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Calogero Guido - 24 gennaio 1956
UNA LETTERA DI CALOGERO

SOMMARIO: Tratteggia quali dovranno essere le caratteristiche del nuovo Partito radicale, se esso vorrà far superare i dubbi manifestatisi circa l'opportunità della sua costituzione. Un partito che sia veramente "nuovo", osserva Calogero, deve fare esattamente il contrario di quello che hanno fatto tutti i partiti italiani, quelli grandi perché sono partiti "ideologici", quelli piccoli per incapacità e assenza di volontà. Dunque, il "nuovo" partito dovrà in primo luogo mettere su un ufficio studi, magari anche modesto e piccolo, capace di fornire soluzioni precise circa alcuni problemi di fondo del Paese: e qui Calogero elenca una lunga serie di questioni che attendono una soluzione che avvicini l'Italia alle altre "nazioni civili", dal fisco, all'assistenza, alla scuola, alla riforma agraria ecc. Ogni risorsa dovrà essere destinata a queste ricerche, che i dirigenti dovranno seguire da "supervisori": un po' come è stato fatto con i Convegni degli Amici del Mondo, ecc. Alla fine di un anno di lavoro, quando

i risultati e le soluzioni prescelte saranno resi noti, ciascuno potrà in coscienza aderire o meno.

(IL MONDO, 24 gennaio 1956)

Cari amici radicali,

la decisione di costruire un nuovo partito fa sempre nascere dubbi. Vorrei dire per che ragioni e a quali condizioni mi sembra che quei dubbi possano essere superati.

Una volta, in un dibattito, avendo io accennato al fatto che la solidità delle democrazie anglosassoni è anche assicurata dalla loro struttura essenzialmente bipartitica, un interlocutore mi chiese: - Ma se lei ritiene che con due partiti si stia meglio che con tre, perché con la stessa logica non riconosce che con un solo partito si starà ancora meglio che con due? - Era un fascista matematico. Così mi divertii a spiegargli che la logica in generale non esiste, e che se egli avesse voluto applicare la matematica alla politica si sarebbe trovato negli stessi guai che se avesse voluto dimostrare il teorema di Pitagora con dimostrazioni di volontà popolare.

In realtà, l'aritmetica dei partiti è sui generis. In essa, l'uno è il numero peggiore di tutti; il due, il migliore; il tre, un po' meno buono del due; dal tre in poi, ogni numero è un po' peggiore del precedente, per quanto nessuno arrivi al livello infimo dell'uno...Insomma sappiamo tutti che, mentre quando c'è un partito solo bisogna magari farsi ammazzare pur di crearne un altro, quando invece i partiti sono già due, o più di due, ogni aumento del loro numero è un inconveniente da accettare solo se proprio inevitabile. In Italia, siamo ben lontani dall'ideale situazione bipartitica, e per ragioni a tutti note non possiamo neppure auspicare che esso si realizzi a breve scadenza. Ma ci sono almeno due partiti minori, in cui potrebbero entrare coloro che non si sono più sentiti di restare nel vecchio Partito Liberale, e tutti i loro amici. Perché non vi entrano, e invece ne creano uno nuovo, quando, da un lato, non hanno essenziali motivi di dissenso in tema di politica estera e, d'altro lato, il loro idea

le resta quello che le varie formazioni della democrazia laica possano, prima o poi, unificarsi in un solo partito? Quali gravi ragioni li spingono a ciò?

Debbono essere, infatti, ragioni gravi, e non solo argomenti secondari. Un argomento secondario, per esempio, è quello che chiamerei del "chi ci sta". Siccome Caio ritiene di dover costituire un partito nuovo, e io ho stima di Caio, così lo seguo nel nuovo partito. Ma un simile modo di ragionare non giustifica la creazione di un partito nuovo, proprio perché è già largamente rappresentato nei partiti vecchi. Moltissimi dei loro iscritti, quando non vi appartengono per vaghe fedeltà ideologiche, vi appartengono perché hanno fiducia piuttosto in Caio o piuttosto in Tizio. "Sei con Caio, o sei con Tizio?". Questa è una delle domande più normali, che possano farsi in Italia da chi s'informi della posizione politica dell'interlocutore. Non si giustificherebbe davvero la fondazione di un nuovo partito, se si trattasse soltanto di continuare a indulgere a questo sintomo di poco sviluppata educazione politica.

