Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi sanitarie (pesticidi)SOMMARIO: Scheda sul referendum contro i pesticidi, promosso da DP e Verdi. Sentenza della Corte costituzionale
(CAMERA DEI DEPUTATI - QUADERNI DI DOCUMENTAZIONE DEL SERVIZIO STUDI - IL REFERENDUM ABROGATIVO IN ITALIA: LE NORME, LE SENTENZE, LE PROPOSTE DI MODIFICA, Roma 1981 - Aggiornamenti successivi)
16 marzo 1989: annuncio della richiesta (G.U. 63/1989)
15 luglio 1989: presentazione della richiesta
19 dicembre 1989: Ordinanza Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione che dichiara legittima la richiesta
18 gennaio 1990: Sentenza n. 64 della Corte costituzionale che dichiara la ammissibilità della richiesta
26 marzo 1990: D.P.R. di indizione del referendum
3 e 4 giugno 1990: Svolgimento del referendum
3 luglio 1990: Verbale dell'Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione che accerta, a norma dell'art. 36 della legge n. 352/1970, che alle votazioni per il referendum non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto, così come richiesto dall'art. 75 della Costituzione
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CORTE COSTITUZIONALE
SENTENZA 18 GENNAIO 1990 N. 64
(...)
"Considerato in diritto":
1. - Preso atto del mancato intervento del Governo e dell'inammissibilità (ex art. 33, terzo comma, l. 25 maggio 1970 n. 352) di quello dell'associazione "Agrofarma", pronunciata dalla Corte, in conformità della precedente giurisprudenza (sent. n. 28 del 1987), con l'ordinanza del 16 gennaio 1990, occorre accertare la sussistenza o meno dei requisiti di legittimità della richiesta di referendum oggetto di esame. A tal fine si deve stabilire se ricorrano i limiti espressamente previsti dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o comunque impliciti nel sistema, relativi alle normative non suscettibili di consultazioni referendarie abrogative, ed accertare altresì se la struttura del quesito proposto risponda alle esigenze di chiarezza, univocità ed omogeneità, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di ammissibilità delle domande referendarie.
2.1. - Oggetto della richiesta di referendum abrogativo è la "seconda parte" della lett. h) dell'art. 5 della legge 30 aprile 1962, n. 283, la quale prevede che "il Ministro della sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento e la raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo".
Tale disposizione attribuisce dunque al Ministro della sanità il potere discrezionale di determinare il limite del divieto posta dall'art. 5, lett. h), "prima parte", della legge citata, secondo cui "è vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari: - "omissis" - che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze immagazzinate, tossici per l'uomo".
Va precisato che la materia dei residui tossici nelle sostanze destinate alla nutrizione forma oggetto di direttive comunitarie emanate successivamente alla legge predetta ed in particolare di quella n. 76/895 del 23 novembre 1976 che fissa le quantità massime di residui di antiparassitari consentite sugli e negli ortofrutticoli, la quale, dopo aver enunciato negli artt. 1 e 2 i prodotti cui si riferisce, stabilisce all'art. 3 (paragrafo 1) che: "Gli Stati membri non possono vietare o ostacolare l'immissione in circolazione sul loro territorio dei prodotti di cui all'art. 1 a motivo della presenza di residui di antiparassitari, se la quantità di questi residui non eccede le quantità massime fissate nell'allegato II" (paragrafo 2) che "gli Stati membri possono, nei casi che ritengono giustificati, autorizzare sul loro territorio l'immissione in circolazione di prodotti di cui all'art. 1 contenenti residui di antiparassitari in quantità superiore a quelle fissate nell'allegato II".
Altre due direttive e cioè quella n. 86/362 dl 24 luglio 1986, che fissa le quantità massime di residui antiparassitari sui e nei cereali, e quella n. 86/363 di pari data, che fissa le quantità massime di residui di antiparassitari sui e nei prodotti alimentari di origine animale, dopo aver indicato i prodotti cui esse si riferiscono, contengono entrambe, nell'art. 3 (paragrafo 2), l'identica prescrizione secondo cui: "gli Stati membri non possono vietare od ostacolare l'immissione in circolazione sul loro territorio dei prodotti di cui all'art. 1 a motivo della presenza di antiparassitari, se la quantità di questi residui non eccede le quantità massime fissate nell'allegato II", e, inoltre, la direttiva n. 86/362, nell'art. 6, contiene anche la disposizione che consente agli Stati di autorizzare, a determinate condizioni, limiti superiori.
Va poi soggiunto che fino ad oggi il Ministro della sanità ha ritenuto di adeguare l'ordinamento interno ai limiti obbligatori di tolleranza fissati in sede comunitaria, facendo uso del potere attribuitogli dalla disposizione oggetto del quesito referendario.
