Marco De AndreisSOMMARIO: L'oggetto di questo paper è il processo politico statunitense sulla modernizzazione delle armi nucleari di teatro della NATO. Sebbene il dibattito, sia a Washington che nell'Alleanza in genere, si sia concentrato in gran parte su un particolare sistema d'arma - il successore del missile Lance - i primi due capitoli introducono a questioni più generali: le varie armi oggetto della modernizzazione e le ragioni del loro sviluppo e schieramento.
Trattandosi di armi destinate alla NATO, avrebbe avuto poco senso guardare alle posizioni americane senza correlarle a quelle degli alleati europei e a quelle dei sovietici - gli interlocutori, quest'ultimi, dell'alleanza occidentale in fatto di controllo degli armamenti. Di qui lo sforzo per rendere conto delle mosse di questi attori non-americani. Al punto che la tesi principale di questo lavoro è che sono le scelte di un particolare alleato - la Germania federale - a giocare un ruolo decisivo nel processo politico statunitense, specialmente in prospettiva.
(Paper del CESPI, ottobre 1989)
1. Qualche informazione sul software
Gli Stati Uniti cominciarono a schierare armi nucleari in Europa subito dopo la seconda guerra mondiale. A motivare questi schieramenti c'era la portata limitata dei primi vettori nucleari, i bombardieri B-47 negli anni '40, i missili balistici a raggio intermedio Thor e Jupiter negli anni '50. Questi sistemi potevano raggiungere obiettivi in Unione Sovietica solo da basi poste in Europa e vennero ritirati quando entrarono in servizio bombardieri e missili balistici a più lungo raggio, cosiddetti intercontinentali, basati in America.
Le armi nucleari di teatro (Theater Nuclear Weapons, d'ora in avanti TNW)In questo paper per armi nucleari di teatro (TNW) si intendono quelle armi nucleari americane non-strategiche (portata inferiore a 5.500 km) schierate sul territorio europeo per uso americano o alleato. Come si vedrà più avanti nel testo, le armi nucleari navali e quelle strategiche sono escluse, anche se alcune di esse gravitano attorno al vecchio continente o sono assegnate al comandante della NATO. Armi nucleari non-strategiche scherate altrove (negli Usa, in Corea del Sud etc.) sono similmente escluse. Sottocategorie di TNW, come INF o SNF, verranno definite quando introdotte la prima volta nel testo.
- inizialmente proiettili d'artiglieria e missili a corto raggio - vennero introdotte in Europa nel 1953-54. E' un luogo comune nella NATO che esse vennero schierate dagli Stati Uniti per compensare l'inferiorità convenzionale dell'Alleanza di fronte a 175 divisioni sovieticheCome si scoprì in seguito, l'Urss non ebbe mai così tante divisioni, essendo una buona parte di esse solo unità 'quadro'.
. Il che, coniugato con il contenimento delle spese militari deciso dall'amministrazione Eisenhower, venne presto riassunto nello slogan "a bigger bang for the buck"Letteralmente "un botto più forte a dollaro".
. Esistono però molte spiegazioni concomitanti, se non alternative, allo sviluppo delle TNW: il desiderio dell'esercito americano di rompere il monopolio dell'aeronautica sulle armi atomiche; il dibattito sulla bomba termonucleare che indusse scienziati come Robert Oppenheimer a raccomandare lo sviluppo delle armi nucleari da campo di battaglia come alternativa alla bomba H - tanto per citarne alcune.
Malgrado dunque "per alcuni aspetti, la storia delle armi nucleari tattiche [sia] una storia di armi senza una dottrina"Catherine Kelleher ed Ernest May, "Battlefield Nuclear Weapons. The Historical Overview", paper scritto per l'Harvard Center on Security and International Affairs, 1988.
, la logica del bigger-bang-for-the-buck venne presa facilmente per buona finché i sovietici non furono in grado di rispondere con le stesse armi alla rappresaglia nucleare massiccia della NATO. Quando questa situazione mutò, anche la dottrina alleata fu costretta a mutare - appunto dalla "Rappresaglia Massiccia" alla "Risposta Flessibile" adottata ufficialmente, quest'ultima, nel dicembre del 1967.
La Risposta Flessibile, tuttora vigente, richiede un misto di armi convenzionali, nucleari di teatro e nucleari strategiche. Secondo la descrizione che la NATO dà della sua propria dottrina, "lo scopo di questo equilibrio di forze...è di consentire una vasta gamma di risposte, ispirate ai due concetti seguenti: rispondere a qualsiasi aggressione con una difesa diretta, ad un livello giudicato sufficiente a respingere l'attacco e, ove la difesa al livello precedente si rivelasse inefficace, essere pronti a fare ricorso deliberatamente alla spiralizzazione [escalation], pur mantenendo il pieno controllo politico della situazione"L'Alleanza Atlantica - storia, struttura, attività, Servizio Informazioni della NATO, Bruxelles, 1983, p. 150.
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Con la Risposta Flessibile le TNW mantennero la loro centralità. Non essendo più esente da rischi arrivare al punto della rappresaglia nucleare massiccia e continuando a non fidarsi delle proprie capacità convenzionali, la NATO cercò nelle TNW quei margini di superiorità necessari per la credibilità della propria strategia dissuasiva. La prospettiva di escalation, cui si fa riferimento nella dottrina, riguarda direttamente le TNW. Quando la NATO riterrebbe le sue difese convenzionali inefficaci e farebbe ricorso alle armi nucleari è lasciato di proposito nel vago. Questa vaghezza, o ambiguità, si pensa rafforzi la deterrenza.
Quando la Risposta Flessibile venne adottata, comunque, "un certo grado di ambiguità fu anche necessario per permettere agli americani e agli alleati europei di interpretare la strategia secondo le rispettive preoccupazioni e prospetttive"J. Michael Legge, Theater Nuclear Weapons and the NATO Strategy of Flexible Response, Santa Monica, The Rand Corporation, 1983, p. 9.
. Di nuovo, questa ambiguità 'interna' ruota attorno al ruolo delle TNW: [Per] gli europei...la minaccia di uso delle TNW rappresentava il miglior modo di collegare [coupling] il deterrente strategico statunitense alla difesa dell'Europa, [per] gli americani... offriva la migliore speranza di evitare che una battaglia terrestre di grandi proporzioni in Europa arrivasse al punto dello scambio nucleare strategico"Ibidem, p. 10.
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E' in questo contesto che il ruolo delle armi nucleari di teatro nella dottrina NATO deve essere valutato. E' davvero un ruolo chiave come testimonia, tra l'altro, la triplicazione delle TNW schierate in Europa negli anni che intercorrono tra l'inizio del dibattito sulla Risposta Flessibile (1961) e la sua adozione finale. Questo arsenale, comunque, venne in seguito contrato da una crescita non meno impressionante delle corrispondenti armi sovietiche. E' un fatto che la NATO ha perso qualunque margine di superiorità può aver sostenuto la sua capacità, se non la sua volontà, di far ricorso all'escalation. Non è quindi un caso che le critiche alla Risposta Flessibile siano diventate sempre più numerose e incisive col passare del tempo.
Attualmente, comunque, l'ambiguità è il collante che tiene assieme la dottrina e il ruolo delle TNW in essa. Grazie all'ambiguità, infatti, a queste armi si chiede di fare una cosa e il suo contrario: di rendere possibile l'escalation e di fermarla, di riassicurare gli europei che gli americani e i sovietici non possono limitare in Europa uno scambio nucleare e, allo stesso tempo, di riassicurare gli americani che un uso nucleare in Europa non è detto arrivi al punto dello scambio intercontinentale.
Nella NATO ancora si pensa che le TNW compensino gli squlibri convenzionali e dissuadano i sovietici da usare per primi le loro armi nucleari di teatro. Tuttavia, su ambedue le sponde dell'Atlantico, questo argomento coesiste con uno molto diverso, secondo il quale la NATO avrà sempre bisogno delle TNW per la deterrenza estesaPer deterrenza estesa si intende quello che è stato chiamato sopra il collegamento [coupling] dell'arsenale nucleare strategico americano alla difesa dell'Europa occidentale. Detto altrimenti, gli Stati Uniti "estenderebbero" all'Europa il proprio deterrente nucleare.
, quali che siano quantità e qualità degli arsenali convenzionali e nucleari sovietici.
Il primo argomento può essere chiamato relativismo nucleare, poiché sembra implicare che una volta raggiunto un equilibrio convenzionale soddisfacente (dal punto di vista della NATO) e siano state eliminate le armi nucleari di teatro sovietiche, l'Alleanza possa fare a meno delle proprie TNW. L'altro argomento può essere invece chiamato fondamentalismo nucleare, giacchè implica semplicemente che le TNW servano sempre e comunque, senza alcun riguardo per ciò che la controparte faccia o abbia. Naturalmente, il relativismo nucleare può convivere sia con qualche TNW che con zero TNW - assumendo, in quest'ultimo caso, che le condizioni ricordate sopra siano soddisfatte. Perciò questo atteggiameto non ha remore verso il controllo degli armamenti, e anzi vi guarda con favore. Dal canto suo, il fondamentalismo nucleare è persino riluttante ad avviare negoziati, dal momento che questi possono sfociare in quelle opzioni zero di cui ha più paura.
La Risposta Flessibile può far convivere esigenze contraddittorie perché, come ogni dottrina o teoria sulla deterrenza, è predicata su un non-evento: la guerra tra la NATO e il Patto di Varsavia, sia convenzionale che nucleare, non ha mai avuto luogo e quindi si può affacciare una serie infinita di speculazioni sul perché sia stata evitata e su cosa potrebbe accadere se invece avesse luogo. Ha mai l'Urss preso seriamente in considerazione l'ipotesi di attaccare la NATO in questo dopoguerra? E se la risposta è sì, che cosa l'ha dissuasa dal farlo? Il semplice fatto che aveva di fronte un'alleanza tra le nazioni più ricche del mondo, tre delle quali sono potenze nucleari, o la supposta capacità della NATO di "controllare l'escalation"? Cosa accadrebbe se la NATO varcasse per prima la soglia nucleare nel mezzo di un conflitto convenzionale? I sovietici fermerebbero il proprio attacco, risponderebbero con un uso nucleare commensurato a quello della NATO, oppure scatenerebbero una rappresaglia nucleare total
e? Rispondere a queste domande non può che voler dire tirare ad indovinare.
Cosa accadrebbe se uno scambio nucleare si protraesse in Europa oltre, diciamo, una decina di esplosioni è invece molto meno una questione speculativa. In primo luogo, un evento del genere renderebbe impossibile "mantenere il pieno controllo politico della situazione"Le strutture e le procedure per il Comando, il Controllo e le Comunicazioni (C3) in un'alleanza di 16 Stati sovrani, con una dozzina di lingue diverse, verrebbero quasi sicuramente travolte ben prima di raggiungere qualsiasi accordo sull'impiego di armi nucleri. Dopo poche esplosioni il risultato più probabile sarebbe il caos e/o la paralisi.
- un requisito esplicito, come abbiamo visto, della Risposta Flessibile. Inoltre, i danni e le perdite che ne seguirebbero difficilmente possono essere definiti "limitati". Come ha scritto un collaboratore dell'ex segretario americano alla Difesa Robert S. McNamara: "Studi e simulazioni fatti negli anni '60 hanno ripetutamente mostrato che, anche assumendo il meglio quanto a cautela e a limiti in potenza esplosiva e numero di obiettivi, in una guerra nucleare tattica limitata morirebbero tra i 2 e i 20 milioni di europei, con danni diffusi all'economia dell'area interessata e con un alto rischio di arrivare a 100 milioni di morti se la guerra dovesse raggiungere il punto di attacchi alle città"Alain C. Enthoven, "U.S. Forces in Europe: How Many? Doing What?", Foreign Affairs, aprile 1975.
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E' su questo sfondo di motivi contraddittori, domande senza risposta, dubbi angosciosi e certezze terrificanti che la NATO ha schierato armi nucleari di teatro per più di trenta anni. Ed è contro questo stesso sfondo che il dibattito nell'Alleanza sul ruolo futuro delle TNW si è recentemente riacceso.
2. Qualche informazione sull'hardware
Nel 1960, alla fine dell'amministrazione Eisenhower, erano schierate in Europa circa 2.500 TNW. Nel 1968 il loro numero era arrivato a 7.200, per rimanere a quel livello sino al 1979. Queste cifre non comprendono le testate nucleari a bordo delle navi della seconda Flotta (Atlantico) e sesta Flotta (Mediterraneo) Usa, né i sistemi strategici assegnati alla NATO - sottomarini nucleari lanciamissili balistici (SSBN) della classe Polaris vennero messi sotto comando alleato all'inizio dell'amministrazione KennedyCfr. Milton Leitenberg, "Background materials in tactical nuclear weapons (primarily in the European context)", in SIPRI, Tactical Nuclear Weapons: European Perspectives, Londra, Taylor Francis, 1978, pp. 16-7, Tabella 1A.7, p. 112 e pp. 115-6.
