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Conferenza Rivoluzione liberale
Bilardi Adriano - 30 novembre 1997
Dirette dal Parlamento.
premesso che non riesco a convincermi dell'ineluttabilita' di radio o televisione di Stato, ritengo pero' che la trasmissione delle sedute parlamentari sia un servizio che il Governo debba assicurare alla collettivita', possibilmente nel modo piu' economico.

Ovviamente penso anche che qualunque emittente privata sia libera di svolgere analogo servizio, come ha fatto Radio Radicale per piu' di venti anni a proprie spese, fino a quando il Parlamento, il Governo e la RAI non l'hanno prescelta per affidarle la concessione del servizio pubblico.

Se adesso la RAI, nell'esercizio delle sue funzioni e della sua autonomia, dovesse decidere di organizzarsi in maniera differente, lo faccia.

Se l'editore di Radio Radicale, nell'ambito della sua liberta' negoziale, preferira' cedere le sue frequenze, lo faccia.

Se invece vorra' continuare, come ha fatto per venti anni, a fornire lo stesso servizio, lo faccia. Altrimenti riempira' diversamente i suoi palinsesti : alla redazione non manca certamente la fantasia di inventare nuove ed attraenti trasmissioni.

Se non ci sono i soldi, li reperisca sul mercato della pubblicita': non è una vergogna e nemmeno una perdita di liberta'. Almeno non minore di quella derivante dal fatto di dipendere economicamente dai soldi della convenzione RAI.

Inoltre, cosi' come sono contrario al finanziamento pubblico della politica, sono anche contrario alla dipendenza pubblica della liberta' di stampa. Cosi' come sono favorevole al finanziamento privato della politica - cosa che faccio, nei limiti, ovviamente, delle mie priorita' di spesa e delle mie capacita' di spesa - altrettanto sono favorevole e disponibile a forme di sostegno economico diretto e personale di Radio Radicale.

Non mi piace, invece, e non mi convince questo piagnucolare e pietire il rinnovo della convenzione, pena la cessazione delle trasmissioni di Radio Radicale. Se essa puo' sopravvivere solo grazie alla convenzione, allora e' meglio che muoia.

Adriano Bilardi

 
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