Questo documento è stato redatto da Angiolo Bandinelli - Silvio Pergameno - Massimo Teodori
SOMMARIO: Rivolgendosi espressamente alla classe dirigente della sinistra italiana, il "libro bianco" si propone di ovviare, almeno parzialmente, alla disinformazione e all'ostracismo sul Partito radicale con cui gli apparati dei partiti della sinistra tentano di soffocarne la vita.
4. Alcune iniziative
4.1. L'ENI
4.2. La proposta Thirring
4.3. La scuola
4.3.1. L'ADESSPI (Associazione per la Difesa e lo Sviluppo della Scuola Pubblica Italiana)
4.3.2. Il Comitato promotore del SNSP (Sindacato Nazionale della Scuola Pubblica)
4.3.3. Il movimento studentesco
4.4. Il CUSI
4.5. Assistenza e previdenza pubblica
(EDIZIONI RADICALI - bozze di stampa - ottobre 1967)
4.1. L'ENI
Sull'ENI, e sulla battaglia che il Partito Radicale, in particolare nel 1964, '65 e 66, ha impegnato per chiarirne la reale funzione e la politica, con Mattei e con i suoi successori, solo un libro potrebbe fornire tutta la necessaria documentazione.
Questo libro è, d'altra parte, in preparazione; tenteremo qui di riassumere alcuni aspetti di questa lotta che ha determinato in buona parte l'ingiusto isolamento del Partito Radicale ed il tentativo di stroncarne l'azione e la ripresa.
Nel maggio 1964, il capitano dei carabinieri Varisco, su mandato della Procura Generale della Repubblica di Roma (retta in quel periodo dal Procuratore Giannantonio), comunicò ai massimi dirigenti dell'ENI, - senza troppi complimenti e senza preavvisi ufficiali - la convocazione da parte dei sostituti procuratori Saviotti e Bruno. Da Eugenio Cefis a Girotti, da Bartolotta a Niutta, a molti personaggi dell'apparato amministrativo dell'AGIP e delle relazioni pubbliche dell'ENI, l'intero stato maggiore del più "potente e prepotente Ente di Stato" (più moderno e efficace dell'altra bestia nera di Ernesto Rossi, il feudo di Bonomi) dovette rispondere alle domande che i due magistrati rivolgevano loro. In pratica, era stata aperta, un'istruttoria sommaria, anche se sul piano tecnico procedurale si usava l'accortezza di parlare di "atti preliminari". Non diversamente, non molto tempo prima, un uomo molto meno potente, che dirigeva un organismo lillipuziano in confronto all'ENI, Felice Ippolito, Segretario del CNEN,
aveva cominciato a percorrere la strada che doveva portarlo in carcere e ad una condanna non lieve.
Tutti ricorderanno il clamore enorme che accompagnò, sulla stampa nazionale e internazionale, la prima "convocazione" di Felice Ippolito da parte dei magistrati che operavano anch'essi in fase di "atti preliminari". Il Procuratore Generale Giannantonio aveva inoltre (ancora) fama di uomo indipendente ed imprevedibile. L'intera classe politica, per propria esperienza, sapeva che i metodi dell'ENI erano, in confronto di quelli del CNEN, infinitamente più efficaci e disinvolti; che il suo intervento corruttore e condizionatore nella politica era ben più massiccio di quello che Felice Ippolito non avesse realizzato con pochi milioni di volta in volta destinati - in modo certamente condannabile - ai suoi amici politici (fra i quali è bene ricordare l'ambiente, se non il Partito, radicale).
La stampa, poi, era la meglio qualificata per sapere che dietro il fumo d quelle convocazioni non poteva che esservi un sostanzioso eccezionale arrosto. Invece, sorprendentemente, l'opinione pubblica non s'accorse nemmeno degli eccezionali movimenti a Palazzo di Giustizia; di un avvenimento che provocava vorticosi giri di consultazioni e ricatti nelle altissime sfere della politica, della giustizia, dell'economia pubblica, non si seppe nulla.
Cos'era accaduto?
Nel dicembre 1963 il Partito Radicale aveva informato le Direzioni degli altri partiti di sinistra (ufficialmente dove esistevano già contatti che consentissero, o attraverso incontri con esponenti con i quali vi fossero rapporti di fiducia o di collaborazione) di avere raccolto elementi e documenti di estrema gravità nei confronti della politica dell'Ente di Stato, dai quali scaturiva la convinzione che l'ENI fosse ormai nella fase conclusiva di una formale conversione "a destra" che, d'altra parte, in base ad una analisi approfondita, si vedeva risultare dalla stessa "linea Mattei".
Le risposte erano state illuminanti quanto incredibili. Da una parte una sorta di monito, con rifiuto di giustificazione, a non inoltrarci in questa iniziativa, pena la rottura di ogni collaborazione. Da un'altra, il lamento che si sarebbe così fatto il "gioco della destra". Da un'altra ancora l'invito ad andare avanti, ma senza contare minimamente, nella fase iniziale, su qualsiasi appoggio o consenso pubblico.
Non crediamo di fare alcunché di scorretto se ricorderemo qui una frase di uno dei rari uomini politici che, senza esporsi e senza forse averne la possibilità, mostrò di rendersi conto della gravità e dell'importanza dell'iniziativa del Partito Radicale: Matteo Matteotti. A più riprese egli ebbe a dichiarare: "Può essere il caso Dreyfus di questa classe dirigente italiana..."