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Nel 1979 cominciò un processo di riduzione quando, nel contesto della modernizzazione delle forze nucleari a raggio intermedio (Intermediate-range Nuclear Forces - INF; portata 1.000-5.500 km), la NATO decise di ritirare 1.000 testate nucleari, più un'altra per ciascuno dei 572 Pershing 2 e missili da crociera lanciati da terra (Ground Launched Cruise Missiles - GLCM) di cui venne deciso lo schieramento.
Successivamente, nel 1983, a una riunione del gruppo di pianificazione nucleare (Nuclear Planning Group - NPG) a Montebello in Canada, l'Alleanza decise di ritirare altre 1.400 testate dall'Europa e di modernizzare il resto delle TNW. Il compito di studiare i dettagli di entrambe le misure venne affidato al comandante supremo della NATO (Supreme Allied Commander Europe - SACEUR). Nel marzo del 1985, a una riunione dell'NPG in Lussemburgo, il SACEUR di allora, generale Bernard W. Rogers, presentò i risultati di tale studio, chiamato appunto Nuclear Weapons Requirement Study (NWRS-85)Oltre al ritiro di 1.400 testate e alla modernizzazione, questo documento prevedeva la "...redistribuzione dei sistemi rimanenti all'interno dell'Europa e miglioramenti nelle loro capacità di sopravvivenza e comando e controllo". Dichiarazione dell'Assistant Secretary of Defense for International Security Policy, Ronald F. Lehman. DOD Authorization for Appropriations for FY 1989, U.S. Senate, Herings before the Committee on A
rmed Services, 100th Congress, 2nd session, part 6, Strategic Forces and Nuclear Deterrence, 29 febbraio 1988, U.S. GPO, p. 7. Va notato che ogni "redistribuzione" non può che avvenire tra Fronte Centrale e Fianco Sud (Italia, Grecia e Turchia), poiché i due paesi del cosiddetto Fianco Nord dell'Alleanza (Danimarca e Norvegia) non consentono lo schieramento di armi nucleari sul proprio territorio. E' anche possibile, quindi, che a seguito del NWRS-85 si sia verificato un cambiamento nel numero e nel tipo di armi nucleari schierate in Italia.
. Entro la fine dell'86, la traduzione in pratica del NWRS-85 aveva comportato il ritiro di diversi sistemi: i missili superficie-superficie Honest John, le mine atomiche e le testate nucleari per i missili antiaerei Nike HerculesNon tutte le fonti concordano su questo punto, comunque. Ad esempio, "si ritiene che la Germania federale sia l'unico paese che ancora schiera missili Nike-Hercules armati nuclearmente, che verranno ritirati nei primi anni '90". "Nuclear Notebook", Bulletin of the Atomic Scientists, aprile 1989.
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Un altro sviluppo importante è il "Trattato tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche sull'eliminazione dei loro missili a raggio intermedio e più corto" (il trattato sulla cosiddetta doppia opzione zero), firmato a Washington l'8 dicembre del 1987 e in seguito ratificato. Entro il 1990 esso porterà alla distruzione dei 120 Pershing 2 e dei 309 GLCM schierati in Europa al momento della firma. Parallelamente al trattato, il governo della Germania federale si è impegnato a smantellare, e a non rimpiazzare, i propri 72 missili Pershing 1A (equipaggiati con testate nucleari americane), una volta che le due superpotenze abbiano messo in pratica quanto previsto dalla doppia opzione zeroSecondo i termini dell'accordo, gli Stati Uniti distruggeranno anche altri 430 missili non schierati; 170 di questi sono Pershing 1A custoditi in Usa. Cfr. "INF Treaty Specifies Methods of Destruction for Banned Missiles", Aviation Week and Space Technology, 14 dicembre 1987.
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La tabella 1 rappresenta l'attuale composizione dell'arsenale di TNW in Europa.
Tabella 1: Armi nucleari di teatro americane in Europa (1989)
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per uso americano per uso NATO totale
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PA 203 mm 500 430 930
PA 155 mm 600 140 740
Bombe d'aereo 1.400 320 1.720
Missili Lance 320 370 690
TOTALE 2.820 1.260 4.080
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PA: Proiettili d'Artiglieria.
Fonte: The Arms Control Association, Fact Sheet, gennaio 1989.
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Per completare il quadro, comunque, non va dimenticato che gli Stati Uniti dispongono di migliaia di altri sistemi che possono essere indirizzati rapidamente sul teatro europeoNon va nemmeno dimenticato che sia gli americani che i sovietici possono usare, per colpire obiettivi in Europa, vettori e testate dei propri sistemi strategici centrali.
. Questi variano dalle testate dei missili balistici lanciati da sottomarini (SLBM) Poseidon assegnate al SACEUR, ai proiettili d'artiglieria e alle testate nucleari per i missili Lance custoditi fuori dall'Europa; e comprendono bombe per i velivoli assegnati alle portaerei, sistemi nucleari per la guerra navale e missili da crociera lanciati dal mare (Sea Launched Cruise Missiles - SLCM)Un programma per schierare 758 SLCM nucleari, per l'attacco ad obiettivi terrestri, è già in fase molto avanzata. "Questo programma incrementa significativamente la nostra capacità deterrente globale e può anche fornire importanti strumenti alla NATO dopo il ritiro dei missili INF". Dichiarazione di Ronald F. Lehman, cit., p.8.
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I piani di modernizzazione inseriti nel NWRS-85, comunque, riguardavano tutte e tre le categorie di TNW: proiettili d'artiglieria, missili e armi aeree.
- Proiettili d'artiglieria. Sia il modello W33 da 203 mm, che il W48 da 155 mm sono vecchi e hanno meccanismi di controllo e sicurezza inadeguati. I loro successori sono il W79 (potenza esplosiva 0,5-2,5 kt)La potenza della bomba di Hiroshima era di circa 12 kt.
e il W82 (potenza sino a 2 kt) rispettivamente. Entrambi hanno, oltre a una più lunga portataDa 15 a quasi 30 km. Il che però è ben lungi dal risolvere gli enormi problemi (di probabilità di escalation, di fallout etc.) associati a qualsiasi uso nucleare sul campo di battaglia.
, una capacità neutronica e come tali non sono schierabili in Europa, data la diffusa revulsione sul vecchio continente verso le armi nucleari a radiazioni rinforzate (Enhanced Radiation - ER). Il Congresso americano ha più volte bocciato le richieste della prima amministrazione Reagan per finanziare la produzione di versioni a fissione (cioè non neutroniche) dei nuovi proiettili. Poi, nel 1984, uno stanziamento venne approvato, ma alle seguenti condizioni: un tetto numerico comune di 925 per ambedue i calibri a un costo totale non superiore a 1,2 miliardi di dollari; un bando alla produzione di versioni ER aggiuntive (325 W79 neutroniche erano già state costruite e immagazzinate negli Usa) - ciò in pratica significava che non potevano essere costruiti più di 600 nuovi proiettili nucleari a fissione di entrambi i calibri. Venne anche affidato al SACEUR il compito di decidere quanti W79 e quanti W82 produrre nei limiti stabiliti. A quanto sembra, la priorità è andata alla fine al secondo: gli obici da 155 mm
sono più numerosi nella NATO, il che aumenta le opportunità di dispersione e complica il calcolo dell'avversario. Inoltre, l'esercito americano ha deciso di ritirare del tutto, nel prossimo decennio, i propri obici da 203 mmOsservazione fatta nel corso di un'intervista al Pentagono.
. Perciò solo 200 W79 a fissione sono stati costruiti e successivamente schierati in Europa. La produzione del W82 comincerà all'inizio del 1990 e sarà quindi limitata a circa 400 esemplari, a meno che il Congresso non acconsenta a rimuovere il tetto di 925. Questo è esattamente quello che il Pentagono sta cercando di ottenereCfr. il Report of the Secretary of Defense Frank C. Carlucci to the Congress, FY 1990, p. 194.
, con una probabile intensificazione degli sforzi man mano che la produzione del proiettile progredisce.
- Missili. Nella categoria che non rientra nel Trattato sulla doppia ozione zero (missili superficie-superficie basati a terra con una portata fino a 500 km) la NATO attualmente schiera un sistema chiamato Lance. Introdotto a partire dal 1972, il Lance ha una portata di 115 km e una testata con una potenza sino a 100 kt. In Europa ci sono 95 lanciatori per missili LanceOttantanove sono schierati in Europa centrale e sei in Europa meridionale (Italia). Cfr. The International Institute for Strategic Studies, The Military Balance 1988-1989, p. 220.
. Il numero di missili non è noto, ma è plausibile che ci siano almeno altrettanti missili quante sono le testate nucleari - cioè circa 700. I pianificatori militari nella NATO credono che questo sistema dovrà essere rimpiazzato a metà degli anni '90. Nel frattempo è in corso dal 1986 un programma per l'estensione dell'operatività (Service Life Extension Program - SLEP), che tiene aggiornato il Lance sostituendo componenti della testata e del sistema di guida. Presumibilmente, così facendo, il missile può essere mantenuto operativo ancora per molti anni - anche se, per gli standard degli anni '90, non sarà un sistema aggiornato allo stato dell'arte. La ricerca di un sostituto per il Lance (Follow-on-to-Lance - FOTL) cominciò all'inizio di questo decennio. Il candidato favorito era allora il missile tattico dell'esercito (Army Tactical Missile System - ATACAMS), un'arma convenzionale che avrà una portata di circa il doppio di quella del Lance e che dovrebbe essere schierata entro i prossimi due anni. Dal punt
o di vista del costo-efficacia, la scelta aveva senso perché solo la testata nucleare doveva essere progettata da zero: il missile e il lanciatore erano già nella fase di sviluppoSecondo il gen. dell'aeronautica Martin J. Ryan, Director of Force Structure, Resources and Assessment directorate, Joint Chiefs of Staff, "...se viene scelto un ATACAMS con una testata nucleare, il costo dovrebbe essere di circa 600 milioni di dollari [omissis]. Se, d'altra parte, viene scelto un sistema completamente nuovo, il costo può essere di olte 1,5 miliardi di dollari". U.S. Senate, Hearings before the Committee on Armed Services, cit., p. 13.
. Quest'ultimo sarà il Multiple Launched Rocket System (MLRS), sviluppato insieme a diversi alleati europei (tra cui l'Italia) e perciò disponibile in centinaia di unità (quasi mille) nel prossimo futuro. Nel 1985, comunque, il Congresso bandiva lo sviluppo di un ATACAMS nucleare. Negli anni seguenti, il Pentagono tentava invano di rimuovere questa restrizione. Nel 1988 veniva alla fine autorizzato uno studio dell'utilità militare e del costo di una testata nucleare per l'ATACAMS. Ma l'atteggiamento in Congresso rimaneva freddo: nell'anno fiscale 1989 la spesa per gli studi sul FOTL veniva dimezzata, da 15 a 7,5 milioni di dollari. Ora, comunque, il dipartimento della Difesa ha deciso di abbandonare la versione nucleare dell'ATACAMS e di richiedere finanziamenti per un missile interamente nuovo, che userà nondimeno il lanciatore MLRSCosì il lanciatore MLRS diventerà, in effetti, un sistema a doppia capacità convenzionale/nucleare, il che complicherà, o peggio renderà impossibile, il controllo degli armamenti
. Ciò viene ammesso dai militari americani. Secondo il gen. Donald R. Pihl, Military Deputy to the Assistant Secretary of the Army for Research, Development and Acquisition, "La selezione di un lanciatore unico per il successore del Lance può essere una buona scelta da un prospettiva di controllo degli armamenti, ma non lo è da un punto di vista militare. Militarmente è preferibile che i sovietici non possano distinguere tra lanciatori convenzionali e nucleari". DOD Appropriations for 1989, House of Representative, Hearings before a Subcommittee of the Committee on Appropriations, 100th Congress, 2nd session, Part 7, Research, Development, Test and Evaluation, 18 aprile 1988, U.S. GPO, p. 70. Ovviamente, per coloro che sono contrari al controllo degli armamenti, ciò è anche un vantaggio. Ad esempio, il direttore agli studi dell'IISS di Londra ha scritto: "Gli sforzi per limitare i missili usati da lanciatori a doppia capacità saranno più difficili da negoziare a da verificare che nel caso dei missili nuclear
i che usano un lanciatore dedicato, riducendo così i rischi per la NATO di una terza opzione zero". Hans Binnendjik, "NATO's nuclear modernization dilemma", Survival, Marzo/Aprile 1989. Terza opzione zero significa l'eliminazione negoziata dei missili nucleari a corto raggio da ambo le parti.
. Esso dovrebbe avere una portata maggiore dell'ATACAMS, probabilmente molto vicina al limite inferiore del Trattato, cioè 500 km. La richiesta dell'amministrazione Bush per il FOTL è di 32,9 milioni di dollari per l'anno fiscale 1990 e di 128,7 milioni per l'anno fiscale 1991.
