Il dibattito suscitato dall'articolo di Marco Pannella su "IL PAESE" del 22 marzo 1959 (testo n.326) a cui replica il segretario comunista Palmiro Togliatti (testo n.327)Nuovo tentativo dell'on. Togliatti per rilanciare il fronte popolare
SOMMARIO: Il leader del PCI tenta di rimuovere le preoccupazioni che un'alleanza con i comunisti suscita negli altri partiti ed affronta il tema della guida del "fronte popolare". Il ministro Pella, in un'intervista, ha espresso il convincimento che l'esistente meccanismo funzionale del Patto Atlantico risponde alle esigenze dell'Alleanza e che pertanto non è necessario creare nuovi organismi.
(IL MESSAGGERO, 27 marzo 1959)
(Il leader del PCI tenta di rimuovere le preoccupazioni che una alleanza con i comunisti suscita negli altri partiti - Riunione del Consiglio Nazionale del P.N.M. - Una intervista del ministro Pella sull'efficienza e l'unità dell'alleanza atlantica.)
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Tutte le occasioni sono buone per tentare di rilanciare la formula del "fronte popolare": di ciò deve essere fermamente convinto l'on. Togliatti il quale - richiamandosi a un articolo scritto da un radicale (testo n. 326), che è stato prontamente sconfessato dal suo partito - ha ieri inviato al direttore del "Paese" una lettera nella quale torna a ripetere che "il rinnovamento democratico e sociale del nostro Paese non può essere opera di un solo partito, ma richiede comprensione reciproca, intese e collaborazioni tra forze politiche diverse, che non devono appartenere soltanto al campo della democrazia laica, ma anche al campo dei cattolici organizzati".
Praga 1948
Posta questa promessa, Togliatti cerca di sgombrare il terreno delle preoccupazioni che l'alleanza con il PCI desta negli ambienti della sinistra democratica, preoccupazioni che sono il frutto dell'esperienza fatta da quei democratici che in Russia, Cecoslovacchia e Ungheria finirono con l'essere soppressi politicamente e fisicamente dopo aver aiutato i comunisti a conquistare il potere. Cosa avvenne - egli scrive - a Praga nel 1948? "Esisteva un governo di coalizione che si era assunto il compito di attuare un certo programma (il programma di Kosice: nazionalizzazioni, riforma agraria, ecc.). Un'ala di governo al rifiuto di andare avanti per la strada tracciata, si dimise e chiese la costituzione di un "governo di affari", come primo passo per rovesciare la situazione, escludere i comunisti e compiere la stessa svolta che già si era compiuta in Francia e in Italia. Ma i comunisti erano, da soli, la maggioranza relativa e giungevano alla maggioranza assoluta insieme con i socialdemocratici e democratici che
respingevano la manovra reazionaria. Che si doveva fare, se non andare avanti secondo il precedente programma comune, per la via che gli stessi avversari, con la loro condotta, avevano imposto? E lo stesso avvenne, su per giù, negli altri paesi di democrazia popolare".
In altri termini: non c'era altro da fare, ed è stato fatto, che sopprime gli ex-alleati!
Dopo aver dato queste consolanti "garanzie", il leader del PCI cerca di rispondere a un altro quesito: chi dovrà guidare il "fronte popolare"? "Non contestiamo a nessuno - egli afferma - la facoltà di presentarsi come il centro di future nuove costellazioni, purché ciò non rechi danno all'adempimento di compiti più urgenti. Per sapere chi sarà al centro e chi alla periferia attendiamo anche noi il futuro e intanto lavoriamo".
L'on. Togliatti è tranquillo. Sa per esperienza che, una volta costituito il "fronte popolare", i comunisti ne assumono sempre la direzione e quindi preferisce rinviare una discussione in proposito. E' un discorso - egli dice in sostanza - che faremo quando i laici e cattolici che si saranno alleati con noi avranno da scegliere solo fra la subordinazione al PCI e la forza.
Oltre a questa lettera di Togliatti, la giornata politica ha registrato una riunione del Consiglio Nazionale del PNM, il quale ha accordato i pieni poteri alla commissione paritetica incaricata di trattare con il PMP la unificazione monarchica. Al termine di una discussione durata cinque ore è stato approvato a maggioranza. I 7 consiglieri hanno votato contro il seguente ordine del giorno: "Il consiglio nazionale del PNM, preso atto dei risultati della prima riunione dei delegati del PNM e del PMP decide di integrare con il segretario nazionale on. Covelli in commissione paritetica già nominata dalla direzione del partito e conferisce alla stessa collegialmente i pieni poteri per la definizione delle modalità della riunificazione monarchica.