Il PR non aveva di queste illusioni. La campagna iniziata nel gennaio 1964 aveva due presupposti: la convinzione che la "Sinistra" fosse totalmente precipitata in una analisi grossolanamente errata della politica dell'Ente di Stato e che non avrebbe potuto che difenderlo per difendere le proprie responsabilità, fin quando non si fossero creati nel movimento operaio e democratico i presupposti per imporre una diversa politica; la certezza che la "Destra", la quale ne appariva come il principale nemico, in realtà ne fosse ormai l'alleato convinto, il più oggettivamente interessato alla sua difesa.
Cercammo di convincere i compagni delle direzioni dei Partiti della necessità di considerare con noi l'opportunità di una azione comune. Dichiarammo che avremmo volentieri rinunciato ad una nostra, sicuramente inadeguata, iniziativa diretta solo che avessimo potuto contare sul maturare di quella di almeno una delle tre maggiori forze della Sinistra.
Nulla. Solo minacce, appena velate, e la convinzione che non avremmo osato nemmeno avviare la nostra lotta.
Così su "Agenzia Radicale" iniziammo una battaglia, che non intendiamo affatto ritenere chiusa, e che è l'ora che i nostri compagni della Sinistra, almeno coloro che la rappresentano in Parlamento e nei consessi dei Partiti, possano giudicare liberamente; condannandoci se lo credono, ma almeno con cognizione di causa.
Quando l'inchiesta giudiziaria prese l'avvio, le forze sindacali avevano ritrovato margini non secondari di iniziativa, vista la debolezza in cui la campagna del PR aveva gettato il gruppo dirigente. L'ENI, grazie ad iniziative di Cefis, riuscì ad ottenere un po' di respiro da quanti, forze politiche e individui, vivevano ormai delle sue sovvenzioni ed a interrompere l'emorragia di danaro e di concessioni cui ormai era costretta da una classe politica dirigente corrotta e corruttrice.
Ma vista la gravità e la precisione della documentazione che eravamo i grado di fornire ai magistrati inquirenti, si determinò una situazione di panico. In due giorni, per esempio, si trasferirono a Milano nottetempo, senza alcun preavviso, "sei piani" del grattacielo dell'EUR: in genere tutta la documentazione amministrativa e contabile e altri documenti.
E' noto che a Milano, in quel periodo, due altissimi magistrati continuavano a condurre battaglie sanfediste e moralizzatrici. Uno di questi, notoriamente, divideva molto proficuamente il suo tempo fra l'esercizio della giustizia, e attività commerciali intense e fortunate. Ambienti molto vicini al generale De Lorenzo inoltre potevano assicurare, come vedremo, altre garanzie di tranquillità nel caso, improbabile, di indagini a San Donato e dintorno. Altri documenti venivano bruciati, da persone ed in circostanze individuate e segnalate alla Magistratura.
L'isolamento del PR, al vertice, era pari solo allo splendido slancio spontaneo con il quale i lavoratori, non solo del gruppo ramano, di ogni grado (non esclusi i più umili e - qualche volta - fra i più elevati), molti dei quali probabilmente avevano ignorato fino ad allora la pura e semplice esistenza del PR, prendevano contatto con noi a proprio rischio, dandoci ogni sorta di aiuto e, in definitiva, la possibilità di sviluppare una azione la cui vastità sorprendeva innanzitutto noi che la conducevamo: nel pieno della caccia alle streghe aziendale, a pochissimi piani di distanza da quello del dr. Cefis, il 27 maggio 1964 veniva fatta una colletta fra i dipendenti. Al Partito Radicale giunse, portata da un impiegato fino ad allora sconosciuto, una busta con oltre centomila lire! Servì per un nuovo numero di "A.R.".
Sapevamo che ormai difficilmente sarebbe stato possibile impedire un seguito clamoroso, e non più forse soffocabile, agli atti preliminari in corso. Le iniziative stesse prese contro di noi, o per trovare un compromesso con noi, lo dimostravano. Si giunse perfino a tentare di corrompere gli impiegati di un avvocato presso il quale si pensava che sarebbe stato redatto un promemoria generale (che per motivi di prudenza invece non intendevamo affatto compilare) per i magistrati inquirenti.
Ma, alla fine, fu imboccata la via giusta: nel giugno, forse a poche ore da decisioni che attendevamo, tutti i giornali italiani pubblicarono con grande rilievo, anche quelli di parte confindustriale e operaia, la notizia di un discorso fatto da Papa Montini ai massimi dirigenti dell'ENI, ricevuti alla vigilia. Erano, quelle pronunciate dal Pontefice e così ampiamente riprese da tutta la stampa, parole chiare, anche per il peggior sordo: vi si magnificava come esemplare cristianamente e civilmente esemplare, la gestione dell'ENI e i suoi dirigenti venivano additati ad esempio.
Sono passati anni, abbiamo continuato fin dove possibile questa battaglia di chiarificazione. Questa istruttoria non è ancora archiviata, ma con non troppo singolare coincidenza, dopo il monito di Montini, anche la Magistratura, come ogni altro organo di controllo, di accertamento della verità, di repressione degli eventuali illeciti, non ha più dato segni di vita.
Ma l'indicazione di questa prima fase di lotta resta valida e aperta, fondata com'è su elementi oggettivi della situazione italiana. Se la classe politica fu solidale fino in fondo, non è detto che possa restarlo dinanzi ai dati nuovi forniti in questi anni della cronaca politica.
