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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 4 aprile 1996
IL GIORNO GIOVEDI'4 APRILE 1996

CARI GIOVANI, VI PARLERO' DI TONI NEGRI

art.di Marco Mozza

pag. 1/4

Un illustre professore di Dottrina dello Stato ci annuncia da Parigi che la Primavera è cominciata, l'inverno essendo finito. S'intitola proprio così ("L'inverno è finito", editore Castelvecchi) un libro di saggi composti dal professore. Non varrebbe la pena di parlarne, ma un altro illustre accademico, Stefano Zecchi (quello che compare spesso sul palcoscenico del "Maurizio Costanzo Show"), ha scritto che Tono Negri - autore di quel libro "molto bello" - vive "dimenticato", "consumato nell'esilio", Toni Negri che "scelto con lucida determinazione la fedeltà a un'idea, rifiutando il pentitismo...".

Siccome i ventenni di oggi non sanno chi è Toni Negri e che tipo di idea è quella alla quale è rimasto fedele "con lucida determinazione" (e per la quale ha rifiutato l'aborrito "pentitismo") sarà bene spiegarglielo. Ma sarà bene che quel tipo di idea se la facciano tornare alla mente anche i quarantenni di oggi, molti dei quali ascoltavano a bocca aperta le prediche di Toni Negri quando - titolare della cattedra padovana di Diritto dello Stato, nonché leader dell'Autonomia organizzata - insegnava com'era bello fare il "sabotatore", "il franco tiratore", "l'assenteista", "il deviante", "il criminale".

"Immediatamente risento il calore della comunità operaia e proletaria tutte le volte che mi calo il passamontagna". Così scriveva l'ammiratissimo professore di Padova (che teneva dei corsi anche alla Sorbona). E nell'attesa di menare l'avversario, confessava di provare lo stesso "orgasmo" di quando "s'aspetta l'amata".

Questo era Toni Negri, autore di un'opera "fondamentale" come "Dominio e sabotaggio". Che Pannella fece diventare deputato radicale, nell'83, appunto per "sottrarlo" alle grinfie dei giudici italiani. Ma poi innestò la retromarcia quando fu il momento di decidere, in Parlamento, se votargli la concessione dell'immunità parlamentare.

Allora Toni Negri rispuntò a Parigi. Pannella si precipitò là e c'era anche Enzo Biagi, che intervistò entrambi. La trasmissione aveva due titoli. Uno era "perché sono fuggito", e si riferiva a Toni Negri. Il secondo titolo era "Perché l'ho fatto", e si riferiva a Pannella, che voleva giustificare il suo comportamento davanti ai suoi fedeli. Toni Negri cominciò raccontando che era "espatriato". "Fuggito", rettificò Biagi. E Toni Negri, ridendo in quella maniera un po' nervosetta che gli era tipica: "E' meglio dire che mi sono allontanato, che ho traslocato, che ho preso il largo. Io non credo né a questa giustizia né a questa classe politica". "non tornando in Italia - replicò Biagi - lei scontenta i suoi compagni di galera. Lo sa che sono molto delusi, sgomenti, in seguito alla sua fuga?".

Pannella intervenne per assicurare che, al momento opportuno, Toni Negri si sarebbe presentato davanti ai giudici italiani, come aveva promesso a suo tempo. "Anch'io dico che non si tratta di fuga - disse Pannella -. Se si trattasse di fuga, io non sarei qui. Qui si tratta di espatrio provvisorio". Toni Negri sorrise in quella sua maniera. Poi Biagi disse d'aver letto su un giornale che - in una delle tante interviste appena uscito dal carcere nella sua qualità di deputato radicale - Toni Negri aveva confessato di rimpiangere il carcere. Era vero? "Io sono un intellettuale. Sono uno che studia...", rispose Toni Negri. La risposta irritò Pannella: "Questa, toni, è un'immagine sbagliata, che tu non devi dare in pasto ai mass media! Tu devi dire che sei tormentato dal processo di Roma!".

Non era per niente tormentato, Tono Negri, né dal processo di Roma né dagli altri processi che si stavano preparando per lui in Italia (due a Milano, uno a Padova). In Francia si sentiva sicuro. Mai la Francia ("mia nuova patria", "patria del diritto", proclamò "l'esule") avrebbe concesso l'estradizione.

Di lì a poco difatti, presso il famoso editore Hachette, uscì un libro intitolato "L'Italie rouge et noire", che prendeva di mira Pannella e i giudici italiani. Su Pannella c'era scritto: "Che canaglia questo Marco! Che miserabile mistificatore della volontà popolare! Ma come ha potuto arrogarsi il diritto di decidere della mia libertà? Se qualcuno gli ha sputato in faccia, ha fatto bene". De giudici italiani - che nel frattempo avevano emesso la prima sentenza di condanna (trent'anni) - Toni Negri scrisse cose ferocissime. Non erano nemmeno dei giudici. Erano "un plotone d'esecuzione".

Non lo sapeva, Toni Negri, che - a sparare sulla "giustizia ingiusta" - sarebbe stato il primo di una lunga fila di italiani tutti eccellenti.

 
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