A cura di: Hans Erasmus, Michael Cwik, Elisa Kehlet, Grégoire Maertens, Giovanni Martinetto, Edward Symoens.
Sotto gli auspici de: Eùropa Esperanto-Unio (Unione Europea per l'Esperanto) - B-Bruxelles (EEU); Internacia Ligo de Esperantistaj Instruistoj (Lega Internazionale degli Insegnanti Esperantisti) (ILEI); Universala Esperanto-Asocio (Associazione Esperantista Universale), NL-Rotterdam (UEA).
COMITATO DI PATROCINIO
Prof. Dr. J. TINBERGEN, Premio Nobel per l'economia, Paesi Bassi; Prof. Dr. H. BRUGMANS, ex rettore del Collegio Europeo di Bruges, Belgio; Prof. T. DE MAURO, linguista, dell'Università "La Sapienza" di Roma, Italia.
XXXVI CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE
Roma, 30 aprile-3 maggio 1992
I COMMISSIONE
H. Erasmus, già avvocato ad Anversa in Olanda; poi funzionario alla sezione giuridica del Ministero per l'Agricoltura e la Pesca, poi alla Commissione CEE; per 15 anni al Ministero per la Protezione dell'Ambiente nei Paesi Bassi; attualmente direttore di programma alla Commissione CEE Direzione Generale per l'Ambiente. E' il coordinatore dell'attività della "Unione esperantista europea", organo di raccordo delle singole Federazioni esperantiste nazionali europee.
Traduzione dall'esperanto di Umberto Broccatelli
SOMMARIO: Documento sull'esperanto predisposto per il 36· Congresso del Partito radicale (Roma, Hotel Ergife, 30 aprile - 3 maggio)
-----------------------------
INTRODUZIONE
La futura Unione Europea - che potrà arrivare a comprendere fino a 20-25 Stati membri - comunicherà al suo interno mediante 9 lingue ufficiali, accanto alle lingue minoritarie, come fa ora la Comunità Europea? L'uso di tante lingue, e ancor più se ad esse si aggiungeranno altre lingue ufficiali parificate, richiede una somma di denaro gigantesca. Tale situazione colloca la CEE in una posizione arretrata rispetto alle altre grandi potenze economiche. La promozione di una delle lingue nazionali della CEE (per es. l'inglese, il francese, il tedesco o lo spagnolo) al rango di prima o seconda lingua non è politicamente realizzabile. Questo infatti significherebbe un'enorme minaccia per le altre lingue ufficiali, per le lingue minoritarie e per la diversità culturale.
Con questo opuscolo gli autori propongono che tale tematica venga discussa al più alto livello politico e che si attivi uno scambio di idee in merito in tutti gli strati della società. In un piano d'azione in 10 punti è proposta l'organizzazione, all'interno del Consiglio d'Europa e del Parlamento Euro peo, di audizioni su tale tema. Discussioni nell'ambito del Parlamento dovreb bero dar luogo a una richiesta alla Commissione perché siano svolte inchieste miranti ad accertare quale sia il migliore sistema di comunicazione. Ne potrebbe risultare la proposta di introdurre una o due lingue nazionali come sole lingue uffi ciali oppure come lingue seconde da usare accanto alla lingua propria; oppure eventualmente si potrebbe proporre di promuovere una lingua artificiale come lingua seconda ovvero prospettare ulteriori possibilità. Un'inchiesta specifica si riferireb be alla proposta d'introduzione dell'esperanto, presentata dagli autori di questa pubblicazione.
In vista della conferenza intergovernativa della Comunità Europea sull'economia, sull'unione monetaria e sull'unione politica, il Ministro degli Esteri danese ha espresso or non è molto il suo punto di vista sull'Europa, pubblicato nell'NRC Handelsblad del 15.4.1991, nel The Irish times e nel Financial Times del 15.4.1991. Ha detto:»L'Europa si trova nel momento attuale di fronte a una delle maggiori sfide di questa generazione. Si tratta, fra l'altro, dello sforzo dell'Unione Sovietica di trovare nuove vie, della rivoluzione nell'Europa Orientale e Centrale, dell'instabilità del Vicino Oriente. Inoltre il ruolo degli Stati Uniti d'America nella politica e nell'economia mondiale è ancora considerevole. Pure la posizione del Giappone può essere messa in discussione, di fronte alle sfavorevoli previsioni economiche per i Paesi in via di sviluppo. Si tratta di avvenimenti in corso, che richiedono una presa di posizione europea. Non fra alcuni anni, ma ora, nel 1991. A ciò si aggiungono i cam
biamenti che avvengono nella nostra stessa società: da una società industriale a una società di informazione e di comunicazione, dalla produzione industriale a una società scientifica e complessa . E' a causa di queste trasformazioni che il Ministro auspica iniziative su larga scala: »Il tempo è ormai maturo, ma questo momento opportuno non deve essere lasciato sfuggire; se ciò accadesse, c'è il rischio che un tale momento non ritorni mai più. Il destino è incerto per colui che non ha il coraggio di agire nel momento opportuno .
Il presente documento tratta più dettagliatamente il concetto della nuova società dell'informazione e della comunicazione. La tesi è che la Comunità Europea, diversamente dalle grandi potenze come gli USA, il Giappone e, per alcuni aspetti, anche l'ex Unione Sovietica, è impacciata da una struttura di comunicazione complicata e costosa. Negli USA l'inglese è la lingua usata normalmente, anche se in alcune specifiche zone lo spagnolo è divenuto sempre più lingua di uso quotidiano. Il Giappone usa solamente la lingua giapponese. La CEE invece parla con 9 lingue ufficiali per 340 milioni di abitanti, mentre si può rilevare che 50 milioni tra questi parlano una lingua che non appartiene a quelle 9 lingue ufficiali.
Il presente progetto propone di condurre l'Inchiesta seguendo una procedura specifica, simile a quella già in uso per la soluzione di concreti problemi ambientali. Applicata al problema delle lingue, tale procedura si presenta come segue:
Un gruppo di lavoro di 40-50 persone, rappresentanti tutti gli strati e tutti i livelli della società, sotto la guida di un moderatore neutrale, tratterà sistematicamente in 5 fasi sia il problema della comunicazione sia il problema delle lingue. L'intera Inchiesta deve svolgersi entro il limite di tempo massimo di due o tre anni e attraverso cinque fasi:
PRIMA FASE: Strutturazione e documento.
La prima fase comprende la stesura di un programma di lavoro, unitamente a un accordo sul metodo che verrà seguito per la sua successiva evoluzione; comprende inoltre la formazione del gruppo di lavoro e la stesura di un documento informativo, che descriva l'attuale problematica relativa alle lin gue. Questo deve essere un documento che non solo contenga fatti e cifre, ma che anche metta in luce le numerose sfaccettature del problema lingue, come gli aspetti economici, sociali e culturali. Nella definizione dei compiti dell'inchiesta deve essere fissato un qualche limite di tempo, come per esempio l'inserimento di un piano realizzabile che preveda l'introduzione della soluzione prescelta entro l'anno 2000 o al più presto possibile.
SECONDA FASE: Analisi.
La seconda fase comprende un'analisi del problema della comunicazione e delle lingue. Considerando gli sviluppi degli avvenimenti messi in rilievo all'inizio di questa introduzione, il gruppo di lavoro del progetto deve riflettere sulle prospettive della nostra società europea e internazionale. Quali saranno le conseguenze del proseguimento della politica attuale in fatto di lingua e di cultura? Quali possibilità si possono prevedere e con quali vantaggi e svantaggi?
TERZA FASE: Definizione dello scopo.
In seguito il gruppo di lavoro dovrà formulare le possibili soluzioni sulla base delle analisi fatte e dei compiti ricevuti. Questa è la terza fase.
QUARTA FASE: Soluzione e strategia.
Durante la quarta fase, fra le opzioni possibili ne deve essere scelta una e deve essere fissata la strategia relativa.
QUINTA FASE: Realizzazione.
Nella quinta e ultima fase si definisce la procedura per la realizzazione. In seguito l'insieme delle proposte e dei risultati del lavoro deve essere trasmesso, dopo approvazione da parte della Commissione CEE, al Consiglio dei Ministri, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale, per la decisione finale.
Ciascuna fase si conclude con un documento, almeno nelle nove lingue ufficiali, ma eventualmente anche in alcune altre lingue, tra le quali, ad esempio, il catalano. Si tratta di un documento ufficiale, da distribuire su larga scala e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità. Si deve costituire un'appo sita rete di collaboratori formata da alcune centinaia di persone per sostenere il gruppo di lavoro del progetto.
Nell'ipotesi che il Parlamento Europeo chiedesse a breve scadenza, me diante una risoluzione rivolta alla Commissione Europea, di dare il via all'inchiesta, il gruppo di lavoro del progetto potrebbe essere costituito. Il lavoro secondo il piano esposto potrebbe allora avere inizio già nel 1992.
Il presente opuscolo tratta la problematica delle lingue e già indica una possibile soluzione. Tuttavia gli autori dell'opuscolo sono convinti del fatto che la soluzione qui proposta, ma anche qualsiasi altra soluzione, possa avere successo solamente alla condizione che, per giungere alla soluzione definitiva, venga seguito un procedimento generalmente accettato. Un procedimento troppo rapido, senza il sostegno di tutti gli strati della vita sociale europea, non darà luogo a un risultato accettabile, per quanto meditata e interessante possa essere la proposta presentata.
INDICE
LA COMUNICAZIONE NELLA COMUNITA' EUROPEA
1. Una Comunità senza confini interni
2. Istruzione, educazione e gioventù nella CEE
3. Il problema delle lingue
4. I costi della comunicazione oggi
5. Perché non l'inglese come lingua dell'Europa o del mondo?
6. Quali soluzioni rimangono?
7. Conclusione
PIANO
8. Origine del piano iniziale
9. Quadro del progetto e finanziamento
10. Il piano
ALLEGATO 1
Un gruppo di lavoro provvisorio
ALLEGATO 2
Una delegazioni in vista delle audizioni
ALLEGATO 3
Programmi della CEE
ALLEGATO 4
Cos'è l'esperanto?
ALLEGATO 5
Abbozzo di una nuova politica delle lingue per la Comunità Europea.
A. Introduzione
B. Il valore propedeutico della lingua internazionale esperanto; Commenti: Basi della proposta, Necessità di sperimentazioni linguistiche, Ambiti delle sperimentazioni linguistiche nella Comunità Europea, Annotazioni finali
ALLEGATO 6
Costi del multilinguismo
1. Introduzione
2. I costi dell'insegnamento delle lingue
3. Costi di traduzione e interpretariato nel commercio e nell'industria
4. Costi per il turismo e nelle telecomunicazioni (radio, televisione, telefax, telegrafo, telefono)
5. Incontri internazionali
6. Costi di traduzione e interpretariato nelle istituzioni della Comunità Europea
7.-12. I vari tipi di costi relativi alle traduzioni, nelle maggiori istituzioni della CEE
13. Spese totali per le istituzioni considerate
14. Conclusione finale circa i costi di traduzione e interpretariato; Alternative
ALLEGATO 7
Concisa bibliografia
LA COMUNICAZIONE NELLA COMUNITA' EUROPEA
1. Una Comunità senza confini interni
I 12 Stati membri della Comunità Europea (CEE) si propongono di realizzare nel 1993 una comunità senza confini interni. Una comunità che conterebbe più di 340 milioni di abitanti.
Questo sforzo per giungere a una comunità senza confini interni ha dato il via a molti tipi di attività. E non solo nell'ambito delle istituzioni comunitarie come la Commissione Europea, il Consiglio Europeo dei Ministri e il Parlamento Europeo. Anche gli stati membri della CEE, l'industria, gli enti che gestiscono i servizi, i consumatori, le università e le altre istituzioni scolastiche sono tutti impegnati, ciascuno a suo modo, in questo processo.
Due punti di partenza hanno una grande importanza: deve verificarsi un riequilibrio delle condizioni di concorrenza e deve esserci, ove necessario, un'armonizzazione delle leggi. Il Libro Bianco Europeo, che indica i mezzi necessari in ogni caso per l'armonizzazione, è una conseguenza di questo fatto.
Le motivazioni di questo processo progressivo d'integrazione sono soprattutto di ordine economico. Sebbene, per esempio, la politica dell'ambiente da un lato sia divenuta autonoma per il Trattato CEE modificato nel 1987, d'altra parte tuttavia una gestione dell'ambiente divergente e arretrata è vista come un fat tore frenante dell'economia. Stessa situazione per la comunicazione. La mancata conoscenza delle lingue viene considerata soprattutto come un fattore d'intralcio all'economia, come dimostra il programma LINGUA, di cui tratteremo in seguito.
Tuttavia, se mettiamo in risalto solamente il fattore economico, trascuriamo gli sviluppi attuali della situazione.
Considerando il ruolo fondamentale dell'insegnamento e dell'educazione nello sviluppo economico, sociale e culturale degli Stati membri della Comunità, il Consiglio dei Ministri in data 6 ottobre 1989 ha fissato cinque argomenti come base per la collaborazione futura.
Un'Europa pluriculturale basata su questi punti:
rafforzamento nella gioventù del sentimento di appartenenza alla Comunità Europea;
raggiungimento, lento ma sicuro, di un vero plurilinguismo;
attenzione alle diversità delle predisposizioni culturali;
avvicinamento delle diverse istituzioni scolastiche.
Mobilità dei cittadini europei garantita da:
libera circolazione delle persone e delle idee;
sostegno all'organizzazione degli scambi giovanili;
possibilità per gli insegnanti di recarsi a insegnare per determinati perio di in altri Stati membri;
Un'Europa dell'educazione per tutti, garantita da:
offerta di insegnamento altamente qualificato ai giovani;
sviluppo di un insegnamento adeguato per i ragazzi in situazioni di ritardo;
pari diritti all'accesso all'istruzione superiore.
Un'Europa ricca di abilità, garantita da:
continuo miglioramento della qualità dell'istruzione di base;
migliore preparazione dei giovani ai processi produttivi;
sviluppo di tutti i settori dell'insegnamento essenziali per il futuro dell'Europa;
adattamento del contenuto e dei metodi dell'insegnamento agli sviluppi tecnologici;
miglioramento della preparazione di base e della formazione permanente degli insegnanti.
Un'Europa aperta al mondo e mirante a:
intensificare la collaborazione con le organizzazioni internazionali nel campo dell'insegnamento e dell'educazione;
stabilire più stretti legami con altri paesi e sviluppare nuove forme di sostegno reciproco con i paesi in via di sviluppo.