Avevamo insistito ed insistiamo sui seguenti punti:
"a") la Sinistra rischia di trovarsi coinvolta nella difesa di una forma capitalismo di Stato, con fortissime venature corporativistiche che, praticamente, è un anello essenziale della costruzione tecnocratica, neocapitalistica, tendenzialmente autoritaria. Questo capitalismo di Stato, gli Enti in cui si incarna, sono puntuali protagonisti, dinanzi all'opinione pubblica, di scandali e di corruzioni: da potenziale e oggettiva vittima la Sinistra, con il movimento democratico ed operaio, rischia di comparire invece come fautrice di forme di gestione dello Stato che "oggi, qui, in Italia", sono invece strumenti di regime.
"b") l'integrazione dell'ENI al regime doroteo è ormai un fatto acquisito. Se non si riconsiderano urgentemente gli errori compiuti in questo campo, la Sinistra può rischiare di essere paralizzata dinanzi anche a fatti gravissimi, pur sempre possibili ancor oggi, e non solo nel momento in cui il PR ha sentito l'urgenza di fare questa battaglia, di denunciare gli strettissimi contatti dell'ENI con il Presidente Segni, con il mondo confindustriale, con la Destra, con il mondo clericale. E' sintomatico, ad esempio, che, in occasione dello scandalo SIFAR nessuno abbia fatto notare che il nome di Allavena appariva non solo fra i concessionari della FIAT, ma anche fra quelli dell'AGIP; che la carriera di Allavena si è svolta parallelamente al suo incontro con Enrico Mattei, presso cui l'ufficiale, poi capo del SIFAR, era stato distaccato nel periodo delle minacce dell'OAS contro il Presidente dell'ENI. Da allora Allavena, ed il gruppo degli ufficiali delorenziani, hanno assicurato all'ENI una collaborazione intens
a, ben ripagata. Fra le tonnellate di materiale frettolosamente sottratte alle eventuali indagini del procuratore Giannantonio non mancavano i moltissimi "dossiers" che l'ENI aveva accumulato contro l'intera classe politica italiana. E' già stato indicato come il figlio dell'ex capo del SIM Roatta è (od è stato fino a poco tempo fa) un rappresentante dell'ENI in Africa. Da molte parti si afferma che le funzioni di protezione di Paolo VI da parte del SIFAR e personalmente di Allavena, siano dovute alla grande stima reciproca, ed alla collaborazione di questo ufficiale con il dirigente ENI dr. Restelli. Stranamente, nella ricostruzione delle settimane difficili della democrazia italiana del 1964, dei contatti e delle iniziative di Segni, di De Lorenzo ed altri, non è stato mai notato che fra le personalità con le quali l'allora Presidente della Repubblica si consultò, poche ore o minuti prima di incontrare gli on. Moro e Saragat, fosse l'allora vice-presdiente dell'ENI dottor Cefis, al quale Segni apparve in c
ondizioni esasperate: disposto a giocare carte che potevano anche fargli rischiare l'esilio, pur di salvare il Paese da quello che gli sembrava essere lo sfacelo economico e politico dello Stato. E' utile inoltre ricordare che l'"imprecisato" Ente, a nome del quale si tentò di corrompere a Ravenna la minoranza pacciardiana del Congresso Repubblicano, altri non era che l'ENI; risulterebbe anche che il giornalista indicato come uno dei due incaricati della missione ignorava o poteva comportarsi come se ignorasse che il suo compagno era in realtà un qualificato rappresentante dei servizi di sicurezza dell'Esercito, e non un funzionario dell'ENI. Anche questo aspetto della vicenda ci sembra debba essere chiarito.
"c") non si tratta, solo, o innanzitutto, di politica economica. Un gruppo di potere che controlla attraverso suoi uomini, spesso attraverso suoi funzionari, organi di controllo, stampa (di ogni tipo), organismi di programmazione pubblica, organizzazioni e partiti di sinistra non meno che quelli di destra, che ha il potere di varare a suo beneplacito leggi e regolamenti, che fa e disfa ministri, che (com'è noto specialmente ai parlamentari) in alcune occasioni ha preteso di determinare anche episodi di estremo rilievo come l'elezione del Capo dello Stato, che ha rapporti strettissimi con l'alto clero, la polizia, l'esercito, che è oggi diretto con criteri aziendali moderni, razionali, formalmente corretti rappresenta un pericolo gravissimo e vanifica in realtà il gioco democratico. Questo, anche a prescindere dal fatto della sua organica integrazione al mondo industriale e finanziario tradizionale, in Italia ed all'estero.
Non ci resta da aggiungere che, in questi anni, abbiamo avuto occasione di analizzare, al di là della polemica, della lotta, direttamente con alcuni fra i massimi esponenti dell'Ente di Stato, la situazione. Abbiamo meglio compreso la logica oggettiva oggettiva di certi fatti che sono già presenti in nuce, ma inequivocabilmente, nella decantata o denigrata "linea Mattei". Abbiamo noi stessi sperimentato l'impossibilità di stabilire contatti che non fossero obiettivamente corruttori, al di là delle singole volontà, anche se non necessariamente in termini configurabili come illeciti penali. Abbiamo voluto, accettando contatti personali, sperimentare alcune forme di "lecita" collaborazione e di "lecita" strumentalizzazione di questi rapporti. Anche questo è stato un capitolo istruttivo ed utile. Ma sempre più siamo convinti che l'iniziativa che ha isolato così gravemente dai vertici dei Partiti di sinistra il Partito Radicale sia stata giusta e costituisca un contributo non indifferente al progredire di una eff
ettiva alternativa, democratica ed unitaria, all'attuale regime.
