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Rendi Aloisio - 27 novembre 1956
POSTA DA BERLINO: QUIETE DI PIOMBO
di Aloisio Rendi

SOMMARIO: Vivace cronaca di un momento di vita a Berlino Ovest, tra persone che discutono sui problemi della città e della Germania divisa, specialmente per ciò che riguarda le classi giovani. Si tratteggia la situazione della gioventù nella Germania Est, nelle Università e tra gli intellettuali: siamo poco dopo la rivolta antirussa in Ungheria, e le conseguenze dell'episodio si risentono anche in Germania Est e nei paesi vicini (Cecoslovacchia, ecc.).

(IL MONDO, 27 novembre 1956)

"Ciò che mi preoccupa sono i giovani che vengono su sotto il regime comunista: che ne sarà di loro?".

Eravamo rimasti in tre a discutere davanti ai mattoni rossi di una scuola berlinese, a 100 metri dal settore sovietico, nella quale si era appena svolta una tumultuosa manifestazione dei "Falchi", un'organizzazione giovanile socialista che, dal lontano 1945, è ancora in teoria ammessa nel settore sovietico. Una loro proposta di organizzare a Berlino Est una manifestazione sul tema "Germania tra Est e Ovest" (il loro slogan è: "Contro Ulbricht e Adenauer") era stata respinta dalle autorità comuniste con giustificazioni poco convincenti. Spostata la sede della riunione a Berlino Ovest, la "Libera Gioventù Tedesca", l'organizzazione di Stato della gioventù nella zona sovietica era comparsa a frotte per parteciparvi. Rifiutata loro la parola da parte dei "Falchi" con la spiegazione che "se volete parlarci, permetteteci di parlare nel settore Est, come è nostro diritto", i "Liberi Giovani" avevano con virtuosa indignazione fatto un'uscita in massa, senza tuttavia causare molta emozione. "Presi uno per uno, c

i si può ragionare, mi diceva un capo dei "Falchi"; "ci sono dirigenti i quali in privato ammettono che in libere elezioni il loro partito non raccoglierebbe il 10 per cento dei voti dell'intera zona".

Uno degli interlocutori era adesso un maestro socialista di Berlino, l'altro, che si esprimeva con tanto pessimismo sui giovani di oltre cortina, era egli stesso parte di quella generazione perduta: piccolo e mingherlino, non gli si sarebbero dati i diciassette anni che aveva. Veniva da Francoforte sull'Oder, al confine tra Germania e Polonia, e approfittava di una visita a parenti in Berlino Est per prendere una boccata d'aria occidentale.

"E quanti sono nella tua classe i comunisti convinti?" domandò incuriosito il maestro. Il ragazzo rifletté, sorpreso; infine: "Beh, di veramente convinti non ce n'è nessuno; i maestri, in parte...". Anche i maestri da loro sono molto giovani, i vecchi sono fuggiti o sospetti al governo, che cerca in ogni modo di crearsi una classe dirigente nella nuova generazione: borgomastri di 25 anni non sono una rarità. Nelle scuole medie, i migliori vengono proposti per uno studio universitario che è quasi sempre sussidiato dal governo (requisito è però che si tratti di figli di "proletari"). Dopo un paio d'anni d'università, lo studente viene già avvicinato da organizzazioni statali affamate di tecnici e di dirigenti, che gli offrono un posto già prima di concludere gli studi. E' degno di nota che anche oltre cortina l'industria (nazionalizzata) porta via i migliori elementi all'amministrazione e alla ricerca scientifica.

Come ricambia la gioventù questi privilegi? Alla ricerca di un conoscente, mi aggiro un pomeriggio nell'Università Humboldt, la tradizionale università berlinese a Unter den Linden, ora comunista. I grandi corridoi imbiancati dell'imponente edificio neoclassico sono deserti, ai quadri murali sono affissi appelli ciclostilati del gruppo universitario socialcomunista, secondo cui "non permetteremo che dall'Università sorga una minaccia per lo Stato dei Lavoratori e Contadini"; accanto pendono tristi foglietti con risultati conseguiti nel tiro a segno, marcia e corsa ad ostacoli, e minacciosi commenti: "Solo una parte dei compagni ha espletato i suoi doveri". Il giorno dopo, tornando all'Università, non vi lasciano entrare; alla porta controllano i documenti. " Ci sono stati tre tentativi di appiccare incendi nell'edificio", mi spiega il "libero giovane" funzionario al quale mi rivolgo, "abbiamo trovato recipienti di benzina". Ciò può esser vero o no; anche qui come in tutto il mondo comunista il sabotator

