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Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Roberto - 15 novembre 1997
"HAI RAGIONE MA NON UCCIDERTI"
Protesta anti-tv: D'Alema e Berlusconi da Pannella

di STEFANO MARRONI - La Repubblica, 15 novembre 1997 (pag.6)

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ROMA - Marco Pannella ha la faccia stanca, ma quello - dice - e' perche' "ho dormito un'ora e mezza". Ha anche una voce amara, un'aria malinconica. Quella ce l'ha e basta: ma brilla come una spia sul cruscotto del Pannella di sempre, che organizza, detta, scrive, risponde al telefono. Il Pannella di sempre, insomma, uguale uguale, che digiuna e annuncia che presto non berra'. Solo che stavolta, qualche volta, perde il filo. Solo che stavolta gli succede di star zitto e di guardare nel vuoto. O da qualche parte, forse, che conosce solo lui.

E' il pomeriggio di un lungo giorno, quando finalmente lo scovi nel suo loculo-ufficio-studio radiofonico. Un lungo giorno in cui aver trasfomato la rabbia per "il bavaglio della Rai" nell'annuncio dell'ennesimo sciopero della fame contro "lo scempio di legalita' nell'informazione" ha messo tutti in fila a dire che ha ragione, e che e' uno scandalo, e che qualcosa bisogna fare. Ma per la prima volta da anni non si avverte il rito: corre emozione vera, nel Palazzo che torna a occuparsi di Pannella sapendo che a poco tempo da un'ischemia cerebrale il suo e' un azzardo vero. E c'e' un'urgenza in piu' nel Francesco Storace che convoca la commissione di vigilanza, nel Francesco Casavola che si appella alle tv chiedendo di evitare discriminazioni, nel Francesco Cossiga che si gioca una battuta alla sassarese, "non vale la pena che si lasci uccidere per Siciliano". Matura in questo clima anche la novita' assoluta del "segretario in funzione di un partito che ha sede in via Botteghe Oscure" - la definizione e' di Ma

ssimo D'Alema in persona - che per la prima volta va a trovarlo a Torre Argentina, nel "covo" storico dei radicali, precedendo di qualche ora Silvio Berlusconi.

Un successo innegabile. E cosi' Pannella te lo aspetteresti allegro, con l'occhio furbo di tutte le altre volte che ha smosso il mondo e occupato le aperture dei tg alla vigilia di una prova elettorale. Invece no: stavolta e' commosso, quando incassa le telefonate di solidarieta', le richieste di farla finita, di "non fare il pazzo come al solito". E a un certo punto si ferma, tace, scuote la testa: "E' buffo no? D'Alema si e' seduto proprio sotto quel poster. Pensi un po', "Per l'unita' della sinistra": sta li' dall'81. Da poco prima di questo, si', questo con Enzo Tortora in manette, la "giustizia giusta". Hanno fatto in tempo a diventare gialli, e non e' cambiato niente... E io come faccio a smettere, a dire "ce vo' pazienza"?".

D'Alema, in realta', non gli ha detto esattamente questo, nell'ora e mezza che ha speso con lui e Sergio Stanzani e Goffredo Bettini, il regista pidiessino del ritorno pannelliano al fianco di Rutelli. Hai ragione, concede il segretario pidiessino, "c'e' un problema reale nell'informazione", ed e' il fatto che il vecchio vizio della lottizzazione si e' amplificato con il bipolarismo: c'e' "un tanto di qua e un tanto di la', e chi sta fuori, come voi, non esiste". Ma non c'e' il complotto, non c'e' un disegno - e' la tesi del capo della Quercia - e' un problema culturale, non di illegalita'.

Non si convincono a vicenda. E c'e' anche uno screzio, quando D'Alema accusa "siete spariti anche voi, diciamo, politicamente", e Stanzani gli risponde male. Ma il commiato pubblico, alla fine, e' di tono speciale. D'Alema sorride, si impegna, e soprattutto chiede a Pannella di non andare avanti: "Sono qui - dice - anche per farti sospendere iniziative che ti possono fare del male. Io non sono esperto di strategie di lotta non violenta, ma credo di capire che una volta attirata l'attenzione - e la mia l'hai attirata - si puo' farla cessare...". Pannella replica sulla stessa lunghezza d'onda, celebra la forza simbolica e la cortesia della visita ("Volevo andare io, come altre volte...") e arriva a riconoscere che "la serieta' del tuo invito e' tale da costringermi a tenerne conto, o almeno a rifletterci...".

Poi D'Alema esce e Pannella si chiede in solitudine, mentre i suoi scatenano l'offensiva per realizzare le condizioni non dichiarate ma ovvie perche' il loro capo possa smettere di "pazzeggiare", come si sfoga Stanzani: e cioe' che anche Prodi e Berlusconi si facciano vivi, che anche loro "almeno riconoscano che il problema esiste". C'e' preoccupazione, in giro, facce tirate nello sforzo di "trovare un modo di uscirne". Lorenzo Strik Lievers mette sotto pressione Palazzo Chigi, avverte Arturo Parisi che "Marco e' pronto anche a andare a Ciampino" per incontrare il premier al rientro da Tirana: ma "non e' un giorno semplice - riconosce Paolo Vigevano - anzi e' una giornataccia, con la chiusura della campagna".

A sera, dopo il comizio del Polo, arriva almeno Berlusconi a dar conforto, "e' un vecchio amico - racconta Pannella - mi ha scritto lettere molto affettuose". Ma e' aspettando il Cavaliere che Pannella annuncia che andra' avanti, smettera' di bere e si andra' a ricoverare "ma mi raccomando, in una struttura pubblica". Entri dentro e gli chiedi perche': in fondo si son fatti vivi tutti, politicamente e' una battaglia vinta, ci sarebbe da essere contenti anche sul piano personale... Lui riflette, realizza che non puo' negarlo del tutto: "Io sono contento, certo - sussurra - tante cose mi hanno fatto piacere. Ma non funziona, non basta. E sa perche'? Perche' ormai questo e' l' unico paese dove "in linea di principio" e' la premessa dell'esatto contrario. Il problema non e' questa campagna, o qualsiasi campagna: non e' il gioco il nostro 2 per cento. Qui il problema e' che si e' fatto un tale scempio di regole, che qualsiasi ducetto venga fuori non ha bisogno di inventarsi niente: ha la strada spianata. E non pa

rlo di Di Pietro, sia chiaro...".

 
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