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Rossi Ernesto - 21 febbraio 1956
LA LOTTA CONTRO I MONOPOLI: PESCICANI NELLA RETE

Il CHI E'? nella finanza italiana, pubblicato dal settimanale Il Mercurio, può costituire un utile strumento di consultazione per chi voglia riconoscere qual'è l'importanza del concentramento del potere economico nel nostro paese ed accertare quali sono i collegamenti tra i vari gruppi industriali, che costituiscono spesso la premessa delle intese monopolistiche.

di Ernesto Rossi

SOMMARIO: Approfittando della recente uscita del "Chi è?" della Finanza Italiana, Rossi fa una specie di scandaglio dei rapporti che legano il mondo politico e quello imprenditoriale. Riprende anche l'esperienza fatta a metà degli anni 30, cioè in periodo fascista, da una giornalista (che Rossi definisce una "canaglia"), Giovanni Preziosi, il quale poneva imbarazzanti quesiti sullo stesso argomento, naturalmente senza ottenere risposta. Ricorda anche pubblicazioni analoghe apparse in quegli anni, ecc. Quindi, Rossi utilizza il "Chi è?" per dare qualche ragguaglio, relativamente almeno ad alcune persone, parlamentari sopratutto del partito di maggioranza [un elenco dei nomi è in questa sede impossibile], la DC. "Uno studio di questo genere potrebbe costituire la premessa di tutta una nuova politica economica". Si cita anche il caso dell'Arcivescovo di Milano, Montini, legato a una vicenda del Banco Ambrosiano.

(IL MONDO, 21 febbraio 1956)

A CURA DEL settimanale Il Mercurio, il mese scorso è uscito IL CHI E'? nella finanza italiana - 1955 "repertorio dei presidenti, degli amministratori, dei consiglieri e dei sindaci delle società per azione e degli istituti di credito in Italia".

Questo grosso manuale (770 pagine) costituisce un utile strumento di consultazione.

L'unica pubblicazione che ci permetteva finora di conoscere una piccola parte dei quadri dirigenti dell'economia italiana era quella annuale delle Mediobanca: Indici e dati relativi ad investimenti in titoli quotati nelle Borse italiane, veramente perfetta nel suo genere, che dedica una ventina di pagine a esporre, per ogni società quotata in Borsa, i nominativi dei componenti dei consigli di amministrazione e dei collegi dei sindaci, segnando, accanto a ciascuno, dei numeri per consentire di ritrovare con facilità le cariche ricoperte dalla stessa persona nelle altre società quotate in Borsa. Ma le società quotate in Borsa sono solo 170, mentre la ultima edizione delle Notizie statistiche, pubblicata dall'Associazione fra le società italiane per azioni, che in 2523 pagine ci fornisce i dati rilevati nel 1953 per le società con almeno 10 milioni di capitale nominale, elenca 6163 società. Ed è un elenco certamente non completo.

IL MANUALE pubblicato dal Mercurio ha dei precedenti che mette in conto di conoscere.

Nel fascicolo del marzo 1930 di La vita italiana, Giovanni Preziosi ricordò che, prima del fascismo, in appendice all'annuario del Credito Italiano veniva pubblicato un elenco, in ordine alfabetico, di tutti i consiglieri delle società anonime. Questa pubblicazione era stata soppressa da diversi anni. Facendo il finto tonto, il Preziosi domandava:

"Perchè? Che male c'è nel rendere facile il conoscere se e di quanti consigli di amministrazione un Tizio o un Caio fa parte?".

Ed augurava che l'Associazione delle società per azioni, "che meglio di qualsiasi altra associazione era in grado di valutare l'utilità pratica del ripristino dell'appendice, non senza ragione soppressa", riprendesse a pubblicarla al più presto.