Un altro argomento non sufficiente è quello che deduce la legittimità di un nuovo partito dal fatto che nell'elettorato c'è un certo tipo di persone le quali, non essendo "coperte" da altri partiti, prevedibilmente voteranno per esso. Di questo argomento si fece largo uso al tempo del partito d'Azione, come ben ricorderanno tutti coloro i quali fin d'allora prevedevano che, se si giustificava quel partito soltanto per i voti che verosimilmente avrebbe presi, di voti ne avrebbe presi pochissimi. Ma argomenti di questo genere non solo possono favorire il fallimento di nobili partiti come il Partito d'Azione. Possono anche servire, altrettanto bene, a creare dal nulla partiti ignobili come quello di Poujade. Siccome nell'elettorato esiste una ingente massa di bottegai che non vogliono pagare le tasse, facciamo un partito che prometta loro che non le pagheranno e andremo al Parlamento in cinquantadue.

Questo tipo di argomento può infatti servire, tutt'al più, a calcolare le percentuali di probabilità dell'affermazione di un partito, ma non certo a giustificarne la costituzione. Perché questa sia giustificata, bisogna che coloro che se la propongono vedano con chiarezza tre cose. Primo, che certi provvedimenti legislativi e governativi possono e debbono esser presi. Secondo, che la loro adozione ha per effetto determinanti vantaggi per determinate sezioni della popolazione, a cui è quindi legittimo chiedere l'appoggio. Terzo, che da nessun altro partito ci si può attendere che veda e voglia quelle cose con altrettanta chiarezza.

Ora, il problema del nuovo Partito Radicale è quello di sapere se esso possieda realmente questi requisiti. Ma può essere intanto riconosciuto che non sembrano possederli in misura sufficiente quei partiti ad esso più prossimi, la cui presenza potrebbe far apparire discutibile la sua necessità. Di fatto, quale partito italiano sa e dice con chiarezza quello che vuole? Che non lo dicano le destre, i democristiani, i social-comunisti è comprensibile. Tanto per essi votano, comunque, quelli che avendo paura dei cambiamenti preferiscono che le cose restino genericamente come stanno, e quelli che essendo scontenti del modo in cui stanno desiderano che cambino, comunque ciò accada. Ma che così poco si sappia di ciò che i repubblicani e i socialdemocratici precisamente farebbero se avessero la maggioranza in Parlamento, è assai meno comprensibile.

Spesso si ha un'utile diagnosi di mali, ma quasi mai una chiara indicazione di terapia. Si sente, per es., dire dai giornali che il Ministro delle Finanze sta studiando un alleggerimento delle tasse di successione. E' cosa veramente da ridere, anzi da piangere, quando esse dovrebbero senza dubbio essere fortemente inasprite, almeno ai livelli più alti, sull'esempio di ogni altro paese civile. Ma quali sono le precise proposte messe sul tappeto, per tali inasprimenti? - Il nostro sistema fiscale è ancora orrendo, con cinque sesti di imposte indirette contro un sesto di imposte dirette, progressive solo parzialmente, e con progressione di aliquote inferiore a quella di tutte le nazioni più civili. Ma dove sono le precise proposte di riforma tributaria, con le precise conseguenze per ogni livello di contribuenti, cosicché i poveri sappiano che cosa guadagnano e i ricchi cosa perdono, e possano votare a ragion veduta? - Il nostro regime delle società anonime è per certi aspetti degno di un paese di selvaggi, Ern

esto Rossi l'ha spiegato per lungo e per largo. Ma quali precise leggi si propongono per modificare la legislazione vigente? - I monopoli privati sono un guaio nazionale. Ma con quale preciso tipo di legislazione si chiede all'elettorato di essere autorizzati a domarli? - La massa dei contributi assistenziali è tale che, amministrata diversamente, renderebbe certo servizi più efficienti. Ma chi ha studiato e formulato i precisi testi legislativi necessari per concretare una seria riforma dell'assistenza? - Il prezzo monopolistico dell'energia elettrica ostacola lo sviluppo di molti settori della piccola industria e non permette alle donne italiane di avere gli stessi servizi elettrodomestici che, a parità di livello di vita, hanno per es. le massaie inglesi. Ma quale è la precisa riforma che si ritiene necessaria e utile in questo campo? - La scuola è minacciata dall'invasione clericale. Ma quali precise norme bisogna adottare, quali articoli del Concordato dichiarare decaduti, per difendersene? - Le organiz

zazioni scolastiche sono antiquate, non rispondono più alle esigenze del mondo moderno. Ma quali precise modificazioni dell'ordinamento didattico si propongono?

La nostra riforma agraria è senza dubbio rimasta incompleta. Ma con quale precisa legislazione si intende integrarla? - La riforma della burocrazia è ancora da venire. Ma quali precise proposte si avanzano in proposito?

