri i rilievi critici da tempo formulati dal Segretario del partitoad una impostazione inutilmente repressiva e destinata all'inefficacia o addirittura a gravi effetti controproducenti sul piano della lotta alla droga e al traffico di stupefacenti; invita i parlamentari del PSDI a dissociarsi da essa, promuovendo iniziative legislative volte ad assicurare un assai più ampio consenso politico e parlamentare procedendo allo stralcio di quegli articoli della proposta di legge governativa apertamente criticati da ampi settori della maggioranza.
2) Il Consiglio nazionale del PSDI, constatata la pluralità di opinioni manifestatesi all'interno del partito su una questione di cuciale importanza civile, sociale e politica quale la lotta alla droga e al traffico di stupefacenti; afferma la piena libertà di coscienza di tutti gli iscritti al partito e - in relazione alle diverse proposte di legge attualmente in discussione al Senato - di tutti i parlamentari socialdemocratici.
Mi rivolgo a voi con un documento scritto per sollecitare il vostro sostegno ad una iniziativa nonviolenta e formalizzare una proposta di deliberazione del nostro consiglio nazionale.
A meno di fatti nuovi o di seppur parziali, minime correzioni di una situazione che ormai si protrae da mesi, e' infatti mia intenzione intraprendere fra dieci giorni esatti (a partire dal 7 ottobre) un digiuno nonviolento affinchè la RAI e la Fininvest assolvano all'elementare compito sin qui eluso di garantire all'opinione pubblica un equilibrato e libero contraddittorio fra tesi diverse sul tema di maggiore attualità politica nazionale e internazionale: la lotta alla droga, all'immenso potere mafioso che sul traffico di droga si fonda, al palpabile degrado che esso provoca nelle nostre società.
Come ho avuto modo di illustrare al Presidente e al direttore generale della RAI, tutti i rilevamenti quantitativi e qualitativi dell'informazione televisiva indicano come non ci sia più teleschermo italiano che non sia invaso, ossessionato da un monocorde "antidroghismo ufficiale" che ha assunto le forme di una campagna la cui grossolanità è pari solo all'intensità, fondata su un uso distorto della questione droga e dei potenti microfoni che la amplificano.
Mentre è in corso il dibattito legislativo non una sola voce critica o dissenziente è stata sin qui ospitata, tollerata o ammessa all'esercizio di quel libero confronto delle opinioni senza il quale non vi è democrazia ma solo una campagna di intossicazione che all'ombra di presunti valori etici spaccia persuasione occulta e sfacciato sostegno ai paladini della nuova Crociata Nazionale per la quale siamo tutti - e il PSDI naturalmente in primo luogo - chiamati a credere, obbedire, combattere in qualità di truppa di complemento da trincea parlamentare.
Spero che coerentemente con quanto mille volte affermato nei mesi scorsi a tale Crociata il partito non partecipi e che per quanto possa risultarci estraneo un strumento di lotta quale il digiuno nonviolento il PSDI eserciti, nelle forme che più riterrà opportune, tutto il peso di partito di maggioranza e di governo affinchè a partire da questo tema di cruciale importanza civile, sociale e politica si affermino infine le esigenze di una informazione libera e democratica.