L'Associazione delle società per azioni fece l'orecchio da mercante, ed il Preziosi, sul fascicolo del giugno del 1930 della medesima rivista, tornò alla carica:

"Non è che sia un male l'occuparsi di affari e amministrare società - egli scrisse - il male sta, invece, nel non volerlo far sapere; sta nel volere che non si sappia, per poter prospettare sovente sotto luce di interesse pubblico quello che è interesse privato. Il male sta nel non vedere, o non volere che altri vedano, alcune incompatibilità tra cariche politiche, mandato parlamentare e amministrazione di determinate società: per esempio, quelle esercenti servizi pubblici. Il male sta nel dare il proprio nome a consigli di amministrazione di società, non per amministrare, ma per farle beneficiare della influenza che deriva da cariche o mandati politici di governo o di partito".

In quello stesso torno di tempo venne pubblicato anonimo un grosso manuale: Biografia della finanza italiana, con una presentazione in cui gli editori (Macciocchi e Orlandi) spiegavano:

"Finora chiunque avesse voluto conoscere le cariche ricoperte da un determinato nominativo, avrebbe dovuto intraprendere lunghe, laboriose e costose ricerche e forse, a meno che non avesse posseduto una speciale organizzazione, non vi sarebbe riuscito, o nel caso migliore avrebbe raggiunto soltanto parzialmente lo scopo".

Gli editori aggiungevano che la pubblicazione dei nomi degli amministratori e dei sindaci delle società che avevano un capitale di almeno un milione con la indicazione delle cariche rivestite, della ragione sociale della sede e del capitale, avrebbe permesso "interessanti studi e considerazioni sulla concatenazione e sulla concentrazione degli interessi dei vari gruppi finanziari".

Sono proprio questi gli studi meno graditi ai padroni del vapore; perciò intorno alla Biografia Finanziaria fu fatta subito la congiura del silenzio.

Nel 1931 comparve una seconda edizione molto migliorata e più completa, col nome degli autori: Casellato, Lodolini, Welczowsky. E nel 1933, a cura dei medesimi autori, uscì una terza edizione, ancora più perfetta, con la inclusione delle cariche sociali negli Enti parastatali:

"I risultati di questa fatica non sono stati quelle che avremmo desiderato - avvertivano i compilatori - perchè diversi Enti non hanno inviato l'elenco degli amministratori che avevano loro richiesto. Tuttavia abbiamo fatto del nostro meglio per superare anche questa difficoltà, tenuto conto che per gli Enti parastatali non c'è ancora una disposizione di legge che li obblighi, come per le anonime, a far conoscere i loro atti amministrativi".

Gli stessi autori avvertivano anche:

"Non è stato tenuto alcun conto delle preghiere di quanti desideravano non essere compresi nel libro, o avrebbero voluto che fossero riportate soltanto le cariche principali".

Infine, nel 1935, comparve, a cura dei soli Lodolini e Welczowsky, un quarta edizione, in cui l'indagine veniva estesa, oltre che alle società anonime, alle casse di risparmio, agli enti parastatali e assimilati, alle corporazioni, alle confederazioni ed alle federazioni industriali e commerciali dei datori di lavoro.

Questa quarta edizione dava un quadro pressochè completo delle persone che avevano maggiore influenza nella vita economica e finanziaria italiana, permettendo di individuare i campi in cui esse svolgevano le loro principali attività.

Anche questa ultima edizione non riuscì a rompere la congiura del silenzio.

Dopo il 1935 la Biografia Finanziaria non è stata più pubblicata. Il patrimonio di schede raccolte, e di organizzazione, che era stata sempre più perfezionata, fu disperso, con grande soddisfazione di tutti i gerarchi cumulatori di cariche e dei padroni del vapore, che - come osservava il Preziosi - avrebbero desiderato che il codice stabilisse l'anonimo non soltanto del capitale sociale ma anche degli amministratori".

La Biografia Finanziaria consentiva di accertare come si chiamavano, in quali imprese erano interessati, e da quali uomini venivano rappresentati, i capitani della industria e della finanza italiana. Queste notizie consentono spesso di risalire ai veri motivi per i quali viene presa in Parlamento, nella stampa e nei partiti politici, la difesa di certi dazi, di certe tariffe, di certe concessioni, di certi sussidi, di certi provvedimenti legislativi, "nel superiore interesse della Nazione".