- Armi aeree. La modernizzazione delle bombe nucleari per gli aerei tattici sta procedendo già da qualche anno senza suscitare particolari preoccupazioni in Europa e negli Stati Uniti. Un nuovo modello, siglato B61 (potenza esplosiva 100-500 kt) sta rimpiazzando i più vecchi B28, B43 e B57. Non è chiaro se ciò sfocierà in un aumento o in una diminuzione nel numero di questi ordigni. Poiché le bombe non sono mai state menzionate né in un senso né in un altro, si assume generalmente che il loro numero complessivo resti più o meno lo stesso. Alcune bombe nucleari, tuttavia, potrebbero essere ritirate se venisse sviluppato e successivamente schierato un nuovo missile aria-terra per aerei tattici, denominato per ora Tactical Stand-Off Missile (TASM). Lo scopo di questo sistema d'arma è quello di rendere gli aerei meno vulnerabili, evitando loro di arrivare sino sul bersaglio - a far ciò ci pensa il missile, che può essere lanciato a una distanza dell'obiettivo pari o inferiore alla sua portataUna modernizzazione
sta per aver luogo anche per quanto riguarda gli aerei stessi. "Lo schieramento in Europa di 72 moderni F-15 potrebbe cominciare nei primi anni '90 - il che aumenterebbe di quasi il 50% il numero dei bombardieri tattici a lungo raggio con capacità nucleare della NATO". Hans Binnendijk, cit.
. Come TASM, l'aeronautica degli Usa ha scelto lo Short Range Attack Missile II (SRAM II), in corso di sviluppo per i bombardieri strategici B-1 e B-2, la cui portata dovrebbe aggirarsi attorno ai 250 km. Per la ricerca e sviluppo del TASM, la richiesta dell'Amministrazione è di 173,1 milioni di dollari per gli anni fiscali 1990 e 1991Questo lavoro di ricerca e sviluppo dovrebbe essere limitato principalmente all'adattamento del missile agli aerei tattici.
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Infine, nella riunione dell'NPG tenutasi nell'aprile 1989 a Bruxelles, il SACEUR gen. John R. Galvin ha presentato un nuovo Nuclear Weapons Requirement Study per il periodo 1991-1998. Vengono previsti tagli addizionali nel numero di proiettili e bombe nucleari se la NATO appoggia i piani di modernizzazione descritti sopra. A quanto sembra, l'arsenale nucleare dell'Alleanza si ridurrebbe così a circa 3.000 testateCfr. Michael R. Gordon, "NATO Looks to Newer, Fewer Arms", The New York Times, 19 aprile 1989.
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3. Il dibattito pre-Gorbaciov sulla modernizzazione nucleare della NATO
Nell'ottobre del 1983, quando si svolse la riunione di Montebello dell'NPG, diversi governi europei (quello britannico, quello tedesco federale e quello italiano in particolare) stavano spendendo un capitale politico non indifferente nel tentativo di calmare il diffondersi, nelle rispettive opinioni pubbliche, di una forte ansietà verso le armi nucleari. Si andava avvicinando, infatti, la data fissata (novembre 1983) per l'inizio dello schieramento dei Pershing 2 e dei GLCM.
I colloqui Usa-Urss sul controllo degli armamenti erano in un vicolo cieco: addirittura tra il novembre e il dicembre, mentre venivano schierati i primi missili della NATO, i sovietici abbandonavano i negoziati INF e START di Ginevra e si rifiutavano di fissare una data per la riapertura dei negoziati MBFR di Vienna. Viene naturale, quindi, interpretare la decisione di Montebello di ritirare 1.400 testate come un tentativo di calmare una crescente paura nucleare.
E' anche ovvio che, in un tale contesto, l'aspetto che riguardava la modernizzazione non doveva essere messo in evidenza: in passato le TNW erano state modernizzate di routine senza tanta pubblicità e i ministri della difesa della NATO avevano motivo di sperare che anche questa volta potesse avvenire lo stesso. Inoltre il compito di decidere le specifiche misure di modernizzazione fu lasciato al SACEUR; ciò avrebbe richiesto del tempo (quasi due anni, come risultò poi) e dato quindi modo all'infuocata atmosfera politica di sbollire.
Lo schieramento delle INF nel rispetto dei tempi prefissati da parte degli alleati europei ridette l'iniziativa agli Stati Uniti, sia per quanto riguarda il controllo degli armamenti che per la modernizzazione delle TNW: è l'Amministrazione americana che deve negoziare con i sovietici ed è il Congresso americano che in ultima istanza autorizza la spesa per programmi di nuove armi.
In entrambi i campi, comunque, è il Congresso che si troverà a svolgere un ruolo-guida. Le elezioni di medio termine del 1982 avevano rivelato, infatti, un diffuso sostegno al movimento per il congelamento delle armi nucleari e, più in generale, una forte sfiducia da parte dell'opinione pubblica verso la politica reaganiana di controllo degli armamenti. Gli eventi dell'anno successivo - con lo schieramento delle INF e il ritiro sovietico dai negoziati - avevano soltanto rinforzato questo atteggiamento di paura e sfiducia.
All'inizio del 1983, per cercare di uscire dall'impasse, importanti membri del Congresso cominciarono a negoziare con l'Amministrazione una nuova proposta americana per i colluqui START. Ne risultò il cosiddetto build-downTraducibile letteralmente come smantellamento, ma da intendersi meglio come "riduzione progressiva". L'idea era più o meno quella di accordarsi per ritirare più di una testata per ciascuna nuova che veniva introdotta negli arsenali. Con uno schema piuttosto cervellotico si tentava di indurre Usa e Urss a disfarsi dei missili a testate multiple basati a terra, considerati i più distabilizzanti. Erano questi, infatti, a dover pagare un prezzo più alto, in termini di vecchi sistemi da ritirare per poter essere immessi in servizio.
, una proposta che non andrà lontano sul tavolo negoziale di Ginevra, ma che merita di essere ricordata per la sua origine istituzionale senza precedentiI membri del Congresso che se ne fecero portavoce erano i Rappresentanti Aspin, Gore e Dicks e i Senatori Percy, Cohen e Nunn. Sulla genesi del build-down cfr. Strobe Talbott, "Buildup and Breakdown", Foreign Affairs, America and the World, 1983.
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Sembrerebbe, quindi, che le restrizioni imposte dal Congresso sull'artiglieria nucleare e i missili a corto raggio (decise rispettivamente nel 1984 e nel 1985), riflettessero almeno in parte lo stato d'animo prevalente in quel periodo, cioè l'esigenza di moderare un'Amministrazione che sembrava prendere le cose nucleari alla leggera, se non con entusiasmo.
Un'altra ragione che può spiegare tali restrizioni ha a che vedere col concetto di soglia nucleare in Europa. Il dibatto nella NATO su questa questione venne innescato da quattro 'saggi' americani in favore dell'adozione, da parte dell'Alleanza, di una politica di non-primo-uso delle armi nucleariCfr. McGeorge Bundy, George F. Kennan, Robert S. McNamara e Gerard Smith, "Nuclear Weapons and the Atlantic Alliance", Foreign Affairs, primavera 1982.
. Alla fine la proposta venne respinta, per quanto emergesse un largo consenso sull'esigenza di alzare comunque la soglia nucleare e di muoversi almeno verso una politica di non-primo-uso-precoce (no-early-first-use)Su questo punto cfr. Bernard W. Rogers, "The Atlantic Alliance", Foreign Affairs, estate 1982.
. Il mezzo per far ciò prese il (brutto) nome di convenzionalizzazione. L'ATACAMS, ad esempio, era stato originariamente presentato al Congresso come una di quelle armi cosiddette intelligenti (in questo caso il progetto del Pentagono chiamato Assault Breaker), con un effetto comparabile a quello delle armi nucleari e perciò in grado di sostituirle e alzare così la soglia nucleare. Dunque non deve sorprendere troppo che i legislatori americani abbiano respinto l'idea di rendere nucleare una delle armi al centro dell'intero sforzo di convenzionalizzazione.
Un altro importante elemento nell'atteggiamento del Congresso, di allora come di adesso, può essere rintracciato nelle vicende associate al dibattito sulla bomba a neutroni della fine degli anni '70 e ai continui problemi risultanti dalla doppia decisione NATO del 1979 sulle INF.
Nel primo caso gli Stati Uniti avevano sviluppato e prodotto delle armi specificamente intese per il teatro europeo; ma alla fine si vedevano costretti a tenersele in casa, giacché i governi alleati non erano in grado di imporsi sulla pubblica revulsione verso le armi ER. Il caso delle INF era molto simile: si supponeva che queste armi dovessero servire a calmare ansietà europee riguardo il collegamento tra la difesa della NATO e i sistemi strategici centrali americani; tuttavia esse avevano innescato manifestazioni di massa in Europa spesso venate di anti-americanismo. Alla fine Pershing 2 e GLCM poterono essere schierati solo sottolineando il lato negoziale della decisione del '79 e richiamando l'attenzione sulla mancanza di volontà sovietica nel disfarsi del proprio vantaggio numerico in questa categoria di armi.
Riassumendo, a metà degli anni '80 sembrava essersi delineata una tendenza: il Congresso americano era disposto a finanziare solo un numero minimo di TNW che fosse compatibile con lo sforzo di convenzionalizzare e che non causasse ripensamenti nei governi europei che alla fine dovevano schierarle.
Sebbene quella tendenza sia, tutto sommato, ancora lì, l'avvento di Mikhail S. Gorbaciov al Cremlino mutava tutti gli altri termini del dibattito.
4. La rivoluzione di Gorbaciov nel controllo degli armamenti e nelle relazioni Est-Ovest
Il nuovo atteggiamento di Mosca si manifesta rapidamente. Nel luglio 1985, solo quattro mesi dopo l'elezione di Gorbaciov a segretario generale, l'Urss dichiara una moratoria unilaterale sui test nucleari che durerà 18 mesi. Nel gennaio del 1986, Mosca presenta un piano che prevede il disarmo nucleare completo e generale entro l'anno 2000.
Ancor più importante, tutte le principali obiezioni sovietiche alla proposta Usa di una soluzione zero per le INF cadono progressivamente: vengono accettate severe misure di verifica, la non-compensazione per gli arsenali nucleari francese e britannico e l'inclusione degli SS-20 schierati in Asia. Al summit Reagan-Gorbaciov di Reykjavik del novembre 1986, il Trattato INF è praticamente concluso e solo il rifiuto americano di accettare limiti all'Iniziativa di Difesa Strategica impedisce la conclusione di un accordo di principio per lo smantellamento di tutte le armi nucleariO di tutti i missili balistici, secondo la successiva versione americana di quanto accaduto a Reykjavik.
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Nel 1987 Mosca alza la posta delle trattative sugli euromissili, proponendo una seconda soluzione zero per i sistemi a raggio più corto (portata tra i 500 e i 1.000 km) - questa diventerà parte integrante del trattato firmato a Washington alla fine dell'anno.
Nel frattempo, grosse differenze vengono composte sulla strada di un accordo sulle armi strategiche il cui obiettivo è quello di ridurre della metà gli arsenali delle superpotenze; del progresso si registra anche ai colloqui sulle armi chimiche alla Conferenza sul Disarmo di Ginevra e a quelli sulla Cooperazione e la Sicurezza in Europa in corso a Vienna.
Nel 1987 e nel 1988 diversi gesti dall'importante valore simbolico cominciano a incrinare la segretezza e la sfiducia tradizionali: osservatori occidentali visitano i siti sovietici per gli esperimenti nucleari, impianti e depositi chimici, un controverso radar in costruzione a Krasnojarsk in siberia, e osservano alcune manovre militari.
La preoccupazione militare occidentale per eccellenza - il rapporto di forza convenzionale in Europa - viene dapprima affrontata dai sovietici con una serie di proposte che accettano in principio l'idea di smantellare le capacità di attacco di sorpresa e che auspicano forze costruite secondo princìpi come la "sufficienza ragionevole" e la "difesa difensiva". Poi, in un discorso all'ONU nel dicembre del 1988, Gorbaciov annuncia il ritiro unilaterale di sei divisioni sovietiche, 5.000 carri armati e 50.000 uomini dall'Europa orientale. Come si capirà in seguito, la mossa si accompagna a una generale ristrutturazione delle divisioni rimanenti verso unità a minore intensità di carri e ridotto equipaggiamento offensivo. Gli alleati del Patto di Varsavia si adeguano rapidamente con misure simili, che cominciano ad essere tradotte in pratica alla presenza di giornalisti occidentali nei primi mesi del 1989Per un giudizio complessivo sulle riduzioni sovietiche e del Patto di Varsavia cfr. Jack Mendelsohn, "Gorba
chev's Preemptive Concession", Arms Control Today, marzo 1989.
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Infine, all'apertura dei negoziati sulle Forze Convenzionali in Europa (Conventional Forces in Europe, CFE) nel marzo del 1989, il ministro degli Esteri sovietico Eduard A. Shevardnadze presenta una proposta che viene giudicata dai più come non troppo distante da quella della NATO e, semmai, più ambiziosa e rivolta al futuroIl Presidente della Commissione Forze Armate della Camera dei Rappresentanti, Les Aspin, ha paragonato le due proposte nei termini seguenti: "Noi sembriamo un mucchio di ragionieri (bean counters, letteralmente contatori di fagioli, ndr), mentre Gorbaciov fa la figura di quello che vuole delle nuove relazioni in Europa". Citato in R. Jeffrey Smith, "NATO Arms Cut Proposal Faulted as Too Cautious", The Washington Post, 17 aprile 1989.
