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Becerra Manuel Francisco - 16 aprile 1990
No alla legalizzazione del suicidio
di Manuel Francisco Becerra, Ministro colombiano della educazione.

SOMMARIO: Replicando all'articolo di Emma Bonino favorevole all'abolizione del proibizionismo sulle droghe (testo n.1168) il ministro colombiano dell'educazione Manuel Francisco Becerra prende posizione contro la proposta di legalizzazione delle droghe. L'autore parte dal presupposto che sia dovere dello Stato difendere la salute del cittadino e che quindi non si debba permettere il suicidio dell'individuo, né tantomeno fornirgli i mezzi per suicidarsi. La teoria della legalizzazione si basa secondo Becerra su argomentazioni errate ed elude il problema invece di risolverlo.

("Cambio 16" del 16 aprile 1990)

Il tema della droga supera il dilemma shakesperiano del legalizzare o non legalizzare. Né le enormi dimensioni che ha assunto il commercio in tutto il mondo, né il preoccupante numero di consumatori, né la situazione che attraversano alcuni paesi produttori e, in particolare, quella che è stata vissuta negli ultimi mesi in Colombia, possono ridurre la soluzione di un problema di tanta ampiezza alla formula semplicistica della legalizzazione.

In un dibattito come questo bisogna incominciare a stabilire qual è la ragione dell'esistenza dello Stato, che secondo me non può che essere la difesa degli interessi della maggioranza contro le pretese della minoranza. Ancor più se si tratta di un aspetto che colpisce gravemente la maggioranza. E nessuno può mettere in dubbio che la droga colpisce tutta la società e che la maggioranza patisce le conseguenze provocate da una minoranza che ha deciso di distruggersi progressivamente.

Quindi la questione non è se legalizzare o meno la droga, bensì se lo Stato è capace di controllare un vizio di un ridotto gruppo che ha scelto il suicidio attraverso la droga, quale che essa sia.

Quello che alcuni propongono, più o meno, è che chi si voglia suicidare non solo abbia il diritto di farlo, ma che lo Stato gli fornisca i mezzi per realizzare questa scelta.

Innanzitutto bisogna partire da una premessa necessaria: lo Stato deve tutelare la salute dell'individuo. In secondo luogo non si deve ignorare che l'avvelenamento di un essere umano trascende la società e che non si può parlare del diritto individuale a suicidarsi. D'altra parte chi fa uso di droga, sia occasionalmente che abitualmente, ad un tratto inizia a perdere neuroni celebrali e la droga che si procura nelle strade di qualsiasi città del mondo contiene una percentuale sempre più elevata di elementi tossici. Il problema che deve affrontare lo Stato è dunque quale atteggiamento deve assumere di fronte ad un avvelenamento individuale che lentamente si trasforma in avvelenamento collettivo.

Coloro che affermano che anche il tabacco e l'alcol producono morte e che malgrado ciò il loro uso e consumo è permesso, pretendono che la droga riceva lo stesso trattamento. Costoro mostrano di non sapere che un conto è consumare per vent'anni un prodotto che a lungo andare ha il 35% di possibilità di produrre un cancro polmonare o la cirrosi epatica dopo un certo periodo di tempo, altro è sapere che gli effetti del veleno che si prende per strada sono immediati.

Legalizzare il consumo e la distribuzione di un prodotto presuppone autorizzarne la pubblicità. I pubblicitari della droga nella nostra società consumista annunceranno la miglior cocaina, la più pura eroina e, in un angolo della confezione, avvertiranno che "è un prodotto nocivo per la salute". Ma qualcuno pensa che in questo modo diminuirà il consumo? E' possibile che il consumo di sigarette sia diminuito a causa di questo tipo di avviso? Immaginiamo i maghi delle catene di pubblicità, quelli che hanno convinto la gente a mangiare hamburguer e a bere Coca Cola in tutto il mondo (e a fumare Marlboro), apparire nelle pubblicità sniffando la cocaina più eccitante, esibendo la siringa più stimolante...

