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Rendi Giuliano - 31 marzo 1962
PER IL DISARMO EUROPEO: Eliminare gli eserciti
di Giuliano Rendi

SOMMARIO: Analizza le ragioni che hanno portato, in America, in Urss e in Europa, alla nascita di un nuovo pacifismo caratterizzato dalla scelta nonviolenta. Tale pacifismo trova le sue ragioni nella presa di coscienza degli effetti dell'"equilibrio atomico", e dello sviluppo del ruolo dell'ONU sullo scenario internazioonale. Compie quindi un excursus nella storia della nonviolenza gandhiana e dà ragione della validità della sua proposta, e quindi nella crescita di credibilità e di efficacia dell'ONU a partire dalla segreteria di Dag Hammarskioeld. Passa poi ad una valutazione del significato della prima marcia antimilitarista capitiniana, la Perugia-Assisi, la cui efficacia va vista sopratutto nell'imponente "affermazione morale" cui ha dato corpo. Tale manifestazione può rappresentare un punto di partenza nell'azione pacifista in Italia, azione alla quale occorre fornire obiettivi avanzati e caratterizzati, come può essere solo la richiesta di un "piano di disarmo, atomico e convenzionale, sul piano europe

o, dai confini dell'Unione Sovietica fino alla Manica". (I titoletti presenti nel testo originale di "Sinistra Radicale" sono redazionali - vedi la scheda su "Sinistra Radicale", a.b., nel testo n. 3669).

(SINISTRA RADICALE N. 6, marzo 1962)

Un complesso di situazioni internazionali e italiane fa sì che si riproponga in termini nuovi ed autonomi il problema delle iniziative pacifiste. L'equilibrio del terrore determinato dalla micidiale potenza delle armi atomiche possedute dalle due grandi potenze mondiali ha dato appoggi popolari al pacifismo internazionale. Dalle clamorose manifestazioni inglesi alla recente diffusione delle iniziative anti atomiche in America, che hanno avuto successo soprattutto tra le donne americane, alla propaganda del partito comunista sovietico rivolta ad educare il popolo al principio della coesistenza, fino alla iniziativa di Aldo Capitini che ci pone a tutti qui in Italia la responsabilità di un nuovo impegno pacifista.

Si tratta di un pacifismo nuovo, di un pacifismo che si è sviluppato recentemente, che ha realizzato delle nuove esperienze ed ha imparato molto dalle battaglie precedenti. Noi guardiamo abitualmente più allo sviluppo dei metodi di guerra e delle armi che a quello del pacifismo, che pure ha una sua storia in questo secolo quasi altrettanto variata e complessa. I fattori che caratterizzano questo pacifismo sono diversi: da un lato il metodo della non violenza, dall'altro due fattori tecnico-politici di grande importanza:

1) L'equilibrio atomico e la progressiva presa di coscienza di questo equilibrio da parte dell'opinione pubblica mondiale.

2) Lo sviluppo dell'ONU e della sua funzione internazionale.

la non violenza

La non violenza è il grande principio ideale di Ghandi, da lui tramutato in metodo di azione politica. Però la sua applicazione da parte del Partito del Congresso durante la lotta per l'indipendenza dell'India non si spiega se non si tiene conto, oltre che della forte tradizione pacifista indiana, anche del liberalismo inglese, che soprattutto con Gladstone aveva assunto un carattere pacifista e aveva inciso profondamente nel carattere dell'amministrazione coloniale. Così come Ghandi da parte sua non era restato insensibile all'influenza del pacifismo e umanitarismo di Tolstoi, che allora, all'inizio del secolo, era al massimo della sua diffusione. Non si tratta cioè di un metodo adatto particolarmente all'India, ma di un metodo adatto a dei paesi di elevata democrazia, dove si può così fare appello ai sentimenti più profondi e più nobili del popolo. Infatti il metodo della non violenza è stato usato in questo dopoguerra con sempre maggiore frequenza, soprattutto quando si voleva drammatizzare il contrasto t

ra un sistema democratico esistente e delle esigenze di umanità e di giustizia che quel sistema disconosce. Così come i negri negli Stati Uniti nella loro lotta per l'uguaglianza razziale e sociale.