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A un livello politico più generale, l'ampiezza e gli obiettivi del cambiamento non sono meno impressionanti: l'Urss coopera di buon grado con l'Occidente su quasi tutti i problemi regionali; le truppe sovietiche vengono ritirate dall'Afghanistan; un accordo viene raggiunto in Angola e in Namibia; il governo vietnamita, alleato di Mosca, annuncia il proprio ritiro dalla Cambogia e l'aiuto militare sovietico al Nicaragua viene interrotto.
Nella stessa Unione Sovietica si tengono elezioni politiche generali, nelle quali vengono respinti molti candidati del partito in favore di dissidenti storici, come Sakharov, o di comunisti sui generis come Boris Yeltsin. In Polonia, sia Solidarnosc che la Chiesa Cattolica vengono legalizzate; il che apre la strada alle elezioni e all'apertura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Anche l'Ungheria si muove verso le elezioni, smantella le fortificazioni alla frontiera con l'Austria, porta avanti le proprie riforme economiche e discute liberamente di questioni come la "finlandizzazione dell'Europa dell'Est".
Chiaramente è accaduto qualcosa. Qualcosa destinato ad alterare radicalmente la percezione della minaccia - in Europa di sicuro, ma anche negli Stati UnitiSecondo un sondaggio d'opinione New York Times-CBS condotto nel maggio del 1989, due americani su tre pensano che l'Urss non rappresenti più una minaccia militare immediata e quasi tre su quattro ritengono improbabile una guerra nucleare. Per giunta, mentre nel 1985 il 47% (e nel 1987 il 65%) degli intervistati considerava Gorbaciov diverso dai precedenti leader sovietici, nel 1989 è il 79% a pensarla così. Cfr. R.W. Apple jr., "Poll Finds That Gorbachev's Rule Eases American Minds on Soviets", The New York Times, 16 maggio 1989.
. E' ovvio che i termini del dibattito transatlantico sulla sicurezza occidentale non sono più gli stessi.
5. L'eredità del trattato INF
La questione che ha più influenzato il dibattito NATO sulla modernizzazione delle TNW è chiaramente il trattato INF e la sua genesi. La soluzione zero, che fu la posizione negoziale americana dall'inizio (novembre 1981) alla fine (dicembre 1987), era stata ventilata originariamente nel partito socialdemocratico tedesco nel 1980. Finì per essere adottata da un'Amministrazione conservatrice americana solo perché aveva il pregio di essere allo stesso tempo inaccettabile ai sovietici, semplice da capire e capace di zittire le critiche di sinistra e disarmiste. Fu essenzialmente un capolavoro in termini di relazioni pubbliche da parte di Ronald Reagan e una vittoria per quegli esponenti del governo americano che si opponevano in via di principio a un accordo di controllo degli armamenti con l'Unione Sovietica. L'architetto di questo bluff era Richard Perle, allora Assistant Secretary of Defense for International Security Policy. La storia di come egli riuscì a spuntarla sulle obiezioni di Richard Burt, allora Ass
istant Secretary of State for Politico-Military Affairs, è ben documentata in un libro scritto dal corrispondente diplomatico del settimanale Time, Strobe TalbottCfr. il suo Deadly Gambits, New York, Alfred A. Knopf, 1984.
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Le battaglie tra Perle e Burt sono tipiche di qualcosa di più che la differenza tra coloro che osteggiano il controllo degli armamenti in sé e coloro che vi sono blandamente favorevoli. Esse esemplificano, infatti, una differenza d'atteggiamento negli Stati Uniti tra i conservatori radicali, à la Perle, che semplicemente non danno troppa importanza alle TNWSecondo Talbott, "Perle esprimeva delle riserve quanto al rapporto costo-efficacia di [GLCM] e Pershing 2 e criticava apertamente l'idea di 'pagare miliardi di dollari per solo 572 missili...un accidente di prezzo per un rimedio militare d'importanza marginale'". Deadly Gambits, cit., p. 44.
; e i conservatori moderati, à la Burt, che simpatizzano invece con il punto di vista europeo classico, secondo cui le TNW sono essenziali per la deterrenza estesa e il collegamento tra difesa europea e armi nucleari americane. I governi europei che schierarono le INF erano appunto moderatiQuesto è vero per Londra e Bonn; è un po' meno vero per il governo di coalizione al potere a Roma, che includeva due partiti socialisti. L'Italia, tuttavia, non è rinomata per avere forti convinzioni sulle questioni strategiche e di solito definisce le proprie posizioni secondo considerazioni di carattere politico generale.
: il risultato che avrebbero preferito, per i negoziati INF, era un accordo che avesse lasciato comunque qualche GLCM e Pershing 2 al proprio posto. Un accordo del genere, secondo loro, sarebbe stato coerente con la faccenda del "collegamento" e, allo stesso tempo, avrebbe indebolito il movimento antinucleare. Questi governi furono molto irritati quando lo schema di Paul Nitze, chiamato "passeggiata nel bosco"Nitze, allora a capo della delegazione americana ai colloqui sulle INF, propose di propria iniziativa ai sovietici un accordo secondo il quale gli Usa avrebbero mantenuto 75 lanciatori GLCM e l'Urss un egual numero di lanciatori SS-20. I Pershing 2 sarebbero stati tolti (o meglio non schierati) del tutto. L'idea prese il nome dal fatto che, a quanto pare, Nitze l'affacciò alla controparte sovietica nel corso di una passeggiata in un bosco vicino a Ginevra.
, venne respinto sia da Mosca che da Washington e continuarono a premere sugli americani perché se ne uscissero con qualcosa di più flessibile della soluzione zero.
Ma gli americani non si fecero convincere e rimasero fedeli al proprio bluff. Un bluff che, come già detto, venne successivamente chiamato da Gorbaciov.
Dopo il summit di Reykjavik l'atteggiamento prevalente nelle capitali europee è di costernazione: ecco un presidente americano che ha quasi negoziato la liquidazione della deterrenza nucleare e che, malgrado le obiezioni alleate, si è in sostanza accordato per rimuovere completamente gli euromissili.
All'inizio del 1987 c'è un ultimo, disperato, tentativo per evitare la soluzione zero. Prende la forma tipica di richiamare l'attenzione sulla superiorità numerica sovietica nelle categorie di armi adiacenti. La soluzione zero, si dice, è una trappola perché lascia intatta appunto la superiorità numerica sovietica nelle INF a raggio più corto. Ma il tentativo fallisce: Mosca propone una seconda soluzione zero per questi sistemi.
A quel punto la NATO non può fare altro che accettare entrambi gli zeroE' stato scritto che il Cancelliere Helmut Kohl provò a resistere la doppia opzione zero "...con il sostegno del primo ministro britannico Margaret Thatcher. Tuttavia, di fronte alla doppia pressione delle elezioni politiche e degli appelli di Reagan e [dell'allora Segretario di Stato George] Shultz, la signora di ferro si piegò e disse chiaramente a Kohl che doveva fare altrettanto. Kohl uscì dalla vicenda scottato, dichiarando in privato ai suoi collaboratori che la battaglia sulla doppia opzione zero 'è l'ultima volta che mi lascio scavalcare, nel controllo degli armamenti, da un'amministrazione americana'". Jim Hoagland, "The NATO Crisis is Reagan's Doing", The Washington Post, 9 maggio 1989.
. Le opinioni su quali conseguenze ciò avrà per l'Alleanza, comunque, variano a secondo delle diverse prospettive nazionali.
Prima a Londra, ma in seguito anche a Washington, ci si convince che il processo di azzeramento progressivo delle TNW può andare avanti indefinitivamente, sino all'abbandono della Risposta Flessibile e alla denuclearizzazione dell'Europa. Parigi, preoccuppata per le sorti del proprio arsenale nucleare indipendente, agita con ancor più vigore lo spettro di un'Europa denuclearizzata - un obiettivo di lungo periodo dei sovietici, viene detto, i quali potrebbero così giovarsi pienamente della loro preponderanza nel convenzionale.
6. Gli sviluppi in Germania occidentale
Il punto di vista di Bonn è diverso. Il governo tedesco ha altrettanta preoccupazione quanto al ruolo della deterrenza estesa ma deve rassegnarsi al fatto che diversi gradini della "scala" nucleare sono stati rimossiQuesto concetto dei gradini (steps) della scala (ladder) deriva da uno dei requisiti delle Risposta Flessibile, cioè il controllo di un'eventuale escalation nucleare lungo tutto lo spettro dalle armi nucleari tattiche a quelle strategiche, passando per quelle a raggio intermedio.
. Sono rimasti invece quei sistemi (missili nucleari a corto raggio e artiglieria nucleare) che, se venissero usati, esploderebbero nelle due GermanieLe armi nucleari da campo di battaglia sono schierate, nella NATO, anche in Italia, Grecia e Turchia. Quindi, da questo punto di vista, non esiste nessuna singolarità tedesca. E' tuttavia vero che quelle schierate nella RFG hanno una portata tale da rendere praticamente impossibile il loro uso fuori dalla Germania (Est e Ovest), con l'unica eccezione delle bombe per aerei.
. In altre parole, Bonn non ha di che rallegrarsi del fatto che l'altra "scala", quella del disarmo, debba fermarsi proprio a 500 km di portata (il limite inferiore consentito dal trattato INF per i missili basati a terra). A questo punto, i conservatori della CDU-CSU si uniscono gradualmente all'opposizione socialdemocratica nel chiedere che il controllo degli armamenti interessi pure le TNW rimaste. Le iniziative sovietiche nel campo degli armamenti convenzionali rafforzano questa tendenza: la prospettiva di ottenere in un futuro non troppo distante una approssimativa parità tra NATO e Patto di Varsavia non può che rafforzare, infatti, l'interesse tedesco-occidentale a negoziare sulle forze nucleari a corto raggio (Short-range Nuclear Forces - SNF; portata 0-500 km).
Per semplici motivi di realismo politico, qualsiasi partito nella RFG deve tenere nel debito conto il fatto che sondaggio dopo sondaggio mostra che l'opinione pubblica diffida delle armi nucleari e guarda con favore alle iniziative di Gorbaciov"In un sondaggio del giugno 1988, il 79% degli intervistati era a favore della totale denuclearizzazione dell'Europa, e il 68% si opponeva alla modernizzazione dei missili a corto raggio". Thomas Risse-Kappen, "Will NATO settle for Kohl's cuts?", Bulletin of the Atomic Scientists, giugno 1989.
. In aggiunta a ciò, c'è anche un diffuso senso di stanchezza per 40 anni di forte presenza militare nel paese; stanchezza segnalata da una crescente richiesta di limitare le esercitazioni aeree e terrestri della NATO.
Al di fuori della sfera militare, d'altro canto, Bonn reagisce a quella che è stata chiamata qui "la rivoluzione di Gorbaciov" aumentando il ritmo e la portata degli obiettivi della propria Ostpolitik in ogni settore: economico, culturale e umanitarioIn proposito cfr. "Being there", The Economist, 29 aprile 1989.
. E' uno sforzo molto più intenso di quello di ogni altra capitale europea. Per rendersene conto basta guardare al capitale economico e politico che il governo di Bonn è pronto a investire per permettere ai tedeschi provenienti dall'Europa dell'Est e dall'Urss (si tratta di più di 3 milioni di persone, in aggiunta ai 18 milioni di cittadini della RDT) di stabilirsi in Germania ovest, o di visitarla: capitale economico sotto forma di miliardi di marchi di credito all'Est; capitale politico sotto forma di un rilancio della destra estrema, dalle forti tinte xenofobe, che toglie voti alla base elettorale della CDU-CSU.
Il semplice fatto che la Germania occidentale è il paese europeo con i maggiori interessi investiti in un allentamento delle tensioni Est-Ovest è evidentemente più importante, in questo contesto, di ogni esercizio di dietrologia politica - tipo indovinare se la nuova Ostpolitik nasconde un tentativo di arrivare alla riunificazione tedesca o meno.
C'è infine quello che è stato chiamato un nuovo "senso d'autoaffermazione" tedesco o la fine del tradizionale atteggiamento di deferenza verso gli Stati UnitiSu questo cfr. Robert J. McCartney, "Bonn Seeks More Indipendent NATO Role", The Washington Post, 2 maggio 1989.
. Un aspetto che può essere più semplicemente interpretato come la traduzione in termini politici della crescita economica del paese a livelli da potenza mondiale.
7. La spaccatura nella NATO sulla modernizzazione nucleare
A metà dell'87 le delegazioni ai negoziati INF di Ginevra stanno mettendo a punto gli ultimi dettagli. Poiché è a tutti ovvio che la spinta verso il trattato è ormai inarrestabile, la NATO comincia a discutere l'agenda per i prossimi colloqui sul controllo degli armamenti. L'idea di stabilire delle priorità - quale foro debba avere la precedenza sugli altri - è già in sé un tentativo di prevenire una terza opzione zero, cioè l'eliminazione da ambedue le parti dei rimanenti missili superficie-superficie. La logica suggerirebbe invece di procedere ovunque si presentino le migliori opportunità.