Quasi certamente un'analoga decisione sarà adottata oggi dal Consiglio Nazionale del PMP.
Per quanto riguarda la confluenza dei socialdemocratici dissidenti (MUIS) nel PSI, non si hanno novità di rilievo. Tutto lascia ritenere, però, che Matteotti, Zagari e Vigorelli finiranno con l'accettare le condizioni poste dal congresso di Napoli.
"Con le drastiche decisioni adottate mercoledì dalla direzione del PSI - osservava ieri il giornale socialdemocratico - cadono miseramente tutte le illusioni e le velleità dei missini. Matteo Matteotti, Vigorelli e Zagari dovranno prendere la tessera della CGIL. Dovranno ascoltare il beffardo "consiglio" dell'on. Lizzadri di adoperarsi per il rafforzamento dell'unità della CGIL, anzi per determinare i presupposti "unitari" di una "confluenza" UIL-CGIL... Oserà l'ex ministro del Lavoro Vigorelli proporre un karakiri della UIL, per compiacere a Nenni, a Lizzadri e a Santi? E Matteo Matteotti vorrà tradire se stesso, rinnegare la sua stessa "mozione per l'autonomia socialista" che respingeva senza mezzi termini appena alcuni mesi fa, la pretesa di imporre la CGIL quale organismo di base per l'unificazione delle forze sindacali socialiste?"
Proseguono frattanto i commenti al voto dell'assemblea siciliana sulla legge elettorale regionale e da qualche parte si fa osservare che i cristiano-sociali si trovano in difficoltà essendo venuta meno la possibilità di utilizzare i "resti" in sede regionale. Né d'altra parte potranno contare sull'appoggio della Chiesa. In proposito il "Giornale d'Italia" riferisce che l'Episcopato siciliano si appresterebbe a prendere posizione nei confronti dell'Unione cristiano-sociale, costituita dai dissidenti del governo Milazzo.
Infine è da ricordare una intervista concessa dal ministro Pella alla rivista "Esteri" in occasione del decimo anniversario della firma del patto atlantico.
Richiesto di un giudizio sulla efficacia del patto atlantico come strumento di pace, Pella ha risposto: "Ciò è provato con la eloquenza dei fatti di questi dieci anni, che non temono smentita. Quando perciò i comunisti accusano l'Alleanza atlantica di fini aggressivi e pretendono d'imputare al patto atlantico la grave colpa di mantenere viva la tensione internazionale e il pericolo di guerra, affermano cosa che non trova benché minimo fondamento nella lettera e nello spirito del trattato di Washington, né negli eventi internazionali verificatisi in Europa e nel mondo dopo il 4 aprile 1949, data della firma del trattato del Nord-atlantico".
Rispondendo ad altre domande, il ministro Pella ha espresso il convincimento che l'esistente meccanismo funzionale del patto atlantico risponde alle esigenze dell'Alleanza e che pertanto non è necessario creare nuovi organismi. "Veramente necessario è invece - ha aggiunto - il pieno utilizzo degli organismi esistenti migliorandone continuamente la funzionalità. In questo senso si sono fatti notevoli progressi in questi ultimi anni e la personalità e l'attività del segretario generale Spaak sono sicura garanzia che si faranno ancora molti progressi su questo cammino".
Sulla potenzialità dello scudo difensivo atlantico il ministro degli Esteri ha formulato questo giudizio: "Mi sembra sia senz'altro possibile affermare che finora lo schieramento atlantico ha agito efficacemente per scoraggiare qualsiasi atto di aggressione ed appare idoneo ad assicurare la valida difesa di tutti i territori compresi nell'area atlantica. Naturalmente quando si parla di "scudo difensivo" occorre tener presente l'insieme delle forze esistenti in tutta la comunità e non solo quelle disponibili nel Continente europeo".
Palazzo Chigi
Interrogato circa le note consegnate ieri a Mosca un portavoce di Palazzo Chigi ha dichiarato che esse sono state rimesse ai sovietici, dopo consultazioni in consiglio atlantico, da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, quali giuridicamente responsabili della situazione di Berlino. Tali note confermano il desiderio occidentale di rendere possibile - attraverso una conferenza dei ministri degli Esteri e, qualora lo svolgimento di detta conferenza lo giustifichi, attraverso incontri al vertice - un negoziato tra Est e Ovest.
Le note - ha aggiunto il portavoce - vengono considerate espressione di un atteggiamento unitario dell'Occidente, diretto a salvaguardare con la indispensabile fermezza, ma anche con la possibile flessibilità, la difesa dell'Occidente e la conservazione della pace.