2. Istruzione, educazione e gioventù nella CEE.
Nel quadro della realizzazione del mercato interno si è affermata sempre più l'idea che l'insegnamento e l'educazione debbano svolgere un ruolo centrale nel generale processo di sviluppo della Comunità.
Perciò la Commissione CEE ha messo l'insegnamento e l'educazione ai primi posti nelle priorità. Questo dà un particolare rilievo all'importanza che tutta la Comunità attribuisce all'investimento nelle sue risorse umane, nelle capacità, nell'iniziativa e nella diversità dei suoi talenti. Tale investimen to forma da un lato un legame essenziale tra la politica economica e quella sociale e d'altra parte costituisce un importante elemento per il progredire della libera circolazione delle idee. Ne consegue direttamente il rinnovato interesse per il dialogo sociale.
I programmi della CEE riguardanti l'insegnamento, l'educazione e la gioventù ne hanno ricevuto un rinnovato impulso.
Alcuni di tali programmi sono più dettagliatamente chiariti nell'allegato 3.
Tra questi si trova il programma LINGUA, che è il programma comune di azione per fare progredire la conoscenza delle lingue straniere nella CEE. Fu approvato con la risoluzione del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 1989.
Tale programma mira a sviluppare il miglioramento quantitativo e qualitativo della conoscenza delle lingue straniere fra gli abitanti della Comunità. Il programma permette di sostenere e completare l'attività generale e le azioni specifiche degli Stati membri in questo campo mediante azioni comuni come:
- la promozione della formazione continua degli insegnanti e dei docenti di lingue straniere;
- la promozione dello studio delle lingue straniere nelle università allo scopo di migliorare la formazione di base degli insegnanti di lingue straniere;
- la promozione della conoscenza delle lingue straniere per l'uso nelle relazioni commerciali e nella vita economica;
- la promozione dello scambio di giovani che seguono corsi di formazione professionale, tecnica o di apprendistato al lavoro;
- iniziative complementari consistenti in : appoggio a strutture mirate al coordinamento e alla realizzazione del programma; appoggio ad associazioni che si occupano a livello europeo della promozione dell'uso delle lingue straniere nella comunicazione; appoggio all'informazione sul programma LINGUA, suo avvio e giudizio sui risultati.
Di quali lingue si tratta?
Le lingue contemplate dal programma sono: il danese, l'olandese (neerlandese), l'inglese, il francese, il tedesco, il greco, l'irlandese, l'italiano, il lussemburghese, il portoghese e lo spagnolo. Dunque vi sono due lingue in più oltre le così dette 9 lingue ufficiali della CEE.
Argomentazioni a favore del programma LINGUA:
Sebbene tale programma LINGUA non si proponga di risolvere il problema delle lingue nella CEE, tuttavia l'impressione che implicitamente se ne ricava è che lo studio di più lingue nazionali possa essere la soluzione del problema delle lingue.
Tale concetto favorevole all'apprendimento di almeno due lingue straniere, oltre la lingua materna, fu già approvato dal Consiglio Europeo dei Ministri della Pubblica Istruzione in una seduta dedicata a tale argomento del 4 giugno 1986. In tale occasione il Consiglio chiarì la propria opinione favorevole a una migliore conoscenza delle lingue straniere nella CEE.
Lo scopo deve essere, secondo il Consiglio, quello di rendere possibile a molti giovani della CEE l'acquisizione di un'abilità pratica nella conoscenza di almeno due altre lingue (s'intendeva: "lingue ufficiali"), oltre a quella materna. Questo richiede, sempre secondo il Consiglio, uno sforzo speciale in diversi campi; citiamo:
a. istruzione di base e formazione successiva degli insegnanti;
b. scambi di insegnanti e di alunni;
c. armonizzazione dei programmi scolastici e dei metodi didattici;
d. scambio di informazioni nel Consiglio Europeo a livello CEE.
Una comunicazione della Commissione CEE al Consiglio Europeo in data 18 aprile 1988 è la diretta conseguenza di questa presa di posizione1.
La Commissione Europea richiama l'attenzione sull'obiettivo della CEE di giungere al libero scambio di persone, merci, capitali e servizi e alla realizzazione del mercato interno nel 1993.
Tale obiettivo sarà raggiunto più facilmente se nei prossimi anni si riuscirà a migliorare l'insegnamento delle lingue straniere.
La Commissione CEE constata che il diritto di ciascun cittadino di poter lavorare ovunque nella Comunità resterà un'utopia fintanto che un così alto numero di cittadini non conosce le lingue straniere.
Nonostante il successo di programmi come Erasmus, Yes e Comett, il numero degli studenti che completano il corso degli studi o che comunque trascorrono un periodo di studio in un altro paese è ancora molto basso.
Le istituzioni scolastiche e i genitori degli alunni devono comprendere, secondo la Commissione CEE nella sua comunicazione, che lo studio effettivo di una o più lingue straniere rafforza considerevolmente le possibilità degli alunni, specialmente per coloro che provengono da gruppi sociali meno privile giati o svantaggiati. Secondo la Commissione CEE, il mancato o il ridotto studio delle lingue straniere - come è spesso il caso nelle scuole tecniche e professionali - male si accorda con la creazione di pari possibilità di riuscita.
3. Il problema delle lingue
Nell'ambito delle istituzioni della Comunità Europea nove lingue hanno una posizione paritaria. Queste lingue sono: il danese, il tedesco, l'inglese, il francese, il greco, l'italiano, l'olandese, il portoghese e lo spagnolo. Esse sono state indicate come "lingue ufficiali", sebbene il concetto di "lingua ufficiale della Comunità Europea" non sia menzionato né nell'art. 190 né nell'art. 217 del Trattato per la Comunità Europea del Carbone e dell'Ac ciaio. In tali articoli c'è solo la menzione che ``le disposizioni sull'uso delle lingue da parte delle istituzioni della Comunità - senza considerare le regole della Corte - vengono fissate dal Consiglio con l'unanimità dei voti''. In conformità a tali definizioni il Consiglio emise un decreto2 il 15 aprile 1958, che fu poi adattato dopo ciascuna adesione di nuovi stati membri e recentemente con l'atto relativo all'adesione di Spagna e Portogallo. Le clausole esecutive contengono la disposizione per cui le 9 lingue sopra citate adempiono il ruolo di lingue uffici
ali e di lavoro delle istituzioni della Comunità.
Oltre a quelle 9, nel territorio della CEE esistono altre lingue: il bretone, il catalano3, l'irlandese, il gallese, il frisone e altre. Il catalano è usato persino più del danese, che è una delle lingue ufficiali. Più di 50 milioni di abitanti della CEE parlano, nella vita quotidiana, una lingua che non fa parte di quelle nove lingue ufficiali.
Al punto di inizio delle Comunità Europee, che ora sono cresciute diventando una Comunità di 12 stati membri, c'erano solo quattro lingue paritarie: il tedesco, il francese, l'italiano e l'olandese. Con 9 lingue i costi di traduzione di ogni sorta delle istituzioni sono cresciuti in misura gigante sca: 9 lingue significano 72 direzioni di traduzione.
Tuttavia, all'interno delle istituzioni della CEE l'inglese e il francese hanno una posizione predominante fra le 9 lingue paritarie. In parecchi convegni non sempre è disponibile la traduzione in tutte le nove lingue. Spesso anche alcuni documenti vengono pubblicati in un numero limitato di lingue.
Tutte le nove lingue sono uguali, ma "alcune sono più uguali delle altre" è una frase che si sente spesso nei corridoi. Se le 9 lingue ufficiali hanno uguali diritti, tuttavia coloro che parlano tali lingue non hanno di fatto gli stessi diritti. Così comincia la discriminazione. Ci sono dunque lingue di prima categoria e lingue di seconda categoria. Le lingue regionali o minorita rie sono lingue di seconda categoria rispetto alle 9 lingue ufficiali, ma di terza categoria rispetto alle lingue dominanti nella CEE4.
Il sentimento di appartenenza a qualche luogo per lingua, origine, educazione, fondo culturale, la maniera di porsi in relazione l'uno con l'altro determinano l'identità di qualcuno. Il senso dell'identità è difficile da descrivere, perché le emozioni vi intervengono in alto grado. Un giusto e normale senso d'identità non è in contrasto con la collaborazione con altri la cui identità è differente. L'attuale collaborazione nella CEE ne è una dimostrazione. Tuttavia una più intensa collaborazione senza un contemporaneo miglioramento della comunicazione può causare problemi. Tali problemi possono, nel caso più grave, liberare forze di intenso nazionalismo con tutti i suoi aspetti di intolleranza.
Anche a livello culturale è immaginabile che il predominio di una lingua nell'espressione di manifestazioni culturali alla fine possa respingere ai margini le altre lingue nazionali e regionali esistenti, causando tensioni sociali. Senza parlare dell'eventuale perdita di ricchezze culturali che per mezzo della lingua si esprimono.
Gli sviluppi qui sopra tratteggiati potrebbero a volte avere conseguenze a livello politico. E' dunque importante analizzare tale complesso sistema di reciproca comunicazione e si debbono ricercare le soluzioni che limitino le possibilità del pericolo menzionato.
Questo è un campo delicato, dove esistono molti pregiudizi. E' indispensabile instaurare un dialogo adeguato: un dialogo reale, durante il quale si presti attenzione alle argomentazioni esposte e allo scambio di idee senza volere imporre il proprio punto di vista. Nel contempo bisogna rendersi consapevoli del fatto che la vita, nella sua esperienza, non sempre corrisponde necessariamente all'immagine che ce n'è stata data.
4. I costi della comunicazione attuale
E' anche indispensabile considerare i costi come un capitolo del problema delle lingue. In primo luogo vi sono i costi di traduzione all'interno delle istituzioni CEE e anche quelli all'esterno, come nelle centinaia di congressi, seminari, simposi ecc. che si tengono ogni giorno. Non ci sono solo i costi per la traduzione simultanea del parlato, ma anche i costi di traduzione della documentazione e delle relazioni. In secondo luogo vi sono i costi indiretti dell'insegnamento, scolastico o extrascolastico, delle lingue. In terzo luogo i costi di traduzione per i servizi al commercio, all'in dustria, al turismo ecc. Questo comporta ulteriori conseguenze a livello economico, come gli effetti sulla concorrenzialità e sulle imposte per la protezione dell'ambiente (uso di grandi quantità di carta per fogli illustrativi in varie lingue). La perdita di profitto, quantificata in denaro, causata dal non comprendersi a causa delle lingue, dall'incapacità a esprimersi, dagli equivoci lingui stici ecc. viene pure calcola
ta in questo capitolo.
Parlando in senso ampio del totale dei costi diretti e indiretti per traduzione e interpretariato all'interno della CEE, questi assommano a 1,2 miliardi di ECU all'anno. Nell'ambito degli Stati membri i costi della pluralità delle lingue per l'insegnamento delle lingue, per il turismo, i mezzi di comunicazione, gli incontri internazionali e per il commercio e l'industria assommano a 100 miliardi di ECU all'anno. Il calcolo che porta a tali cifre si trova nell'allegato 6.
La Commissione CEE è consapevole di questo problema: i programmi come Lingua, Eurotra e Systran (i due ultimi citati trattano la traduzione automatizzata) sottolineano questo fatto.
5. Perché non l'inglese come lingua europea o mondiale?
Sebbene all'interno delle istituzioni europee siano il francese e l'inglese le lingue dominanti, tuttavia all'esterno è solo l'inglese la lingua più forte. La predominanza dell'inglese però non implica che questa lingua sia universale e applicabile ovunque nella CEE o altrove come strumento di comuni cazione. Assolutamente no, e ognuno può convenirne in base alle proprie esperienze.
Tale posizione dell'inglese comunque non è sempre incontestabile. A questa conclusione si può giungere in base a notizie pubblicate di tanto in tanto dalla stampa. I giornali hanno fatto sapere il 6 febbraio 1990 che nello stato dell'Arizona (USA) l'inglese non è più la sola "lingua ufficiale". Ora anche lo spagnolo è riconosciuto come "lingua ufficiale" in quello stato degli USA.
Il 28 marzo 1990 la stampa ha fatto menzione del decreto emesso nell'Utar Pradesh (India) col quale l'uso dell'inglese nell'amministrazione d'ora in poi è proibito.
Tuttavia, come lingua molto usata nella scienza, nel traffico aereo ecc. e per la conoscenza di tale lingua da parte di molte persone di lingua materna diversa, l'importanza dell'inglese supera quella del numero di coloro che lo parlano dalla nascita.
Si parla generalmente dell'uso della lingua inglese, come se si trattasse di una lingua pronunciata ovunque allo stesso modo. Tutti sanno per propria esperienza che non è assolutamente così. Non solo la pronuncia dell'inglese è straordinariamente difficile, ma ci si può domandare quale sia di fatto LA sua pronuncia. E' certo che parlare inglese non vuol dire sic et simpliciter che gli interlocutori capiranno sempre tutto, per quanto essi abbiano padronanza, maggiore o minore, della lingua. Si parla infatti dell'americano, dell'inglese australiano, dell'inglese africano ecc.
L'introduzione dell'inglese come lingua ufficiale nella CEE, come pure lo sviluppo dell'uso dell'inglese ovvero l'accettazione pratica di tale lingua come unico veicolo di comunicazione potrebbe portare al predominio da parte degli anglo-parlanti e della loro cultura, come pure al loro predominio in campo economico.
Abbiamo già menzionato le conseguenze eventuali di una tale evoluzione.
6. Quali soluzioni rimangono?
Una lingua internazionale accettabile per tutti non deve potersi identificare con una definita ideologia o con un certo popolo o gruppo di popoli o di stati. L'introduzione della lingua russa in parecchi paesi dell'Europa Orientale è fallita per tali motivi.
E' assolutamente preferibile una soluzione neutrale. Inoltre, uno strumento di comunicazione internazionale deve essere più semplice delle lingue esistenti e deve essere usato come lingua SECONDA accanto a quella materna.
La soluzione prescelta non deve essere una minaccia per le lingue nazionali o ufficiali e neanche per le lingue regionali o minoritarie. Si deve giungere a una soluzione meno costosa. Una lingua che sia adatta negli scambi economici, sociali e anche culturali.
