SOMMARIO: Nelle elezioni amministrative del giugno 1966 il Partito radicale stipula una alleanza elettorale con il PSIUP per una lista comune a Roma, a Genova e in altri centri minori sulla base della comune opposizione alla Dc e al centro sinistra (il PSIUP si era formato all'inizio del 1964 dalla scissione della sinistra socialista contraria all'ingresso del Psi nel governo con la Dc).
Dal numero elettorale del giornale "agenzia radicale", le accuse radicali contro l'ENI di Enrico Mattei, contro il malgoverno di questo ente pubblico, contro la sua azione di corruzione nei confronti delle forze politiche e la stampa.
(AGENZIA RADICALE n. 121, 31 maggio 1966)
"Anche per l'ENI, anche nel settore pubblico dell'economia, come in quello della assistenza e previdenza sociale, torna a delinearsi la possibilità di una azione unitaria, intransigente e incisiva, di tutta la sinistra.
Ancora qualche mese fa sarebbe stato difficile ai sindacati dell'ENI - pure impegnati in una difficile lotta sindacale contro un padrone di Stato - organizzare un convegno, come quello che si è tenuto sabato 28 maggio a Roma, con la solidarietà e l'intervento di rappresentanti di uno schieramento politico che andava dal socialista Anderlini al radicale Pannella, al comunista Mammuccari; sarebbe stato difficile ottenere dagli organi di stampa della sinistra quella attenzione e quella informazione che negli ultimi tempi è stata dedicata da giornali come" Rinascita, "come l'"Unità, "come lo stesso" Avanti! "agli avvenimenti sindacali e alle scelte economiche e aziendali di questo ente.
Sembrava allora che la cortina di silenzio - assicurata grazie ai cospicui finanziamenti agli organi di stampa di ogni tendenza - avesse definitivamente isolato l'azione della CGIL e la campagna che il Partito Radicale conduceva da tre anni contro il malgoverno di questo ente pubblico, contro il rovesciamento della sua politica economica, contro la azione di corruzione esplicata nei confronti delle forze politiche e della stampa, contro la politica di privatizzazione e di ridimensionamento aziendale praticata, dopo la morte di Mattei, dai nuovi dirigenti dell'ENI.
Il mito degli anni cinquanta - quello democratico e "laburista" dell'economia a due settori come terza strada fra capitalismo e comunismo - sembrava ancora condizionare i partiti della "sinistra democratica", i Nenni e i La Malfa, tesi a contrabbandare, con il centro-sinistra, una volontà di programmazione che ormai esisteva soltanto come formula propagandistica.
Proprio con il centro-sinistra, gli enti pubblici e le nazionalizzazioni contribuivano a rinsaldare e a diffondere la morsa del potere DC sul paese, agivano come fonti inestinguibili di corruzione e di foraggiamento, realizzavano su ogni piano, da quello della politica economica a quello sindacale, la più stretta integrazione con la politica e gli interessi dei tradizionali padroni del vapore, i grandi monopoli privati. Dietro tutto questo c'era, e rimane, un grave errore di valutazione condiviso anche dalla opposizione di sinistra, condivisa dagli stessi comunisti: che il trasferimento di importanti settori dell'economica dalla mano privata a quella pubblica costituisse comunque e in ogni caso un fatto di progresso indipendentemente dalle forze chiamate a dirigere e a gestire i nuovi enti che venivano costituiti; che questi obiettivi di riforma del sistema economico potessero costituire una scelta suscettibile di turbare e di mettere in crisi la DC. I fatti hanno però dimostrato come la DC non sia mai stata
in questi venti anni un partito "moderato" o "conservatore" nel senso tradizionale della espressione, teso a limitare o a contestare l'intervento dello Stato nella economia. La DC è il partito "unico" dei cattolici di ispirazione integralistica e totalitaria; e tale rimarrà fino a quando importanti forze sociali del mondo cattolico non si saranno sottratti alla egemonia clericale della Chiesa. Il suo obiettivo è stato piuttosto quello di impossessarsi di tutte le leve di potere che le riforme le offrivano, al fine di svuotarne i contenuti innovatori e di estendere il proprio controllo sullo Stato.
