Prendo atto che il sottoscritto, come titolare in Commissione Esteri del PSDI e come partecipante alla delegazione recatasi in Sudafrica, non è stato invitato alla odierna conferenza stampa.
Potrei scherzosamente dire che anche per la presidenza della Commissione esiste qualche forma di "apartheid", per l'appunto nei mei confronti. Ma il fatto è - nel metodo e nello stile - francamente grave e urtante.
Ciò precisato, formalizzo ed esplicito la mia posizione (evidentemente eterodossa e perciò mal digerita) sul Sudafrica.
Io non faccio parte del coro, ipocrita e corrotto, dei partiti che di giorno guidano i cortei anti-apartheid e per le sanzioni al Sudafrica, per poi la sera stipulare affari e cooperazione con regimi sanguinari e totalitari come quelli di Barre, Menghistu o Mobutu.
Le sanzioni al Sudafrica (unico paese del continente dove nessuno muore di fame, unico paese che ospita e da lavoro a due milioni di immigrati di colore, unico paese africano verso il quale esiste un colossale flusso migratorio di popolazioni nere) o vanno immediatamente ritirate o - per un minimo di decenza e decoro - dovrebbero accompagnarsi ad analoghe sanzioni economiche verso i regimi totalitari africani (quali la Somalia, l'Etiopia o lo Zaire), questi sì letteralmente assassini e negatori dei diritti umani di milioni di bambini, donne, uomini di colore.
Il guaio è che questi ultimi sono ottimi clienti e finanziatori di buona parte della partitocrazia italiana.
E se qualcuno ha ritenuto che affermando "Il Sudafrica è una vergogna", il Ministro degli Esteri avesse finalmente compiuto altro che un'ennesima gaffe, mi pare si sia sbagliato.
Dalla non-visita a Gheddafi, agli improvvisi mutamenti di bussola negli investimenti (da Sud a Est sino all'incarico Onu a Craxi, poi da Est a Sud altrettanto repentinamente), al millenarismo futuristico noioso e inconsistente che sempre più pare connotare i suoi interventi, anche quest'ultima dichiarazione è stata un errore. E il tempo si incaricherà di dimostrarlo assai rapidamente.