Mentre questa è appunto la posizione presa dal governo tedesco, i francesi e i britannici insistono per rimandare qualsiasi negoziato sulle SNF e per un impegno deciso alla loro modernizzazione. Quando i ministri degli esteri alleati si incontrano a Reykjavik nel giugno del 1987, il loro comunicato finale si dilunga nel tentativo di far convivere i punti di vista divergenti. Dice, infatti, che "un insieme appropriato di forze nucleari e convenzionali adeguate ed efficaci...continuerà ad essere aggiornato (kept up to date) ove necessario...il concetto globale (comprehensive concept) per il controllo degli armamenti e il disarmo comprende...in congiunzione con il raggiungimento dell'equilibrio convenzionale e l'eliminazione globale delle armi chimiche, riduzioni tangibili e verificabili dei missili nucleari a raggio più corto basati a terra americani e sovietici che portino a livelli numerici uguali"NATO Press Service, "Declaration of the Heads of State and Government Participating in the Meeting of the N
orth Atlantic Council in Brussels (2nd-3rd March 1988)", Press Communique M-1 (88) 13. Come diventerà chiaro più avanti nel testo, il comunicato di Reykjavik aveva detto le stesse cose con le stesse parole.
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Il ruolo delle armi nucleari viene riaffermato; tuttavia quale possa essere "un insieme appropriato" con le armi convenzionali rimane non definito. Tenere "aggiornate" (con l'ulteriore avvertenza "ove necessario") le TNW può significare sostituire vecchi sistemi con nuovi, ma anche mantenere operativi quelli vecchi con programmi come lo SLEP per il Lance. Il termine "in congiunzione con" può essere letto sia come l'intenzione di posporre negoziati SNF rispetto a quelli sulle armi chimiche e convenzionali, sia come un impegno a tenere i vari negoziati in parallelo. Infine, "livelli numerici uguali" può significare qualsiasi numero di SNF, compreso zero.
In definitiva, le differenze d'approccio non sono state realmente risolte, ma soltanto fatte convivere verbalmente. Allo scopo di superarle, l'Alleanza si dà il compito di definire un "concetto globale" nel quale, si spera, il controllo degli armamenti e la modernizzazione possano coesistere.
L'idea di un concetto globale è tedesca e il suo studio prenderà quasi due anni. Durante questo periodo i maggiori attori rimarranno sulle proprie posizioni al riguardo; ad esempio il comunicato finale del Consiglio dell'Atlantico del Nord tenutosi a Bruxelles nel marzo 1988 si limita a ribadire il compromesso raggiunto l'anno prima a Reykjavik, usando le stesse parole.
Nell'autunno del 1987, invece, un cambiamento importante avviene all'interno dell'Amministrazione americana: sia il segretario alla Difesa, Caspar Weinberger, che il suo Assistant for International Security Policy, Richard Perle, lasciano il Pentagono. Vengono sostituiti rispettivamente da Frank Carlucci e Ronald Lehman.
Lehman in particolare sembra schierarsi decisamente dalla parte franco-britannica sulla modernizzazione delle SNF: nel febbraio del 1988 egli lotta senza successo per ottenere dal Congresso l'autorizzazione al successore del Lance. Nel corso di un'audizione di fronte alla Commissione Forze Armate del Senato, a una domanda che definiva "molto ambiguo" l'impegno tedesco a modernizzare, Lehman risponde nei seguenti termini: "Lasciatemi dire che io non ho alcun dubbio che il Cancelliere Kohl o persino i suoi successori...faranno esattamente quello che è giusto fare...il Cancelliere Kohl ha detto...che dobbiamo mantenere la Risposta Flessibile, che dobbiamo mantenere forze nucleari americane in Europa, che non possiamo accettare la terza opzione zero. E ha chiarito che non modernizzare equivale a una terza zero unilaterale"DOD Authorizations for Appropriations for FY 1989, U.S. Senate, cit., p. 10.
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Ovviamente, non tutti i senatori sono persuasi dalla caratterizzazione fatta da Lehman del punto di vista tedesco. Il senatore J. James Exon (democratico del Nebraska), ad esempio, replica che diversi esperti europei gli hanno detto "che è molto difficile, e potrebbe causare la caduta del suo governo, che Kohl acconsenta a schierare le armi a corto raggio, vista la crescente propensione alla denuclearizzazione in Europa"Ibidem, p. 36.
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Anche sui negoziati SNF Lehman non ha dubbi: "Noi ci opponiamo ad essi. Non abbiamo mai smesso di dire ai tedeschi che non crediamo sia una buona idea e che noi non abbiamo nessun interesse ad intraprendere questi negoziati"Ibidem, pp. 36-7.
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Quella che sembra emergere, comunque, è una situazione di stallo. L'Amministrazione americana non riesce ad ottenere né il via libera del Congresso allo sviluppo del FOTL, né quello tedesco al suo eventuale schieramento. Essi dipendono l'uno dall'altro: la mancanza di uno preclude l'ottenimento dell'altro. I negoziati SNF suonano come un anatema al Pentagono perché rafforzerebbero sia l'atteggiamento tedesco a rimandare quantomeno un impegno alla modernizzazione, sia la riluttanza del Congresso a stanziare i fondi per la nuova arma. A quest'ultimo proposito, va notato che un investimento di 1,5 miliardi di dollari in un nuovo sistema che potrebbe essere ritirato presto come conseguenza di un accordo simile all'INF, non è destinato ad essere visto bene dai deputati di entrambi i partiti. Visto, per giunta, che persino il nuovo segretario Carlucci è a favore di un contenimento della spesa militare. Non sorprende, dunque, che alla fine il Congresso renderà disponibile una somma di denaro relativamente mode
sta (7,5 milioni di dollari, metà di quanto autorizzato in origine) per un mero studio di fattibilità del FOTL.
Le opinioni di Lehman sono probabilmente tipiche di quello che è stato chiamato prima l'approccio conservatore moderato alle TNW e alla deterrenza estesa. In altre parole, egli è convinto che il punto di vista prevalente in Europa sia contrario al controllo degli armamenti e a favore della modernizzazione e che Kohl pensi lo stesso. L'unico problema del Cancelliere sarebbe che non può dirlo apertamente. Gli Usa dovrebbero pertanto iniziare in proprio la modernizzazione: il consenso tedesco arriverà non appena la situazione interna lo permetterà. Questa diagnosi potrebbe anche essere azzeccata; ma il problema è che la situazione interna non permetterà a Kohl di prendere la posizione che in cuor suo egli, forse, caldeggia. Le iniziative sovietiche e l'opinione pubblica in Germania renderanno la decisione di modernizzare l'equivalente del suicidio politico. E, come è lecito aspettarsi, "il Cancelliere Kohl [deciderà] che il Lance non vale un suicidio politico"Risse-Kappen, cit.
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Che il Congresso avesse intenzione di procedere con grande cautela sulla modernizzazione delle TNW era già chiaro nel 1984-85. Meno di tre mesi prima della firma del trattato INF, comunque, uno dei parlamentari più influenti sulle questioni di sicurezza era stato ancor più esplicito. In un discorso dal titolo Il mondo dopo l'opzione zero, Les Aspin, presidente della Commissione Forze Armate della Camera dei Rappresentanti, s'era occupato sia dei negoziati che della modernizzazione delle SNFLes Aspin, The world after zero INF, Speech Text, American Association for the Advancement of Science, Crystal City, Virginia, September 29, 1987, dal quale sono prese le citazioni che seguono nel testo.
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Sui primi aveva detto: "Secondo me, ulteriore controllo degli armamenti per le TNW, ora, non è una buona idea". Ma aveva anche criticato il FOTL: "Questo nuovo missile verrebbe presentato come un sostituto modernizzato del Lance, malgrado finirebbe molto probabilmente per essere un sistema con una portata, una precisione, un lanciatore e una testata nucleare diversi - in effetti un missile completamente nuovo". Ancor più importante, egli sembrava essere perfettamente conscio dei problemi politici della modernizzazione: "Se noi avessimo un minimo di certezza di arrivare allo schieramento, la modernizzazione nucleare sarebbe utile. Ma ciò che aiuterebbe a risolvere il problema del collegamento nucleare - come il FOTL - non è fattibile politicamente". Dopo aver sostenuto un approccio di basso profilo al miglioramento delle capacità nucleari della NATO (essenzialmente delle migliori capacità di dispersione per l'artiglieria e le bombe nucleari), egli aveva riassunto le proprie opinioni nel modo seguente: "I
o guardo con scetticismo sia ad ulteriori misure di controllo degli armamenti, sia ad ulteriore modernizzazione per le armi nucleari di teatro. Malgrado abbiano alcuni vantaggi, i costi probabili di entrambi gli approcci suggeriscono decisamente di puntare altrove, se possibile"In realtà Aspin indicò nella soluzione dei problemi convenzionali in Europa la direzione cui puntare per risolvere i problemi della NATO dopo le INF. E' forse interessante notare - ma vi tornerò in seguito - che questo consiglio verrà ripreso dall'amministrazione Bush nel maggio del 1989 per trovare una via d'uscita a quello che era diventato un disaccordo aperto sulle SNF nell'Alleanza.
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Nella misura in cui le opinioni di Aspin possono essere rappresentative della maggioranza del Congresso, è interessante notare che quest'ultimo aveva: primo, previsto e capito nei suoi termini l'emergere di un contenzioso nella NATO che era capace di dividere gli alleati; secondo, sostenuto un ruolo di arbitro per gli Stati Uniti col tentativo di soddisfare ambedue i punti di vista, cioè un rinvio e dei negoziati SNF (un gesto verso la Francia e la Gran Bretagna) e della modernizzazione (un gesto verso la Germania federale).
Un'Amministrazione agli sgoccioli del proprio mandato aveva deciso invece di sposare inequivocabilmente la tesi di Parigi e Londra.
All'inizio del 1989, la nuova amministrazione Bush segue la strada già tracciata da chi l'ha preceduta. Il 29 gennaio, l'allora segretario alla Difesa designato John Tower auspica la modernizzazione delle SNF in un discorso a MonacoCfr. Robert J. McCartney, "Tower Warns NATO About Soviet Power", The Washington Post, 30 gennaio 1989.
. Il suo discorso ha luogo nel corso della conferenza annuale Wehrkunde, un foro per esperti di sicurezza delle due sponde dell'Atlantico che è il tradizionale depositario del punto di vista conservatore moderato sulle TNW e la deterrenza estesa. Gli imperativi politici, comunque, prenderanno presto il posto del pensiero astratto degli strateghi.
Il 10 febbraio, il giorno dopo la partenza del segretario di Stato James A. Baker III per un viaggio di otto giorni in 14 paesi della NATO, il Cancelliere Kohl chiede pubblicamente un rinvio di qualsiasi decisione sulla modernizzazione delle SNF a dopo il 1991-92. Non è difficile leggere dietro la mossa di Kohl il tentativo di avvicinarsi alle elezioni politiche tedesche (previste per il dicembre del 1990) senza il peso di una decisione impopolare - la CDU-CSU è già dietro all'opposizione nei sondaggi d'opinione.
L'Amministrazione americana viene colta di sopresa e si trova di fronte a un difficile dilemma. Da una parte è chiaro che qualsiasi speranza di modernizzare le SNF verrebbe a ridursi se una coalizione di verdi e socialdemocratici dovesse andare al potere in Germania federale. Questi partiti sono andati chiedendo misure di disarmo nucleare in Europa per tutto l'ultimo decennio. Gli Stati Uniti, perciò, hanno motivo di aiutare Kohl a vincere le elezioni. D'altro canto, però, in un colloquio col suo omologo britannico Geoffrey Howe nel corso dello stesso viaggio, Baker dichiara che "la questione della modernizzazione deve essere risolta dagli alleati, allo scopo di persuadere il Congresso a finanziare le armi [FOTL]"Don Oberdofer e Robert J. McCartney, "Baker Voices Concerns Over START Pact", The Washington Post, 13 febbraio 1989.
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Al ritorno dall'Europa, comunque, Baker sembra propenso a trovare una soluzione in una ripetizione della doppia decisione NATO del 1979 sulle INF: un impegno a modernizzare le SNF dovrebbe accompagnarsi a "una componente di controllo degli armamenti e disarmo", egli dichiaraDon Oberdofer, "Short-Range Missile Issue May Go on Table", The Washington Post, 18 febbraio 1989.
. Questo approccio diventerà presto lettera morta di fronte all'opposizione tedesca a prendere qualsiasi impegno sul FOTL prima del 1992.
Per giunta, Bonn poco dopo richiede che vengano intrapresi colloqui per ridurre le SNF. "La nostra richiesta è che si aprano senza indugio negoziati su questi sistemi, secondo quanto previsto dalla decisione NATO [di Reykjavik]del 1987", dice il ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher il 2 marzo alla Conferenza dell'ONU sul disarmo a Ginevra"Bonn Asks Talks Now On Short-Range Arms", The New York Times, 3 marzo 1989.
. Genscher è rinomato per essere il principale sostenitore di tali negoziati all'interno della coalizione governativa di Bonn. Il momento e il foro scelti per la sua dichiarazione e il fatto che questa non verrà successivamente rettificata dal capo del suo governo, tuttavia, rendono chiaro che Genscher ha parlato a nome dell'esecutivo.