Particolarmente importante è conoscere quanti e quali deputati e senatori fanno parte dei consigli di amministrazione delle società e degli istituti finanziari, perchè i deputati e i senatori hanno una maggiore possibilità di raggiungere i loro scopi direttamente come legislatori, e indirettamente con le pressioni che riescono ad esercitare sulla pubblica amministrazione; ed anche perchè la presenza di parlamentari nei consigli di amministrazione può mettere in condizioni di vantaggio le società dissestate.

Parlando, su La vita italiana, della prima edizione della Biografia finanziaria, nell'ottobre del 1931 il Preziosi osservò che le maggiori società anonime ponevano ogni cura nell'accaparrarsi dei parlamentari per le cariche di presidente, vice presidente, o anche di semplice consigliere, "prescindendo da qualunque specifica competenza, anzi spesso a malgrado della loro manifesta incompetenza", perchè le prerogative parlamentari rendevano quasi intoccabili i deputati e i senatori, e, come conseguenza, quasi intoccabili anche le società delle quali erano gli amministratori; si arrivava, perciò, a questo strano risultato: che la presenza dei legislatori nelle anonime rendeva molto più difficile il far rispettare le leggi.

"Le cose vanno bene? - scriveva il Preziosi - Non c'è che raccogliere encomi e propine. Non vanno bene? Le propine continuano fino agli estremi. Al momento della catastrofe la semi-invulnerabilità del senatore, la lunghezza di procedura per il deputato, vengono in aiuto degli astuti amministratori per gli aggiustamenti extra legali, per le transazioni, per la quiescenza, e soprattutto compie il suo corso l'immancabile dimenticatoio, che è il primo dei fattori di quel principio che dice: la legge c'è, deve essere applicata e lo deve essere egualmente per tutti.

E poi, per il deputato e il senatore, c'è sempre l'argomento comune: egli non ha colpa; non partecipava neppure ai consigli; quale competenza aveva in materia? Non ne sapeva nulla".

Dalla Biografia finanziaria si ricava che, nel 1933, 112 senatori e 125 deputati erano membri di consigli di amministrazione di società per azioni.

Caduto il "regime", le osservazioni di Preziosi conservano ancora una parte del loro valore. Dico "una parte" perchè i padroni del vapore, ormai acclimatati alle istituzioni democratiche, sanno prendere le loro precauzioni contro i pericoli della libertà di stampa, e fanno i loro intrallazzi con molta maggiore prudenza che durante il fatidico ventennio; per raggiungere i loro fini, piuttosto che nominare dei parlamentari nei consigli di amministrazione delle società, preferiscono finanziare i partiti al governo e ancor più, preferiscono tenere alla Camera e al Senato, uomini di fiducia, che, senza bisogno di farlo sapere a nessuno, cointeressano nei loro affari, oppure compensano con commesse e forniture a condizioni di favore, con informazioni per operare a colpo sicuro in Borsa, con onorari straordinari, per i servizi di avvocati, consulenti, esperti.

Inoltre i padroni del vapore che desiderano partecipare direttamente alla attività legislativa, per non scoprirsi troppo, e per non incorrere nelle norme sulle incompatibilità parlamentari, molto spesso cedono le poltrone di presidente o di amministratore delegato a "uomini di paglia", che si assumono la responsabilità della firma, lasciando a loro tutto l'effettivo potere. Così, ad esempio, hanno fatto l'on. Carmine Di Martino, quando ha abbandonato la carica di amministratore accomandatario della SAIM, la società massima produttrice di tabacco per conto del Monopolio, e l'on. Paolo Bonomi, quando ha abbandonato la carica di presidente della Federconsorzi, che importa in esclusiva il grano estero consumato in Italia e gestisce gli ammassi del grano per conto dello Stato.

