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Il Messaggero - 27 marzo 1959
Sinistra democratica e Pci (5)
Il dibattito suscitato dall'articolo di Marco Pannella su "IL PAESE" del 22 marzo 1959 (testo n.326) a cui replica il segretario comunista Palmiro Togliatti (testo n.327)

MANOVRE FRONTISTE

SOMMARIO: Si avanza l'ipotesi che la serie di dichiarazioni pubblicate dal "Paese", tra cui quella di Marco Pannella (testo n.326), sia stato un semplice sondaggio per dare occasione all'onorevole Togliatti di riattivare, sia pure in sordina, la ben nota insidia del fronte popolare. Egli infatti afferma che "il rinnovamento democratico e sociale del nostro paese non può essere opera di un solo partito ", ma richiede "comprensione ed intese reciproche tra forze politiche diverse, che non devono appartenere solo alla democrazia laica, ma al campo dei cattolici organizzati".

(IL MESSAGGERO, 27 marzo 1959)

Da un paio di settimane il giornale "Il Paese" pubblica le dichiarazioni di alcuni uomini rappresentativi sulle posizioni dei partiti in Italia. Il giornale definisce "sondaggi" queste dichiarazioni, quasi per insistere sul concetto che essa debba scaturire solo un chiarimento d'idee. In realtà si ha l'impressione che tutto il "sondaggio" sia stato un semplice pretesto per dare occasioni all'on. Togliatti di riattivare, sia pure in sordina, la ben nota insidia del fronte popolare. Egli si pronuncia sostanzialmente in questo senso nella lettera diretta alla direzione del giornale e pubblicata in data di ieri. Rispondendo alle obiezioni e alle riserve fatte dall'on. Zagari per i socialdemocratici dissidenti, dall'onorevole Vecchietti per i socialisti, del radicale Marco Pannella, l'on. Palmiro Togliatti si sforza di rimuovere i motivi di diffidenza e, diciamolo francamente, di timore di una alleanza coi comunisti suscita negli altri partiti di sinistra dopo che un'esperienza più volte ripetuta ne ha dimostrato

l'enorme pericolosità. Non solo i socialisti moderati, radicali e riformisti di ogni gradazione ma perfino rivoluzionari intransigenti come gli anarchici spagnoli hanno saggiato a proprie spese la pesante ipoteca che i comunisti impongono sul potere, pur valendosi, per conquistarlo, dell'opera dei loro imprudenti alleati.

Con uno stile insolitamente moderato e quasi untuoso l'on. Togliatti vuol provare che in Russia, in Ispagna, in Cecoslovacchia e nei paesi satelliti della regione danubiano-balcanica i comunisti hanno dovuto, con loro intimo rammarico, sopprimere gli altri partiti di sinistra (sopprimere, s'intende, non simbolicamente ma fisicamente) perché essi a un certo punto si erano rifiutati di "andare avanti per la via tracciata". Ciò vuol dire che se, per esempio, i socialisti italiani non si rifiutassero di andare avanti secondo la via che verrà loro indicata dall'on. Togliatti, essi potrebbero sperare di non finire in esilio, o sottoterra come è accaduto a Trotski, a Benes, a Masaryk, a Nagy ed a tanti altri che conosciamo, senza contare quelli che non conosciamo.

Questo preambolo rassicurante, in cui la storia viene trattata con comunistica disinvoltura, consente all'on. Togliatti di muovere un risoluto passo avanti verso la tesi della collaborazione fra i partiti che egli definisce democratici. Egli infatti afferma che "il rinnovamento democratico e sociale del nostro paese non può essere opera di un solo partito", ma richiede "comprensione e intese reciproche tra forze politiche diverse, che non devono appartenere solo alla democrazia laica, ma anche al campo dei cattolici organizzati". Come si vede i comunisti sono disposti a fare la più generosa accoglienza ad alleati anche ideologicamente lontanissimi. E non li abbiamo visti infatti - sopra uno scenario più ristretto - collaborare nel governo regionale di Milazzo coi democristiani dissidenti e persino coi missini? L'esempio potrebbe essere contagioso, nonostante la sconfessione di simili alleanze da parte dell'Episcopato siculo. Sarebbe invero un esempio di fronte popolare fra i più variopinti, in cui la sopraff

azione comunista troverebbe il terreno più favorevole per la rapida conquista del potere.

Ma probabilmente l'on. Togliatti si accontenterebbe di assai meno. L'obiettivo immediato della sua manovra è costituito dal PSI rimasto in una situazione eminentemente equivoca dopo il Congresso di Napoli. L'on. Togliatti nega di voler fare un "rilancio" del fronte popolare, ma mette in evidenza la necessità di avvolgere un'azione comune sopra "un positivo programma di progresso democratico, di rinnovamento economico e di un orientamento politico nuovo". Poco importa, aggiunge, sapere da ora chi sarà al centro delle future costellazioni. Se i socialisti, e per essi l'onorevole Nenni, desiderano di costituire il perno dell'"alternativa" offerta al Paese per combattere la Democrazia Cristiana, si accomodino pure. Ma né essi né le altre correnti di opposizione si illudano di poter fare a meno dell'appoggio di altre forze, e specialmente, dice l'on. Togliatti, "di forze che hanno il peso che noi abbiamo". Chi respinge questo appoggio "non diremo che sia uno sciocco", (ma intanto io dico) ma è comunque un ideolog

o, un alleato involontario della reazione.

Se questo non è un rilancio dell'antica tesi frontista non sapremmo come definirlo. D'altronde non è inutile che ancora una volta i socialisti si trovino dinanzi a una presa di posizione comunista così netta, essi si illudono di poter vantare, di fronte al Paese, una vera autonomia, mentre nella pratica si trovano costretti a fiancheggiare i compagno comunisti nel Parlamento, nei Sindacati, nelle Amministrazioni locali. La loro situazione, non risolta neppure in minima parte nei recenti Congressi, resta sottoposta a un amaro dilemma: o sganciarsi risolutamente dai comunisti affrontando la traccia di "sciocchi", nonché le conseguenze, anche elettorali, di questo passo, o preparare attraverso un'obliqua collaborazione, la nascita di quel fronte popolare che l'on. Togliatti sembra voler risuscitare con una di quelle manovre aggiranti nelle quali i comunisti sono maestri.

 
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