I promotori della legalizzazione della droga che affermano che quello che è proibito attrae, si saranno mai chiesti come mai nei negozi di casalinghi non si vende liberamente il cianuro?

Diranno che quello che avvelena non è la droga ma il prodotto finale che si trova per strada, frutto del mercato nero, argomento questo che ha qualcosa di valido nel caso della cocaina. Ma a cosa servirebbe legalizzare solo certe droghe (perché non penso che ci sia qualcuno che possa affermare che l'eroina non uccide) quando la proibizione di altre droghe stimolerebbe ancora una volta il mercato nero?

Coloro che si chiedono quale sia il bene giuridico che si tutela con la proibizione della droga cercano sinceramente una soluzione ragionevole ma purtroppo ignorano totalmente che il problema della droga è fondamentalmente un problema di salute. A questi bisogna rispondere, andando al sodo, che il bene giuridico che in questo caso lo Stato deve difendere è la salute del cittadino anche se questo sembra essere poco moderno e poco attraente.

Una volta chiesi ad un difensore della legalizzazione se era quella la società che desiderava per i nostri figli e lui mi rispose: "io spiegherò ai miei figli cosa fa male e cosa non fa male, quale droga si può controllare e quale è difficile da controllare, e quindi gli raccomanderò di non assumerla". Molto bene, dissi io, allora la legalizzino pure, e che ogni padre educhi e spieghi a suo figlio come affrontare la droga.

Quel giorno capii, più che mai, che mi stava dando ragione. Perché la differenza fre lui e me consiste nel fatto che io preferisco che sia lo Stato a preoccuparsi dell'educazione, della prevenzione e del controllo.

Coloro che, come me, si oppongono alla legalizzazione della droga, non credono che il trattamento penale della questione può risolvere il problema, perché sono convinti che la soluzione è evidente. Dipende più da un cambiamento sociale che implichi la trasformazione dell'atteggiamento dei giovani davanti alla situazione che stanno vivendo. Ma non si può cadere nell'errore simplicistico di proteggere la libertà individuale di acquistare gli elementi necessari per suicidarsi. Cerchiamo di immaginare per un momento quale sarebbe il futuro della società se ogni qual volta qualcuno si volesse sparare lo Stato gli fornisse una pistola.

Un altro argomento a favore di questa poizione semplicistica è che l'illegalità dell'affare lo rende interessante e che l'unico modo di evitarlo sia decriminalizzarlo. Per non prendermela con questa posizione, mi limiterò a chiedere: ma c'è qualcuno che crede che per sconfiggere il traffico illecito di armi o il traffico illecito di opere d'arte, bisogna decriminalizzare quel tipo di delitti?

Dicono poi che poiché in altri Paesi è legalizzato, si dovrebbe legalizzare in tutto il mondo. A mio avviso questo argomento non regge. E possibile che l'albero della criminalità non ci lasci vedere il bosco della società afflitta dalla tossicodipendenza. Il problema è diverso in ogni paese, e l'unico modo di suggerire una universalizzazione della legislazione è distruggendo tutte le culture. Un iraniano, un olandese e un abitante di un'isola dei caraibi non sono la stessa cosa, non si può fare di tutta un'erba un fascio. In Europa c'è un certo permissivismo nei confronti della droga. E in Europa, ci sono delle spiagge nudiste e delle manifestazioni gay. Ma un iraniano non concepisce le cose in quel modo, un centroamericano neanche, e quindi il problema deve essere affrontato senza ignorare il patrimonio né il retroterra culturale di ognuno.

Insomma, la facile alternativa della decriminalizzazione della droga non risolve il problema. Lo elude. E coloro che lo eludono non fanno altro che rinviarlo. Io sono convinto che se si decriminalizza o se si legalizza la droga, il numero di consumatori aumenterà, e nell'arco di pocchissimi anni la soluzione sarà ancora molto più costosa.

 
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