"d") E' necessario restituire una effettiva libertà di azione e di lotta sindacale in questo settore. Senza il franco, effettivo, duro appoggio della stampa, dei partiti si Sinistra, e della centrale sindacale della Sinistra, che tuttora manca anche se la situazione è migliorata, le battaglie allora sostenute, le indicazioni moderne, avanzate, fornite dai sindacati democratici del settore (il SILP come il SALA) nel vivo della lotta e in successive prese di posizione, anche sollecitate dalla Agenzia Radicale e ad essa concesse, e nelle quali veniva posto il problema di un effettivo avanzamento sulla via del controllo democratico, dei lavoratori, sull'Azienda di Stato, non potevano non rischiare di andare perdute. E in effetti quell'atteggiamento complessivo si è successivamente tradotto in un impoverimento del movimento sindacale e della sua capacità di lotta.
Sono passati pochi anni: ma sufficienti perché, a posteriori, vengano oggi generalmente riconosciute l'esattezza delle nostre analisi e la opportunità delle nostre proposte, allora contestate, dal successivo sviluppo della politica dell'Ente di Stato.
Ecco, in sunto, alcuni dei fatti che denunciammo, mai smentiti, anzi spesso confermati dagli stessi interessati:
1) l'AGIP aveva versato, in breve tempo, circa mezzo miliardo al settimanale di estrema destra "Lo Specchio", lo stesso che, lo si ricorderà, costituì un elemento essenziale della campagna contro Ippolito, e contro gli Enti di Stato (tranne l'ENI, naturalmente);
2) l'ENI aveva in pochissimi anni, solo attraverso l'AGIP, con operazioni contabili che avevamo individuato e che potevano e possiamo documentare, distorto dai suoi fini istituzionali, distribuito circa 20 miliardi per soffocare ogni libertà di stampa, indipendentemente dai potenti mezzi di pressione che gli derivavano dalla normale pubblicità commerciale;
3) l'ENI si apprestava a liquidare l'intero piano di insediamento di Europa Centrale, ed in particolare in Germania ed in Austria nel quadro di una politica di subordinazione oggettiva e di accordo con il potente cartello internazionale, attraverso cui non mancavamo di dare informazioni;
4) l'ENI, attraverso i suoi nuovi dirigenti, aveva ormai trovato una situazione di equilibrio e spesso di accordo con le forze economiche private confindustriali, realizzando nei settori SNAM e ANIC una politica di allineamento, di comportamenti consortili se non ancora di veri e propri accordi di tipo monopolistico;
5) si stava verificando un pieno inserimento, sotto la Presidenza Segni, del gruppo dirigente ENI nei pericolosi e poco chiari tentativi di tipo "doroteo" volti ad assicurare ""soluzioni di ricambio"" tecnocratiche in caso di impossibilità di proseguire una politica di Centro-Sinistra, che poteva apparire ancora davvero riformatrice; in particolare l'ENI si trovava in posizione strategica per controllare e paralizzare ogni controllo o ogni reazione di sinistra democratica, grazie alla riuscita opera di condizionamento, se non di vera e propria corruzione, della Sinistra e dei suoi apparati;
6) si era al punto in cui le lotte di lavoro aziendali, non solo venivano frenate e spesso impedite, anche da sinistra, ma, quando esplodevano, ci si trovava dinanzi al fatto inaudito che esse venivano taciute dalla stampa di sinistra, senza eccezioni. Citavamo già allora episodi di estrema gravità;
7) illustravamo la massiccia e riuscita opera di neutralizzazione di ogni forma di controllo, politica, parlamentare o governativa, sindacale o amministrativa, e la situazione di assoluta dipendenza in cui gli stessi ministeri preposti al suo controllo erano precipitati.
Si trattava di affermazioni fortemente documentate o motivate.
Parlamentari comunisti e socialisti presero inizialmente e spontaneamente contatto con il PR, per dare un seguito parlamentare e politico alla campagna. Ma erano parlamentari giovani e comunque periferici: dopo poco ci fecero sapere che i rispettivi partiti non consentivano loro, per vari motivi, le iniziative cui avevano pensato.
Sulla stampa non un solo rigo. Dall'estrema destra all'estrema sinistra, non una sola "fuga". Fu allora, in particolare come razione all'intollerabile comportamento nei confronti delle lotte sindacali in corso, che i radicali appoggiavano anche con picchettaggi, distribuzione di materiale, diffusione di notizie, che fornimmo un primo elenco delle sovvenzioni politiche destinate a provocare questi silenzi: ci limitammo ad un solo anno, ed alle sole voci iscritte nei ""bilanci riservati"" AGIP come ""collaborazioni redazionali"", che nulla avevano a che vedere con la normale pubblicità commerciale: la "Voce Repubblicana" era presente con circa 130.000 milioni, "Il Paese" per una somma molto maggiore, e, per somme minori variabili, "Il Tempo" e "La Civiltà Cattolica", "Il Mondo" e tutto l'arco, insomma, della politica italiana.
"Ma, in genere, si trattava di somme marginali, se comparate alle sovvenzioni convogliate con altre operazioni, verso l'ambiente cattolico".
Indicammo che per un "Comitato per le Nuove Chiese" presieduto dall'arcivescovo Montini si erano effettuati dei veri o propri falsi di bilancio di una società del gruppo per diverse centinaia di milioni (i dati sono in possesso della Magistratura), nel quadro di rapporti continui e stretti con gli ambienti vaticani e clericali assicurati dall'allora capo del personale del gruppo, dr. Restelli (oggi, tra l'altro, massimo dirigente della società editrice de "il Giorno"); individuammo perfino le vie bancarie e le modalità delle sovvenzioni urgenti dei periodi elettorali (la Magistratura ha perfino dei numeri di assegni bancari)...