Appunto perché l'azione per la pace ha un valore egualmente profondo, che si realizza rivolgendosi ai princìpi più alti degli uomini, i pacifisti inglesi hanno adottato questo metodo nell'azione che stanno svolgendo da cinque anni per il disarmo nucleare in Inghilterra. Per precisare meglio la nostra adesione ai metodi non violenti, ricordiamo che la azione non violenta di Luthuli nel Sud Africa, ispirata all'insegnamento di Ghandi, non ha nessuna prospettiva di fronte al deciso razzismo africaaner, mentre si è potuta sviluppare con qualche successo fino al '45, quando aveva di fronte i liberali inglesi di Smuts, che mantenevano un minimo di apertura di fronte al problema razziale. Noi riteniamo che il metodo della non violenza sia la più efficace forma di manifestazione popolare in un sistema costituzionale come quello italiano, e che contribuisca al rafforzamento democratico e all'incivilimento della lotta politica. Non si tratta di conquistare nuovi diritti, ma di usare al limite quelli esistenti per ragg

iungere obiettivi democratici.

La presa di coscienza dell'equilibrio atomico e lo sviluppo della funzione autonoma dell'ONU sono due fatti più immediati e sono impensabili senza il faticoso avvio alla distensione degli anni dopo il '54. Nello stesso tempo l'equilibrio atomico è anche una delle cause principali della distensione, ed ambedue i fattori sono comunque i termini reali entro i quali devono operare i pacifisti o se vogliono a loro volta incidere sulla realtà.

il nuovo pacifismo

Tutti quanti sappiamo ormai che terribile distruttività hanno gli armamenti nucleari: gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica hanno una quantità tale di bombe e una quantità tale di missili, aeroplani o sommergibili con missili che, se una delle potenze nucleari lanciasse un attacco completo di sorpresa, l'altra potenza potrebbe rispondere nel giro di mezz'ora e con pari distruttività. Le due grandi potenze non sono in grado di salvare le proprie città dall'attacco nemico, sono soltanto in grado di lanciare una rappresaglia corrispondente. Gli americani calcolano che in una guerra nucleare i russi distruggerebbero dal 70 al 90% delle città americane ed essi dal 50 al 60% di quelle russe, mentre le vittime sarebbero decine di milioni. Questa prospettiva terrificante, per cui nessuna potenza può sperare di vincere una guerra, mentre ha la certezza di vedere distrutta la parte migliore del proprio popolo e di poter a mala pena sopravvivere, è il fattore che rende impossibili oggi le guerre che toccano le grandi po

tenze, e rappresenta con ciò un fatto profondamente nuovo nella storia dell'umanità. Esso infatti dà concretezza e possibilità di successo alle iniziative pacifiste. Allo stesso tempo esso crea una spirale che bisogna rompere se si vuole sottrarre l'umanità al rischio della guerra nucleare. Il riarmo reciproco porta come conseguenza il dispendio di enormi capitali, la necessità di una continua sperimentazione e il rischio dell'avvelenamento dell'atmosfera, la ricerca della bomba totale. Esso inoltre spinge le potenze minori a darsi le proprie armi atomiche per elevarsi a livello di grande potenza, aumentando di conseguenza il rischio dell'iniziativa bellica. Bisogna frenare lo sviluppo atomico, combattere gli esperimenti nucleari di qualsiasi potenza, rompere la spirale incontrollata e trasformarla in equilibrio statico e controllato. E il fattore che bisogna temere è quello dato da quei militari che, coscienti di questo equilibrio e desiderosi di poter combattere lo stesso, insistono sulla necessità di torn

are alle guerre convenzionali, magari con bombe atomiche tattiche in sovra più, e combattute in teatri di guerra limitati, senza rendersi conto che se una grande potenza fosse sconfitta gravemente in una guerra convenzionale e limitata finirebbe inevitabilmente per ricorrere agli armi nucleari strategiche.

l'azione dell'O.N.U.

Perciò è importante l'acquistar coscienza dell'equilibrio atomico. Tra la conoscenza di un fatto reale e l'acquistarne coscienza passa sempre un certo tempo. Così in America, nonostante che la Russia l'avesse sostanzialmente raggiunta in questo campo tra il '53 e il '54, l'opinione pubblica ne acquistò coscienza solo col primo Sputnik, alla fine del '56. Presa di coscienza che continua a esistere, anche se gli ambienti militari e governativi cercano di far credere alla possibilità di organizzare una difesa con reali possibilità di sopravvivenza nei rifugi sotterranei che vengono adesso costruiti. Nell'Unione Sovietica la situazione non è più come all'epoca di Stalin, quando della guerra atomica si scriveva solo sulle riviste specializzate destinate agli ufficiali delle forze armate. Non c'è dubbio che il 20· e il 22· Congresso hanno posto come obiettivo al popolo sovietico il principio della coesistenza, anche se manca una iniziativa autonoma dal basso capace di prendere posizione, per esempio, sulla ripresa

degli esperimenti nucleari.