Questi errori di valutazione hanno impedito di prendere atto per altre due anni del grave processo di involuzione che caratterizzava la politica dell'ENI, della esattezza e della obiettività della campagna che il Partito Radicale conduceva contro i dirigenti di questo ente e che veniva invece, ingiustamente, considerata settoriale e scandalistica.
Non è quasi passato giorno in questi due anni che non confermasse la validità dei dati di valutazione offerti dalla nostra campagna di informazione e dalle nostre denunce: dalla politica di allineamento alle condizioni poste dalle potenti società petrolifere del cartello internazionale alla lunga serie degli accordi stipulati con la ESSO; dal fallimento dei programmi di costruzione di oleodotti nell'Europa centrale allo smantellamento della rete di distribuzione internazionale che Mattei aveva voluto impiantare, convinto che la lotta per l'indipendenza dell'approvvigionamento energetico dovesse essere portata fuori dei confini del paese; dalla improvvisa cessazione della politica concorrenziale, in precedenza esercitata sui prezzi dei prodotti chimici nei confronti della Montecatini e della Edison al quasi completo abbandono della politica di ricerca; dalla progressiva riduzione della presenza in Africa e nel terzo mondo a pura e semplice, anche se redditizia, presenza commerciale, alla politica dei ridimens
ionamenti aziendali, alla "privatizzazione" di importanti settori di produzione e di vendita con gravi conseguenze sulla occupazione, ad una politica sindacale oppressiva e discriminatoria. Contemporaneamente, mentre tutto ciò si verificava, la classe dirigente dell'ENI dimostrava quale potere, e quale pericolo, rappresentasse nello Stato e nell'equilibrio politico italiano quali influenze e quali appoggi fosse in grado di mobilitare in propria difesa. Quando accuse gravi e spesso documentate, responsabilmente mosse dai radicali sui metodi di gestione dell'ente e mai smentite dagli interessati, indussero la magistratura ad aprire una inchiesta giudiziaria, un rigoroso controllo sulla stampa, realizzato attraverso sovvenzioni e finanziamenti di ogni genere, impedì all'opinione pubblica italiana di esserne informata. Potemmo affermare, ed eravamo in grado di provarlo, che un giornale neofascista," Lo Specchio, "aveva ricevuto nel giro di due anni dall'ENI, a titolo di "pubblicità redazionale" e di "collaborazi
one giornalistica", voci che non comprendono le normali inserzioni pubblicitarie, finanziamenti per circa mezzo miliardo di lire; che il giornale di un partito che dimostra di essere attento e sensibile ai problemi dello Stato, la" Voce Repubblicana, "ne aveva ricevuti in un solo anno per circa 170 milioni. Non può meravigliare quindi che Ugo La Malfa, ex ministro del Bilancio, abbia dovuto dichiarare di essersi trovato costretto ad abbandonare alcune riunioni quando si parlava di enti pubblici. Né può meravigliare che i dirigenti delle Partecipazioni statali abbiano trovato sui banchi del governo in Giorgio Bo, uomo della "sinistra" democristiana, un ministro sempre rispettoso della loro "autonomia" aziendale. Una nuova classe di "padroni del vapore" si è così costituita all'interno stesso delle strutture dello Stato, capace di condizionarne l'autonomia e la possibilità di intervento quanto e più delle forze economiche dell'industria privata.
Anche se molto tempo è stato perduto, e molte cose sono avvenute in questo periodo, anche se oggi la lotta parte da condizioni più difficili e più deboli, molto è ancora possibile e necessario fare. La piattaforma politica e rivendicativa presentata al Convegno di Roma dai sindacati della CGIL, i discorsi pronunciati in quella sede dai rappresentanti dei partiti della sinistra che vi sono intervenuti, creano le premesse per una azione unitaria che restituisca l'ENI e gli enti di Stato alle loro funzioni. La lotta per la realizzazione di questi obiettivi passa attraverso la rivendicazione di un radicale mutamento della loro politica economica; attraverso rapporti interni che garantiscano ai lavoratori possibilità di controllo almeno su alcuni aspetti della politica aziendale; attraverso, infine, una regolamentazione giuridica che riconduca questi enti, e in primo luogo l'ENI, nell'ambito dello Stato di diritto, restituendo effettivi poteri di controllo amministrativo e politico rispettivamente alla Corte dei
Conti e al Parlamento."