Su un settimanale di sinistra, davvero per incidente, vennero riprese alcune di queste osservazioni e notizie, aggiungendovene altre, perlomeno imprudenti, comunque secondarie, e forse non veritiere. Visti i buoni rapporti con la forza politica che questo settimanale esprimeva, Cefis sporse querela. Tutto si compose con una ritrattazione e con il calare di una cortina di silenzio anche in quel settore. Sembra che dopo non molti mesi l'autore del servizio venisse assunto (ma per poco più di un anno, di più non era necessario) da "Il Giorno".
Rivolgemmo appelli, ufficiali e diretti, a tutte le forze democratiche.
Un fatto, in definitiva, ci pareva dimostrare la esattezza delle nostre iniziative. La Destra, già così clamorosamente in polemica con Mattei, dimostrava la più assoluta solidarietà con l'ENI: solo l'on. Zincone presentò una interrogazione su alcuni di questi fatti, come a sinistra l'on. Corrao. Ma i giornali confindustriali, l'on. Malagodi, il Partito Liberale, la destra democristiana, i fascisti, "Il Borghese", tutti tacevano.
Una pletora di ricatti e di postulanti si abbatté in quei giorni sui dirigenti dell'ENI, spesso costretti a subirli dall'eredità consegnata loro da Mattei, ma anche dalle loro scelte di politica aziendale.
Intanto, sul piano aziendale, iniziava la caccia alle streghe "radicali", agli informatori, ai nostri compagni cui in effetti dovevamo in buona parte (ma non certo esclusivamente) la forza della nostra iniziativa. Anche i compagni socialisti accusati di essere in contatto con il PR hanno perso in quel periodo, per sospetti in verità spesso ingiustificati, i loro posti di lavoro.
Il Procuratore Giannantonio non poteva non muoversi, a questo punto. I tentativi di farci tacere essendo falliti, fatalmente alcuni ingranaggi dovevano muoversi. La stampa internazionale, colta di sorpresa, spesso non ancora consapevole dei diversi rapporti che si stavano stabilendo fra il cartello internazionale e l'ENI, invitò il Segretario Nazionale del PR a tenere una conferenza stampa per illustrare le caratteristiche della situazione. Così, sia pure per breve periodo di tempo, l'opinione pubblica internazionale poté conoscere sull'ENI, sulla sua politica ed i suoi metodi quanto era accuratamente celato a quella italiana.
(mancano le pagine 42 e 43)
... Sinistra, in termini di classe, di continuità con il loro passato, di recupero di un internazionalismo e di un antimilitarismo non meno mortificato dalla Destra che dalla accettazione della logica della politica di potenza, nello schieramento internazionale, da parte del partito russo? "L'Avanti!", invece, già oscillava fra un "neutralismo" che poneva sullo stesso piano l'imperialismo e l'antimperialismo, la disinformazione e l'evasione di un astratto neo-neutralismo rispettoso della NATO e, anch'esso, non riservava una sola riga di notizia all'appello a favore del progetto Thirring.
Ecco di nuovo un tentativo radicale apparentemente nel nulla: ma, per quanto ci riguarda, formativo di nuovi quadri, di nuovi impegni, di nuove adesioni, di nuove prese di coscienza militanti. Anche qui, avremmo preferito farne a meno, visto che il prezzo di questa nostra crescita, come per la scuola, come per il capitalismo di stato, come per il laicismo, era ed è l'ostilità di burocrazie e apparati non tanto verso di noi, quanto nei confronti della iniziativa politica tuot cuort, del dibattito nei Partiti che ci rappresentano in Parlamento.
Al compagno incaricato del PCI, in quel periodo, di garantire i collegamenti con il Partito Radicale, questa iniziativa non parve meritevole di altro commento che il seguente: "Mentre c'è la crisi dell'Alto Adige, mi sembra politicamente inopportuno, se non altro, pretendere di accreditare una iniziativa del genere..."
Ci siamo dilungati su questo episodio, come ho già detto, perché ci appare sintomatico e stimolante: ma in questo stesso campo, potremmo citarne altri di identico valore: come quello della denuncia del PR dei falsi del Ministro Andreotti sull'arbitraria destinazione di Tavalora a sede di base per sommergibili NATO portatori di missili POLARIS, realizzati mentendo al Parlamento e probabilmente alla stessa insaputa dei governi e della maggioranza... O, ancora, del soffocamento della continua campagna antimilitarista e internazionalista che in queste settimane, a Bergamo come a Sulmona, a Pescara come a Milano e a Roma, si sono tradotte in fermi, denunce, e nuove istruttorie per vilipendio o, al solito, per manifestazioni non autorizzate. Ma di questo tratteremo in altra parte del "Libro Bianco". Ecco l'appello a favore del piano Thirring di disarmo unilaterale dell'Austria:
COMITATO PER IL DISARMO ATOMICO E CONVENZIONALE DELLA AREA EUROPEA
Via XXIV Maggio 7 - Tel. 682.997 Roma
APPELLO PER UNA INIZIATIVA DI PACE
La proposta di abolizione dell'esercito austriaco, che il Senatore socialdemocratico e fisico pacifista, Hans Thirring, ha rivolto al Parlamento del suo paese, sollecita responsabilità delle forze democratiche europee.
