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Agenzia Radicale - 27 gennaio 1966
Crisi di Governo e Congresso comunista

SOMMARIO: "Il bipolarismo della lotta politica tende a divenire sempre più evidente, democratico e fertile, mentre ancora molti s'ostinano a ritenerlo impossibile o negativo".

(AGENZIA RADICALE n. 116, 27 gennaio 1966)

Crisi di Governo e Congresso comunista: due momenti della vita politica italiana sempre fondamentali, sempre - in quale senso che sia - chiarificatori.

Posti in confronto diretto dal caso di una votazione contestabile del Parlamento, questi due avvenimenti confermano in modo ancor più netto l'esattezza del discorso che, come radicali, andiamo da almeno un quinquennio conducendo. Il bipolarismo della lotta politica tende a divenire sempre più evidente, democratico e fertile, mentre ancora molti s'ostinano a ritenerlo impossibile o negativo.

Lo squallido rabberciamento in cui sembra necessariamente risolversi il problema della maggioranza; la tensione ideale, la tenuta democratica, l'ampiezza dei temi che si affrontano, del Congresso comunista mostrano che la dialettica (insostituibile nel gioco democratico) fra schieramento di governo e schieramento d'opposizione comincia a delinearsi e ad imporsi nel nostro paese.

Risibile diventa il timore dello schiacciamento delle forze progressiste di diversa tradizione democratica in un confronto DC contro PCI. Entrambi questi partiti, come d'altra parte "tutti" gli altri che rappresentino idealmente o di fatto qualcosa di serio nella vita italiana, sembrano giunti alla fine del loro individuale cammino.

La D.C., con tutte le sfumature e le contraddizioni organiche e necessaria, diventa sempre più chiaramente il grande centro di raccolta, di composizione e d'attacco di quanto v'è di conservatore, reazionario, e borghese in un paese di tradizionale dominio cattolico-controriformistico. In essa forze retrograde e neocapitalismo tecnocratico e autoritario trovano le strutture ideologiche e sociali atte a garantire la loro integrazione e continuità.

Il Partito comunista s'afferma come grande attore del processo di creazione di una nuova forza socialista, che costituisce anche, autonomamente, il necessario compimento di altre tradizioni partitiche ed ideali, laiche e democratiche.

Enormi, certo, sono ancora gli ostacoli che si frappongono a tale processo ed alle volontà unitarie della sinistra. Così numerose che non è possibile nemmeno solo accennarne in un così breve spazio.

Le forze migliori cui guardiamo con più fiducia, paiono ancora, spesso, minoritarie. Ma i riflessi di prudenza o di impazienza, di timore e di conservazione degli apparati che da venti anni dominano anche la sinistra italiana non restano dinnanzi al movimento che s'afferma. I coraggiosi, diffusi applausi che hanno accolto stamane Ingrao, prima ancora che iniziasse a parlare, l'evidente, e per qualche verso sorprendente, tributo di stima e d'approvazione che ha riscosso il suo lucido ed essenziale intervento, mostrano quanto la coscienza democratica e la volontà di lotta cresca ovunque, alla base del paese. Mentre la pesante freddezza riservata al discorso di Amendola sembrava giustamente punire il ripiegamento tattico e di tipo burocratico di un uomo che, con Ingrao, rappresenta quanto di più ricco e vivo la classe dirigente del PCI può offrire al socialismo italiano.

 
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