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Bandinelli Angiolo - 23 marzo 1973
Esplodono le contraddizioni
di Angiolo Bandinelli

SOMMARIO: Bandinelli fa un rapido quadro della situazione di crisi nella quale versa il paese e le sue istituzioni. Le notizie più scottanti e scandalose sugli scandali di regime diventano di dominio pubblico, e ciò è il sintomo del dilagare della crisi. Bandinelli ribadisce la posizione dei radicali come oppositori del regime, sicuramente isolati, ma nè delusi nè scoraggiati. Manca la chiarezza degli obiettivi, manca la consapevolezza di indicazioni civili e politiche caoaci di trasformare spinte in distinte in un movimento politico, manca un Parlamento laico. Sono questi i compiti a cui il Partito Radicale deve dedicarsi, con pazienza e tenacia.

(NOTIZIE RADICALI N. 191-192, 23 marzo 1973)

"Si moltiplicano non solo i sintomi, ma ormai anche le denunce, dello sfacelo del paese e delle sue istituzioni. Quello che veniva fatto apparire, ancora ieri solo rigore moralistico di minoranze "radicali", è oggi "analisi" politica, e persino disinvolto giudizio giornalistico. Partiti democratici e parlamento appaiono privi di risorse, incapaci di fornire una decente indicazione per un serio rovesciamento di tendenza. E divengono di dominio pubblico le notizie più scottanti, riservate fino a ieri alla cerchia di iniziati che impunemente si arrogava il privilegio di farne oggetto non già di iniziativa, ma di pettegolezzo.

Che su "L'Espresso" non si elude il nome del socialdemocratico Preti come di uno dei "terminali" di un abusiva industria telefonica di stato; che Mancini, riferendosi ai grandi padroni dell'industria pubblica, li additi come "intercettati-intercettatori"; che vengano ampiamente forniti gli indirizzi delle sedi dalle quali questo o quelli dei "corpi separati", delle "polizie parallele", organizza i suoi posti di ascolto; che si racconti come ormai la pistola sia divenuta quasi normale argomento di contrattazione; che lo stesso termine di "regime" cominci a circolare e divenire ovvio, sono sintomi, non cause, del dilagare della crisi.

D'improvviso, il paese si accorge di essere respinto ai margini dell'Europa, dei suoi problemi, dei suoi valori, della sua dinamica, della sua classe operaia (e produttiva).

Che l'ingrato destino di svelare questa realtà sia spettato al più anglomane ed "europeista" dei nostri politici, l'on. Malagodi, non è che un motivo in più di ironia. Così come non muta nulla il fatto che siano gli antifederalisti del PCI ed il "mediterraneo" Fanfani, da sempre lapiriano, a scandalizzarsi di questo. La realtà è quella che da sempre denunciamo. Chi oggi raccoglie i suoi frutti è quella sinistra democristiana che più coerentemente ha raccolto ed interpretato i valori ideologici del fascismo, adattandoli al postfascismo, indirizzando questo sui binari del corporativismo e dello stato assistenziale, del clericalismo e dell'interclassismo, dell'antieuropa e della morale contadina e controriformista. Un solo merito riconosciamo a questa classe: quella di averci rivelato quanto falsi e retorici, quanto esili e fragili fossero i fondamenti dello "Stato di diritto", quanto arretrata fosse persino la lotta di classe, nel nostro paese.

In tale quadro, la disputa sulla durata del governo Andreotti diviene ridicola persino per l'uomo della strada più ignaro dei giochi di potere. In fondo Andreotti, da questa polemica, finisce anche col guadagnare (e magari cadrà solo per la "gelosia" altrui). In fondo, questa "eminenza" della nostra vita politica interpreta fin troppo bene la cruda realtà della situazione italiana. Ed è riuscito persino a consolidare l'unica forma di reale bipartitismo consentito dalle istituzioni e dalla fradicia prassi trasformista corrente. Ributtandolo all'opposizione, forse è persino riuscito a salvare il partito socialista dall'opportunismo della sua classe dirigente.

Dinanzi e di fronte al regime, soli ed incerti i pochi oppositori. Eppure, il paese non appare né passivo né consenziente alla sua rovina. Possiamo (e dobbiamo) fare tesoro della nostra esperienza: mai come oggi battaglie di libertà incontrano la adesione di grandi masse popolari, di "gente". Temi ed obiettivi difficili incontrano la maturità dell'attesa, la simpatia del consenso pieno. Ma se anche guardiamo ad altri, a lotte diverse dalle nostre, non siamo delusi né scoraggiati. Persino la stampa di informazione è superiore alla classe politica, partecipa, sia pure con squilibri e con incertezze, al rinnovamento, segue se non guida l'ottimismo e le speranze.

Certo, manca ancora la chiarezza degli obiettivi, manca la consapevolezza e la precisione di indicazioni civili e politiche capaci di trasformare esigenze e spinte indistinte in un movimento politico realmente alternativo e vincente, unitario nella ricchezza e nella diversità delle esperienze e dei punti di partenza. Manca, checché se ne dica, il Parlamento laico della lotta al regime, alla democrazia cristiana. Ancora una volta lo ripetiamo: questo è il compito cui dobbiamo dedicarci, pazientemente e tenacemente, come radicali anticlericali, divorzisti, antimilitaristi, libertari ed antiautoritari".

 
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