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Pannella Marco - 1 maggio 1967
Ma che cosa vuole Nenni?
di Marco Pannella

SOMMARIO: Sin dalle prime manifestazioni pubbliche si constata un sempre maggiore entusiasmo intorno all'iniziativa laica e divorzista della LID. Nei comizi, più che parlare della necessità della riforma e della bontà del progetto Fortuna, è necessario soffermarsi sugli ostacoli che si vanno frapponendo alla approvazione della proposta di legge divorzista. Si combatte una battaglia quotidiana perché l'opinione pubblica sia informata quotidianamente di quanto accade nelle aule parlamentari. Pietro. Nenni, invece, sembra ormai schierato a favore delle correnti antidivorziste che si battono perché il provvedimento non venga esaminato dal Parlamento. Egli infatti ha affermato che, a suo giudizio, non vi sarebbero speranze di vederlo approvato e che quindi sarebbe "più facile" mandare avanti il progetto Reale di riforma del diritto di famiglia e di inserire in esso il progetto Fortuna come emendamento aggiuntivo: "non ci si dovrebbe trattare come degli imbecilli, raccontandoci storie che non reggono ad un solo i

stante di attenzione". Nenni in realtà teme che la DC non riconosca ai parlamentari laici il diritto di votare secondo coscienza: teme che le reazioni clericali al doveroso proseguimento ed alla indilazionabile conclusione dei lavori della Commissione Giustizia possano ripercuotersi sulla già difficile situazione governativa.

(BATTAGLIA DIVORZISTA N. 7, maggio 1967)

Son passate poche ore dalle manifestazioni di Bari e di Lecce, nelle quali, una volta di più, con l'on. Loris Fortuna, abbiamo potuto constatare che l'entusiasmo popolare per la battaglia laica e divorzista della LID non fa che accrescersi, conferendo ai nostri comizi una forza che le maggiori organizzazioni di massa del nostro Paese considerano con preoccupata attenzione.

Dalle nostre delegazioni, dai dibattiti, dalle piazze di tutto il paese la volontà di lotta, la speranza di riuscire ad imporre la riforma che propugniamo, l'invito all'intransigenza si rafforzano e si tradiscono nei primi incoraggianti risultati della petizione popolare per il divorzio.

Ovunque, spesso in prima linea, militanti ed esponenti del Partito Socialista Unificato assicurano un apporto prezioso e convinto alle iniziative della LID. A Forlì, a Rimini, a Pisa, a Mantova, a Padova, ed in decine di altre città le federazione del PSU hanno invitato in queste settimane l'on. Fortuna a manifestazioni divorziste di partito. A Torino, a Genova, a Napoli, amici come gli avvocati Segre e Cutolo e il dott. Augusto Ricci, riscontrano ogni giorno che il loro impegno di socialisti e di divorzisti trovano una impareggiabile accoglienza tra i loro compagni di base, nelle sezioni nei circoli, nelle associazioni. Amiche socialiste come Maria Magnani Noia o Maria Papalia, o l'avv. Ada Picciotto, riscontrano anche loro, ogni giorno, quale grado di appassionato consenso alle proposte dell'on. Loris Fortuna si sia venuto creando fra le donne del PSU.

L'on. Renato Ballardini, l'altro parlamentare socialista che conduce con rigore e intensità la stessa nostra battaglia, dal Trentino all'Umbria, e molto spesso come promotrici di serie iniziative sezioni e federazioni del PSU.

Non sono, questi, che alcuni esempi di una situazione evidente e incontestabile.

Ma di che cosa, ormai, andiamo parlando in queste innumerevoli manifestazioni? Della generica opportunità dell'istituzione del divorzio? Della bontà del progetto Fortuna? Certo. Ma, in misura ancora maggiore, degli ostacoli che si stanno frapponendo fra noi ed il nostro obiettivo e, più precisamente, dall'intollerabile comportamento delle forze parlamentari che sembrano puntare sull'"insabbiamento" del progetto di legge divorzista.

Stiamo conducendo, tutti, socialisti e no, una lotta senza riserve perché l'opinione pubblica sia informata giorno per giorno delle concrete situazioni parlamentari e politiche in cui ci muoviamo. La risposta, unanime, è la rivendicazione di un voto chiaro ed immediato da parte della Commissione Giustizia della Camera: è infatti questo, e non altro, il nodo da tagliare.

Gli amici socialisti, non meno di quelli radicali, o repubblicani, o comunisti, o socialproletari o liberali, manifestano nelle nostre riunioni questa convinzione e la diffondono.

Eppure, per Pietro Nenni, le cose sembrano non stare affatto così: anzi. Egli sembra ormai schierato fra coloro che corrono in sostegno delle traballanti e costernate posizioni dello schieramento parlamentare antidivorzista che appare protervo e senza mezze misure nel rifiutare ogni discussione sul progetto Fortuna ma che è spaventato dall'idea che il paese sia nuovamente informato e possa pienamente valutare e condannare la loro scelta.