Il progetto Thirring infatti non soltanto costituisce la prima proposta di disarmo unilaterale, totale e controllato, avanzata da una personalità non di opposizione in un paese europeo; non soltanto - se attuato - avrebbe il valore di una indicazione e di un esempio; ma, nella sua articolazione, prevede esplicitamente la partecipazione e l'impegno degli altri paesi. La proposta del Senatore socialdemocratico richiede:
1) il consenso dei 4 paesi firmatari del Trattato di Pace (URSS, USA, Gran Bretagna e Francia);
2) la garanzia delle Nazioni Unite, ai cui funzionari dovrebbe essere affidato il compito di controllare i confini del paese, posti sotto la tutela del consiglio di sicurezza:
3) l'accordo con i 6 paesi confinanti (fra cui l'Italia) perché si impegnino a ritirare le loro truppe a una determinata distanza dai confini della Repubblica Austriaca.
E' ora compito del governo e delle forze politiche italiane, per quello che lo riguarda, di rispondere al progetto, che è attualmente allo studio del governo austriaco, incoraggiando così la prima proposta di disarmo strutturale che sia stata fin qui responsabilmente proposta sul continente europeo.
Rivolgiamo quindi un appello a tutti i partiti democratici, perché, rispondendo positivamente alla proposta del Senatore Thirring, creino le condizioni per l'attuazione da parte dell'Italia delle misure che il progetto prevede. Questo appello è avanzato anche nella consapevolezza che una tale comune e pacifica azione costituirebbe un contributo, indiretto ma importante al rafforzamento dell'amicizia italo-austriaca e alla soluzione dei problemi che la riguardano.
E' necessario che l'opinione pubblica del nostro paese prenda coscienza della concretezza politica e del rigore ideale che le tesi unilateraliste stanno ogni giorno di più assumendo come pilastro per la edificazione di una società nuova, nei suoi due aspetti, inscindibili, nazionale e internazionale.
Il progetto Thirring scaturisce anche da condizioni favorevoli quali non è dato rilevare attualmente in altri paesi europei.
Ma è anche la prima radicale risposta alla minaccia, ogni giorno più grave e pressante, proveniente dall'autoritarismo militare di De Gaulle e della Francia, del fascismo spagnolo e portoghese, delle forze revansciste e reazionarie tedesche, con l'acquiescenza sostanziale delle attuali classi al potere in Italia.
Appare infatti sempre più chiaramente come falsa e rinunciataria ogni contrapposizione di un preteso "riarmo democratico" al riarmo gollista. In definitiva, in questo come in quello, sono le stesse forze che cercano di esprimersi, imporre e realizzare vecchi metodi e strutture, propri alla tradizionale e tragica "politica di potenza".
Anche le ragioni umanitarie invocate dal senatore Thirring comportano una risposta politica, che non è possibile eludere, senza cadere in una forma innegabile di sostanziale ripulsa.
Lo scioglimento delle esigue forze armate austriache (meno di un decimo di quelle italiane) comporterebbe la conversione di circa 100 miliardi di lire da spese annue improduttive e pericolose per la pace e la democrazia a settori di investimento e di promozione di progresso economico sociale e civile. L'enorme prestigio di una decisione di questa natura presa dall'Austria fornirebbe al paese una forza morale e pratica infinitamente maggiore di quella che potrebbe raggiungere con il suo adeguamento al riarmo in corso nel mondo.
L'iniziativa del senatore Thirring permette inoltre di centrare uno dei più grossi problemi di rilievo ideologico non meno che pratico, che egualmente i due tipi di società che si confrontano in questo momento nel mondo mostrano di non sapere nemmeno avvertire.
E' infatti a partire dalle società comuniste non meno che da quelle capitaliste che il problema della abolizione delle strutture militari, come pilastro della società e dello stato, deve essere posto da quanti ritengono che non possa più essere rinviato indefinitivamente la realizzazione di una nuova società socialista, attraverso sempre più radicali metodi e strutture di libertà.
In un terzo del mondo almeno le forze militari rappresentano soprattutto uno strumento di potere e, in definitiva, di guerra civile.
I democratici italiani debbono rispondere alle richieste esplicite; non meno che ai pressanti interrogativi che implicitamente, con al sua proposta, il fisico senatore Thirring rivolge non solo al proprio paese.
In Italia anche coloro che non sono pacifisti, anche coloro che manifestano opinioni diverse da quelle unilateraliste e di radicale rinnovamento delle strutture della società possono concordare però nella opportunità di aiutare ed accelerare il corso di realizzazione del progetto Thirring.
4.3. La scuola
4.3.1. L'ADESSPI (Associazione per la Difesa e lo Sviluppo della Scuola Pubblica Italiana)
L'ADESSPI tenne nel 1963 il suo secondo ed ultimo congresso, a distanza di quattro anni da quello costitutivo. Nessuna attività di massa, nessun impegno nella lotta politica quotidiana, nessuna politica organizzativa: queste le constatazioni unanimi del II congresso nazionale, nel quale venne registrata invece, come unica attività, quella di vertice, volta ad una sporadica attività di studio su problemi di politica scolastica. Già nel 1963 il PSI si era praticamente disimpegnato, confinando l'organismo, certo arbitrariamente, nel dimenticatoio delle vecchie strutture frontiste. Il timore di atteggiamenti ancora più gravi da parte della sinistra di governo portava il PCI a congelare di fatto ogni possibile iniziativa di respiro. Le già non numerose sezioni si erano venute chiudendo, e gli altri gruppi della sinistra (sinistra socialista e minoranza "comuniste" persistevano in un atteggiamento di indifferenza in considerazione delle caratteristiche scarsamente "operaie" e "popolari" dell'organizzazione. Inoltr
e l'ormai lanciatissimo "dialogo con i cattolici" (con le conseguenti ripercussioni negative su rappresentanze marginali del PCI o anche del PSI o PRI) liquidava l'accentuazione laica che aveva assicurato all'ADESSPI l'apporto di personalità come Ragghianti, Borghi, Capitini, Piccardi, Valitutti, oltre a quello dell'UGI.