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Preferisco del resto avanzare puntuali ed attuali proposte scritte piuttosto che attardarmi e annoiarvi con un intervento diretto al passato che avrebbe il sapore di un tedioso cahier de doléances. Credo sia a tutti noto come avessi a più riprese, invano sollecitato un vero confronto politico sulle prospettive del partito. Respinto il torbido disegno annessionistico del PSI e garantita la sopravvivenza elettorale mi parevano a maggiore ragione indispensabili alcune scelte di grande coraggio per rimuovere le cause strutturali di crisi e lacerazioni interne, aggressioni esterne, sostanziale paralisi dell' iniziativa. Altro insomma non chiedevo che un tentativo di elaborare insieme politica, rinnovare i metodi di lavoro, aprire il partito a quanto di nuovo era interessato a un PSDI che - superato il pericolo di un attacco mortale - poteva prediligere il rinnovamento piuttosto che vecchie logiche, destinate a garantire finte sicurezze e finta prospettiva. Il rifiuto di fatto opposto a tale tentativo è stato un
tuttuno con il più scontato riproporsi delle logore logiche " di sempre", quasi che esse siano estranee alle difficoltà che hanno colpito il PSDI in questi anni. Solo una ragionevole prudenza e il doveroso rispetto verso gli organi del partito mi hanno per mesi indotto a non manifestare il mio dissenso da scelte che a tuttoggi mi paiono quanto meno dubbie e certo infeconde sul piano dell'opportunità politica, quali:
1. la partecipazione al governo Andreotti senza porre alcuna visibile condizione politica, senza l'evidenza di uno specifico ruolo riformatore, senza alcuna azione che si sia rivelata capace di qualificare la presenza governativa. Una linea che al momento sembra inchiodare il partito, agli occhi dell'opinione pubblica, al ruolo di partner subalterno della coalizione. E se questo sembra, in politica non possiamo ignorarlo.
2. L'automatica approvazione di un atto lesivo dello stato di diritto quale il decreto legge governativo di ulteriore prolungamento dei termini di carcerazione preventiva. Atto estraneo alle più importanti e antiche tradizioni giuridiche del socialismo democratico, che ci appiattisce su una cultura di governo emergenzialista che fin troppi danni ha creato alla civiltà giuridica e al concreto governo dell'ordine pubblico. Su questo punto dobbiamo sapere una volta per tutte se le nostre radici affondano negli anni di piombo o nella cultura dei diritti civili.
3. L'inadeguata e scontata sottovalutazione delle prossime elezioni romane e la conseguente liquidazione della proposta di un rassemblement democratico-riformatore per Roma, volto a liberare la capitale dall'ipoteca del malaffare e ad affermare una svolta di metodo e costume politici. La lista Nathan avrebbe non solo salvaguardato i perimetri di influenza del PSDI fra i cittadini, clientelari o no che siano, e assicurato comunque il massimo di resa anche elettorale. La rinuncia a tale ipotesi ha per contro regalato ad altre formazioni un ruolo che doveva spettare alle forze laico-socialiste, assegnato al PSDI l'identità e l'immagine di partito di sottopotere, consentito l'ancor più triste equivoco di un presunto candidato laico-socialista a sindaco di Roma, laddove la candidatura Carraro è espressione non della nostra aerea politica bensì di quella di Giulio Andreotti.
4. Una serie di inutili atteggiamenti di sottovalutazione dell'apporto dato al PSDI dell'area radicale: sia di coloro che come me sono oggi dei puri e semplici iscritti che di tutti i compagni che non hanno esitato a condurre una intera campagna elettorale a difesa del PSDI e della sua vita. All'amicizia radicale si è a più riprese risposto con una miope ed ingenerosa interpretazione dei dati elettorali (per quanto mi riguarda ho ad esempio dovuto fare i conti con la netta ripulsa dell'elettorato di opinione a fastose, aggressive, costosissime campagne elettorali certo utili per aumentare le preferenze personali ma di ancor più sicuro ostacolo alla crescita del complessivo perimetro elettorale) che con stupidi attacchi politici. Valga per tutti quello mosso dall'Umanità all'aerea Verde-Radicale, accusata di "ecologismo filo-PCI". Area tutt'al più tacciabile di ecologismo filo-PSDI, avendo un suo autorevole esponente persino ancora in tasca la tessera del PSDI, presa per solidarietà in tempi non precisament
e "facili".
A tali considerazioni potrei aggiungere alcuni rilievi di metodo, dalla stranezza di un Consiglio Nazionale che è l'ultimo organo di partito italiano ad essere convocato (e per poche ore) dalle elezioni ad oggi, alla scelta della segreteria di ignorare non solo l'apporto dato nel passato da compagni quali Mimmo Modugno, Lorenzo Strik-Lievers, Antonio Stango ma persino l'apporto che questi ed altri compagni intendevano dare per il presente e per il futuro.