Perché nessuna lingua nazionale o etnica può assumere tale funzione di mezzo di comunicazione come strumento di trasferimento della cultura all'interno di una comunità di popoli aventi pari diritti? Tre importanti motivi s'impongono:
- un motivo politico (il predominio)
- un motivo economico (costi e concorrenza)
- un motivo culturale (protezione delle diversità culturali e linguistiche).
6.1. Il motivo politico
Se si adotta la lingua di un certo popolo o di un certo Stato membro all'interno di una Unione di Stati o di una Federazione, come strumento ufficiale di comunicazione e portatore di cultura per tutti, contemporaneamente se ne accetta il predominio politico e l'influenza culturale unidirezionale verso tutti gli altri paesi (e lingue) in quella Unione o Federazione. Con ciò si mette in pericolo la coesione politica e culturale in una comunità multinazionale e variegata.
Se le singole lingue e culture non sono protette, salvaguardate o addirittura fatte progredire mediante una responsabile politica linguistica a livello delle istituzioni dell'Unione, allora sussiste il pericolo che la stessa Unione o Federazione possa alla fine disintegrarsi; persino a dispetto dei motivi economici che militano a favore di soluzioni comuni.
L'aspirazione all'indipendenza in alcune delle repubbliche sovietiche può già essere un avvertimento in tal senso per la futura Unione Europea con 20-25 stati membri e con un pari numero di lingue.
6.2. Il motivo economico
I vantaggi economici e professionali per quel gruppo linguistico che può usare la sua lingua, pensare nella sua lingua, trattare nella sua lingua e, specialmente per mezzo della radio e della televisione, può esprimersi su larga scala, potrebbero costituire il germe di gelosie e invidie tra i gruppi linguistici. Su una tale base, infine, non è possibile collaborare in modo efficace e fruttuoso.
I conflitti linguistici in tutti i paesi con più lingue ufficiali e non ufficiali si basano in gran parte sulle differenze nella posizione economica di partenza; essi convogliano senza fine energie e attività economica verso una continua sterile disputa tra i gruppi etnici che, per la situazione geo grafica e per la loro interdipendenza economica, devono necessariamente collaborare politicamente fra di loro.
6.3 Il motivo culturale
Colui che considera la varietà delle culture e delle lingue come una necessità dal punto di vista politico e come cosa auspicabile dal punto di vista morale, questi deve avvertire il bisogno di un cuscinetto neutrale tra i gruppi di diversa lingua e cultura. L'adozione della lingua nazionale di uno dei membri dell'Unione (o Federazione) conduce definitivamente a un flusso di cultura in una sola direzione; gli influssi di cultura e di idee che ne conseguono, da quella lingua nazionale sulle altre diverse lingue nazionali, non sono evitabili e se ne potranno vedere i segni. Non sarà possibile una fecondità reciproca e lo sviluppo della varietà culturale sarà annullato.
Esempi dell'influenza culturale esercitata dalla lingua dominante sulle cosiddette lingue minori in Europa dopo la seconda guerra mondiale esistono: il fenomeno dell'adozione e dell'imitazione di certa musica non sarebbe spiegabile senza il fatto che l'insegnamento scolastico nell'Europa Occidentale mette la lingua inglese al primo posto. Di analoghi vantaggi fino a poco tempo fa godeva la lingua russa nell'Europa Orientale.
Scienziati come CARTESIO, LEIBNIZ e COMENIO già secoli or sono dichiararono la necessità di una nuova lingua neutrale.
6.4. Conclusioni
Il Volapük, l'Interlingua, l'Esperanto, l'Ido, l'Universal sono solamente alcuni dei 300 tentativi, nel corso degli ultimi secoli, per introdurre una comune lingua di cultura.
Di tali lingue pianificate la Internacia Lingvo (ILO), meglio nota sotto il nome di Esperanto, è quella che ha avuto il maggior successo per quanto riguarda il numero degli aderenti e per la capacità di venire trasmessa alle generazioni successive. Se tuttavia si presentasse una soluzione più pratica e più versatile, allora sarebbe necessario eseguire esperimenti scientifici per un confronto.
Per il fatto che, per il momento e di fronte alla necessità di una soluzione neutrale, solamente i risultati della Internacia Lingvo, cioè dell'Esperanto, sono misurabili e rilevabili, questa rappresenta la nostra scelta.
Esistono persone che parlano l'esperanto in più di cento paesi e la lingua ha dato prova della propria capacità a funzionare nel corso degli oltre cento anni della sua esistenza.
Alcuni non esperantisti e sostenitori della lingua inglese trovano in questa centennale esistenza un argomento per sostenere che le manchevolezze intrinseche dell'esperanto stesso siano la causa del limitato successo fin'ora raggiunto. Ma essi dimenticano che la lingua inglese esiste già da molti secoli e ha il vento favorevole. Gli stretti collegamenti della lingua inglese con le grandi potenze mondiali, col benessere, con la tecnica di alto livello ecc. non hanno portato a un considerevole innalzamento della percentuale della popolazione mondiale che parla l'inglese. Richiamiamo l'attenzione su questa percentuale, che è inferiore al 10%, sebbene l'importanza della lingua inglese sia maggiore a causa dei collegamenti summenzionati. In molti paesi l'uso della lingua esperanto è stato perseguitato e contrastato per molti anni, come nell'Unione Sovietica, in Germania, Spagna e Portogallo e inoltre, durante l'ultima guerra mondiale, in tutto il territorio occupato dall'esercito tedesco, nonché in paesi come la
Cina, l'Iran e l'Iraq.
A questo proposito lo scrittore polacco Andrzej Szezypiorski, in un'intervista del 14.11.1990 per il settimanale De Groene Amsterdammer (Paesi Bassi) così si esprimeva: »Il potere comunista è stato cancellato e ora noi costruiamo uno stato democratico costituzionale. Si sono perdute le strutture totalitarie dello stato, ma sono state liquidate le strutture totalitarie nella società? e che ne è delle opinioni totalitarie delle persone? Occorre tempo; il superamento di questi residui di totalitarismo richiederà più tempo delle riforme politiche ed economiche 5.
7. Conclusione
I paragrafi precedenti dimostrano che esistono ragioni più che sufficienti per chiedere una speciale attenzione, ai governi, agli uomini politici, all'industria, ai consumatori e a molte altre istituzioni sociali, verso il problema della comunicazione, e in specie verso il problema della comunicazione e specialmente verso il problema delle lingue nella Comunità Europea.
Proprio per il prossimo decennio, quando sarà certamente all'ordine del giorno l'allargamento della Comunità, è necessario pensare al problema della comunicazione e analizzarlo a fondo. Un problema così ampio e complesso deve essere discusso a livello della Comunità Europea.
Il problema delle lingue riguarda tutti. Ciò significa che, nell'elaborazione del procedimento per la soluzione di tale problema, si deve creare una base dalla quale si manifesti un vasto interesse. Il procedimento deve essere caratterizzato da un'unanime accettazione dei princìpi posti alla sua base e dall'assenza di una qualsiasi imposizione. Questo non impedisce che - quando un accordo verrà raggiunto - si introduca l'esperanto come materia fondamentale nell'insegnamento scolastico di base.
Inoltre si tratta di un problema che non solo riguarda le lingue "ufficiali", ma in pari misura anche altre lingue come le lingue regionali e minoritarie. A tale proposito si deve notare che non si tratta solo di lingue minoritarie come ad es. il frisone nei Paesi Bassi o il bretone in Francia. Si tratta anche per es. del tedesco, lingua ufficiale sì nella CEE, ma lingua minoritaria o regionale in Belgio.
Infine si deve sottolineare che si tratta di un problema la cui soluzione richiederà un tempo lungo. Infatti il piano che segue abbraccia un periodo di dieci anni.
NOTE
1) Comunicazione della Commissione, COM (88) 203, Bruxelles 18 04 1988.
2) Decreto nr.1, PB nr. L17 del 6.10.1958 pag. 385.
3) E' probabile che la lingua catalana fra non molto verrà riconosciuta come lingua della CEE; il Parlamento Europeo ha fatto proposte in tal senso.
4) L'articolo 15, secondo capoverso, del Regolamento del Parlamento Europeo consente la traduzione simultanea in altre lingue, comprese le lingue minori tarie, per le sedute assembleari e per le riunioni delle Commissioni Parlamentari.
5) Estremamente istruttivo si è mostrato il libretto di Cl. Piron, edito dalla Flandra Esperanto-Ligo (Lega Esperantista Fiamminga) dal titolo Esperanto, je vraagt maar, nel quale vengono confutati, in maniera istruttiva, diversi giudizi infondati circa l'esperanto. L'originale è stato pubblicato in francese (Réponses a certaines questions sur l'espéranto). Dello stesso autore, presso lo stesso editore, il libretto Psychologische reacties op het Esperanto, pure apparso in originale in lingua francese.
In italiano si veda, dello stesso autore, il capitolo Esperanto, l'immagine e la realtà nel libro La comunicazione internazionale tra politica e glottodidattica, di autori vari, a cura di Andrea Chiti-Batelli, Marzorati editore, 1987.
IL PIANO
8. Origine del piano iniziale.
Durante il Congresso mondiale di esperanto a Rotterdam (Paesi Bassi) nel 1988 fu lanciata l'idea di un progetto per un approccio del tutto nuovo al problema della comunicazione linguistica europea e internazionale. In seguito a ciò, all'inizio del 1989, il progetto era già stato steso e successivamente fu presentato a un grande numero di persone e di istituzioni del movimento esperantista nella CEE. Il fine principale di tale presentazione era esaminare se fosse possibile trovare un sufficiente appoggio a un piano basato sui princìpi precedentemente menzionati.
Tale appoggio fu ottenuto in occasione di due altri convegni svoltisi nel corso del Congresso mondiale di esperanto a Brighton (Gran Bretagna) nell'estate del 1989.
E' sulla base dello scambio di idee durante tali convegni e tenendo conto di commenti scritti giunti successivamente, che si giunse alla stesura del presente documento e dei suoi allegati.
9. Quadro del progetto e finanziamento.
Fino ad ora il progetto si è avviato sotto l'egida della Universala Esperanto-Asocio e delle associazioni esperantiste nazionali dei 12 Stati della CEE, per mezzo della loro organizzazione di raccordo, la Eùropa Esperanto-Unio.
Si capisce che un tale progetto deve essere sostenuto e finanziato da un maggior numero di istituzioni e organizzazioni.
10. Il piano.
In primo luogo il piano si propone di: chiarire cos'è l'esperanto, dove e in quali circostanze si potrebbe usarlo, eliminare pregiudizi e ignoranze su tale lingua.
Nell'allegato 5 si illustra il significato dell'insegnamento dell'esperanto ai giovani e la sua utilità per lo studio di altre lingue. L'esperanto, in tale caso, può essere un importante strumento per la realizzazione del programma LINGUA della CEE e per gli altri programmi CEE sopra menzionati. L'esperanto può in generale contribuire alla realizzazione delle finalità definite nel decreto del Consiglio CEE, già precedentemente citato, del 06.10.1989.
AZIONE 1
Una delle prime attività che il gruppo di lavoro si propone di realizzare è l'organizzazione di sedute di ascolto, sia nel Parlamento Europeo, sia nella Commissione CEE, sia nel Consiglio d'Europa, per sottolineare la necessi tà di discutere il problema delle lingue e scambiare idee circa il possibile contributo dell'esperanto alla soluzione. Una delegazione di eminenti esperti di esperanto è già stata formata a tal fine (vedi Allegato 2).
AZIONE 2
Si farà richiesta alla Commissione Europea di appoggiare un esperimento per mostrare - ancora una volta - che l'esperanto stabilisce una base di buona qualità per lo studio di altre lingue e che esso dunque può contribuire alla realizzazione del programma LINGUA e di altri programmi CEE sopra citati e in generale dare un contributo al processo d'integrazione e alla realizzazione del mercato interno nella CEE. In uno stadio successivo verrà descritto un progetto per tale esperimento. Inoltre la Commissione Europea deve costituire un gruppo di lavoro per studiare il problema delle lingue nella maniera descritta nell'introduzione.
AZIONE 2A: Commissione di controllo.
In collegamento con tale esperimento verrà costituita una commissione di controllo, formata da esperti di esperanto, da esperti di insegnamento e da linguisti dei 12 stati membri della CEE.
AZIONE 3: Un nuovo programma CEE per una nuova politica delle lingue.
Se dopo qualche tempo si evidenzierà che l'esperimento funziona con successo, si dovrà preparare un nuovo programma CEE collegato a quelli già menziona ti, allo scopo di realizzare l'introduzione dell'esperanto nell'insegnamento di base e d'altra parte far progredire la conoscenza dell'esperanto.
AZIONE 4: Diffusione televisiva.
In tutti i 12 Stati membri dovranno aver luogo contemporaneamente trasmissioni televisive per trattare i problemi della comunicazione e delle lingue nella CEE. Tali trasmissioni mostreranno le possibilità dell'esperanto; alunni e studenti di tutti gli stati membri, fra quelli che per alcuni anni avranno studiato l'esperanto, riferiranno sulle proprie esperienze.
AZIONE 5: Un "Parlamento Europeo della Gioventù", formato da alunni/studenti che avranno appreso l'esperanto, dovrà discutere in tale lingua di un argomento importante come per es. il problema ambientale, dimostrando così che l'esperanto si può usare per la comunicazione su argomenti attuali, con terminologia moderna. La discussione dovrà trattare anche il problema delle lingue e il "parlamento della gioventù" dovrà sviluppare proposte per la sua soluzione.
AZIONE 6: Corsi in TV.
Dopo la trasmissione televisiva dovrà aver luogo un corso di esperanto in TV in tutti gli stati membri della CEE. I corsi di esperanto dovranno proseguire fino all'anno 2000. Allora sarà possibile constatare se l'esperanto sarà capace di svolgere un ruolo come strumento di comunicazione per tutti.
AZIONE 7: Centri d'informazione.
In ogni Stato membro sarà costituita una speciale organizzazione, qualora non esista già, per informare sull'esperanto; è preferibile che cominci a funzionare una rete centralizzata di informazioni.
AZIONE 8: Cattedre universitarie.
In ogni Stato membro sia costituita almeno una cattedra universitaria per l'insegnamento in esperanto.
AZIONE 9: Congressi nazionali e internazionali.