A Roma nel 1963-1966, il PR tentava di realizzare, con nuovi metodi di lotta e l'individuazione di obiettivi legati alle esigenze delle masse scolastiche, una esperienza pilota che potesse servire, meglio che con astratte contrapposizioni polemiche, da indicazione per la ripresa organizzativa e politica dell'ADESSPI.
Questi i risultati di uno solo di questi anni:
"a". l'inserimento in posizione di responsabilità e di lavoro di nuove forze indipendenti, comuniste, socialiste, repubblicane e minoritarie (IV internazionale, marxisti-leninisti);
"b". manifestazioni di massa come al ""marcia della scuola"" del 1964, nel corso della quale furono fermati circa 150 insegnanti, genitori e studenti;
"c". un convegno su ""Scuola e pace"" del 1963 con apporti scientifici e politici di rilievo nazionale (Borghi, Capitini, Umanitaria di Milano, Centro Studi e Iniziative di Partinico);
"d" manifestazioni di madri degli alunni di scuole delle borgate nel centro di Roma;
"e". attività di dibattiti, denunce di abusi e carenze della scuola pubblica, assistenza a studenti e famiglie, interventi presso le autorità scolastiche e campagne di informazione della stampa e attraverso la stampa.
Per il resto, è sufficiente segnalare iniziative come il convegno sulla unità e manifestazioni in occasione delle elezioni politiche e amministrative.
Di fronte a questa attività - innegabile e innegata - dovuta ad una costante maggioranza di radicali nell'ADESSPI romana, abbiamo registrato solo la costante ostilità degli uffici scuola dei vari partiti, divenuta progressivamente più forte e determinante parallelamente all'accrescersi della udienza popolare e scolastica dell'associazione. Gli organi dirigenti dell'ADESSPI nazionale, per il resto ormai assolutamente scomparsi ed inefficienti, trovavano alcune volte la forza di manifestarsi solo per contestare i rischi insiti nella attività. E il "prodotto" di questo impegno, per il PR, diveniva non maggiore unità, non maggiore collaborazione e comprensione con altri partiti della sinistra, ma isolamento e ostilità.
Dopo quattro anni, in questa situazione, ci siamo di fatto ritirati dalla vita di questo organismo. Ma resta ormai, a Roma il vuoto di una attività cittadina che aveva rappresentato un arricchimento sensibile della vita democratica della città e della scuola, in campo nazionale l'imputridirsi di una sigla che meglio sarebbe valso, in queste condizioni, liquidare apertamente.
Un'analisi della stampa, non solo quella di sinistra, mostra che per anni l'attività dell'ADESSPI (radicale) ha nutrito costantemente la cronaca cittadina e la vita scolastica di notizie, di attività, di problemi. Ma, a sinistra, molto spesso l'informazione era più avara e incompleta che sul resto della stampa. Gli uffici scuola sembravano impegnati unicamente a distogliere dall'impegno dell'ADESSPI i sempre più numerosi militanti che ad essa si avvicinavano. Inutilmente si richiedeva il rinnovo dei congresso statutari dell'Associazione.
E' questo un primo esempio di insuccesso dei radicali. Lo è solo, purtroppo, in quanto insuccesso della sinistra: per il PR restano oggi, di questa esperienza, peso, prestigio, nuovi quadri e sicura udienza nella scuola.
4.3.2. Il Comitato promotore del SNSP (Sindacato Nazionale Scuola Pubblica)
Nel 1964, circa duecento insegnanti, comunisti, socialisti, democratici indipendenti, con numerosi studenti e democratici interessati, per iniziativa di un gruppo di esponenti e militanti del PR, dava vita ad una Comitato Promotore che raccoglieva immediatamente alcune centinaia di adesioni sul piano nazionale. Il documento di lancio del comitato - del quale seguono alcuni estratti - suscitava il dibattito e l'interesse dentro e fuori dei sindacati e negli uffici scuola dei partiti. L'azione del Comitato è stata una delle spinte determinanti per i sindacati della mozione "quattro" del SNSM a rivedere, sia pure in forma strumentale e burocratica, la loro partecipazione al sindacato corporativo e clericale. La nascita del sindacato scuola aderente alla CGIL - centrale sindacale alla quale faceva riferimento come punto di arrivo la iniziativa del Comitato promotore del SNSP - non soddisfa che in parte alle prospettive originali di un movimento che nasca dal vivo della lotta piuttosto che come emanazione di vert
ici sindacali.
IL COMITATO PROMOTORE DEL SINDACATO NAZIONALE DELLA SCUOLA PUBBLICA
""invita" tutte le forze della scuola a raccogliersi ed operare per esigere la convocazione di un Congresso Nazionale unitario che superi le attuali divisioni corporative e renda a questo settore che è di primaria importanza per lo Stato la capacità di esercitare efficacemente il proprio ruolo di direzione, nella piena espressione delle ingenti forze civili che vi sono impegnate.