Cari compagni e soprattutto caro Cariglia,
se scrivo queste cose è perchè vorrei che le energie riformatrici, la fiducia nella propria funzione, il senso alto della propria storia riesplodessero nel socialismo democratico liberale e libertario italiano, nel nostro partito e non anche e soprattutto altrove. Se scrivo queste cose è perchè da molti anni a questa parte non solo io ma tutti i radicali vi hanno assicurato - non dimenticatelo: senza corrispettivi - costante attenzione ed amicizia in nome di un disegno politico e rifiutando la logica, dentro e fuori il PSDI, delle polemiche e delle lotte selvagge per conquistare le possibilità di lavoro politico. Ed è in fondo significativo che da molti mesi sia io che molti altri compagni abbiamo dovuto scegliere fra l'assenza di iniziativa e lavoro per il partito e la definitiva rinuncia a farlo.
Occorre scegliere: o l'emergenza della sopravvivenza lascia il posto all'opera del nuovo PSDI, oppure il PSDI altro non ha fatto che riguadagnare condizioni che rendono inevitabili e fatali le aggressioni e le annessioni.
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Accantonata comunque la più o meno limpida "acqua passata" urgono alcune decisioni. Non è in gioco l'ovvio diritto alle proprie opinioni sulla droga di ciascun socialista democratico. E' in gioco la traduzione in legge di una Crociata politico-morale destinata ad un drammatico fallimento sul piano del merito della "lotta alla droga" ma - in assenza di adeguate iniziative - alla vittoria del suo obiettivo reale: un ricatto contro gli altri partiti della maggioranza, una criminalizzazione del dissenso, un'esplosione di demagogia e moralismo autoritari.
Non posso ritenere che il segretario del PSDI, che quattro mesi fa definiva testualmente tale Crociata come "indegna di un socialista" e si spingeva ad aderire alle proposte di referendum per la depenalizzazione, abbia oggi cambiato idea o rinunci a darle coerente traduzione politica in omaggio alla quietudine ed al calderone governativo. Nè voglio per contro vincolare il partito o i suoi esponenti alla posizione antiproibizionista che pure raccoglie nel Paese i crescenti consensi di cittadini e personalità che non intendono subire rozzi lavaggi del cervello e che - come ho gridato in alcune decine di piazze d'Italia sotto il simbolo del PSDI e con decine di esponenti del PSDI - rappresenta a mio avviso la più ragionevole e democratica risposta allo strapotere criminale che dal proibizionismo è alimentato e foraggiato.
Ho quindi il dovere di esercitare fino in fondo, su tale questione, i miei diritti di consigliere nazionale. La rozza Crociata antidroghista che ci si propone non è dignitosa sul piano civile e democratico ed è irresponsabile ai fini della razionale ricerca di soluzioni ad uno dei più gravi problemi del nostro tempo.
Nel confermare perciò la richiesta di un sostegno ad un'azione nonviolenta volta comunque a garantire le possibilità di confronto democratico attraverso i mezzi di comunicazione di massa, allego a questo documento due bozze di mozione. La prima tende a respingere l'involuzione autoritaria della posizione governativa sulla droga patrocinata dal PSI e da una parte della DC, con l'annuncio che il partito non può oltre tollerarla e non esiterà a dissociarsi. La seconda - raccogliendo anche l'indicazione di altri consiglieri come Massimo Nicolazzi - tende ad affermare la piena libertà dei parlamentari del PSDI nell'esercizio del loro voto sulle proposte di legge in discussione al Parlamento.
In conclusione credo che ciò che il Consiglio nazionale non deve evitare di fare o non deve illusoriamente rimandare è il passaggio all'iniziativa politica, a nuove e piene ambizioni del nostro partito. Oltre tutto solo in tale modo credo si possano superare i rischi di logoranti ed inconfessabili scontri di potere, sottopotere, questioni private che come sempre prendono corpo nel vuoto di tensione e di autentica iniziativa politica.