Per aumentare le possibilità di successo di questo piano o progetto, si devono organizzare, negli anni successivi, in ogni Stato membro congressi, seminari, simposi ecc., nazionali e internazionali. I temi principali di queste riunioni dovranno essere il problema delle lingue nella Comunità Euro pea e il significato dello studio dell'esperanto durante l'età giovanile ai fini dell'ulteriore studio delle lingue, compresa la lingua nazionale di ciascuno. Devono essere coinvolti diversi gruppi e ambienti, come università, scuole per interpreti e traduttori, scuole di ogni ordine e grado e anche scuole per corrispondenza.
Verso gli esperti di didattica si dovrà svolgere un'azione di sensibilizzazione sul possibile ruolo dell'esperanto come "lingua ponte". Una lingua che, imparata durante la gioventù, funziona come un catalizzatore chimico.
Durante tali riunioni si deve sottolineare che lo sviluppo dell'esperanto può essere utile per la conservazione e lo studio di lingue regionali e minoritarie e anche per la creazione di una solidarietà internazionale.
Innanzi tutto si deve sottolineare che l'introduzione dell'esperanto come lingua seconda e neutrale, con il suo valore propedeutico, diminuirà infine i costi diretti e indiretti della comunicazione nella CEE per decine di miliardi di Ecu e che così si libereranno somme di denaro da destinare ad altri proble mi internazionali o mondiali o ai problemi dei paesi in via di sviluppo.
Si deve anche chiarire che l'introduzione di uno strumento di comunicazio ne internazionale - con la conseguente meno rigorosa applicazione del principio del multilinguismo - rafforzerebbe la posizione economica della CEE e soprattutto la sua posizione concorrenziale nel mondo.
Infine si eviti di assicurare che il risparmio di oltre 100 miliardi di Ecu - somma citata nell'allegato 6 - sui costi annui del multilinguismo si realizzerebbe effettivamente in misura completa. Anche per il futuro, infatti, si dovranno tradurre documenti d'ogni sorta. Per questo sarà sempre necessaria una certa struttura. Un risparmio di alcune decine di miliardi di Ecu all'anno sarà però certamente un fatto reale dopo un po' di tempo.
AZIONE 10: Gemellaggi.
Per aumentare le possibilità di uso di tale lingua comune si devono prendere iniziative per realizzare ``gemellaggi'' o relazioni speciali tra città, villaggi, associazioni, organizzazioni professionali ecc.
AZIONE 11: Comitato di Patrocinio.
Occorre costituire un comitato di patrocinio a livello Europeo, formato da eminenti personalità, che appoggi questo progetto.
Il professore dr. J. Tinbergen, dei Paesi Bassi, Premio Nobel per l'economia, e il professore dr. H. Brugmans, ex rettore del Collegio Europeo a Bruges, Belgio, hanno già accettato per primi di far parte di tale Comitato di Patrocinio.
AZIONE 12: Strutture.
Dovranno essere costituite efficaci strutture organizzative per la realizzazione di tale piano.
ALLEGATO 1
GRUPPO DI LAVORO PROVVISORIO
Hans ERASMUS, già avvocato ad Anversa, Paesi Bassi; poi funzionario alla sezione giuridica del Ministero per l'Agricoltura e la Pesca; poi alla Commissione CEE; per 15 anni al Ministero per la Protezione dell'Ambiente nei Paesi Bassi; attualmente direttore di programma alla Commissione CEE Direzione Generale per l'Ambiente, Bruxelles - tel. 02-2992259; abitazione:
Laan van Oostenburg 48, NL-2271 AP Voorburg, Paesi Bassi, tel. 070-3863529.
Michael CWIK, economista, diplomato al Collegio Europeo di Bruges, Belgio; laureato in economia; esperto, fra l'altro, di economia e problemi macroeconomici presso la Commissione CEE, Direzione Generale per l'economia generale e la finanza; membro del Comitato Federale del Movimento Europeo; abitazione:
Tervurenlaan 175, B-1150 Bruxelles, tel. 02-7364437.
Elisa KEHLET, interprete al Parlamento Europeo; abitazione:
Hertogenlaan 18, B-1970 Wezembeek-Oppem, Belgio; tel. 02-7313456;
Grégoire MAERTENS, già funzionario direttivo al Ministero delle Finanze belga, ora in pensione; docente alla Scuola Superiore di Scienze Fiscali di Bruxelles; ex presidente, ora membro del comitato direttivo della Universala Esperanto-Asocio (Associazione Esperantista Mondiale); direttore dell'Eùropa Esperanto-Centro (Centro europeo per l'esperanto); abitazione:
Prins Leopoldstraat 51, B-8310 Brugge, Belgio, tel. 050-354935.
Giovanni MARTINETTO, laureato in lettere, giurista, diploma postuniversitario di studi europei all'Università di Bruxelles; per 20 anni traduttore al Consiglio Europeo dei Ministri; abitazione:
rue des Bataves 33, B-1040 Bruxelles, Belgio, tel. 02-2346840.
Edward SYMOENS, laureato in filologia germanica, già direttore delle scuole belghe a Kinshasa, Zaire, e a Kigali, Ruanda, ora in pensione; ex Presidente della Internacia Ligo de Esperantistaj Instruistoj (Lega Internazionale degli Insegnanti Esperantisti); abitazione:
Putsesteenweg 151, B-2920 Kalmthout (Heide), Belgio, tel. 03-6666266.
ALLEGATO 2
Delegazione per le audizioni
I componenti del gruppo di lavoro - Michael CWICK, Elisa KEHLET, Hans ERASMUS, Grégoire MAERTENS, Edward SYMOENS, Giovanni MARTINETTO - già citati in "Allegato 1" vengono affiancati nelle audizioni da una delegazione di esperti di esperanto:
Dr. U. BROCCATELLI, Via Brodolini 10, I-00139 Roma, Italia.
Dr. A. CHITI BATELLI, Via B. Intieri 10, I-00191 Roma, Italia.
Prof. M. DUC GONINAZ, Val Saint-Georges 25, Chemin de l'Echelle, F-13100 Aix en Provence, Francia.
Prof. Dr. H. FRANK, Kleinenbergerweg 16 A, D-W-4790 Paderborn, Germania.
Prof. I. KOUTNY, Università Eötvös, Cattedra di Linguistica - Sezione Esperanto, P.f. 107, H 1364 Budapest, Ungheria.
Dr. U. LINS, Gemarkenstr. 150, D-W-5000 Köln, Germania.
Prof. A. A. NUÑEZ, Carreras Candi 34-36, E-08028 Barcelona, Spagna.
Prof. C. PIRON, Chemin des Rameaux, CH-1296 Coppet, Svizzera.
Prof. Dr. H. TONKIN, Office of the President, University of Hartford, West-Hartford CT 06117-0395, USA.
Sezione Esperanto, P.f. 107, H-1364 Budapest, Ungheria.
Prof. J. C. WELLS , 5 Popler Road, Merton Park, London SW 19 3 JR
Gran Bretagna.
ALLEGATO 3
NOTE SU ALCUNI PROGRAMMI CEE riguardanti L'INSEGNAMENTO, L'EDUCAZIONE, LA GIOVENTU'
1. ERASMUS
E' un programma d'azione comune per la mobilità degli studenti. L'obietti vo più importante di questo programma dal 1987 è l'incremento della mobilità degli studenti e della collaborazione nell'ambito dell'istruzione superiore.
2. COMETT
E' un programma comune concernente l'educazione e l'insegnamento nel campo della tecnologia.
3. GIOVENTU' PER L'EUROPA e programma di scambio per giovani che entrano nel mondo del lavoro.
Secondo la Commissione CEE non si deve sottovalutare il valore degli scambi. Essi non solo contribuiscono a facilitare liberi rapporti tra gli abitanti della Comunità, ma anche favoriscono la crescita dell'idea dell'"Europa dei cittadini". Per tale motivo la CEE ha sviluppato due programmi per rendere possibile ai giovani lo scambio: il programma di scambio dei giovani che entrano nel mondo del lavoro e il programma "Gioventù per l'Europa".
4. EURYDICE e ARION
Euridyce è il programma riguardante la rete informativa per l'istruzione nella CEE.
Inoltre sono stati presi accordi per diffondere la conoscenza reciproca dei sistemi scolastici mediante l'organizzazione di visite di studio, in particolar modo per specialisti di didattica, e questo è il programma Arion.
5. PETRA
Petra è il programma di azione della CEE per l'apprendistato dei giovani e la loro preparazione al lavoro e alla vita adulta.
6. EUROTECNET
Questo programma d'azione concernente l'apprendistato e le nuove tecnologie informatiche ha lo scopo di sviluppare la preparazione al lavoro nelle nuove tecnologie.
7. IRIS
Riguarda una rete europea per la preparazione al lavoro rivolta specificatamente alle donne.
8. LINGUA
Tale programma fu approvato con una risoluzione del Consiglio il 28 luglio 1989.
Il programma "Lingua" ha il fine di stimolare il miglioramento quantitativo e qualitativo della conoscenza delle lingue straniere fra gli abitanti della CEE.
Il programma permette di sostenere e completare i comportamenti e le attività degli Stati membri in questo campo mediante azioni comuni.
E' trattato più ampiamente sotto "La comunicazione nella Comunità Europea", al punto 2.
ALLEGATO 4
CHE COSA E' L'ESPERANTO?
Questa lingua si è formata sulla base di fondamenti reperibili in lingue indoeuropee, asiatiche e africane. Ludovico Zamenhof, che pubblicò il primo libro su questa lingua nel 1887 a Varsavia (in Polonia, allora appartenente all'impero russo), come progetto, non ebbe mai lo scopo di introdurla per sostituire le lingue nazionali o regionali. Coloro che oggi usano l'esperanto sono esattamente della stessa opinione.
L'esperanto si apprende più facilmente che le altre lingue. Si pronuncia come si scrive. Le regole di pronuncia sono fisse. La grammatica si basa su 16 regole.
Per sottolineare la facilità dell'esperanto presentiamo nella tabella sottostante alcune parole indicanti persone legate da relazioni familiari, in italiano con traduzione in esperanto. Si può concludere che la lingua esperanto usa solamente un articolo. Il sostantivo ha la finale -o; il sesso femminile si esprime col suffisso -in-; gli aggettivi ricevono la finale -a. Per un piccolo numero di parole in italiano già occorrono tre diverse finali per il sostantivo. Per indicare i generi in italiano occorrono tre articoli determinativi per il singolare e altri tre per il plurale, oltre a tre articoli indeterminativi; anche la forma dell'aggettivo dipende dal genere.
Il padre la patro
la madre la patrino
lo zio la onklo
i padri la patroj
le madri la patrinoj
gli zii la onkloj
un fratello frato
una sorella fratino
il mio caro zio mia kara onklo
la mia cara zia mia kara onklino
un genero bofilo una nuora bofilino.
Mediante l'aggiunta di una quarantina di prefissi e suffissi alle radici si possono mettere insieme abbastanza parole per esprimere tutto. Tale sistema si ritrova anche in lingue asiatiche e africane. Per struttura la lingua esperanto non è una lingua europea, sebbene le radici provengano dalle lingue indoeuropee1.
Nella seguente tabella si trova la parola malsana (malato) formata sulla base della parola sana (sano) con l'aggiunta del prefisso mal- (che indica il contrario). Aggiungendo il suffisso -ul- si indica la persona che è malata, mentre il luogo dove si trovano le persone malate (ospedale) è indicato col suffisso -ej-:
sana sano (aggettivo)
malsana malato (aggettivo)
malsanulo un malato
malsanulejo ospedale.
Questa lingua si mostra molto adatta all'insegnamento di orientamento linguistico. La conoscenza dell'esperanto, specialmente nell'età giovanile, facilita l'apprendimento di altre lingue. Inoltre aiuta a pensare logicamente. Lo studio dell'esperanto per un anno fornisce una "conoscenza passiva" che rende accessibile ogni testo in tale lingua, sia letterario che scientifico2.
Molti suppongono l'esperanto abbia minori qualità rispetto a una lingua più naturale o esistente già da molto tempo. Questo è un ostinatissimo equivoco, perché si trascura il fatto che molte lingue si sono formate in modo in certa misura artificiale, consapevolmente o no, nel corso della loro esistenza. Esempi di lingue fatte ad arte in modo molto consapevole sono la lingua indonesiana, la lingua ufficiale norvegese e il neo-ebraico, la lingua di Israele. Ma anche lingue come il tedesco letterario, l'italiano, il swahili e anche il francese e l'inglese si sono formate in modo artificiale in certi momenti della loro storia nel corso dei secoli.
Del resto, l'esperanto si è evoluto e continuerà a evolversi in modo simile alle lingue nazionali.
E' possibile esprimere con la lingua esperanto sfumature delicate delle emozioni, scrivere poesie o discutere ad alto livello intellettuale? Tale domanda si basa su tre supposizioni:
a. Le lingue etniche sono naturali, mentre l'esperanto è solamente una lingua artificiale.
b. Solo le lingue naturali possono esprimere emozioni.
c. La comunicazione ad alto livello intellettuale è possibile solamente per mezzo delle lingue naturali.
Sul punto a. bisogna osservare quanto segue:
Una lingua è un fenomeno sociale. Esiste un effetto reciproco tra due forze: l'interna (con un aspetto psicologico) e l'esterna (con un'influenza da parte del gruppo, dell'ambiente familiare e sociale). Se un bambino impara la parola andare, egli tende a dire io ando. Una forza esterna lo corregge in io vado.
Dunque è il gruppo che obbliga il bambino a cambiare la diffusione naturale di un uso linguistico. L'attuale lingua olandese (neerlandese) è nata dalla reciproca inflenza di diversi dialetti (aspetto naturale) e da un intervento consapevole (regole ortografiche, stile di autori, insegnamento). Altri esempi sono l'influenza di Dante sulla lingua italiana e quella di Lutero sul tedesco letterario. La nuova lingua norvegese è nata in modo artificiale sulla base di un dialetto norvegese, di alcuni altri dialetti e della vecchia lingua norve gese, all'inizio di questo secolo. La lingua indonesiana o Bahasa Indonesia fu creata dopo il 1945 in modo artificiale sulla base della lingua malese.
Sul punto b.:
Sono stati pubblicati migliaia di poesie o poemi scritti in originale in esperanto. Nel centinaio di riviste e giornali che si pubblicano ve ne sono alcuni a carattere letterario, che pubblicano regolarmente nuovi testi letterari e poetici. Nel corso degli anni è venuto alla luce un considerevole numero di romanzi scritti in originale in esperanto.
Gli esperantisti collaborano da alcuni anni al Festival di Poesia di Rotterdam.