Incontrandosi con gli esponenti di una nostra delegazione Toscana, Pietro Nenni ha la settimana scora in sostanza affermato che non esistono ormai speranze di andare avanti con la discussione in Commissione Giustizia del progetto Fortuna, e che forse l'unica soluzione potrebbe esser data dal tentativo di risuscitarlo (come emendamento?) in aula quando vi arrivasse il progetto Reale sulla riforma del diritto di famiglia. Ora, voler togliere le castagne dal fuoco all'on. Zappa, per consegnarle all'on. Bucciarelli-Ducci, è comprensibile; ma per parte mia ritengo che, almeno, non ci si dovrebbe trattare come degli imbecilli, raccontandoci storie che non reggono ad un solo istante di attenzione.

Il progetto Reale deve infatti ancora iniziare il suo itinerario di commissione. E' giunto alla Commissione Giustizia "nove mesi dopo" che questa aveva iniziato a dibattere del progetto Fortuna; è di una complessità e di una estensione infinitamente maggiore di quello; da ogni parte (favorevole o contraria al progetto del ministro della Giustizia) se ne è sottolineato il carattere anche "tecnicamente" affrettato e spesso infelice. Quando Nenni dice che purtroppo sarà difficile - "non impossibile" - che esso compia il suo itinerario parlamentare, ne traiamo due conclusioni: che è "più facile" mandare avanti, con la speranza di andare in porto, il progetto Fortuna che quello Reale; che la decisione di tentare di abbinare la discussione del progetto Fortuna a quello sulla riforma per il diritto famigliare, avvallata in casa Nenni all'inizio di novembre, e servilmente fatta propria dall'on. Zappa, non era altro che una manovra sabotatoria, e che la LID ebbe allora ragione nel dichiararlo.

E ancora: come può essere credibile l'ipotesi di una proposta di inserimento del progetto Fortuna, in aula, come emendamento aggiuntivo al progetto Reale, quando questo, che impegna il governo e la maggioranza, ha come sua principale caratteristica propria la conferma dell'indissolubilità del matrimonio?

Come potrebbe il Governo, nel caso di una proposta parlamentare del tipo di quella evocata dall'on. Nenni, non impegnare la propria esistenza, non porre la fiducia e non "imporre" a tutti i parlamentari del centro-sinistra il rispetto di accordi di governo?

La verità, in tutto questa storia, è semplice e va apertamente denunciata: Nenni teme che la Democrazia Cristiana non riconosca il diritto, nemmeno in Commissione Giustizia, ai parlamentari laici di votare secondo coscienza e di battere ancora una volta lo schieramento clerico-fascista anche sul merito del progetto Fortuna. Nenni, non meno che altri esponenti governativi laici teme che le reazioni clericali al doveroso proseguimento ed alla indilazionabile conclusione dei lavori della Commissione Giustizia possano ripercuotersi sulla già difficile situazione governativa. Nenni sa che questo atteggiamento del gruppo di potere clericale è illegittimo, oltre che reazionario e oscurantista. Nenni non può ignorare il discredito che cadrebbe sul Parlamento se questo non avesse la capacità di compiere il suo dovere, e se l'on. Zappa continuasse a tenere sospeso il dibattito sul progetto Fortuna; sa che questo fatto costituirebbe una palese violazione ed una mortificazione patente del diritto di iniziativa parlament

are. E, da vecchio ed esperto parlamentare, non può ignorare il fatto che senza l'allineamento socialista alle pretese della Democrazia Cristiana questa manovra sarebbe già stata sventata e denunciata da mesi, o per lo meno, lo sarebbe o lo sarà nei prossimi giorni.

E' quanto ci auguriamo; è quanto esigono non solo la LID, ma l'enorme maggioranza dei militanti, degli iscritti, degli elettori del PS, non meno che quelli del PSIP, del PRI, del PR e anche del PLI.

Insomma, diciamolo chiaro: si ha paura di "lasciar votare" per il divorzio, in Commissione Giustizia, coloro che sono stati inviati in Parlamento da un elettorato laico e democratico. E' peggio di una colpa; è un grave, gravissimo errore. Se ne convinca Nenni, finché è in tempo. Lo convincano i nostri compagni ed amici, impegnandosi ancora più intensamente nella raccolta delle firme per la petizione; comunicando anche all'on. Nenni, all'on. Zappa, ai commissari della Commissione Giustizia, ai parlamentari delle loro circoscrizioni, quanto decine e decine di migliaia di italiani ci dicono nelle loro manifestazioni di appoggio alla LID, quante centinaia di migliaia di separati già gridano con sdegno e disperata determinazione.

Se questo sarà fatto, fra breve si voterà in Commissione Giustizia. E siatene certi, si voterà bene: perché saremo molto attenti a che l'"Osservatore Romano", "Il Popolo", "Il Secolo", "L'avvenire d'Italia" non possano scrivere di nuovo come scrissero dopo il voto della Commissione Costituzione, che la assenza di deputati laici come il "liberale" on. Bozzi non costituiva altro che complicità con gli Almirante ed i Padre Rotondi.

Ogni divorzista, ogni separato, ogni laico, sa quindi quale è il suo compito, per questi giorni. Ci si ricordi che vana è la protesta che resta circoscritta in una quotidiana mormorazione privata. Domani come elettori, oggi come cittadini, ricordiamo che la classe dirigente non può ignorarci, se ciascuno di noi farà udire la sua voce a chi deve intenderla senza rischiare d'essere condannata e travolta.

 
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