Nel precedente capoverso ho ripetuto undici volte la parola "preciso". O infatti un partito moderno sa e dice quello che vuole in modo preciso, o non è un partito moderno. In questo senso, nessun partito italiano è ancora veramente un partito moderno. E quindi può esserci la giustificazione per un partito nuovo, che moderno voglia essere.

Ma può esserlo solo a quel prezzo. Non lo sarebbe se continuasse a credere che il suo programma possa ridursi a un fascicoletto di due o di venti pagine pieno di ben dosate frasi e di intenzioni generiche, e redatto da una commissione di dirigenti del partito dopo qualche giorno di discussione. Questi lussi possono concederseli i grandi partiti ideologici, che in fondo di tali proclamazioni potrebbero anche fare a meno del tutto, perchè tanto chi vota per loro non ha bisogno di avere idee chiare, e anche lo stesso per le sue generiche aspettative di stabilità o di mutamento, di paradiso nell'aldilà o di paradiso nell'aldiqua. Un partito moderno deve radicalmente smetterla di dar l'impressione che l'unica cosa da esso chiaramente voluta sia che alcuni suoi dirigenti vadano al potere, perchè poi, quando saranno al potere, essi solo capiranno quel che dovranno volere. Ciò quadra con l'autoritarismo e il gregarismo di certi grossi partiti, ma non è tollerabile in partiti seri, i quali facciano appello più a

lla chiarezza delle idee e dei piani da tradurre in atto che alle fiducie nelle altrui sapienze demiurgiche. Già il Partito d'Azione è naufragato su questi scogli. Parimenti. è perfettamente inutile far programmi generici, in cui si dica, poniamo, che "bisogna attuare la Costituzione", quando si sa benissimo che tanti suoi articoli essa è una specie di biglietto di andata e ritorno, che nella prima parte dice il contrario di quello che è detto nell'accapo, cosicché, se si attua quella, si va in una direzione, mentre, se si attua il secondo, si va nella direzione opposta...

Il nuovo Partito Radicale deve dunque fare qualcosa di diverso da quello che fin qui hanno, con pochissime eccezioni, fatto gli altri partiti in questo decennio di incerto apprendistato democratico. Deve studiare situazioni a fondo, deve formulare precisi piani di riforme legislative; e lasciare in seconda linea, per ora almeno, ogni altra forma di attività. Per spiegar meglio a che cosa pensi, citerò un ricordo personale. Qualche anno fa mi trovai, con un altro amico, a discutere con un degnissimo parlamentare di uno dei due partiti laici sopra ricordati.Gli ripetevamo entrambi che, se quel partito non fosse riuscito a studiare e a concretare con precisione le riforme sociali che occorrevano al Paese, e a far conoscere largamente i suoi piani ai possibili votanti, non avrebbe ma accresciuto la sua forza elettorale. Ci rispose che era d'accordo, e che sperava che, contribuendo ciascuno dei suoi colleghi col dieci per cento della propria indennità parlamentare, si sarebbe potuto assumere un impiegato per

compiere quel lavoro di ricerca e di formulazione legislativa! Non seppi dire più parola. Quel modo di pensare è un esempio del modo in cui non si deve pensare. Quel partito, per quanto dignitosamente povero, avrà certo speso decine, forse centinaia di milioni per tutto il resto della sua organizzazione nazionale. Eppure, non riusciva a trovare nemmeno uno stipendio per una sola persona capace di studiare a fondo un solo problema di riforma!

Il nuovo Partito Radicale deve capovolgere questo modo di vedere le cose, e dedicare quasi tutti i fondi di cui può inizialmente disporre a mettere in piedi un solido Ufficio Studi, che, lavorando intensamente, gli permetta, a capo di un anno, di sapere veramente che cosa vuole, e di poterlo dire alla Nazione. Naturalmente, un partito onesto e indipendente da principio non può che avere pochi soldi; ma insomma una decina di milioni si possono sempre trovare e con dieci milioni si possono far lavorare per un anno dieci giovani tecnici nei vari campi, e alla fine avere in mano qualcosa di simile a ciò che ogni altro partito serio del mondo occidentale chiama la sua "piattaforma" e adopera come strumento di base di ogni sua campagna politica e non ottiene altrimenti che con sistemi del genere. Si capisce che il lavoro di questi ricercatori dovrà essere eseguito, e in certo senso diretto, dai responsabili politici del Partito. Ma per carità non ci si continui ad illudere che questi ultimi possano da soli, e