Alcuni anni or sono il segretario permanente dell'Accademia di Francia, Maurice Genevoix, dichiarò quanto segue:
»L'esperanto è adatto a esprimere le più sottili sfumature delle idee e delle emozioni; di conseguenza la lingua esperanto è in grado di esprimere idee secondo i migliori canoni letterari ed estetici. La lingua può soddisfare anche l'intelletto più sospettoso e ostinato .
Sul punto c.:
In esperanto sono state pubblicate opere sulle più diverse scienze: politica, problemi sociali, medicina, filosofia ecc. Esistono anche associazioni di esperanto-parlanti per diverse discipline, che si riuniscono regolarmente, specialmente in occasione dei congressi.
Da sperimentazioni si è visto che ci si può più facilmente esprimere in maniera non ambigua in esperanto che con altre lingue.
Delle prove di traduzione hanno mostrato che l'esperanto come lingua-ponte ha dato migliori risultati nei confronti di lingue nazionali usate con tale ruolo. Perciò si comprende che l'Ufficio per lo Sviluppo dei Sistemi (BSO) a Utrecht (Paesi Bassi), a suo tempo sostenuto finanziariamente dalla Comunità Europea e dal Ministero dell'Economia nei Paesi Bassi, abbia scelto l'esperanto come lingua-ponte per un progetto relativo alla traduzione automatica.
A livello internazionale il valore dell'esperanto fu riconosciuto nel quadro della Lega delle Nazioni. Nel 1922 un rapporto sottolineò il significato dell'esperanto come lingua internazionale veicolare e si espresse in senso generalmente favorevole. Specialmente l'indagine presso gli insegnanti di esperanto dimostrò l'utilità di questa lingua per gli studenti nello studio delle altre lingue, oltre ad altri vantaggi.
Ma gli sforzi per introdurre la lingua nell'insegnamento scolastico fallirono per la reazione dei rappresentanti del governo francese.
Il primo riconoscimeto ufficiale l'esperanto l'ottenne alcuni anni più tardi, venendo ammesso all'uso nei telegrammi.
Nel 1954 l'Assemblea Plenaria dell'UNESCO a Montevideo approvò una riso luzione che sottolineava il significato dell'esperanto per l'avvicinamento dei popoli. Secondo tale risoluzione i risultati raggiunti per mezzo dell'esperanto sono pienamente conformi alle finalità e agli ideali dell'UNESCO.
Nel 1985 l'Assemblea Plenaria dell'UNESCO a Sofia confermò di nuovo il significato dell'esperanto e sottolineò l'importante progresso raggiunto nel campo della reciproca comprensione dei popoli e delle culture di paesi diver si. Nella risoluzione si invitava a seguire lo sviluppo dell'esperanto e agli Stati membri si chiedeva di promuovere lo studio dei problemi relativi alle lingue e dell'introduzione dell'esperanto nelle scuole e negli istituti superiori.
Infine citiamo l'articolo 2, primo capoverso, della Dichiarazione Univer sale dei Diritti dell'Uomo, che fu approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948: »Tutti i diritti e le libertà definite in questa dichiarazione valgono in uguale maniera per tutti gli uomini, senza alcuna differenza di razza, colore della pelle, sesso, LINGUA3, religione, opinione politica o d'altro genere, origine nazionale o sociale, proprietà, nascita o altra condizione .
DIECI VANTAGGI DELL'ESPERANTO
I vantaggi dello sviluppo dell'esperanto come seconda lingua nella CEE si possono riassumere in dieci punti. Diversi elementi sono già stati citati sopra.
1. L'esperanto è lo strumento per la comunicazione reciproca più facile, più neutrale e più sperimentato. "Neutrale" nel senso che, mentre ad es. uno spagnolo che parli inglese con un britannico si trova quasi sempre in una posizione di svantaggio, invece l'uso dell'esperanto esclude la predominanza dell'uno o dell'altro.
2. La conoscenza dell'esperanto facilita lo studio delle lingue straniere. L'insegnamento dell'esperanto a giovani tra i 10 e i 15 anni ha un importante valore propedeutico per lo studio di altre lingue. Nella parte II di questo documento è esposta una specifica relazione su questo argomento4.
3. Anche la comprensione della struttura della lingua materna viene ampliata, grazie al fatto che l'esperanto è una lingua sistematica. Le possibilità di esprimersi mediante la lingua esperanto sono verosimilmente più facilmente raggiungibili che con qualsiasi altra lingua non materna.
4. Tale sistema fa anche progredire il pensare logicamente. Ha un'influenza favorevole sullo studio di altre materie, specialmente della matematica.
5. Come già citato, si raggiunge rapidamente una "conoscenza passiva" di tale lingua internazionale, così che ben presto si ha accesso a ogni tipo di letteratura che è stata o che sarà tradotta in esperanto, come pure alla letteratura originale esperanto (prosa, poesia, dissertazioni scientifiche).
6. Non c'è nessuna contestazione, neanche da parte degli esperantisti, contro lo studio delle lingue straniere. Tuttavia la questione è se lo studio delle lingue straniere come viene fatto attualmente e le risorse ad esso dedicate in uomini e denaro siano proporzionali ai risultati ottenuti. Disporre di uno strumento di comunicazione più semplice, che allo stesso tempo desse al discente la possibilità di impadronirsi di altre lingue più rapidamente e in maniera migliore, da un lato ridurrebbe la necessità di conoscere lingue straniere e dall'altro alleggerirebbe il peso dello studio per coloro che comunque avranno bisogno di imparare lingue straniere pur senza avere una sufficiente attitudine a tale studio. Così le energie di quegli alunni potrebbero essere indirizzate ad altri campi con migliori possibilità di profitto.
I responsabili della formazione delle decisioni sull'insegnamento delle lingue devono prescindere dalla propria personale conoscenza delle lingue. Essi devono invece prendere in considerazione la situazione di un bambino che comincia lo studio delle lingue e, per questo bambino, devono lanciare un piano a lunga scadenza sulla base del progetto presentato.
7. Lo studio dell'esperanto in età giovanile per almeno due anni crea una conoscenza di tale lingua paragonabile a quella ottenibile con 5 anni di intenso studio di una lingua come il tedesco, l'inglese, il francese, l'italiano, lo spagnolo o un'altra lingua della CEE. Lo studio in età giovanile dell'esperanto può liberare energie per altri scopi come:
migliore studio di un'altra lingua, compresa la propria;
studio di una lingua secondo una propria scelta; per esempio anche di una lingua regionale o minoritaria;
maggiore tempo disponibile per gli aspetti culturali della lingua straniera che sarà studiata e per altre materie. Di fatto gli abitanti della Gran Bretagna e dell'Irlanda già ora si trovano in tale situazione avvantaggiata.
8. L'introduzione dell'esperanto nella CEE darebbe un importante contributo ai processi d'integrazione economica e sociale. Inoltre farebbe progredire nel cittadino europeo un modo di pensare e di agire europeo o internazionale/mondiale.
9. Già solo una migliore comunicazione in tutti i campi dell'in tegrazione europea porterebbe a enormi risparmi di costi. Tali risparmi si mostreranno certamente in modo concreto e visibile al livello dei costi diretti e indiretti già citati e che saranno trattati dettagliatamente nell'ALLEGATO 6. Per evitare eventuali equivoci, sottolineiamo di nuovo il fatto che tale lingua internazionale mira solamente alla comunicazione internazionale, così che per molti documenti, leggi, disposizioni ecc. dovranno continuare ad essere usate le 9 lingue ufficiali, o eventualmente anche altre lingue.
I risparmi ottenuti libererebbero risorse che potrebbero essere usate per la gestione dell'ambiente e per i paesi in via di sviluppo.
10. Le regole di pronuncia sono fisse; l'esperanto è per così dire una lingua fonetica.
NOTE
1) Vedi l'opuscolo di C.PIRON, "L'esperanto: lingua europea o asiatica?", pubblicato in italiano come n. 7-8, 1978, (quaderno K n·5) della rivista "l'esperanto", organo della Federazione Esperantista Italiana, via Villoresi 38, Milano.
2) Vedi anche: »La ricchezza, la precisione e la flessibilità della formazione delle parole sono la causa della traduzione più precisa per mezzo dell'esperanto che per mezzo delle lingue naturali; gli esperimenti di retrotraduzione lo hanno dimostrato in modo decisivo Précis d'Interlinguistique par M. MONNEROT-DUMAINE, Librairie Maloine, Paris 196O, p. 98.
3) Le maiuscole sono degli autori.
4) D'altra parte, secondo recenti pubblicazioni nei Paesi Bassi, l'inglese come materia obbligatoria nella scuola di base, allo scopo di facilitare lo studio della stessa lingua nelle classi successive, ha dato risultati assai scarsi o nulli. Nelle Fiandre ha dato luogo al divieto di studiare una lingua straniera prima del quinto anno di scuola per il fatto che in tale stadio si è avuta una dannosa influenza sulla lingua materna stessa.
ALLEGATO 5
ABBOZZO DI UNA NUOVA POLITICA DELLE LINGUE PER LA COMUNITA' EUROPEA
A. Introduzione.
1. Molte testimonianze di osservatori imparziali da tutti gli ambienti della società e in tutti i Paesi confermano che in generale la conoscenza e la padronanza delle lingue, compresa la materna, sono insufficienti e tendono a regredire per diverse cause.
1.1. Molte persone, per mancanza di talento naturale o di interesse, non sono capaci di imparare lingue straniere, e a volte nemmeno bene la propria.
1.2. L'insegnamento delle lingue straniere ha inizio il più delle volte nella scuola secondaria, senza una qualsiasi preparazione preliminare, che invece viene data per la matematica, le scienze, la geografia, la storia ecc.
1.3. Dato l'obbligo scolastico generalizzato, che pure è socialmente giustificato, troppi alunni non sono affatto motivati a proseguire negli studi, specialmente delle lingue.
1.4. Generalmente agli alunni manca anche la più elementare nozione del fenomeno "lingua", manca la conoscenza di concetti basilari, universalmente validi, di lingua. Essi non ricevono uno schema logico di declinazione o di coniugazione, né mai un obiettivo confronto con una lingua in cui si trovino tutte la caratteristiche e gli elementi linguistici, sulla base dei quali una lingua funziona. Un tale schema trasparente di declinazione, coniugazione e altre funzioni grammaticali avrebbe invece un valore propedeutico, cioè preparatorio e di aiuto.
2.1. Coloro che sono favorevoli all'insegnamento della lingua latina si appoggiano specialmente sull'argomento che tale insegnamento costituisce un'introduzione allo studio di altre lingue e contemporaneamente migliora il ragionamento razionale nonché la disciplina mentale e la maturazione degli alunni.
2.2. Coloro che, in più, sostengono l'uso della lingua latina come strumento di comunicazione interetnica, eventualmente in una forma semplificata, argomentano che si tratta di una lingua neutrale, che non avvantaggia alcuna nazione in particolare.
2.3. Fino a due secoli or sono, e nella Chiesa cattolica fino a poco tempo fa, il latino è stato lo strumento di comunicazione internazionale per i ceti alti della società.
Ciò non è più valido oggi, e nemmeno è possibile, a causa della democratizzazione della società, che richiede, almeno in teoria, parità di diritti per tutti i cittadini.
2.4. La lingua latina, per la sua difficoltà e per non essersi adattata alla società moderna, tecnologica, ha scarse prospettive di poter tornare a fungere da mezzo di comunicazione internazionale.
2.5. Tuttavia, oggi come non mai, l'umanità ha bisogno di uno strumento di comunicazione che sia neutrale, ma molto più facile del latino; ancor meglio se un tale strumento di comunicazione possedesse anche il valore propedeutico che il latino ha avuto per tanti secoli.
3.1. Un tale strumento di comunicazione esiste: è la lingua pianificata Esperanto, funzionante pienamente e su scala mondiale, che non appartiene ad alcuna etnia, ad alcuna nazione, ma appartiene a tutta l'umanità, e che per la sua struttura trasparente, per il suo corpo grammaticale e lessicale, possiede le caratteristiche necessarie per poter preparare i fanciulli a capire meglio il fenomeno "lingua", a condizione che venga insegnata anteriormente all'insegnamento di altre lingue straniere.
3.2. L'esperanto dispone di un numero limitato di morfemi ed elementi grammaticali, molto semplificati, che sono necessari per il suo funzionamento; è stato privato di elementi superflui che si trovano in tutte le lingue etniche, e ciò facilita enormemente il suo apprendimento.
Per tale struttura, grazie alla sua chiarezza e regolarità, la lingua esperanto potrebbe essere considerata come un modello formalizzato/sistematizzato di lingua: contiene ciò che è comune a tutte le lingue, cioè gli ingredienti fondamentali di ogni grammatica. Rende possibile capire la struttura di altre lingue, fare confronti fra di loro, comprendere meccanismi grammaticali, per es. quelli che riguardano la formazione delle parole o nozioni grammaticali come le categorie delle parole. Una familiarità con tali problemi facilita lo studio di altre lingue.
Grazie al carattere internazionale degli elementi lessicali e della grammatica dell'esperanto, coloro che parlano tale lingua conoscono contemporaneamente (in misura maggiore o minore) elementi strutturali di diverse lingue. Questo fattore consente al discente di dedicare maggiore attenzione ai punti che presentano più difficoltà.1
4. Conclusioni.
4.1. E' stato dimostrato, mediante diversi esperimenti in parecchi Paesi, che la lingua internazionale esperanto potrebbe svolgere il ruolo di "latino moderno", ma, al contrario del latino, non ha un ambito di studio e di uso ristretto a una piccola élite di intellettuali, ma costituisce per tutti gli strati della società, per tutti i cittadini, uno strumento di comunicazione completo e valido.
4.2. L'esperanto, come già il latino, per le sue specifiche caratteristiche facilita lo studio delle altre lingue.
4.3. Grazie a questi due vantaggi, l'esperanto potrebbe porsi alla base di una nuova concezione del plurilinguismo nella CEE, e consentire l'elaborazione di una nuova più realistica politica delle lingue. Condizione è che i responsabili politici posseggano la volontà politica per almeno prendere in considerazione ed esaminare i vantaggi e le possibilità citati. Senza tale volontà politica e senza un approccio privo di pregiudizi al problema, nessuna soluzione è possibile.
