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Battaglia Divorzista - 1 luglio 1967
A CIASCUNO IL SUO

SOMMARIO: Abbiamo sempre affermato che per condurre avanti una valida battaglia divorzista era necesaria la mobilitazione generale e il personale sacrificio di molti; tuttavia dobbiamo dire che nonostante gli appoggi sempre crescenti alla nostra azione politica, la risposta alla LID in termini di adesioni è stata deludente. Ciascuno di noi compia l'analisi di coscienza rispetto a quel che poteva fare e che non ha fatto, l'ottimismo in questa fase sarebbe sbagliato.

(BATTAGLIA DIVORZISTA N. 8, luglio 1967)

"Abbiamo affermato, durante un anno difficile, in ogni occasione, che era possibile ottenere il divorzio perfino in questa legislatura. Abbiamo anche espresso l'opinione che se "questa" nostra battaglia dovesse arenarsi o essere perduta, la maledizione dell'indissolubilità continuerebbe a gravare sil matrimonio italiano, aumentando spaventosamente il numero dei "fuori legge" e aggravando le sventure, delle quali essi sono vivente testimonianza.

Queste due nostre affermazioni restano ugualmente vere oggi che "L'Espresso", quest'antico dell'ultim'ora, afferma che "si avrà il divorzio entro un anno" dopo averci tacciato di massimalismo, e dopo aver tentato, per tutto contributo "laico", di rilanciare la proposta di render dissolubili solo i matrimoni civili.

Pensiamo quindi di poter parlare con serenità e credibilità alle molte migliaia di donne e di uomini cui arriva questo giornale, rivolgendo loro le parole chiare che si debbono, in ogni caso, gli amici.

Il centinaio di esponenti della Lega, che, nelle delegazioni e negli organi dirigenti nazionali, hanno animato la lotta, portandoci ad avere ragione di tanti ostacoli, a confermare ed estendere la speranza per milioni di persone, a svegliare una classe politica abulica e cinica, hanno sempre ammonito quanti ritengono l'obiettivo divorzista necessario e urgente che lo si sarebbe raggiunto solo con una generale mobilitazione ed il responsabile sacrificio di molti, e non dei soliti pochi.

Abbiamo detto, scritto e ripetuto che le iscrizioni alla LID, il contributo di danaro e di lavoro" proporzionato alla possibilità di ognuno, "un capillare lavoro di propaganda presso i familiari, i parenti, gli amici, i compagni di lavoro o di impegno politico o sindacale o associativo, costituivano un elemento determinante, una condizione non superabile per arrivare in porto con la legge Fortuna.

Quest'anno, da questo punto di vista, la risposta è deludente: preferiamo dirlo chiaramente. Anziché moltiplicare gli iscritti, la LID li ha visti diminuire. Poiché nelle conferenze, nei dibattiti, nei teatri, nelle piazze, in ogni nostra manifestazione, il numero dei partecipanti e dei sostenitori è invece incredibilmente cresciuto, poiché un tessuto organizzativo in passato del tutto inesistente è stato bene o male creato e sviluppato; poiché quanto ci eravamo impegnati a fare insieme, e molto di più, è già stato fatto, non possiamo che attribuire alla vecchia abitudine italiana d'esser sudditi e non cittadini, d'esser responsabili e onesti solo nelle proprie "private" faccende (con una nozione di quel che è "privato" e "pubblico" buona al massimo per l'epoca degli Stati Pontefici), di mancanza di spirito associativo e di penso democratico il fatto che deprechiamo.

Per questo, proprio in un numero di giornale che per il resto non è che una prova di quanto sia cresciuta la nostra forza, di quanto cammino abbiam fatto e ci accingiamo a fare, intendiamo ribadire che sarebbe stolto ottimismo pensare ora "di farcela", come stolto pessimismo era ieri l'inerte rassegnazione, se con l'occasione della petizione, del congresso, della mobilitazione a nostro favore della opinione pubblica, della stampa e dei partiti, non pensassimo innanzitutto a rafforzare organizzativamente la LID, moltiplicando lo sforzo per le iscrizioni, per la propaganda, per una sua autonomia e capacità anche finanziaria.

Ciascuno compia un'analisi di coscienza e confronti quel che poteva fare e far fare e quello che ha fatto. Agisca poi di conseguenza.

Gli amici ci perdoneranno questa franchezza, che a certuni parrà eccessiva, o tatticamente poco opportuna. Ma non siamo soliti arrogarci il diritto di ritenere che la concreta verità sia buona solo per pochi; né abbiamo la abitudine di raccontare frottole e di incoraggiare le beate illusioni in chi crea invece con l'inerzia e la passività le premesse per i propri ineluttabili guai".

 
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