Il mese seguente, quando lascia Washington per prendere parte a un meeting dell'NPG a Bruxelles, il nuovo segretario alla Difesa Richard B. Cheney si pronuncia "decisamente per la modernizzazione delle armi nucleari a corto raggio dell'Alleanza e contro negoziati Est-Ovest per ridurle"Robert J. McCartney, "Cheney Urges Modernizing of A-Missiles", The Washington Post, 20 aprile 1989.
. Dopo la riunione, comunque, diventa chiaro che Bonn ha ottenuto un rinvio al 1992 di ogni decisione sulla modernizzazione. Da parte loro, Cheney e il suo collega britannico George Younger riaffermano la loro opposizione ai colloqui SNF. Perciò sembra sia stato raggiunto un compromesso sulla base di nessun impegno alla modernizzazione contro niente negoziati SNF nell'immediato. La controversia atlantica sull'argomento sembra esser stata disinnescata. Malgrado il comunicato finale del meeting offra nulla di più che il solito vago impegno a "tenere aggiornate ove necessario" le forze nucleari, Cheney ritiene di avere "abbastanza interesse...per chiedere al Congresso i fondi di cui c'è bisogno per la ricerca e sviluppo" del FOTLCitato in Robert J. McCartney, "U.S. Accepts Delay by NATO On Updating Short-Range Arms", The Washington Post, 21 aprile 1989.
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Tutt'altro che disinnescata, comunque, la controversia è sul punto di esplodere. Cheney è appena tornato a Washington che, dopo un rimpasto di governo, Kohl manda nella capitale americana Genscher e il neo-ministro della Difesa Gerald Stoltemberg. Obiettivo esplicito del viaggio-lampo è quello di convincere l'amministrazione Bush ad aprire presto negoziati SNF. La risposta americana è un no senza sfumature e forse anche un po' adirato.
Il rifiuto americano, tuttavia, non scoraggia Kohl dall'andare oltre. In un importante discorso al Bundestag sulla politica estera, dopo aver riaffermato sia che non c'è bisogno di decidere sulla modernizzazione prima del 1992 sia la richiesta di negoziati SNF, egli chiarisce che si deve trattare anche sull'artiglieria nucleare. Inoltre, Kohl dichiara che lo sviluppo del FOTL è "una decisione nazionale americana"Cfr. Serge Schmemann, "Kohl Sets Stage for NATO Fight By Laying Out New Arms Policy", The New York Times, 28 aprile 1989.
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Si tratta di un messaggio in codice al Congresso statunitense che equivale chiaramente a una dissociazione tedesca dallo sviluppo delle nuove armi. E' anche l'esatto contrario di ciò che l'Amministrazione americana ha tentato di vendere alla propria assemblea legislativa.
Quando manca solo un mese prima del summit della NATO, previsto per il 29-30 maggio a Bruxelles e concepito in origine soprattutto come una celebrazione dei primi 40 anni dell'Alleanza, la spaccatura non potrebbe essere più netta. Mentre Parigi evita di schierarsi pubblicamente, tutti gli alleati europei continentali (con la possibile eccezione degli olandesi) sostengono Bonn. I canadesi e, ovviamente, i britannici sono, nella disputa, dalla parte di Washington.
L'inizio di maggio vede un grande movimento diplomatico tra la capitale tedesca e quella americana, ma con pochi risultati concreti. Dieci giorni prima del Consiglio Atlantico di Bruxelles, l'amministrazione Bush accetta in via di principio di negoziare sulle SNF, ma alle seguenti condizioni: i colloqui non possono cominciare prima che venga raggiunto un accordo sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa; riduzioni delle SNF risultanti da un eventuale accordo al riguardo cominceranno solo dopo che le riduzioni convenzionali saranno state tradotte in pratica; la terza opzione zero deve essere esplicitamente esclusaCfr. Michael Gordon, "New U.S. Terms Would Delay Cuts by NATO", The New York Times, 21 maggio 1989.
. Va notato che la stima dell'Amministrazione quanto al tempo occorrente per negoziare e tradurre in pratica un accordo ai colloqui di Vienna sulle armi convenzionali è di cinque anni. Perciò l'accoglimento in via di principio della richiesta di negoziati SNF, dal punto di vista di Bonn, è ben lontano dal soddisfare gli appelli di Kohl a dar vita "presto" ai colloqui.
Alla vigilia del summit la spaccatura c'è ancora, quando George Bush riesce abilmente a spostare altrove l'attenzione e a unire dietro a lui gli alleati. Vi riesce col presentare loro una proposta per i negoziati convenzionali che essi rapidamente appoggeranno con un senso di sollievo. La nuova proposta consiste semplicemente nell'accogliere due questioni che i sovietici hanno provato a lungo a mettere sul tavolo delle trattative, malgrado la resistenza occidentale: l'inclusione degli aerei da combattimento e delle truppe tra le varie categorie convenzionali da ridurreL'inclusione degli aerei era stata sostenuta non solo dai sovietici, comunque, ma anche dalla maggioranza degli osservatori occidentali compreso, ancora una volta, Les aspin.
. Si tratta, tuttavia, della prima apertura dell'amministrazione Bush sul controllo degli armamenti. In più, ha il chiaro vantaggio di relegare ai margini il problema delle SNF e di fornire le basi per un minimo di unità con cui celebrare in armonia il quarantennale della NATO.
Compreso nella proposta Bush c'è un calendario provvisorio: l'Alleanza "cercherà di raggiungere un accordo [convenzionale] entro sei mesi/un anno e di portare a termine le riduzioni entro il 1992-93""Excerpts From Joint Communique by Leaders at NATO Summit Meeting", The New York Times, 31 maggio 1989, dal quale sono anche riprese le citazioni che seguono nel testo.
. Sebbene suoni decisamente ottimistica, questa dichiarazione intende chiaramente essere un segnale ai tedeschi: i colloqui SNF potrebbero cominciare prima di quanto si crede.
Riferimenti più espliciti alla questione SNF sono invece contenuti nel "concetto globale per il controllo degli armamenti e il disarmo", reso pubblico nel comunicato finale. Le condizioni americane per intraprendere colloqui SNF vengono ratificate dall'Alleanza, compresa l'esclusione della terza opzione zero. "Gli Stati Uniti - dice infatti il documento - sono pronti a cominciare negoziati per ottenere una riduzione parziale sino a livelli eguali e verificabili dei missili nucleari sovietici e americani a più corto raggio". D'altro canto, il concetto globale fa spazio a qualcuna delle richieste tedesche col posporre esplicitamente al 1992 una decisione sullo schieramento del FOTL e col trattare il finanziamento della ricerca e sviluppo dell'arma come "una decisione riservata alle autorità nazionali [americane]" - il cui "valore" è "riconosciuto" dagli "alleati interessati".
Il gran finale, però, non riesce a fugare tutti i dubbi. Il summit non è nemmeno finito che già viene scritto che "alcuni diplomatici della NATO si dicono convinti che nessun governo tedesco accetterà lo schieramento di un successore del Lance...essi sostengono che la 'soluzione zero' per la NATO può arrivare grazie all'obsolescenza tecnologica, invece che per via diplomatica; il che rende le polemiche sul significato dei comunicati un esercizio accademico"James M. Markham, "NATO Compromise Seems to Rule Out Tactical Arms Ban", The New York Times, 31 maggio 1989.
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Il primo giugno queste interpretazioni trovano pronta eco nei discorsi di Kohl e Genscher al Bundestag. Riferendosi a una frase del concetto globale, inclusa a seguito dell'insistenza anglo-americana, che diceva che le SNF saranno necessarie in Europa "nel prevedibile futuro", il Cancelliere dichiara che "data la tendenza generale degli sviluppi odierni nei rapporti Est-Ovest, 'prevedibile' può significare un periodo di tempo relativamente limitato". Da parte sua, Genscher sottolinea un'altra frase dello stesso documento, quella dove si dice che una decisione sul FOTL verrà presa "alla luce degli sviluppi complessivi nel campo della sicurezza". E, aggiunge, la RFG lavorerà "per influenzare gli sviluppi in modo tale che non ci sia nessun obbligo di procedere con un nuovo sistema"Le dichiarazioni di Kohl e Genscher sono citate in Robert J. McCartney, "NATO Arms Discord Seen Resurfacing", The Washington Post, 4 giugno 1989.
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Per il momento, comunque, la saga del Lance è finita.
La questione delle SNF non è stata discussa nel vuoto dalla NATO. Durante tutta la vicenda, infatti, i sovietici e i loro alleati non hanno mai rallentato il ritmo delle loro iniziative di controllo degli armamenti. In una lettera a Kohl del dicembre del 1987, ad esempio, il presidente tedesco-orientale Erich Honecker proponeva il ritro delle armi nucleari. Nel gennaio del 1988 è invece Shevardnadze ad avanzare l'idea di una terza opzione zero. Nei mesi seguenti, tuttavia, Mosca dirada i suoi appelli ai negoziati SNF, cedendo alle insistenze occidentali a escludere le armi nucleari di teatro dal mandato per i negoziati convenzionali di Vienna.
Va notato, ad ogni buon conto, che anche le proposte sovietiche nel campo convenzionale finiscono inevitabilmente per avere un impatto sulla questione SNF. Difatti, come ricordato nel primo capitolo, le armi nucleari sono strettamente associate allo stato degli equilibri convenzionali, almeno per i relativisti nucleari della NATO. Così, quando la controversia alleata sul FOTL è diventata di dominio pubblico, il Cremlino decide di agire ad entrambi i livelli, combinando offerte convenzionali e nucleari.
Avviene esattamente questo nel maggio 1989, quando Baker vola a Mosca con l'intenzione di 'mettere alla prova' i sovietici su una serie di questioni al di fuori del controllo degli armamenti. Avverrà invece che saranno i sovietici a mettere alla prova l'amministrazione Bush e proprio sul controllo degli armamenti: l'11 maggio Gorbaciov consegna al segretario di Stato una nuova proposta sul convenzionale che accoglie molte delle condizioni contenute nel documento d'apertura della NATO ai negoziati di ViennaLa proposta sovietica verrà formalmente presentata a Vienna 12 giorni più tardi. Cfr. R. Jeffrey Smith, "Soviet Offers Large Reduction in Arms, Troops in Europe", The Washington Post, 24 maggio 1989.
. In più, Gorbaciov annuncia una riduzione unilaterale delle armi nucleari sovietiche schierate in Europa. Entro la fine del 1989, dice, l'Urss ritirerà 284 testate per missili, 166 bombe d'aereo e 50 proiettili d'artiglieria.
Tuttavia, l'impatto potenziale di questa mossa, intesa chiaramente a incoraggiare chi nella NATO si oppone alla modernizzazione, è seriamente compromessa dagli stessi sovietici. Il giorno seguente, nel corso di una visita a Bonn, Shevardnadze minaccia di arrestare lo smantellamento dei missili SS-23 se la NATO va avanti col successore del Lance. La minaccia, se attuata, equivarrebbe a una violazione del trattato INFI sovietici sostengono che un FOTL con una portata molto vicina a 500 km è una violazione dello spirito del trattato INF. L'SS-23, incluso invece nel trattato tra le armi da distruggere, ha una portata leggermente superiore a 500 km.
, e quando (24 maggio) lo stesso Shevardnadze la farà rientrare, sarà troppo tardi per portare di nuovo l'attenzione sul precedente gesto, certo più conciliante, di una riduzione unilaterale di TNW. Va anche notato che tale riduzione viene subito interpretata dall'Amministrazione americana come semplice propaganda. I sovietici, viene detto, hanno 10.000 testate nucleari in Europa - contro le 4.000 della NATO - e il ritiro annunciato corrisponde a solo il 5% del loro arsenaleE' difficile dire da dove provenga questa stima di 10.000 TNW sovietiche in Europa. L'unico riferimento che ho trovato è una tabella che elenca "L'arsenale nucleare sovietico stimato, luglio 1988", pubblicata dal Bulletin of the Atomic Scientists nel numero di luglio/agosto 1988. Questa fonte stima in 11.800 il numero delle testate nucleari non-strategiche sovietiche basate a terra. Se si sottraggono circa 1.800 testate che verranno ritirate a seguito del trattato INF, si arriva appunto a una cifra di circa 10.000. Tuttavia parte di quest
e testate è associata a vettori che non sono schierati in Europa, ma in altri parti del territorio sovietico - più o meno come alcune delle TNW americane sono schierate in Asia o tenute negli Stati Uniti stessi. Cinquecento testate, dunque, dovrebbero rappresentare qualcosa di più del 5% di TNW che l'Urss ha accumulato in Europa, malgrado ci si trovi su un terreno di stime molto incerte.
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Sia per lo scetticismo americano, o sia per una mancanza di destrezza diplomatica da parte sovietica, le mosse di Mosca sulle SNF non riescono a influenzare sostanzialmente il dibattito NATO sulla modernizzazione. Molto più efficaci nel condizionare l'opinione pubblica occidentale sono invece le iniziative nel campo convenzionale. Questo sarà ancor più vero nell'immediato futuro, poiché la NATO ha scelto ora di dare priorità proprio a questo.