e è un grande mito e capro espiatorio, d'altra parte esistono gruppi anticomunisti, come il "Gruppo di lotta contro l'inumanità", che credono nell'azione diretta. Tuttavia il funzionario aggiunge (e non potrebbe sottacerlo, perché lo aveva pubblicato anche l'organo del partito socialcomunista): "Sono stati anche trovati manifestini del seguente tenore: "Intensificate la pratica del tiro a segno: in Ungheria si è dimostrato utile". Il tono del funzionario, come anche del giornale, dimostra che queste parole hanno fatto loro veramente male. Nella "Società per lo sport e la tecnica" vien data da anni una istruzione premilitare, teoricamente volontaria, con addestramento alle armi. Anche i "Giovani pionieri" vengono istruiti a particolari obiettivi: ad esempio, il gruppo legge un libro di esperienze partigiane (oltre a un libro di un autore russo, intitolato "Partigiani", fa testo il romanzo di Bodo Uhse "Patriotti") e queste esperienze, che includono dettagliate descrizioni di riunioni clandestine, resistenza a

d interrogatori, e simili, vengono ricostruite in piccole recite di gruppo. Questa educazione alla lotta partigiana (forse in previsione di un ritiro di truppe russe da una Germania neutralizzata) non è ora di moda: a quanto pare, già da qualche tempo si era notato che incoraggiava la formazione di gruppi clandestini sì ma anticomunisti. Ora l'esplosione in Ungheria ha confermato alcuni atroci sospetti: i "giovani pionieri" di Budapest si sono dimostrati esperti nell'arte di sopprimere la polizia segreta. "Era orribile - scrive con il pianto nella voce il corrispondente da Budapest dell'organo ufficiale Neues Deutschland - vedere questi ragazzi di quindici o dodici anni abbandonarsi ad orge di sparatorie contro bravi funzionari comunisti".

Il giornale, che ha dato vastissima diffusione al "terrore bianco" in Ungheria, non riesce a vedere in questo comportamento dei giovani altro che una raffinata corruzione di agenti fascisti e imperialisti. Tuttavia, poiché non si sa mai fin dove giunge questa raffinata corruzione, il governo Pankow non ha voluto correre rischi. Ricordando come la sommossa in Ungheria si sia iniziata con le richieste degli studenti di Szeged per una riduzione dell'insegnamento del russo, il ministro dell'istruzione popolare ha concesso che il francese o l'inglese possano subentrare al russo come lingua principale nelle scuole medie. Questo segno di debolezza era tuttavia forse proprio il segnale che spingeva gli universitari a chiedere ulteriori concessioni, tra cui (segno di una forte corrente "titoista") la diffusione del testo integrale del discorso di Gomulka, che ha oggi lo stesso valore che otto anni or sono quella di Tito. Riunioni indette da alti funzionari di partito per placare gli animi agitati non ebbero successo.

Infine, nella cauta dichiarazione governativa del presidente del consiglio Grotewohl, veniva ammessa l'entità dello scontento che pervade i dirigenti di domani nella Germania Orientale. Il titubante ex-socialista, che era riuscito per due giorni ad evitare di prendere posizione di fronte alla condanna di Nagy apparsa in Rude Pravo, rivolgeva a tutte le categorie della popolazione un appello a non provocare una crisi simile a quella che scuoteva Polonia e Ungheria. Dopo aver promesso, in puro stile elettorale e parlamentare, aumenti delle pensioni e simili vantaggi, ha ricordato in particolare agli studenti i privilegi di cui godono nello Stato dei lavoratori e contadini, dando mezze promesse per l'abolizione del russo all'Università (oggi è obbligatorio per tutti gli studenti) e insinuando, come di rigore, che il malcontento era opera di provocatori di Berlino occidentale.

Fuori, intanto, l'atmosfera era più tesa: la mano si chiudeva impercettibilmente sul calcio della pistola, per dirla con Mickey Spillane. Coppie di poliziotti popolari facevano discretamente la loro comparsa ai confini dei settori e nelle stazioni della metro: vistosamente assenti i Russi, raccolti nei loro accampamenti entro la zona. Ma non vi era, non poteva esservi, l'occasione di una sommossa. Grotewohl affermava cinicamente che le "fiamme della controrivoluzione del 17 giugno 1953 hanno portato alla soluzione di problemi che in altri paesi sono divenuti visibili solo anni dopo", ma data invece dal 1953 la disgrazia degli elementi moderati del partito di Pankow, solo ora parzialmente riabilitati. Sono se mai "le fiamme dardeggianti" delle mitragliatrici russe che tre anni or sono soffocarono la sommossa tedesca, a mantenere l'ordine con il loro monito sanguinoso, come è il caso per la Cecoslovacchia, prima a levarsi nel 1953, avvolta ora in una plumbea quiete mentre a nord e a sud divampa la rivolta cont

ro Mosca. Non è possibile trovare una seconda volta il coraggio di marciare con pietre contro carri armati, senza una speranza che l'Est non ha più e l'Ovest non può dare. Per il momento almeno, la grande bandiera rossa può continuare a sventolare indisturbata sulla Porta di Brandemburgo.

 
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