2.2. - Ciò premesso, si deve escludere che l'iniziativa referendaria interferisca con l'obbligo che deriva al nostro Stato dalle disposizioni, comuni a tutte le anzidette direttive della CEE ed a tutte le altre di analogo contenuto, secondo cui gli Stati membri non possono vietare od ostacolare l'immissione in circolazione sul loro territorio dei prodotti, a motivo della presenza di residui tossici che non eccedano i limiti indicati nelle tabelle rispettivamente allegate alle direttive stesse.
Il quesito, tendendo infatti ad abrogare la disposizione contenuta in una legge dello Stato che autorizza il Ministro della sanità a determinare i limiti di tolleranza del grado di tossicità e l'intervallo tra l'ultimo trattamento, la raccolta ed il consumo, può avere solo lo scopo di far venir meno la possibilità del Ministro di derogare al divieto assoluto stabilito dalla prima parte dell'art. 5, lett. h) della legge n. 283 del 1962 fissando limiti di tolleranza e, quindi, una volta sopravvenuta la normativa comunitaria, anche più alti di quelli da essa dettati, deroga, quest'ultima, facoltativamente dall'art. 3, paragrafo 2, delle direttive n. 76/895 del 23 novembre 1976, relativa ai prodotti ortofrutticoli, e dall'art. 6 della direttiva n. 86/362 del 24 luglio 1986, relativa ai cereali, da disposizioni cioè che, appunto in quanto dirette a costituire una facoltà, non creano alcun obbligo per gli Stati.
Nessuna incidenza può invece avere l'iniziativa referendaria sulle disposizioni contenute nelle stesse direttive le quali obbligano gli Stati membri a non vietare o a non ostacolare l'immissione in circolazione di sostanze alimentari contenenti residui tossici nei limiti tollerati in sede comunitaria. Difatti le disposizioni di cui agli artt. 3, paragrafo 1, della direttiva n. 76/895 e 3, paragrafo 2, delle direttive nn. 86/362 e 86/363 di identico contenuto, che pongono tale obbligo, sono di immediata applicazione nel diritto interno, sussistendo a tal fine i presupposti indicati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (sentt. 24 marzo 1987, in causa n. 286/85, 19 gennaio 1982, in causa n. 8/81). Ne deriva che le stesse, essendo "incondizionatamente e sufficientemente precise, possano essere richiamate, in mancanza di provvedimenti di attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualunque disposizione di diritto interno non conforme" ad esse (Corte di giustizia della CEE, 24 marzo 1987, in cau
sa n. 286/85 cit.) e quindi anche al referendum che è atto-fonte (Corte cost. sent. n. 29 del 1987) di diritto interno e che, pertanto, al pari delle altre fonti, deve essere coordinato con la normativa comunitaria "secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato" (sent. n. 170 del 1984).
In virtù della loro immediata efficacia tali disposizioni comunitarie prevalgono in ogni caso (sent. nn. 389 del 1989, 113 del 1985 e 170 del 1984) sul divieto assoluto contenuto nella "prima parte" dell'art. 5, lett h), della legge 30 aprile 1962, n. 283, indipendentemente dal potere di adeguamento ai limiti comunitari che il Ministro della sanità ha fino ad oggi esercitato in concreto avvalendosi della disposizione contenuta nella "seconda parte" dello stesso art. 5, let. h), cioè della disposizione che si intende abrogare.
3. - Chiarito che la proposta di referendum non interferisce con la normativa comunitaria, l'iniziativa referendaria appare, sotto gli altri profili, ammissibile. Non si ravvisa, difatti alcuna delle cause ostative previste espressamente dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione, o desumibili dalla disciplina costituzionale del referendum abrogativo (cfr. in proposito la sent. n. 16 del 1978). In particolare sussistono i requisiti di chiarezza, univocità ed omogeneità del quesito in quanto la disposizione oggetto del referendum, obiettivamente considerata nella sua struttura e finalità, contiene effettivamente quel principio la cui eliminazione o permanenza dipende dalla risposta che il corpo elettorale fornirà.
Né è rilevante la circostanza che il quesito non riguardi anche il successivo art. 6 della stessa legge n. 283 del 1962. Le due disposizioni hanno, difatti, oggetti diversi, concernendo la prima il limite di tolleranza dei residui tossici presenti negli alimenti al momento della commercializzazione, della distribuzione, della immissione al consumo mentre la seconda riguarda il regime delle autorizzazioni, dei controlli e delle registrazioni, da parte del ministero della sanità, delle sostanze - fitofarmaci e presidi - da usarsi in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle derrate alimentari immagazzinate.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
"ammette" la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'art. 5, lett. h), seconda parte, della legge 30 aprile 1962, n. 283 ("Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande"), dichiarata legittima, con ordinanza del 19 dicembre 1989, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1990.
F.to Francesco SAJA, Presidente
Vincenzo CAIANIELLO, Redattore
Doro MINELLI, Cancelliere
Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1990.
Il cancelliere
F.to MINELLI