Ma fintantoché Bonn continuerà ad aver presente la questione SNF, Mosca farà lo stesso. Dopo il summit della NATO, infatti, i commenti di Shevardnadze ribadiscono la posizione sovietica che i colloqui SNF si tengano in parallelo, invece che successivamente, a quelli sulle armi convenzionaliCfr. Edward Cody, "Soviets Raise Issue of French, British Troops", The Washington Post, primo giugno 1989.
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8. Il processo politico a Washington
La prima caratteristica notevole della posizione presa dall'amministrazione Bush sulla questione delle SNF è quanti pochi consensi abbia trovato negli Stati Uniti stessi. In realtà le critiche sono piovute da tutte le parti.
Uno dei critici di maggior prestigio è stato Paul Nitze, il negoziatore americano di più lunga esperienza che, certamente, non ha fama di persona ben disposta verso l'Unione Sovietica. Nitze sottolineava che richiedere un impegno tedesco alla modernizzazione senza offrire contemporaneamente il secondo approccio - il controllo degli armamenti - era inaccettabile per "qualunque governo tedesco concepibile". Egli proponeva invece di aprire dei colloqui SNF con l'Urss dopo essersi assicurati un accordo tedesco per escludere la terza opzione zero e concentrarsi quindi su un tetto negoziato di 200-300 testate per parte. La ragione militare più convincente per far ciò era, secondo Nitze, il vantaggio numerico a favore del Patto di Varsavia nei missili a corto raggio: circa 1.400 lanciatori contro gli 88 della NATO, secondo le stime da lui citateLe cifre citate dall'IISS sono leggermente diverse (95 lanciatori per la NATO contro i 1.432 del Patto di Varsavia; cfr. The Military Balance 1988-1989, p.220) ma non t
occano la sostanza dell'argomento di Nitze.
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Così, praticamente qualsiasi livello sopra lo zero si risolverebbe in gran parte in una riduzione unilaterale sovietica - chiaramente un risultato nell'interesse della NATO da un punto di vista militare. Nitze era anche contrario ad ogni collegamento temporale con i negoziati convenzionali. "Se potessimo ottenere un accordo - scriveva - su un livello uguale di missili a corto raggio in Europa più o meno pari alle cifre da me suggerite, non vedo motivo per negarci il beneficio delle riduzioni unilaterali sovietiche implicito in un tal risultato sino a quando non abbiamo raggiunto lo scopo più ambizioso (e io credo anche più lontano nel tempo) di riduzioni delle forze convenzionali"Paul H. Nitze, "What Bush Should Do To Solve the NATO Flap", The Washington Post, 14 maggio 1989.
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Le critiche all'Amministrazione, comunque, coprivano l'intero spettro del panorama politico-strategico americano. Richard Perle, divenuto nel frattempo senior fellow all'American Enterprise Institute, era non soltanto in favore dei negoziati, ma anche per la terza opzione zero sui missili a corto raggioCfr. il suo articolo "To Thwart Bonn and Moscow, Ban Short-Range Nuclear Missiles", International Herald Tribune, 29 maggio 1989.
. Sulle stesse posizioni era Dennis M. Gormley, vice presidente della Pacific Sierra Research Corporation, una ditta di consulenze al PentagonoCfr. Michael R. Gordon, "NATO Dispute: Tug-of-war Over Limited Arsenal", The New York Times, 24 maggio 1989.
. Persino Kim R. Holmes, direttore degli studi di politica di difesa al più noto istituto conservatore, la Heritage Foundation, era a favore di un rinvio al 1992 della decisione sullo schieramento del FOTLCfr. Andrew Rosenthal, "When Left-of-Center Finds Itself in Mainstream", The New York Times, 25 maggio 1989.
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Così, per una volta almeno, i cosiddetti falchi proponevano la stessa politica delle colombe, come Jonathan Dean, consulente per il controllo degli armamenti alla Union of Concerned Scientists, Jack Mendelsohn, vice-direttore dell'Arms Control Association, o John D. Steinbruner, direttore degli studi di politica estera alla Brookings InstitutionIntervistati da me. Per le opinioni di Medelsohn cfr. pure il suo articolo "The Pursuit of Irrelevance", Arms Control Today, maggio 1989.
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All'inizio di maggio, un approccio differente vaniva richiesto anche dai presidenti democratici delle due Commissioni Forze Armate del Congresso, Sam Nunn (Senato) e Les Aspin (Camera)Cfr. Michael R. Gordon, "Bush is Criticized On Capitol Hill Over NATO Crisis", The New York Times, 4 maggio 1989.
. La proposta di Nunn veniva commentata favorevolmente dal capo di Stato maggiore della Difesa (Chairman of the Joint Chiefs of Staff), ammiraglio William Crowe, durante un'audizione al Senato, un fatto questo che evidenzia come anche i militari avessero allora delle riserve sulla linea scelta dall'Amministrazione sulle SNF.
Le idee avanzate da Nunn e Aspin nella circostanza erano quasi identiche tra loro. La cosa importante, però, è che in pratica esse erano anche identiche alla proposta adottata dall'Amministrazione tre settimane dopo e sottoscritta dalla NATO nel concetto globale.
In una maniera simile all'evoluzione della proposta build-down del 1983, il Congresso prendeva un'iniziativa per uscire da un impasse nel controllo degli armamenti (e in questo caso anche un impasse nelle relazioni atlantiche), colmando il vuoto politico creato dall'inerzia dell'Amministrazione. La principale differenza è che questa volta non c'erano pubbliche trattative tra il legislativo e l'esecutivo. Tuttavia, molto del credito guadagnato da Bush dopo il summit della NATO è il prodotto di suggerimenti del Congresso. Come già osservato alla nota 51, persino l'ingegnosa mossa del presidente di spostare l'attenzione verso i negoziati convenzionali coincide sostanzialmente con le proposte fatte da Aspin nel 1987.
Data la convergenza tra l'Amministrazione e i leader del Congresso, è ragionevole aspettarsi che la Ricerca e Sviluppo del FOTL per l'anno fiscale 1990 verrà finanziata. Si tratta di una quantità di denaro (32,9 milioni di dollari) modesta a paragone di un bilancio della Difesa di circa 300 miliardi di dollari e al vantaggio di guadagnare un anno di tempo per vedere quale piega prenderanno i colloqui sulle armi convenzionali e la questione delle SNF. Problemi potrebbero sorgere per l'anno fiscale 1991, per il quale la richiesta dell'Amministrazione è abbastanza più alta (128,7 milioni di dollari) e ancor di più l'anno successivo, quando tale richiesta non solo sarà dell'ordine delle diverse centinaia di milioni di dollari, ma includerà anche denaro per voci relative alla produzione dell'arma. Tentare di indovinare l'atteggiamento del Congresso negli anni successivi, comunque, non ha molto senso: molto dipenderà dal risultato delle elezioni nella RFG alla fine del 1990 e dai risultati, se ce ne saranno,
dei negoziati di Vienna.
A questo punto, comunque, rimangono due interrogativi. Primo, perché l'Amministrazione ha preso una posizione che l'ha lasciata così isolata, sia all'interno che all'estero? Secondo, alla luce di questa vicenda, cosa si può capire riguardo le percezioni americani sulla questione in sé, cioè le TNW e il loro ruolo nella NATO?
Per quanto riguarda il primo interogativo, è abbastanza utile ricordare che la piattaforma elettorale sulla quale Bush è stato eletto era esplicitamente molto cauta e tradizionalista nel campo della sicurezza nazionale. Egli aveva chiarito che aveva bisogno di tempo per definire una propria linea nel controllo degli armamenti e nelle relazioni Est-Ovest. A questo scopo, il personale da lui scelto aveva subito intrapreso un lavoro di revisione (policy review); lavoro che finiva per marciare così piano da essere costantemente superato dagli eventi.
Dunque, una prima risposta può essere trovata nell'interazione tra un'Amministrazione cauta e lenta nelle proprie scelte e delle controparti estere (Bonn e Mosca) inclini invece all'iniziativa rapida e spesso imprevedibile. In altre parole, la tendenza naturale a rimanere su qualsiasi posizione fosse stata già definita tendeva inevitabilmente a prevalere dentro l'Amministrazione, quasi senza riguardo ai cambiamenti nell'ambiente circostante.
Se gli eventi continuano a mettere un attore sulla difensiva, una reazione frequente è l'irritazione. A sua volta, ciò rinforza la tendenza a "resistere", a "non piegarsi", a sentirsi nel giusto.
In una certa misura, è questo che è accaduto all'amministrazione Bush. Per esempio, quando Gorbaciov annunciava la riduzione di 500 TNW, Cheney reagiva nel modo seguente: "Ha così tante schifezze (ratholes) là nell'Europa dell'Est, che 500 è un nonnulla". Da parte sua, il portavoce della Casa Bianca Marlin Fitzwater dichiarava che l'impegno sovietico a sospendere le forniture di armi al Nicaragua era "una mossa di pubbliche relazioni" tipica di un "perdigiorno (drugstore cowboy)" - intendendo, ovviamente, il leader sovietico.
La frustrazione arrivava a livelli ancor più alti quando, invece di una avversario come Mosca, era un alleato, Bonn, a incalzare il governo americano. Non c'è dubbio che le circostanze contribuivano ad aumentare la stizza statunitense. Dopo la riunione dell'NPG di aprile, infatti, l'amministrazione Bush aveva qualche ragione per pensare che il problema delle SNF era stato risolto sulla base del doppio rinvio, alla modernizzazione e ai negoziati. Ma, come ricordato sopra, i tedeschi decidevano di chiedere pubblicamente i negoziati subito dopo aver incassato quella che sembrava già una grossa concessione americana. "I tedeschi non sono stati onesti con noi" - commentava allora un funzionario dell'Amministrazione. "Avevamo raggiunto un'intesa su come trattare questa faccenda...loro avevano promesso di continuare a discutere per appianare le divergenze, ma poi hanno fatto dietro-front e ci hanno messo dinanzi al fatto compiuto"Citato in Thomas L. Friedman, "U.S. Anger Rising Against Germans Over NATO Stand"
, The New York Times, 30 aprile 1989.
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I governi sono fatti di esseri umani ed è sbagliato sottovalutare il ruolo che la rabbia, l'irritazione o la paura di perdere la faccia hanno anche nelle questioni più 'tecniche' di relazioni internazionali.
Il lento mettersi in movimento dell'amministrazione Bush ha avuto anche un'altra importante conseguenza, stavolta sulla scelta del personale politico. Ancora l'8 maggio, l'80% dei posti di maggiore responsabilità di governo dovevano ancora essere riempiti - e i dipartimenti di Stato e della Difesa erano quelli col più alto numero di nomine mancantiCfr. David E. Rosembaum, "80% of Senior Positions Under Bush Still Empty", Thew New York Times, 13 maggio 1989.
. In particolare la capacità del dipartimento di Stato di far sentire la propria voce dentro l'Amministrazione ne risultava seriamente compromessa, poiché mancava proprio quel personale che dovrebbe agire da trait d'union tra i diplomatici di carriera e il segretario di Stato. Per giunta Baker sembrava sin dall'inizio più interessato al suo ruolo nel ristretto entourage di Bush e ai rapporti col Congresso - terreni sui quali egli si sa muovere bene - che alla politica estera in sé - dove è relativamente un neofita. E' probabile che tutto ciò abbia avuto un certo impatto sull'evoluzione della spaccatura nella NATO sulle SNF: i diplomatici sono di regola meglio informati sugli sviluppi politici nei paesi stranieri e meno disposti a rischiare un disaccordo esplicito con un alleato importante come la Germania federale.
E' lecito presumere, comunque, che la linea politica sulle SNF sia stata definita in gran parte dentro il Consiglio di Sicurezza Nazionale (National Security Council - NSC), dove le nomine politiche non hanno bisogno della conferma del Senato e perciò possono essere fatte più rapidamente. E' all'interno dell'NSC che la politica sulla NATO ha preso forma, probabilmente nel contesto del gruppo di lavoro sulla revisione (policy review), i cui membri comprendevano anche personale da altre agenzie e dipartimenti. Dunque, un'occhiata alla gente scelta da Bush per occuparsi dei problemi di sicurezza può aiutare a chiarire le sue scelte in materia.
In generale, l'impressione che si ricava dalle nomine di Bush conferma l'idea che era sua intenzione di situarsi più al centro dello spettro politico-strategico, a una certa distanza dai "reganauti" classici come Perle. Bush, e la gran parte del personale di cui si è circondato, sembrano ad esempio molto scettici nei confronti della professata antipatia di Regan per la deterrenza nucleare. Un atteggiamento che Reagan condivideva con alcuni dei suoi collaboratori più stretti: lo stesso George Shultz che si era tanto battuto per ottenere il consenso alleato sulla doppia opzione zero, lasciava la propria carica di segretario di Stato convinto che la deterrenza nucleare non resterà ancora per molto al centro delle relazioni Est-Ovest.
