di Franco BricolaSOMMARIO: Due questioni vengono essenzialmente affrontati nel corso del convegno, quella dell'istituto del referendum che progetti di legge comunisti, socialdemocratici, democristiani sottopongono a revisioni più o meno decise e il disegno di legge governativo in tema di ordine pubblico. Questi due temi vengono affrontati in relazione ai principi stabiliti dalla Carta Costituzionale.
("REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE", Rispondono i giuristi. Atti del convegno giuridico organizzato dal gruppo parlamentare radicale - A cura di Ernesto Bettinelli e Luca Boneschi - Tascabili Bompiani, marzo 1978)
Mi limito ad alcune precisazioni. Nel suo intervento, assai polemico, in difesa del disegno di legge ``in materia penale e di prevenzione'' Neppi Modona, pur sottraendosi a quell'atmosfera di metafisica giuridica, nella quale - a suo dire - sarebbe stata immersa la mia relazione, non mi pare che sia riuscito a fornire lumi rassicuranti sulla nozione di ``atti preparatori obiettivamente rilevanti diretti a...''. Barile, dal canto suo, ha affermato che il disegno di legge segnerebbe, quanto alla formula anzidetta, un progresso, sul piano del rispetto dell'esigenza di tassatività, nei confronti della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (``Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la moralità''): mentre quest'ultima colpiva atteggiamenti personali, l'art. 21 del disegno di legge farebbe riferimento a presupposti di tipo oggettivo. Il discorso non mi sembra persuasivo. Infatti: la formula normativa della quale si discute rimane una vera e propria ``mostruosità giuridica'', ch
e cela il disegno di colpire soggetti o tipi di soggetti e che raggiunge il suo vertice se rapportata a quelle fattispecie che già si concretano in ``atti diretti a...''. Anche Neppi Modona ha dovuto riconoscere quest'ultima stortura, pur sottolineando il carattere marginale nel contesto normativo generale ed ha invitato il legislatore a porre rimedio all'``infortunio''. Il disegno ``recondito, ma non troppo'' si appalesa ove si consideri la seguente alternativa. La formula può, da un lato, farsi coincidere con quella del tentativo attraverso i passaggi argomentativi già sviluppati nella mia relazione; in tal caso la nuova norma sarebbe inutile e le si potrebbe attribuire soltanto il compito di perseguire il sospetto del tentativo e, quindi, atteggiamenti personali o tipi soggettivi. D'altro canto, se si toglie rilievo (e altro non potrebbe averne) al requisito dell'"obiettiva rilevanza" e si toglie "univocità" alla direzione degli atti, ci si muove in una zona grigia precedente il tentativo, nella quale div
enta precario individuare comportamenti tipici e si apre la porta alla repressione di determinate persone sulla base di semplici sospetti, o meglio, se è valida l'ipotesi che si è formulata, si legittima l'arresto provvisorio come strumento per giungere alla prova di determinati reati.
Neppi Modona ha ulteriormente insistito sulla difficoltà di soluzioni ``alternative'' a quella prescelta dal disegno di legge. In realtà nella mia relazione mi ero fatto carico di individuare almeno due soluzioni possibili (incriminazione di specifici atti preparatori ben determinati, ovvero applicazione di misure di sicurezza, sulla scia dell'art. 115 del codice penale, per una tipologia di atti preparatori ulteriori e connotati da certi riscontri obiettivi): soluzioni però, che non vanno anch'esse esenti da rinunce sul piano delle garanzie costituzionali e che possono scontrarsi con la difficoltà di tipicizzare atti preparatori. Senonché, se ciò è esatto, proprio queste soluzioni ``alternative'' diventano (e non a caso sono state eluse dal disegno di legge) il banco di prova per constatare l'impossibilità o l'ingannevolezza di una tipizzazione di comportamenti preparatori e, quindi, la sola possibilità di colpire il sospetto.
E ancora. Senza voler evocare le polemiche sulle legittimità costituzionali delle misure di prevenzione (sia la linea più rigorosa, che quella meno rigorosa di opposizione alle medesime dovendosi considerare ormai sconfitte), ho inteso nella mia relazione richiamare l'attenzione, soprattutto dei costituzionalisti presenti, sulla illegittimità ex art. 13 della Costituzione di un arresto che, nato come provvisorio, si trasforma in custodia preventiva e diviene praticamente una forma di carcerazione preventiva non funzionale all'applicazione di una pena o di una misura di sicurezza, ma di una misura di prevenzione. Quanto la libertà personale esca ``tutelata'' ed ``inviolabile'' da una simile linea di tendenza lascio alla loro considerazione. Esigevo sul punto una risposta che non mi è fino ad oggi pervenuta.
Dice Neppi Modona: il disegno di legge viene incontro ad un'ansia di sicurezza che sale nel Paese. Mi domando se non spettava proprio alle forze di sinistra il compito di colmare, attraverso un delicato processo di sensibilizzazione delle masse, il divario esistente tra spinte emotive che, abbandonate a se stesse, potranno arrivare sicuramente fino alla richiesta della reintroduzione della pena di morte, e la soluzione razionale dei problemi di politica criminale.
Non è parimenti possibile difendere, come fa Neppi Modona, il disegno di legge, asserendo che ben più repressive erano le richieste formulate dalla Democrazia cristiana. Questo tipo di ragionamento è espressione di una linea politica (e, quindi, anche di politica criminale) "subalterna" da parte delle forze di sinistra che si sperava fosse terminata dopo il 20 giugno. D'altro canto non va dimenticato che la spirale repressiva messa in moto dalla Democrazia cristiana e dalle forze conservatrici non è destinata ad arrestarsi con il disegno di legge del quale si discute.