B. Il valore propedeutico della Lingua Internazionale esperanto.
Basi di una nuova politica delle lingue:
1. contribuire alla salvaguardia della diversità linguistica e culturale dell'Europa;
2. consentire relazioni transnazionali, culturali e commerciali, in una lingua comune senza discriminazione;
3. facilitare l'insegnamento e lo studio delle lingue nazionali straniere;
4. evitare il predominio di una o due lingue maggiori nell'insegnamento delle lingue straniere;
La proposta che segue è solamente un abbozzo, che naturalmente richiede uno studio e un'elaborazione dettagliati. Mira solo a porre l'insegnamento delle lingue straniere in una prospettiva di maggiore efficacia.
L'INSEGNAMENTO DELLE LINGUE NELLE SCUOLE:
1. Tutti i fanciulli imparano la propria lingua regionale e la propria lingua nazionale, in famiglia e/o nella scuola, secondo la preferenza dei genitori.
2. Nel 5· e nel 6· anno della scuola dell'obbligo tutti i fanciulli inoltre scelgono lo studio di almeno una lingua straniera, per decisione propria.
3. L'insegnamento e l'apprendimento della o delle lingue straniere scelte viene facilitato mediante lo studio preparatorio di una lingua neutrale pianificata come la Lingua Internazionale Esperanto per un periodo limitato, per il valore propedeutico di tale lingua; esistono due possibilità di scelta:
3.1 In alcuni Paesi (Germania e Svezia) si studia sperimentalmente l'inglese a partire dalla 3ª e 4ª classe della scuola di base per due ore alla settimana, per rendere possibile uno studio più intenso successivamente; degli esperimenti hanno però dimostrato che lo stesso risultato non solo può essere raggiunto, ma può persino essere migliorato, se l'insegnamento dell'inglese nella 3ª e 4ª classe viene sostituito da un corso di orientamento linguistico in una lingua pianificata logica, come la Lingua Internazionale Esperanto.
3.2 Altri esperimenti, in Paesi dove l'insegnamento di una lingua straniera comincia durante il 5º anno della scuola di base, hanno dimostrato che un tale corso di orientamento linguistico può essere realizzato mediante l'insegnamento dell'esperanto per 100 ore (da 20 a 25 settimane) prima che iniziare lo studio della lingua straniera.
4. Secondo le possibilità nei diversi Paesi, tutti gli alunni debbono avere l'occasione di studiare tante lingue quante ne possano assimilare.
5. Durante gli studi successivi, gli alunni possono specializzarsi per i diversi settori sulla lingua (o le lingue) che hanno scelto: insegnamento, turismo, commercio e industria, segretariato, traduzione, interpretariato ecc.
COMMENTI:
1. BASI DELLA PROPOSTA
La proposta di insegnare a partire dalla 5ª classe elementare la Lingua Internazionale Esperanto si basa sulle seguenti considerazioni:
a) per il suo valore propedeutico (come con il latino!) l'Esperanto costituisce un'introduzione e una preparazione allo studio di altre lingue, compresa la lingua materna;
b) perciò aiuta anche a rivelare le capacità degli alunni a imparare e assimilare altre lingue. Ciò faciliterà la scelta successiva durante la scuola secondaria. Anche i ragazzi che poi non continueranno lo studio di altre lingue, disporrebbero intanto di uno strumento di comunicazione pienamente valido e utilizzabile.
c) Il fatto che gli alunni sono capaci dopo poche ore di studio di comunicare con gli alunni di altri Paesi su una base di parità linguistica, crea uno spirito europeo di eguaglianza nella diversità e giova a cementare l'unione di tutti i cittadini comunitari.
d) Secondo l'attuale sistema tutti gli alunni, capaci o no, motivati o no, sono obbligati a studiare una o più lingue straniere. Questo spiega in gran parte i risultati imsufficienti lamentati da tutti gli osservatori imparziali.
2. NECESSITA' DI ESPERIMENTI LINGUISTICI
Evidentemente devono intervenire decisioni politiche perché la nuova politica delle lingue abbia applicazione sia nel campo dell'insegnamento che in quello dell'utilizzazione. Le decisioni dipendono dalla maggioranza. Nell'attuale situazione già si avverte in Europa un crescente problema di discriminazione nella comunicazione, pur con 9 lingue ufficiali. L'allargamento della Comunità fino a 20 Stati-membri con lingue a pari diritti ingrandisce notevolmente il problema.
I politici esitano ad accettare una soluzione che secondo l'opinione del pubblico non abbia possibilità di riuscita. Di conseguenza, non solamente i politici, ma anche il pubblico generale debbono conoscere i problemi dell'attuale situazione e i vantaggi della nuova politica delle lingue, che non solo favorisce il plurilinguismo, ma allo stesso tempo protegge la lingua e la cultura di ciascuno;
3. CONOSCENZA DELLE LINGUE NEL PERSONALE DELLE ISTITUZIONI EUROPEE
L'accordo ufficiale fra gli Stati-membri sull'eguaglianza di principio di tutte le lingue ufficiali nella Comunità Europea deve essere rispettato, come pure l'esigenza che ogni impiegato debba conoscere almeno una lingua ufficiale oltre la propria.
Nella proposta si può prevedere un accordo aggiuntivo che richieda la conoscenza di una lingua neutrale pianificata come l'esperanto per ogni impiegato (o almeno per i nuovi);
4. CAMPI DELLE SPERIMENTAZIONI LINGUISTICHE NELLA CE
Nelle scuole:
In almeno due scuole dell'insegnamento dell'obbligo in ciascun Paese dela Comunità Europea si realizzi parallelamente il normale insegnamento delle lingue straniere e l'insegnamento sperimentale del corso di orientamento linguistico per un ciclo scolastico di una lingua straniera. Gli esperimenti possono aver luogo nel quadro del programma LINGUA.
Nelle organizzazioni europee:
Sperimentazioni con impiegati di diverse lingue materne per verificare se è possibile comunicare nella vita professionale quotidiana con una lingua pianificata quele la Lingua Internazionale Esperanto.
Istituzioni Europee insieme con amministrazioni e servizi pubblici nazionali:
Sperimentazioni fra personale di istituzioni europee e personale di istituzioni e amministrazioni pubbliche di diversi livelli (nazionale, regionale, locale) negli Stati membri.
Università:
Sperimentazioni tra scienziati e/o studenti nel quadro del programma ERASMUS.
5. ANNOTAZIONI FINALI
5.1 Durante gli scorsi 70 anni hanno avuto luogo in diversi Paesi molte sperimentazioni didattiche nelle quali si è studiato e confermato il valore propedeutico dell'esperanto. Tuttavia, potrebbe essere utile ripetere nella Comunità Europea simili sperimentazioni.
5.2 In un più ampio documento2 riferiamo più dettagliatamente sugli aspetti teorici e pratici del valore propedeutico dell'esperanto e sul positivo impegno in tal senso della Lega delle Nazioni negli anni 20 sulla base di un rapporto secondo il quale lo studio dell'esperanto facilita lo studio di altre lingue straniere.
A tale documento è aggiunta un'ampia bibliografia sull'argomento.
NOTE
1) M. MAJERCZAK, Propédeutique du français et de l'Esperanto (tesi di diploma universitario, 1982).
2) Edito in italiano come Numero Speciale 1990 della rivista l'esperanto (8/9, 1990), organo della Federazione Esperantista Italiana, via Villoresi 38, Milano.
ALLEGATO 6
I COSTI DELLA MOLTEPLICITA' DELLE LINGUE
1. Introduzione
Il presente documento cerca di richiamare l'attenzione sui costi causati dalla pluralità delle lingue nei 12 Stati membri della Comunità Europea e anche sui costi di traduzione e interpretariato della CEE stessa.
2. Costi dell'insegnamento delle lingue
2.1. Nei paragrafi seguenti vengono valutati i costi relativi all'insegnamnento delle lingue. Quando i dati sono scarsi o troppo frammentari, vengono indicate le basi di una possibile valutazione; si cerca di definire almeno l'ordine di grandezza.
2.2. Le statistiche relative al Belgio, fornite dal Ministero belga della Pubblica Istruzione, menzionano per il 1989 una somma media di 3943 ECU per l'istruzione di un normale alunno per un anno di scuola secondaria. Secondo Le Quotidien de Paris, del 5 aprile 1990, tali costi per la Francia raggiungono i 2957 ECU.
Sono da aggiungere i costi direttamente a carico dello studente, per esempio se egli deve acquistare a proprie spese il materiale didattico ecc. Tali dati ed altri come le ore destinate all'insegnamento delle lingue non sono qui riprodotti. Le differenze fra i diversi sistemi scolastici nazionali sono però tali che un confronto potrebbe rischiare conclusioni errate.
Tali differenze sono chiaramente sottolineate dalla statistica OESO (Organizzazione per la collaborazione economica e lo sviluppo) del 1987. Tali spese ammontano in Belgio al 6% del prodotto nazionale lordo; in Danimarca al 7,6%, in Grecia al 2,6%, in Spagna al 2,5%.
2.3. I costi diretti dell'insegnamento delle lingue straniere.
Sappiamo già che in Belgio i costi per un alunno di scuola secondaria assommano a 3943 Ecu. Confrontiamo con tutte le percentuali dei costi scolastici in relazione al prodotto nazionale lordo del 1987 (per il 1989 ci può essere una piccola differenza), il cui valore medio per la Comunità Europea è 5,3. Per il Belgio tale percentuale è del 6. Quindi possiamo trovare le spese per ciascun alunno per un anno nella Comunità:
3943 x 5,3/6 = 3500 (cifra arrotondata). Non disponiamo di statistiche sul numero degli alunni nelle scuole secondarie nella Comunità, perciò dobbiamo proseguire il calcolo sulla base della popolazione. Gli alunni in Belgio nelle scuole secondarie secondo i dati del bilancio (FORUM, NSKO nr. 11/12, giugno 1990) ammontano a 442.000 (anno scolastico 1988/89), dunque le spese per il Belgio, se si prende la percentuale media per la Comunità assommano a 1.547 milioni di Ecu.
Il prodotto con il rapporto tra la popolazione dell'intera Comunità e quella del Belgio (340 milioni / 10 milioni) ci dà per risultato 50 miliardi di Ecu (spesa per l'istruzione secondaria nell'intera Comunità). La spesa per l'insegnamento delle lingue straniere è una parte di tale spesa e deve essere calcolata in base agli orari scolastici. I diversi sistemi nei Paesi della Comunità e, all'interno di ciascun Paese, le differenze fra i diversi programmi possibili non consentono di trovare una base accettabile. Si può andare da un 50% a un 10%.
3. Costi di traduzione e interpretariato nel commercio e nell'industria.
Non si devono sottovalutare i costi causati dalla molteplicità delle lingue all'industria e al commercio nella Comunità. Per molti apparecchi bisogna preparare un manuale di istruzioni in diverse lingue. Nelle confezioni di medicinali e di insetticidi per l'agricoltura, ad esempio, si mettono foglietti di istruzioni per l'uso in molte lingue.
Nel rapporto giapponese JEIDA (Japan Electronic Industry Development Association) nel 1989, basato sul rapporto statunitense ALPAC (Automatic Language Processing Advisory Committee) si trova una cifra sul numero delle pagine tradotte per il commercio e l'industria giapponesi; si tratta di 240 milioni in un anno. Se si vuole trasporre questo dato adeguandolo alla Comunità Europea solo sulla base del rapporto tra le rispettive popolazioni, il risultato per la Comunità deve essere valutato con molta prudenza per il fatto che:
le densità industriali e commerciali nella Comunità superano quelle del Giappone;
la traduzione per il mercato interno è molto più necessaria per la Comunità (con nove lingue) che per il Giappone.
Il calcolo è semplice:
240 milioni di pagine per il Giappone, moltiplicato per 340 milioni di abitanti della Comunità e diviso per la popolazione del Giappone di 123 milioni dà 660 milioni di pagine. Calcolando 60 Ecu per la traduzione, la scrittura a macchina, la fotocopiatura o la stampa, lo stoccaggio, l'archiviazione ecc. le spese per la Comunità Europea assommano a 40 miliardi di Ecu per un anno.
4. I costi per il settore turistico e per le telecomunicazioni.
Il rapporto giapponese sopra menzionato include anche le traduzioni per scopi turistici. D'altra parte vi sono anche i costi per escursioni, visite, pernottamenti, ristoranti ecc.
Molti enti turistici di città, regioni e Stati pubblicano pieghevoli in diverse lingue. Spesso le informazioni in alcune lingue superano quelle in altre lingue.
La conseguenza è che il turista, se appartiene a un gruppo linguistico per il quale l'informazione disponibile è limitata, cerca di trovare le informazioni nel proprio Paese, quindi con una base informativa più limitata. Dal punto di vista macro-economico i costi perciò si alzeranno.
La richiesta di servizi di traduzione e interpretariato nel settore dei mass media radiotelevisivi va crescendo a causa del sempre maggiore ascolto di programmi al di là dei confini del Paese emittente. Per esempio il sistema di captazione di programmi per mezzo di satelliti e l'inoltro agli utenti via cavo rende possibile in ogni Paese della Comunità Europea europei la scelta tra 10 fino a 20 programmi. La maggior parte trasmette in lingue straniere.
Le diverse stazioni emittenti devono assolutamen te raggiungere il pubblico più vasto possibile. Ciò vale particolarmente per le emittenti di un territorio linguistico piccolo, per risparmiare sui costi. Spesso devono scegliere tra programmi propri o programmi in lingua straniera con o senza sottotitoli. I sottotitoli sono però necessari, se non si vuole perdere il proprio pubblico. Per motivi di costo si limita il doppiaggio, a spese della fruizione visiva.
Questo rende più difficile la concorrenza tra le emittenti dei Paesi piccoli, con un gruppo linguistico debole, e quelle dei grandi territori linguistici. I programmi nella lingua di un grande gruppo linguistico possono essere prodotti a minori costi per le maggiori possibilità di distribuzione.
Sistematicamente i Paesi con un gruppo linguistico debole volento o nolenti noleggiano programmi in lingua inglese.
Per questo i pro duttori cinematografici di lingua olandese hanno deciso di non lanciare più film nella loro lingua, se non in casi eccezionali. Per motivi di costo viene preferito l'uso dell'inglese. Senza dubbio questo sviluppo danneggia la cultura di lingua olandese.