discutendo fra loro, stabilire in concreto quali sono le riforme per cui il Partito si deve impegnare e chiedere l'appoggio della Nazione. Spetterà bensì alla collaborazione tra questi politici "supervisori" e quei tecnici regolarmente stipendiati, e lavoranti a orario pieno e normale, il tener vivo l'interesse del pubblico per le attività del nuovo partito, portando di tanto in tanto in discussione i temi su cui si vada raggiungendo un preciso orientamento riformatore. La tradizione dei convegni degli Amici del Mondo ha appunto già questo eccellente carattere. Ma quel che essa ha fatto di più fecondo (per es. l'elaborazione della legge sui petroli) l'ha fatto, proprio, in quanto ci sono state persone, come Rossi, Piccardi, Scalfari, che hanno lavorato a fondo studiando per tutti i versi a un determinatissimo problema. E anche le altre poche cose serie, che sono state fatte in Italia negli ultimi anni in questo senso, e che riescono a dare una spinta alle cose (lo studio SVIMEZ poi posto a base del Piano Va

noni, le inchieste sulla disoccupazione e sulla miseria) non sono state fatte con metodo differente. Un nuovo partito, che riesca ad essere per un anno il migliore centro studi di riforma e pianificazione politica e sociale, diventerà automaticamente il partito più moderno d'Italia, e non potrà non attirare a sè i voti fluttuanti (cioè incerti, perché intelligenti).

Nè questo esclude che nel frattempo tutti i simpatizzanti con coloro che (vedendo le cose in quel nuovo mondo e non credendo più che le riforme sociali si possano nè promettere con parole vaghe nè improvvisare in affrettate discussioni di comitati centrali) hanno ritenuto necessario di procedere alla costituzione di un nuovo partito, possano lavorare perifericamente per la costituzione organizzativa del partito stesso. Dopo tutto, questo è appunto un partito in fase costituente, un partito che si viene costituendo: e come si è voluto che fosse un "partito" e non soltanto un "movimento" proprio per sottolineare che chi intendeva parteciparvi doveva essere ormai convinto dell'inadeguatezza dell'appartenere ad altri partiti, così è anche chiaro che questo processo di costituzione non può esaurirsi in qualche giorno ma deve per forza protrarsi (quali che siano le forme e le terminologie organizzative che possano adottarsi per questo) per tutto il tempo in cui le intenzioni riformatrici del Partito si verranno,

in ogni campo, esattamente precisando, attraverso le lunghe e severe ricerche e discussioni di cui si è sopra parlato. Dopo tutto, solo allora si saprà esattamente anche da chi potrà essere costituito il Partito, perché potrà ben darsi il caso di persone che abbiano sinceramente inteso di partecipare a questo processo di formazione di un nuovo partito capace di studiare una buona volta a fondo i problemi della società italiana e di proporne soluzioni concretamente civilizzatrici, e che poi, non trovandosi d'accordo con le soluzioni prescelte, ritengano di dovere in coscienza abbandonarlo. Nè alcuno potrebbe, in tali casi, accusarle di volubilità o di incoerenza, perché non si può essere coerenti o incoerenti rispetto a qualcosa che ancora non c'è.

Per ciò stesso, d'altra parte, questo nuovo Partito non dovrebbe avere troppa fretta di intervenire attivamente nella lotta politica, durante tutto il periodo in cui i suoi piani d'azione debbono precisarsi. In situazioni di questo tipo, la fretta è una nemica non meno pericolosa della pigrizia. Chi è pigro perde l'autobus, ma guai a non sapere quel che si vuole e a volerlo subito. E, in verità, quella prima metafora è piuttosto una metafora da tempi di pace. Oggi da noi il pericolo non è quello che succedano cose rispetto a cui si rischi di essere in ritardo. Il guaio, al contrario, è quello che non succede niente, che continuano a succedere le stesse cose di prima. I privilegiati continuano a godersi i propri privilegi, e gli altri continuano a non saper farci nulla in primo luogo perché non sono nemmeno riusciti a capire esattamente quel che debbano volere affinché tale volontà, una volta divenuta legge, possa farci qualche cosa.

Il nuovo Partito Radicale giustificherà se stesso se riuscirà a capovolgere, nella nostra tradizione politica, l'abitudine di chiedere all'elettorato il potere prima di dirgli quale uso se ne farà in quei quattro anni; e se inaugurerà, viceversa, quella di creare forze politiche attirando consensi su precise soluzioni di problemi, le quali non lasciano dubbi circa i loro concreti effetti sociali, e non consentano evasioni della responsabilità del sostenerle.

 
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