D'altra parte, i padroni del vapore hanno ormai capito che il centro del potere, per la conclusione dei migliori affari, si è spostato dalle autorità politiche alle autorità ecclesiastiche. Soddisfare le richieste di un vescovo o di un cardinale, per la dotazione di iniziative assistenziali, educative o religiose, costa molto meno e rende molto di più che finanziare un partito o assicurarsi l'appoggio di singoli parlamentari. I vescovi e i cardinali non possono nulla direttamente, ma possono tutto indirettamente, e, per chi conosce il gioco, costituiscono le pedine più facili da muovere per ottenere favori, privilegi e concessioni monetizzabili. I cardinali e i vescovi che desiderano far sottoscrivere dieci milioni per le loro benefiche iniziative, sono sempre pronti a "spendere una buona parola", che può far lucrare dieci miliardi a degli affaristi: una "buona parola" costa lo stesso se frutta dieci milioni o dieci miliardi e quando l'interessamento è giustificato da un pio scopo i cardinali e i vescovi non

si preoccupano mai di quelle che saranno le conseguenze indirette e lontane del loro interessamento; di quanto, di come e di chi pagherà i miliardi.

Nel Taccuino del 10 gennaio il Mondo ha già commentato un proclama col quale i sette massimi esponenti del clero abruzzese (tre arcivescovi e quattro vescovi) "animati unicamente dal senso di fraternità verso i più bisognosi", hanno preso posizione, per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi degli Abruzzi, in favore della iniziativa privata (Montecatini) e contro l'intervento dello Stato (ENI).

Che cosa avranno capito quei sette presuli del problema del petrolio? E' molto probabile che abbiano capito solo che poteva costituire una buona occasione per fare un po' di quattrini per il ricreatorio, il convento, il santuario.

Casi del genere sono oggi molto frequenti, anche se vengono raramente alla luce della ribalta.

Quando il presidente Gronchi è andato a Milano, nel dettagliato programma delle sue visite sul Corriere del 7 dicembre, non c'era alcun accenno alla nuova agenzia del Banco Ambrosiano, che, fuori di una ristrettissima cerchia di iniziati, fino all'ultimo momento nessuno sapeva che sarebbe stata inaugurata il giorno dopo nel grattacielo di Piazza della Repubblica. Ma sul Corriere del 9 dicembre abbiamo poi letto che il presidente ha assistito alla benedizione dei locali ed al ricevimento col quale è stato aperto nel grattacielo il nuovo sportello della banca oggi più strettamente legata alla Curia.

Come una cosa simile ha potuto avvenire? e, specialmente, come - contro tutti i precedenti in materia - il Comitato interministeriale del credito ha potuto concedere al Banco Ambrosiano, da un giorno all'altro, l'autorizzazione ad aprire un nuovo sportello, mentre tutte le altre banche sono inutilmente in attesa di analoghe autorizzazioni, che da tre anni vengono rifiutate, senza alcuna eccezione?

Un giornalista che sapesse fare un'inchiesta sull'argomento molto facilmente troverebbe la risposta a queste domande nella campagna iniziata dall'arcivescovo, monsignor Montini, per la costruzione di nuove chiese alla periferia di Milano, per cui la Curia sta da tutte le parti bussando a quattrini.

Quando, nel 1931, Preziosi scriveva sulla Vita Italiana, i padroni del vapore non avevano ancora aperte davanti a loro queste strade.

Purtroppo l'attuale pubblicazione del Mercurio non ci consente di stabilire quanti parlamentari ricoprono delle cariche nelle società per azioni, perchè non rispecchia la situazione presente, ma la situazione del 1953, cioè quella della legislatura passata; inoltre ho riscontrato che diversi nominativi, che nel 1953 avrebbero dovuto essere accompagnati dal titolo di senatori e di deputati, non portano tale titolo, mentre molti, non più parlamentari in tale anno, sono presentati come deputati o senatori, soltanto perchè si gratificano di questo titolo per essere stati a Palazzo Madama o a Montecitorio in passato, magari in una legislatura antecedente il fascismo.