6. Incontri internazionali.
La richiesta di contatti internazionali nella scienza e nella tecnica, per la vita sociale e per i vari settori economici, per i beni culturali comuni, per l'educazione ecc. fa crescere sempre più il numero degli incontri oltre i confini degli Stati. Tali incontri hanno luogo non solo tra i Paesi della Comunità, ma anche con diversi Paesi del mondo. L'ONU organizza molti convegni internazionali. Nel rapporto della JIU (Joint Inspection Unit, doc. JIU/REP/80/7) sono stati calcolati i costi e il tempo necessari per tradurre 25 pagine dall'inglese nelle altre 6 lingue di lavoro. Occorrono 100 giorni e i costi assommano a:
2683 Ecu per l'arabo,
3733 Ecu per il cinese,
1867 Ecu per il francese,
4433 Ecu per il tedesco,
1867 Ecu per lo spagnolo,
2030 Ecu per il russo,
per complessivi 16.613 Ecu; ovvero per tradurre ciascuna pagina nelle sei lingue il costo è di 664,5 Ecu. Una pagina tradotta in una sola lingua già costa mediamente 100 Ecu. Ricordiamo che alla rubrica "Industria e Commercio") sono calcolati solamente 60 Ecu.
Sarebbe un rischio scrivere una cifra per i costi di traduzione e interpretariato di una riunione internazionale. Tali servizi sono organizzati in vari modi, a volte anche in maniera casuale; spesso si ammettono solamente due o tre lingue di lavoro.
6. Costi di traduzione e interpretariato nelle istituzioni della Comunità Europea.
6.1. Generalità.
La Comunità Europea dispone delle seguenti istituzioni: il Consiglio Europeo dei Ministri, la Commissione Europea (spesso chiamata "ordinaria amministrazione"), la Corte Europea di Giustizia e il Parlamento Europeo. Inoltre sono da menzionare il Comitato Economico e Sociale, organo consultivo formato da rappresentanti delle organizzazioni di interessi, la Corte dei Conti, la Banca Europea degli Investimenti, l'Ufficio Statistico e diversi altri organi, fra l'altro nel campo delle ricerche.
Nel Bollettino Ufficiale della CEE nr. L 24 del 29-1-1990, che tratta del bilancio preventivo per il 199O della Comunità, la seguente sequenza forma i titoli del 2· capitolo:
il Parlamento - il Consiglio con il comitato economico e sociale - la Commissione - la Corte di Giustizia - la Corte dei Conti.
Ciascuna singola istituzione assume traduttori e revisori dei testi, ma esiste un Servizio Comune d'Interpretariato per le Conferenze presso la Commissione, che mette a disposizione traduttori e interpreti ai diversi organi della Commissione e alle altre istituzioni. Per tutti i gruppi si possono trovare le uscite relative nel già citato documento di 1100 pagine nr. L24, ma evidentemente i costi reali non si limitano alle retribuzioni. I traduttori e gli interpreti naturalmente hanno bisogno anche di computer, di carta ecc. Hanno bisogno di locali, di servizi di biblioteca, di servizi medici, di mensa e di trasporto. Come stabilire una qualche valutazione di questi altri servizi, che sono frazioni di più ampie voci di spesa?
Nell'interessante rapporto G.B. Patterson PE 64.563/def del 18-7-1980, in seguito alla risoluzione dell'Europarlamentare Coppieters del 25-9-1979, il relatore dichiarò che i costi per il 1979 relativi alla traduzione e all'interpretariato ammontavano al 40% dei costi di gestione per tutte le istituzioni, complessivamente 331,8 milioni di ECU.
Non vogliamo prendere per buona tale percentuale alla cieca, e abbiamo imboccato quindi la via più difficile che può condurci a una valutazione della situazione attuale e dei valori medi.
6.2. Nel bilancio preventivo 1990 gli stipendi per i traduttori e gli interpreti si trovano, nel capitolo del personale, sotto una voce apposita. E' dunque possibile senza gran fatica calcolare in proporzione i costi per gli stipendi e le voci accessorie, come pensione, assicurazioni ecc. Il rapporto è semplicemente o/p, se o è uguale al numero dei traduttori o interpreti e p al totale dei funzionari e impiegati.
6.3. Oltre al fatto che occorre aggiungere i costi per il materiale usato e per i locali occupati, cioè una parte dei costi di gestione, i traduttori e gli interpreti hanno bisogno di un servizio di segreteria. Darne una valutazione è molto difficile, se non si possono misurare sul luogo in termini di tempo le necessità di tale servizio. Ci è di aiuto a trovare una soluzione l'esistenza nella Commissione del Servizio Comune di Interpretariato per le Conferenze.
Nel bilancio di tale servizio tutti i collaboratori che vi lavorano direttamente sono menzionati. Così si trova che tale servizio dispone complessivamente di 556 persone, di cui 116 sono impiegati che non hanno la qualifica di interprete. La proporzione del personale amministrativo e ausiliario è quindi del 26% rispetto a quello specializzato. Ma esiste anche una collaborazione indiretta, già menzionata, cioè i servizi collaterali. Le mense hanno bisogno di più personale per cucinare, ecc.
Per quelle 556 persone i servizi sanitari s'ingrandiscono, la pulizia ha bisogno di più addetti, l'amministrazione del personale ha un maggiore lavoro ecc. Si può subito constatare che per 440 interpreti occorre un personale ausiliario in numero superiore al 26% dei collaboratori diretti. Una valutazione prudente ci porta a un 35%.
6.4. Se questa può essere una valutazione realistica per i servizi d'interpretariato, per i servizi di traduzione invece è necessario un numero molto più alto di impiegati amministrativi, per il lavoro organizzativo, la dattilografia, la stampa, il magazzinaggio, la distribuzione; anche i servizi collaterali aumentano considerevolmente, ad esempio per l'assistenza sanitaria, per le mense, per i trasporti, per le pulizie. Un sondaggio presso le istituzioni stesse ha dato una percentuale di aumento almeno del 100%.
Per ciascuna singola istituzione calcoleremo dunque un aumento del 35% rispetto al numero degli interpreti, per tenere conto del personale ausiliario di cui hanno bisogno e per coprire i costi degli altri servizi in bilancio; del 100% rispetto al numero dei traduttori, per gli stessi motivi.
6.5. Il rapporto o/p già menzionato ora può fornire risultati. Se in una istituzione trovo tra i funzionari e il personale impiegatizio per esempio 500 traduttori, devo aggiungere altre 500 persone per i servizi collaterali diretti e indiretti. Così ho determinato o e, se l'intero personale, fra funzionari, impiegati e ausiliari, ammonta a 10.000 persone, allora o/p è 1.000/10.000 cioè un decimo. Supponendo che tutte le spese per salari e stipendi, contributi accessori, locali, carta, mobili e servizi diversi, ovvero i costi di gestione ammontino a un miliardo di Ecu, allora un decimo di tale spesa, pari a 100.000 Ecu, corrisponde ai costi dei servizi di traduzione nell'ambito delle spese di gestione di quella istituzione.
Lo stesso calcolo per gli interpreti, ma con un 35% per determinare o. Se trovo dunque 100 interpreti tra i 1500 dipendenti di una istituzione, allora abbiamo il rapporto:
o/p = 135/1500.
In tale modo procederemo per ciascuna delle istituzioni della Comunità, come segue.
7. Il Parlamento Europeo.
Le tabelle degli organici dei funzionari e degli impiegati indicano la cifra di 3482 persone per il 1990, di cui 664 interpretano e traducono o almeno collaborano a tale servizio. Si tratta di 485 traduttori e 179 interpreti. Ci sono inoltre i traduttori e gli interpreti indipendenti, i cui servizi sono considerati a parte nell'ambito del bilancio.
Applicando le percentuali sopra determinate, giungiamo a:
485 x 2 = 970 persone per i servizi di traduzione e a
179 x 1,35 = 242 persone, quindi complessivamente a
970 + 242 = 1.212.
Il bilancio del Parlamento ammonta a 417.446.000 Ecu al netto. Si potrebbe ora trovare la parte dei costi da attribuire ai servizi di traduzione e interpretariato mediante la frazione 1212/3482. Tuttavia nella somma complessiva dei costi prevista nel bilancio si trovano alcune voci che non devono essere considerate in tale frazione, perché si riferiscono direttamente ai costi di traduzione e interpretariato.
Perciò togliamo 17.246.000 Ecu; il saldo per l'applicazione della frazione suddetta diventa dunque:
(417.446.000 - 17.246.000) x 1.212/3.480 = 139.300.000
Ora bisogna riaddizionare i costi diretti di traduzione e interpretariato che prima erano stati sottratti, ma in realtà la somma prima tolta (17.246.000 ECU) non deve essere riaggiunta per intero. Infatti può essere che una voce contenga, per esempio, oltre ai costi per la battitura di testi tradotti eseguita da collaboratori esterni, anche costi per altri servizi che non riguardano la traduzione o l'interpretariato. Ad esempio sotto il capitolo 22, paragrafo 2251, si trovano costi di abbonamento a diverse riviste. Si può ammettere che tali costi siano connessi alla molteplicità delle lingue per una parte (eventualmente anche in misura maggiore di quella espressa dalla frazione 1212/3482), ma non per il tutto. Pertanto, mentre tale voce si trova per intero a far parte della somma sottratta di 17.246.000 ECU, essa viene ripresa dopo solamente per la metà. Tali procedure di aggiustamento diminuiscono la somma da riaggiungere relativa ai costi diretti, quindi, anziché addizionare ai costi (139.300.000) l'inter
a somma prima sottratta (17.246.000), aggiungiamo una cifra minore (15.922.000), raggiungendo così il saldo di 155.222.000 ECU. Tutte le spese del Parlamento assommano a 417.446.000 ECU e pertanto la percentuale dei costi diretti e indiretti per la traduzione e l'interpretariato è del 37%.
Nel già citato Rapporto Patterson, il relatore giunse per il 1979 a un 60%, ma la somma assoluta era la metà di quella attuale.
Conclusione: le spese del parlamento europeo per ogni sorta di traduzione assommano almeno al 37% del budegt 1990 = 155.222.000 Ecu.
8. La Commissione Europea
La commissione è la maggiore istituzione della Comunità; dà lavoro a 12.887 persone, tra le quali si trovano 1190 traduttori e 440 interpreti. La frazione o/p con gli incrementi del 100% e del 35% assume il valore: (1190 x 2 + 440x1,35) / 12887 = 2974 / 12887
Uno sguardo superficiale alle istituzioni comunitarie può portare alla conclusione che la Commissione sia l'istanza esecutiva della Comunità; di fatto essa rappresenta molto più che il potere esecutivo della Comunità, poiché essa esprime anche la priorità comunitaria presso il Consiglio, protegge i trattati e i decreti ed è quasi il motore della politica comunitaria.
La Commissione dunque non solo amministra, ma anche investe, sovvenziona, fa ricerche ed inchieste, guida o sostiene certe strutture comuni come l'EURATOM, i servizi d'informazione, gli organi di ricerca, l'Ufficio per le Pubblicazioni e altri.
Il bilancio preventivo rispecchia tali svariate funzioni. Perciò abbiamo esaminato particolarmente tutte le voci di 837 pagine del documento per poter calcolare le spese di gestione generale e dei costi specifici per la traduzione e l'interpretariato.
Spese nette budget 1990 1.275.000.000
Costi diversi relativi a traduzione
e interpretariato - 183.000.000
_____________
Totale 1.092.000.000
Quota parte: 1.092.000.000 x 2974/12887 = 252.007.000
Da aggiungere, costi diretti per traduzione
e interpretariato 117.000.000
___________
Totale 369.007.000
Questa cifra corrisponde al 29% delle somme in bilancio per la Commissione.
Il Rapporto Patterson menzionava un 33%, ma solo 191.800.000 Ecu. Le spese si sono quasi raddoppiate.
9. Il Consiglio Europeo dei Ministri.
Per stabilire i costi di interpretariato e traduzione per il Consiglio dei Ministri, seguiamo lo stesso tipo di calcolo usato per il Parlamento e per la Commissione.
Il calcolo del rapporto è semplice, perché non esistono interpreti propri. Il Consiglio dispone del Servizio Comune d'Interpretariato per le Conferenze, che in effetti appartiene alla Commissione. Il Consiglio conta 456 traduttori, così che, essendo 2184 il numero totale dei funzionari e impiegati della commissione, il rapporto è (456 x 2) / 2184 = 912/2184.
Spese nette in bilancio 214.147.000
Voci del bilancio da sottrarre: - 30.840.000
___________
183.307.000
183.307.000 x 912/2184 = 76.546.000
Costi da aggiungere 29.054.000
___________
105.600.000
Il totale è di 105.600.000 Ecu, pari al 49% del Bilancio del Consiglio.
Il Rapporto Patterson giungeva a un 60% per il 1979, ma di nuovo con una somma considerevolmente inferiore; (l'intero ammontare della spesa per interpretariato e traduzione raggiungeva allora solamente 61.700.000 Ecu).
Conclusione: le spese del Consiglio Europeo dei Ministri per ogni tipo di traduzione assommano al 49% del bilancio 1990 pari a 105.600.000 Ecu.
10. La Corte di Giustizia.
La Corte di Giustizia dispone di 752 funzionari tra i quali 209 traduttori, così che il rapporto è 418/752.
Spese nette in bilancio 58.424.000
Costi diretti da sottrarre - 4.150.000
__________
54.274.000
Quota parte: 54.274.000 x 418/752 = 30.168.000
Somme da aggiungere per costi diretti +3.383.000
__________
34.001.000
Il totale, di 34.001.000 Ecu, è pari al 58% del bilancio della Corte.
Il Rapporto Patterson menziona un 50%, ma con solo 9.800.000 ECU.
Conclusione: le spese per ogni tipo di traduzione nella Corte Europea di Giustizia assommano al 58% del bilancio pari a 34.001.000 Ecu.
11. Il Comitato Economico e Sociale.
Il Comitato Economico e Sociale riunisce rappresentanti di datori di lavoro, di lavoratori e di altri gruppi di interessi (agricoltori, libere professioni, consumatori ecc.).
Il Comitato dà il proprio parere sulle proposte di decreto che la Commissione presenta al Consiglio. E' formato da 189 componenti.
Il suo bilancio è parte del bilancio del Consiglio, ma per chiarezza viene trattato separatamente. Tra i funzionari del Comitato si trovano 119 traduttori, che nella rapporto già visto valgono 238 persone su un totale di 501.
Spese nette in bilancio 40.725.000
Parte da sottrarre - 3.513.000
__________
37.212.000
Quota parte: 37.212.000 x 238/501 = 17.678.000. A tale cifra va aggiunta quella corrispondente ai costi diretti per interpretariato e traduzione, che assommano a 3.477.000. Si ha così il totale di 21.155.000 Ecu, pari al 52%.