Viceversa, Bush si era probabilmente convinto che episodi come il vertice Reagan-Gorbaciov di Reykjavik, i toni antinucleari della tanto cara (a Reagan) Iniziativa di Difesa Strategica e la genesi del trattato INF, avevano nuociuto al tessuto dell'Alleanza atlantica, facendo dubitare gli europei della credibilità dell'impegno nucleare americano. Così egli aveva deciso che era meglio spostarsi verso quella che percepiva come la posizione maggioritaria.
Il cambiamento era stato debitamente notato. Paul Nitze dichiarava, infatti, che: "l'amministrazione Bush si sta posizionando alla destra di quella di Reagan nella sua politica verso Mosca per dimostrare che non è solo un seguito di questa...molte delle persone scelte da Bush sono legate all'ex segretario di Stato Henry Kissinger, che era critico della politica di controllo degli armamenti perseguita da Shultz...dal punto di vista del personale, è una caratteristica negativa l'aver lavorato a stretto contatto con l'amministrazione Reagan"Citato in Michael R. Gordon, "Reagan Arms Adviser Says Bush Is Wrong on Short-Range Missiles", The New York Times, 3 maggio 1989. Il riferimento di Nitze all'entourage di Kissinger riguarda il Consigliere alla Sicurezza Nazionale Brent Scowcroft e il vice-segretario di Stato Lawrence Eagleburger.
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Quelli che invece riuscivano a compiere la transizione tra le due amministrazioni erano i personaggi più moderati di quella di Reagan, come Richard Burt, messo a capo della delegazione statunitense ai colloqui START, o Robert Blackwill, un professore di Harvard già negoziatore sulle armi convenzionali, nominato responsabile degli affari europei nell'NSC. In particolare, leggere quello che Blackwill aveva scritto nell'estate dell'88, fa pensare che egli abbia avuto un ruolo importante nell'iniziale insistenza americana a ottenere un impegno tedesco allo schieramento del FOTL. Così concludeva, infatti, un lungo saggio dedicato alle prospettive dei negoziati convenzionali: "L'obiettivo più urgente dell'Alleanza non è ridurre il tradizionale vantaggio convenzionale sovietico, per quanto quello scopo possa essere importante. E' piuttosto la modernizzazione delle armi nucleari americane in Europa in modo tale da assicurare la vitalità della deterrenza estesa e della Risposta Flessibile sino alla fine del seco
lo e oltre"Robert D. Blackwill, "Conventional stability talks", Survival, settembre/ottobre 1988.
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Questa breve rassegna del personale cui è stata affidata la sicurezza internazionale nell'amministrazione Bush richiama, comunque, il secondo interrogativo prima introdotto: che cosa insegna la controversia sulla modernizzazione a proposito delle percezioni americane sulle armi nucleari di teatro e la deterrenza estesa?
Parte della risposta va cercata nel fatto che le TNW non hanno molti sostenitori negli Stati Uniti. Come abbiamo visto, sia la destra che la sinistra, i reganauti e le colombe moderateMuovendosi ancora più a sinistra, l'antipatia verso le TNW è solo destinata ad aumentare, giacché cresce verso le armi nucleari in generale.
, non amano in modo particolare queste armi, né credono che siano essenziali per la deterrenza estesa. Ovviamente, i due schieramenti hanno priorità e motivi diversi: i conservatori estremi pensano che le TNW siano una carta da giocare per ottenere in cambio riduzioni sovietiche ancor più sostanziose, mentre le colombe moderate sono più preoccupate con la potenziale instabilità delle TNW in caso di crisi. Rimane il fatto, tuttavia, che una certa diffidenza verso queste armi è condivisa.
Nelle forze armate, invece, è ragionevole aspettarsi che si guardi alle TNW come armi di marginale significato militare - per quanto sia difficile trovare un generale disposto a dichiarare di poter fare a meno di un qualsiasi sistema d'arma. Le priorità delle varie armi, comunque, stanno chiaramente altrove: aerei e missili per l'aeronautica, carri armati e truppe per l'esercito, mentre la marina ha in ogni caso poco a che fare con le armi nucleari di tatro.
Alla fine rimane una banda molto stretta dello spettro politico americano che crede veramente che le TNW hanno un ruolo importante. Vero è che questa banda è, sino a prova contraria, al potere - sia che si tratti dell'Amministrazione o dei leader del Congresso in materia di difesa. In prospettiva, comunque, ciò è molto meno importante del fatto che la fonte del consenso americano sulle TNW sia scomparsa.
La fonte del consenso americano sulle TNW è la Germania federale.
Il motivo principale per estendere la deterrenza tramite le TNW è sempre stato quello di rispondere alle preoccupazioni tedesche. Si usava chiamarle preoccupazioni europee, ma in realtà sono sempre state quasi esclusivamente tedesche: non erano proprie dei francesi o degli inglesi, che hanno le loro armi nucleari, o degli italiani, che hanno sempre avuto preoccupazioni di tutt'altro genere, o di paesi come la Danimarca, la Norvegia o la Spagna, che nemmeno permettono agli americani di schierare le TNW sul proprio territorio. Ma nel momento in cui i tedeschi superano la propria ansia sulla deterrenza estesa (o la rimpiazzano con un'assai più logica angoscia verso la guerra nucleare), le TNW diventano quello che sono sempre state: armi di significato marginale, sia per la deterrenza che per la guerra.
La storia delle armi nucleari di teatro è intrisa di simbolismo. Le TNW sono sempre state una questione largamente simbolica. Tutti gli obiettivi che possono coprire possono essere assegnati alle decine di migliaia di armi nucleari americane basate negli Stati Uniti o su navi americane. L'argomento in base al quale la decisione del presidente americano di usare o meno le armi nucleari dipende da dove esse sono basate è sempre stato poco credibile. Solo il fatto che, come ho cercato di chiarire nel primo capitolo, questo è il regno delle speculazioni intellettuali più selvagge ha potuto tenere in vita quell'argomento.
Dunque, il vero ruolo delle TNW era che esse simbolizzavano ai tedeschi la garanzia nucleare americana. Questa era la ragione per cui esse dovevano essere basate a terra. Gli SLCM, che sono identici ai GLCM, avrebbero incrociato in acque europee in ogni caso. Ma i secondi dovevano esseri schierati per motivi simbolici. Persino nella questione delle SNF, tutta l'attenzione si è concentrata sul sistema d'arma col più alto profilo simbolico, di nuovo un missile basato a terra. Nel frattempo, nuove bombe nucleari d'aereo vengono introdotte senza troppo clamore.
Il senso profondo della polemica sulle SNF, comunque, è che tutte le forze politiche tedesche più importanti hanno deciso di tirarsi fuori da questa faccenda simbolica sulle TNW e la deterrenza estesa e di contare di più, invece, sul controllo degli armamenti convenzionali e nucleari.
Se questo è vero, allora quegli americani che sostengono la modernizzazione delle TNW troveranno sempre più difficile difendere la propria posizione. E anche l'Amministrazione dovrà prima o poi adeguarsi a questa nuova realtà politica.
Conclusioni
Questo paper ha cercato di mettere in luce le seguenti caratteristiche del processo politico statunitense sulla modernizzazione delle armi nucleari di teatro della NATO.
Primo, un'Amministrazione certamente non incline alle iniziative coraggiose e ai cambiamenti rapidi nelle relazioni internazionali, si è trovata in difficoltà di fronte al dinamismo dei suoi interlocutori sulla scena mondiale, in particolare Bonn e Mosca. La reazione iniziale è stata rabbia e irritazione. Ma gli eventi hanno anche mostrato che questo presidente è in grado di cambiare politica, adattandola alle circostanze. Tuttavia non è chiaro ancora se Bush ha intenzione di agire, e non semplicemente di reagire sotto pressione, nel campo del controllo degli armamenti.
Secondo, il Congresso ha giocato un ruolo centrale nella definizione della linea politica alla fine adottata dall'Amministrazione per risolvere - almeno temporaneamente - la controversia nella NATO. Questo fatto sembra essere rispondente a una tendenza di lungo periodo che vede il Congresso prendere l'iniziativa sulle questioni di sicurezza e di controllo degli armamenti in momenti in cui l'esecutivo non è capace di superare la propria inerzia.
Terzo, qualsiasi sostegno le TNW possano aver avuto negli Usa sembra destinato a ridursi parallelamente all'aumento dello scetticismo tedesco verso queste armi e la deterrenza estesa. Il punto di vista conservatore moderato sulle TNW ha la sua ragion d'essere nel bisogno tedesco di riassicurazione. Se questo viene a mancare nella RFG, quel punto di vista può diventare insostenibile nel futuro non troppo distante.
A proposito di futuro, sembra probabile che il Congresso finanzierà la ricerca e sviluppo del successore del Lance, malgrado la decisione di produrre il missile dipenda dal risultato delle elezioni tedesche della fine del 1990 e dagli sviluppi dei negoziati sulle armi convenzionali in Europa.
Una questione che non è stata affrontata qui riguarda gli aspetti nucleari del dibattito sulla ripartizione degli oneri nella NATO. Aspin ha, ad esempio, dichiarato che se gli europei si rifiutano di schierare le TNW sul proprio territorio il Congresso potrebbe prendere una posizione del tipo "niente TNW - niente truppe", cioè niente soldati americani a difendere l'Europa occidentale senza armi nucleari al seguito.
Secondo me questo argomento è meno convincente di quanto sembra. Ha senso solo nel contesto del più vasto dibattito sulla ripartizione degli oneri. E', in altre parole, una strumento per convincere gli europei a spendere di più per la difesa alleata. Come strumento, tuttavia, funziona solo fintantoché gli europei sono molti interessati agli schieramenti di TNW. Cosa che non è più scontata come in passato.
Inoltre io ritengo che sia nell'interesse americano non solo di difendere l'Europa, ma anche di limitare i propri impegni, nella misura del possibile, al campo convenzionale. Senza contare che ogni riduzione che risultasse dai negoziati sulle armi convenzionali dovrebbe aiutare a risolvere la questione della ripartizione degli oneri nel senso di un onere minore per tutti.
Concludendo, vorrei solo aggiungere qualche parola al di fuori della sfera del processo politico americano e all'interno, invece, del campo a me più familiare della sicurezza internazionale.
Io credo che si possa dire che stiamo cominciando a vedere i contorni di un nuovo ordine mondiale nel quale l'Urss è molto più interessata a integrarsi nelle economie di mercato, che a proporsi come alternativa ad esse.
Su queste basi, qualsiasi cosa accada nel lungo periodo, ci sono buone probabilità che si arrivi a un'approssimativa parità di forze convenzionali in Europa nel breve termine. Se ciò accade, diventerà ancora più chiaro che continuare a schierare le TNW non è nell'interesse della NATO e che tale interesse sarà servito meglio da negoziati che le rimuovano. Con la parità numerica nelle armi convenzionali, infatti, la NATO potrebbe giovarsi di un margine di vantaggio tecnologico che sarebbe solo compromesso dalle armi nucleari di teatro della controparteE' sulla base di un ragionamento molto simile a questo che la marina americana ha deciso recentemente di non modernizzare tre tipi di missili nucleari a corto raggio. Cfr. Michael R. Gordon, "Navy Phasing Out Nuclear Rockets for Close combat", The New York Times, 30 aprile 1989.
. Paradossalmente, queste armi agirebbero di nuovo come "il grande equalizzatore", ma a ruoli rovesciati. L'Europa, comunque, sarebbe ancora preda della paura della devastazione nucleare e le due superpotenze continuerebbero a ragionare in termini di escalation, invece di trovarsi di fronte a un equilibrio convenzionale stabile, con alle spalle dei deterrenti nucleari minimi.
Con una situazione militare in Europa come quella che ho appena descritto, bisogna essere veramente dei fondamentalisti nucleari per continuare a trovare grandi virtù nelle armi nucleari di teatro.
Infine, da entrambe le sponde dell'Atlantico bisognerebbe chiedersi a quali risultati conduca il fondamentalismo nucleare per alcuni problemi che saranno presto al centro della sicurezza internazionale, cioè la proliferazione delle armi nucleari e dei missili balistici. Io spero che diventerà chiaro rapidamente che trattare l'eliminazione negoziata dei propri missili nucleari a corto raggio come anatema non aiuta l'Occidente a essere credibile quando chiede ad altri di rinunciarvi.
Interviste
- Jonathan Dean, già ambasciatore, consulente per il controllo degli armamenti all'Union of Concerned Scientists, Washington, DC.
- Jesse James, senior research analyst all'Arms Control Association, Washington, DC.
- F. Stephen Larrabee, vice-presidente e direttore delle ricerche all'Institute for East-West Security Studies, New York.
- Jack Mendelsohn, vice-direttore, Arms Control Association, Washington, DC.
- Bowman Miller, direttore dell'ufficio per l'analisi dell'Europa occidentale e del Canada, dipartimento di Stato.
- Clark Murdock, professional staff member, Commissione Forze Armate, Camera dei Rappresentanti.
- R. Spencer Oliver, chief counsel, Commissione Affari Esteri, Camera dei Rappresentanti.
- Gregory Shulte, assistente per la politica delle forze nucleari di teatro, ufficio dell'assistente per la sicurezza internazionale del segretario alla Difesa, dipartimento della Difesa.
- John D. Steinbruner, direttore degli studi di politica estera alla Brookings Institution, Washington, DC.