Per quel che può valere, ho fatto la somma di tutti i nominativi accompagnati dalla indicazione della carica parlamentare: ho trovato 47 senatori e 60 deputati. Ma riconosco che queste cifre significano poco o nulla.

In tutti i modi, lasciando un certo margine di incertezza, il CHI E'? può venirci in aiuto per stabilire quali sono gli affari di cui particolarmente si interessano alcuni nostri parlamentari. Assumendo per buona l'ipotesi - secondo me molto plausibile - che i parlamentari conservino ancora oggi le cariche sociali che ricoprivano nel 1953, troviamo, ad esempio, che il sen. Terenzio Guglielmone (DC) è presidente della Liquigas (capitale sociale 2.635 milioni), della Commercio Gas Liquidi e Attrezzature Coglia (150 milioni), del Lloyd Mediterraneo (200 milioni), del Credito Mobiliare Fiorentino (50 milioni), della Banca Torinese Balbis & Guglielmone (150 milioni). Oltre ad essere presidente onorario della Banca Credito e Risparmio (200 milioni), il sen. Guglielmone è consigliere della Cei-Incom (10 milioni) e della Torino Esposizioni (350 milioni).

Altro esempio: l'on. Mario Dosi (DC) risulta presidente della Tessrayon (capitale sociale 500 milioni), della Lampron, Lavorazione Meccaniche Prodotti Metallici (90 milioni), della Immobiliare Stabilimento di Brugherio (15 milioni), della Stampa Commerciale, Il Sole (27 milioni), e consigliere delle Acsa, Applicazioni Chimiche (1500 milioni, collegata alla Edison), della Imprese Seriche Italiane (150 milioni), della Sis, Industria Serica (20 milioni), della Savoia, Società Italiana Assicurazioni (10 milioni), e sindaco delle Fabbriche Telerie E. Frette & C. (200 milioni) e degli Oleifici Luigi Tormaghi (15 milioni).

Un altro esempio: l'on. Noverino Faletti (DC) risulta amministratore delegato della Emiliana Esercizi Elettrici (del gruppo Edison, capitale sociale 6 miliardi), presidente delle Tramvie Urbane di Piacenza (50 milioni) e della Siste, Immobiliare Steccato (20 milioni), vice presidente della Fidenza Vetraria (600 milioni) e consigliere della Magrini, Apparecchiature Elettriche (50 milioni), della Edizioni Giornali e Affini (30 milioni), della Autocamionale della Cisa (20 milioni).

Non riesco a capire come questi tre parlamentari abbiano potuto conservare le loro cariche nelle società, nonostante le vigenti disposizioni sulle incompatibilità parlamentari. Infatti la legge 13 febbraio 1953, n. 60 (di iniziativa del senatore Sturzo), all'art. 2 stabilisce che

"i membri del Parlamento non possono ricoprire cariche, nè esercitare funzioni di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni di carattere permanente, in associazioni o enti che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato e della pubblica amministrazione, o ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria, direttamente o indirettamente".

E l'art. 3 della stessa legge vieta ai membri del Parlamento di ricoprire le cariche e di esercitare le funzioni sopradette "in istituti bancari o in società per azioni che abbiano, come scopo prevalente, l'esercizio di attività finanziaria".

In più l'art. 8 del D.P. 5 febbraio 1948, n. 26 stabilisce che non possono essere eletti alla Camera dei Deputati:

"1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentati legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;

2) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato".

Si vede che in Italia, anche in questo campo, le leggi sono fatte rispettare all'italiana.

Ho scelto tre esempi nel partito di maggioranza (à tout seigneur tout honneur) perchè ho poco spazio, ma il CHI E'? ci consente di raccogliere notizie interessanti - che, senza un nostro schedario, non riusciremmo altrimenti a metter mai insieme - su molti altri parlamentari della Democrazia Cristiana (Piero Amigoni, Guido Corbellini, Giovanni Maria Cornaggia Medici ecc..) e dei partiti della destra (Vittorio Marzotto, del P.L.I., Eduardo Marino del M.S.I., Umberto Bonino del P.M.I., Paolo Greco del P.N.M., ecc).