Il Rapporto Patterson non tratta separatamente il Comitato Economico e Sociale.
Conclusione: le spese per ogni tipo di traduzione del Comitato Econmomico e Sociale assommano al 52% del bilancio 1990 pari a 21.550.000 Ecu.
12. La Corte dei Conti Europea.
La Corte dei Conti fu fondata solo nel 1975. Essa non solo controlla le uscite, ma anche esamina le spese fatte dagli Stati membri per conto della Comunità o a favore della Comunità.
Dispone di 379 funzionari e impiegati, tra i quali 46 traduttori; la frazione è dunque 92/379.
Spese nette 49.967.000
Costi diretti da sottrarre - 1.113.000
__________
48.854.000
Quota parte: 48.854.000 x 92/379 = 11.859.000
Somme da aggiungere 972.000
__________
12.831.000
Il totale è 12.831.000 Ecu, pari al 26% del bilancio della Corte dei Conti.
Il Rapporto Patterson non menziona la Corte dei Conti.
Conclusione: le spese per la Corte dei Conti Europea per ogni tipo di traduzione assommano al 26% del bilancio 1990 = 12.831.000 Ecu.
13. Totale delle spese di tutte le istituzioni considerate.
Le spese di traduzione, nel senso più largo, delle più importanti istituzioni della CEE (bilancio 1990) assommano a:
Parlamento Europeo 37% 155.222.000
Commissione Europea 29% 369.007.000
Consiglio Europeo dei Ministri 49% 105.600.000
Corte Europea di Giustizia 58% 34.001.000
Comitato Economico e Sociale 52% 21.155.000
Corte dei Conti Europea 26% 12.831.000
___________
697.816.000
Complessivamente il 34% del budget disponibile è usato per i costi di ogni tipo di traduzione. Si tratta di una somma di 697.816.000 Ecu.
14. Conclusione finale sui costi di traduzione e interpretariato.
Di fatto le spese causate dalla pluralità delle lingue nelle istituzioni CEE sono molto maggiori. Ora tratteremo brevemente alcuni altri punti. Per alcuni il calcolo è un compito facile, per altri invece è solo possibile calcolare cifre approssimative.
Ci sono diversi programmi di aiuto e di sviluppo, la cui informazione interna richiede l'uso della lingua degli Stati membri anche per riunioni ecc. Gli argomenti di tali programmi sono l' energia, l'industria e la tecnologia, la ricerca, il controllo nucleare, il mercato delle informazioni e simili.
Il progetto chiamato LINGUA, che mira all'incentivazione del plurilinguismo, si trova nel sottotitolo 6, capitolo 63 e dispone di 6 milioni di Ecu. In più di 40 punti si trova complessivamente la somma di circa 400 milioni di ECU.
Abbiamo già analizzato alcune istituzioni i cui costi sono parte del bilancio della Comunità Europea. Inoltre ci sono altre istituzioni che non sono state menzionate, come la Banca Europea degli Investimenti, e inoltre anche molte organizzazioni europee come per esempio il Fondo Europeo per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa, ecc.
Come già chiarito nella parte principale, le 9 lingue ufficiali sono parificate, ma alcune lingue come il francese e l'inglese sono in pratica lingue dominanti. Tuttavia i funzionari e gli altri dipendenti, come gli esperti, vengono da 12 Stati membri su una base di proporzionalità. Ciò significa che la maggior parte dei funzionari ogni giorno si esprime in lingue diverse dalla propria. Ciò complica grandemente la comunicazione e riduce l'efficenza del lavoro. In proporzione l'efficenza è minore che se si usasse prevalentemente un solo mezzo di comunicazione.
Un piccola inchiesta presso funzionari comunitari ha dato un'idea della perdita di tempo, valutata attorno al 20%. Da ciò non si può dedurre che la perdita di denaro sia nella stessa misura, ma si è solo certi che diverse cose vengono ritardate, dei documenti giungono in ritardo o vengo preparati più tardi.
Se si prende come perdita reale di tempo la metà della percentuale sopra accennata, cioè il 10%, i costi relativi raggiungono i 100 milioni di Ecu. A tutte le spese di traduzione e interpretariato, cioè la somma di 697.816.000 Ecu con l'aggiunta di 400.000.000 Ecu per altre cose, ora dobbiamo aggiungere 100 milioni per le perdite di tempo.
Parlando in senso lato di tutti i costi, di ogni tipo, per traduzione, conseguenti alla pluralità delle lingue, il totale per le istituzioni della CEE è di 1,2 miliardi di Ecu. Nel quadro degli Stati membri abbiamo già calcolato che la pluralità delle lingue richiede costi generali di più di 100 miliardi di Ecu.
Alternative.
Le spese delle istituzioni comunitarie per traduzione e interpretariato non potrebbero essere molto ridotte, neanche se queste istituzioni adottassero la lingua neutrale esperanto, per il fatto che:
un parlamentare ha sempre il diritto di parlare nella propria lingua (sebbene in via di principio solo 9 lingue siano riconosciute);
tutti i decreti e le direttivei devono essere pubblicati in tutte le 9 lingue, per il rispetto legalmente dovuto alla lingua usata in ciascun parlamento nazionale;
anche i membri del Comitato Economico e Sociale hanno il diritto di usare una delle 9 lingue della CEE.
Per la Comunità è indispensabile il lavoro prezioso degli interpreti e traduttori, tuttavia essi potrebbero svolgere più facilmente i loro compiti, se la lingua esperanto fosse inserita, per esempio, nell'interpretazione, come lingua ponte. Se i funzionari sapessero l'esperanto, essi potrebbero trattare le pratiche nella propria lingua, e solo le relazioni e gli allegati dovrebbero essere tradotti in esperanto, e non in tutte le lingue di lavoro come ora avviene spesso con discriminazione verso le lingue minori. La CEE non solo risparmierebbe tempo ed eviterebbe alcuni errori di traduzione, ma risparmierebbe anche foreste per il minore uso di carta.
ALLEGATO 7
CONCISA BIBLIOGRAFIA
La bibliografia che segue rappresenta soltanto una piccola parte di tutti i libri e gli articoli che trattano gli argomenti:
valore propedeutico dell'esperanto;
l'esperanto come strumento di comunicazione internazionale;
politica internazionale delle lingue.
Alle fine del documento menzionato nel 5· allegato si trova una bibliografia relativamente completa sul primo argomento (152 titoli). Qui noi menzioniamo solamente alcuni libri e articoli sui tre argomenti pubblicati in diversI Paesi, che fra l'altro mostrano anche che in diversi Paesi ci si è occupati del fenomeno in oggetto.
In primo luogo dai 12 Paesi della CEE.
BELGIO: Paul KEMPENEERS, Esperanto voor Moderne Mensen, Leuven, Academische S.V. Co., 1983.
A cura di E. ROSSEEL et Edward SYMOENS, L'intérêt d'une langue intermédiare commune (Avec collaboration de la Commission des CEE); AIMAV, Bruxelles 1988, 96 p.
Edward SYMOENS, De Socio-politieke, pedagogische en culturele waarde van Esperanto, Flandra Esperanto-Asocio, Antwerpen, 1988 (4-e uitgave), 45 p.
GRAN BRETAGNA: Alexandra FISHER, Modern languages by way of Esperanto, rivista Modern Languages, vol.2, 1921, nn.5/6 179-182.
D. B. GREGOR, The Cultural Value of Esperanto, Modern Languages, 1965, p. 146-150.
J. H. HALORAN, A four year experiment in Esperanto as an introduction to French, British Journal of Educational Psichology, vol. 22, n. 3, nov. 1959, p. 200-204.
G. LEON-SMITH, The Role of Esperanto in the teaching of modern languages, ed. Esperanto-Asocio de Britio, Reg. Charity nr. 27676, 1987, 7 p.
R. MARKARIAN, The educational Value of Esperanto Teaching in the schools, ed. Centro pri Esploro kaj Dokumentado (CED), London, 1964.
E. Nutton Allan, Language Awareness and the Place of Esperanto, London, Esperanto-centre, 1984, 4 p.
DANIMARCA: Bagger PREBEN, Sprog or sprog imellem, Forlaget Kommunikation og Kultur, 1986, 142 p.
FRANCIA: F. LO JACOMO, Plurilinguisme et Communication, Selaf, Paris, 1986,330 p.
Pierre JANTON, l'Espéranto, Presses Universitaires de France, serie "Que sais-je?".
Pierre JANTON, l'Espéranto, Presses Universitaires de France, Paris, 1977, 128 p.
GERMANIA: Detlev BLANKE, Plansprache und Nationalsprache, ein Beitrag zur Erforschung ihrer spezifischen Kenntisleistungen, Humboldt Universität, Berlin, 1976, 244 p.
T. DAHLENBURG, Pädagogischer Wert des Esperanto-Unterrichts, in ``Esperanto und Wissenschaft'' di Detlev BLANKE, 1986, p. 38-411, Berlin, 1986.
Helmar FRANK, Valeur propédeutique de la langue international, Journée d'Etude sur l'Espéranto, Univ. Paris-Vincennes, nov. 1983, p. 121-136.
Helmar FRANK, Europäische Sprachpolitik. Aufgabe, Lösungsangebote und Schwierigkeiten, Aus "Politik und Zeitgeschichte", Beilage zur Wochenzeitung "Das Parlament", B. 11/83, März 1983, p. 26-38.
G. LOBIN, Das propedeutische Wert von Plansprachen für den Fremdsprachenunterricht, Univ. Paderborn, Institut für Kybernetik, Paderborn, 1985.
SPAGNA: Pierre JANTON, El Esperanto, trad. dal francese di Damia de Bas, Oikos-Tau, 1976, 143 p.
PARERA, RIBES, ALBERIC, (in catalano), El que s'ha de saber del poroblema linguistic, Sabadell, 1979, 28 p.
IRLANDA:Liam O'CUIRE, An Cas do Esperanto, Esperanto-Asocio de Irlando, Dublin, 1984, 5 p.
ITALIA: Carlo MINNAJA, Il valore educativo dell'insegnamento dell'esperanto nelle scuole, ed. Istituto Italiano di Esperanto e Federazione Esperantista Italiana, 1970.
Andrea CHITI-BATELLI, La politica d'insegnamento delle lingue nella Comunità Europea, Armando Editore, Roma, 1988.
PAESI BASSI: G. F. MAKKINK, Esperanto 100 jaar. Wan doen we ermee?, Stichting IVIO, Lelystad, Paesi Bassi.
Claude PIRON, Esperanto: European or Asiatic Language?, UEA, Rotterdam, 1981, 31 p.
Universala Esperanto-Asocio, Obstacles linguistiques face au nouvel ordre mondial de l'information et de la communication, Rotterdam, 1983, 10 p.
H. TONKIN, A.M. MBOW, R. HARRY, A. ISAKSON, L. SUSSMAN, Langue et droit à la communication, UEA, Rotterdam, 1979, 48 p.
LEGA DELLE NAZIONI: NITOBE I. and Edmond PRIVAT, League of Nations; Esperanto as an International auxiliary Language. Report to the General Secretariat of the League of Nations, adopted by the Third Assembly, 1922, Paris, 27 p.
AUSTRIA: Diversi Autori, Warum Esperanto, Aùstria Esperanto-Instituto, 1981, 64 p.
BRASILE: Sylla CHAVES, Überlegungen zur Lernerleichterung im Fremdsprachenunterricht durch Voranstellung der Internacia Lingvo, in GrKG/Humankybernetik, Paderborn, Bd 2o, H.4.
CILE: Hector CAMPOS-GREZ, El problema lingüístico en las relaciones internacionales, Ponteficia Universidad Católica de Chili, 1987, 135 p.
CINA: HOU ZHIPING, Esperanto-Movado en ^Cinio, ^Cina Esperanto-eldonejo, Pechino, 1985, 300 p.
H. G. FRANK, Propedeutica della didattica prospettiva, tradotto in
cinese, dall'esperanto, da An Wenzhu, ^Cina Esperanto-Eldonejo, 1986, 127 p.
FINLANDIA: OPETUSMINSTERIO, Opetusminsterion Esperantotyoryhman muisto, Helsinki, 1984, 57 p.
UNGHERIA: BALOGH Judit, Az eszperanto hidnyelvi szerepe idegen nyelnek oktatasaban (Ruolo dell'esperanto come lingua-ponte nell'insegnamento delle lingue straniere), Università Eötvös Lorand, Budapest, 1976, 144 p.
FELLEGI Terezia, Hogyan konnyitenmé meg az eszperanto az orosz nyelv tanulásat (Come la lingua esperanto facilita lo studio della lingua russa), Scuola superiore di pedagogia ``Ho-Ci-Min'', Eger, 1978, 28 p.
GIAPPONE: LUDOVIKITO, Kun gradaj pa^soj eksterlanden, Kioto, Ed. Ludovikito, 1979, 284 p.
LUDOVIKITO, La inkunabloj de Esperanto, Kioto, Ed. Ludovikito, 1979, 284 p.
Ex-JUGOSLAVIA : Jezik ZIVI, Eseji o Komunikacijama i Planskim Jezicima, Gradina, 1980, 301 p.
COREA: SAM-SU KIM, Historio de la Esperanto-Movado en Koreujo, Università Femminile Sukmjong, 1976, 473 p.
LITUANIA: Skùpas LAURYNAS, Esperanto tarptautiné kalba, Mokslas, Vilnius, 1987, 112 p.
POLONIA: Maria MAJERCZAK, Propédeutique du Français e de l'Espéranto, Università Jagiellona, Krakow, 1982.
Elzbieta MICHALAK, Rola Esperanta w wychowaniu internacjonalistyccznym mlodzezy szkol wyszych (in polacco: il ruolo dell'esperanto nell'educazione internazionale della gioventù delle scuole superiori), Università Eötvös Lorand, Budapest, 1981.
USA: Helen S. EATON, An experiment in Lenguage Learning, High Points in the work of the High School of New York City, oct. 1934 and may 1935, annual report 1934-1935.
IALA, A preliminary investigation of the teaching of auxiliary languages in schools, Previsional Committee, an Auxiliary Language Survey, New-York, IALA, 1927. 74 p.
Jane EDWARDS, H. TONKIN, Language Behavior in International Organizations Report, Center for Research and Documentation on World Language Problems, New York, 1984.