L'ONU, creazione, così come la Società delle Nazioni, del tradizionale pacifismo illuministico americano, è un organo che ha cominciato a funzionare autonomamente col superamento della guerra fredda. E' stato in occasione della impresa di Suez, quando tutte e due le grandi potenze mondiali erano concordi nel condannarlo, che Hammarskjold cominciò a concretare il potere di iniziativa del segretario dell'ONU, in modo da creare un po' alla volta un organo dotato di poteri limitati ma effettivi e capace di una reale azione internazionale. Naturalmente siamo ben lontani dalla perfezione, e nulla il segretario delle Nazioni Unite potrebbe fare, per esempio, contro gli interessi diretti di ognuna delle due grandi potenze. Ma nella grande questione della decolonizzazione dell'Africa esso ha svolto una funzione importante, largamente in collaborazione con l'India, e bisogna che questa funzione diventi sempre più importante.

In una simile temperie, nel clima creato dalla guerra fredda e dall'inizio della distensione, dal pericolo atomico e dal processo di liberazione dei popoli coloniali, cominciò nel '55 la nuova azione dei pacifisti inglesi. Caratterizzata dal metodo della non violenza e diretta in fondo, con la richiesta del disarmo atomico unilaterale, soprattutto contro le residue velleità imperiali dei loro governanti, l'iniziativa si è imposta rapidamente all'interesse politico del mondo e dell'Europa, mostrando la fondamentale validità di questa battaglia al di là di quanto vi fosse di legato alla crisi della posizione internazionale dell'Inghilterra. Nel resto dell'Europa Occidentale la diffusione dell'iniziativa è stata ritardata per un certo tempo dalla guerra di Algeria e dalla crisi della democrazia francese che in quel paese impedisce ogni altra azione politica. In Italia fu raccolta da Capitini, fautore da sempre della non violenza, e che da tempo aspettava una situazione più adatta ad operare per la pace; la prim

a Marcia per la Pace ebbe luogo nel settembre scorso da Perugia ad Assisi.

La manifestazione di Assisi è stata una manifestazione solenne ed indimenticabile per chi vi ha preso parte. Solenne come può essere la prima affermazione pubblica in un momento storico particolarmente importante. E se alla conclusione della manifestazione fu letto e approvato un documento politico che trattava di tutti i maggiori problemi internazionali di oggi, per l'impossibilità di staccare mai del tutto il momento etico da quello politico, per i partecipanti il fatto dominante fu l'affermazione morale.

eliminare gli eserciti

La manifestazione segna però un punto di partenza nell'azione pacifista in Italia. Le manifestazioni devono essere più politicizzate, devono essere rivolte a degli obiettivi concreti, in modo da influire il più possibile nel senso che la congiuntura internazionale permette. Si combatte per la pace oggi da un lato impegnandosi per il disarmo e per la distensione, dall'altro per la lotta al colonialismo e lo sviluppo del potere sovranazionale dell'ONU e dell'ammissione della Cina ad essa. Per chi si trova in Europa occidentale queste varie azioni vengono a confluire in un'unica lotta, perché le resistenze al disarmo e alla distensione vengono dagli stessi ambienti conservatori e militaristi che si oppongono al processo di indipendenza dei popoli asiatici e africani.

L'obiettivo centrale per cui noi dobbiamo impegnarci perciò è un piano di disarmo, atomico e convenzionale, sul piano europeo, dai confini dell'Unione Sovietica fino alla Manica. A questo modo noi avremmo un piano, che se non ha l'assolutezza di un disarmo generale, ne avrebbe però le caratteristiche e si estenderebbe su un'area tale da influenzare il comportamento delle due grandi potenze, mentre la neutralizzazione e smilitarizzazione della sola Italia non avrebbe quasi effetto internazionale. Un piano che permetterebbe di combattere da un lato il militarismo francese, tedesco e spagnolo, e allo stesso tempo porrebbe alla prova senza secondi fini il senso di responsabilità dell'Unione Sovietica. L'Europa è la regione del mondo dove le due grandi potenze sono a più diretto contatto militare, dove perciò un processo di smilitarizzazione avrebbe maggiori possibilità di azione, ed è qui perciò che dobbiamo operare.

 
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