Per chi voglia conoscere quel che realmente pensano questi signori sulle diverse questioni di politica economica ha molta più importanza la loro biografia finanziaria che le enunciazioni programmatiche o l'appartenenza a un gruppo parlamentare piuttosto che a un altro.

In secondo luogo la Biografia Finanziaria Italiana consentiva di riconoscere alcune delle catene esistenti fra le varie società per azioni.

Su La Vita italiana del settembre 1931, parlando della prima edizione, il Preziosi scriveva:

"La consultazione di questo libro va integrata dall'Annuario delle società anonime, perchè solo così si possono rilevare le catene di uomini e di affari. Per esempio: quando da questa "biografia" si è appreso che Tizio è amministratore di sei società, si consulterà l'"annuario" e si vedrà chi sono gli altri amministratori delle sei società; e così continuando si apprenderà.. che una mano lava l'altra e molti amici si scambiano senza amministrare le "spettanze" degli utili delle società. Si vedrà - leggendo nell'"Annuario" - quali sono gli utili delle società e quale percentuale è stata assegnata agli amministratori: che cosa entra in tasca di ciascun amministratore".

Il Preziosi era una delle peggiori canaglie del "regime": prete spretato, nazionalista faziosissimo, estremista farinacciano, falsificatore di documenti antisemiti, propagandista del nazismo, aderente alla "repubblica sociale", era un giornalista da prendere con le molle, ma i brani da me riportati possono, secondo me, servire come "istruzione" a chi oggi voglia consultare con profitto Il CHI E'? nella finanza italiana.

In mancanza di bilanci consolidati, che - attraverso la composizione del portafoglio titoli - facciano conoscere (come fanno conoscere nei paesi più civili) le catene risultanti dallo scambio di pacchetti azionari, l'accertamento dei collegamenti per la presenza dei medesimi nominativi negli organi di gestione e di controllo di più società, può dare un'idea, comunque vaga e incompleta, della concentrazione del potere economico e delle cerchie a cui si estendono le intese monopolistiche sui prezzi e sulla ripartizione dei mercati.

Mi dispiace di non avere nè il tempo nè gli strumenti idonei per questa ricerca, che potrebbe risultare molto fruttuosa, specialmente se partisse dall'esame delle società finanziarie e assicuratrici (Centrale, Strade Ferrate Meridionali, Generale Industrie Metallurgiche, Assicurazioni Generali, Riunione Adriatica di Sicurtà), che costituiscono quasi delle stanze di compensazione degli affari dei maggiori gruppi industriali, tanto che nei loro consigli di amministrazione si ritrova la maggior parte dei nostri padroni del vapore (Borletti, Bruno, Cenzato, Cosulich, Faina, Falk, Ferrerio, Marchesano, Orlando, Pesenti, Pirelli, Valletta). Utilizzando Il CHI E'?, e seguendo le fila dei collegamenti personali, col metodo indicato dal Preziosi, si costruirebbe una rete che verrebbe a coprire quasi tutte le attività industriali e finanziarie italiane, e si potrebbe meglio individuare che sono coloro che effettivamente tirano queste fila.

Uno studio del genere potrebbe costituire la premessa di tutta una nuova politica economica. Perciò, non potendo farlo io, suggerisco alla Confindustria di mettere a concorso un premio generoso per una monografia sull'argomento. Sarebbe questo il modo migliore di utilizzare le Notizie Statistiche, pubblicate ogni quattro anni dalla associazione sua consorella, ed anche di realizzare le patriottiche direttive esposte dal dott. De Micheli nell'ultima assemblea della Confindustria l'8 febbraio scorso.

Per mio conto, basandomi sul CHI E'?, mi contenterò di fare, nel prossimo numero del Mondo, qualche altro scandaglio superficiale.

Ernesto Rossi

 
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