"afferma" che la crisi del sindacalismo scolastico investe sia le strutture sia le stesse idealità, gli obiettivi ed i metodi esistenti.
Ogni giorno di più ad ogni livello, dagli insegnati elementari fino a quelli universitari, non escludendo gli studenti universitari (i quali devono avere le responsabilità conseguenti alle loro caratteristiche di giovani lavoratori intellettuali) le organizzazioni esistenti appaiono cristallizzate, scisse dalla massa dei cittadini interessati alla scuola, incapaci di raccoglierne la volontà in una grande battaglia per la democratizzazione e l'autonomia dell'insegnamento, per l'affermazione della primaria importanza che il momento dell'educazione e della formazione dei cittadini deve avere nello Stato. Tali organizzazioni sono praticamente coinvolte nell'azione di forze avverse alla scuola pubblica, dalle forze clericali alle forze del mondo imprenditoriale, che tentano di asservire ai propri interessi lo sviluppo ed il funzionamento della scuola pubblica italiana.
"rileva" che questa situazione di insufficienza delle organizzazioni sindacali esistenti vene avvertita da masse più ampie di cittadini, provocando una atmosfera di scetticismo, di ribellione latente e velleitaria, di separazione del grande moto di rinnovamento che investe oggi, al di là delle congiunture della politica ufficiale, una parte importante delle forze sociali. Così un diaframma pericoloso si crea all'interno della scuola pubblica, e fra questa ed il paese.
......
"il Comitato rivendica una organizzazione unica, comune e democratica di tutte le categorie del mondo della scuola, condannando fermamente come reazionarie tutte le ``autonomie'' che tendono di fatto a esprimere una visione gerarchizzata della responsabilità e dei problemi dei docenti".
Questa rivendicazione non può escludere le centinaia di migliaia di studenti universitari e di scuole superiori, le cui caratteristiche di presenza nel mondo della scuola non possono più, in una società moderna, essere interpretate diversamente da quelle di "giovani lavoratori intellettuali".
Allo stato attuale invece, le organizzazioni studentesche per quasi generale riconoscimento delle stesse loro classi dirigenti, sono ormai paralizzate e spesso ridotte a strumenti di presenza della classe governativa fra le masse giovanili della scuola invece di essere, come dovrebbero, forze tendenti ad affermare la presenza autonoma degli studenti nel paese e nella scuola.
......
"rivolge" un appello alla Confederazione Generale del Lavoro, perché tenda ad assicurare sempre più nel mondo della scuola la presenza dei fermenti, delle conquiste, delle lotte che le masse lavoratrici italiane stanno realizzando e assicuri al Comitato una collaborazione amichevole e concreta, in vista dell'adesione delle forze per il rinnovamento sindacale scolastico alle strutture unitarie del lavoro, cioè alla CGIL". [Dal documento promotore del Comitato per il SNSP]
Non era forse, in un momento politico caratterizzato dalle violente e verticali rotture della sinistra, nell'assenza di qualsiasi iniziativa di sinistra nel movimento democratico della scuola, interessante registrare una così consistente e chiara iniziativa? Non v'era almeno materia di informazione, e semmai di dibattito e di critica?
Il Comitato Promotore del Sindacato Nazionale Scuola Pubblica continuo a registrare centinaia di adesioni ma si trovò dinanzi alla scelta tra il proseguimento di una iniziativa fino ad una rottura per forze di cose clamorosa, o una rinunzia ad operare in questa direzione e con questo strumento. Di nuovo il PR ha scelto la seconda responsabile anche se difficile decisione.
4.3.3. Il movimento studentesco
Ancora una battaglia persa, malgrado i radicali: lo sfaldamento del movimento studentesco, in particolare dell'UGI e dell'Unuri.
Nel 1964, la segreteria Nazionale del Partito Radicale invitava i giovani universitari del Partito radicale a disimpegnarsi dal movimento studentesco, per dedicare la loro attività in particolare alle iniziative per i diritti civili. Non si trattava di una disposizione vincolante e, in parte, la decisione non faceva che sancire una situazione di fatto largamente già determinatasi. (In genere, si tende a riconoscere al Partito Radicale di questi anni "solo" una base giovanile, anche da parte dei suoi denigratori o dei disinformati: vuol dire che questa, almeno, esiste. Si manifesta concretamente nelle manifestazioni per i diritti civili, dal divorzio all'obiezione di coscienza che tutti, ormai conoscono e possono apprezzare).
Cos'era accaduto? E' incontestato che dal 1955 al 1960, e anche dopo, fu la direzione in grande maggioranza radicale ad assicurare all'UGI le caratteristiche di organizzazione unica di tutte le forze laiche, di maggioranza e di guida della democrazia studentesca.
I radicali furono battuti, ad un certo punto, dalla linea politica imposta dai dirigenti dei movimenti giovanili degli altri Partiti: molto spesso giovani intellettuali brillanti, privi di qualsiasi serio aggancio con le masse studentesche ed i loro problemi, con una visione burocratica delle proprie organizzazioni e - a fortiori - di quelle "unitarie". Si realizzò una sorta di nuovo corso, che caratterizzava l'UGI come organismo federato dei vari movimenti giovanili, dal comunista al repubblicano, al solito uniti solo nell'immobilismo sostanziale, nel massimalismo o nel trasformismo parolai. Il movimento giovanile comunista ebbe così le sue prime responsabilità dal dopoguerra nella Giunta del massimo organo studentesco, l'UNURI; le correnti anarco-studentesche il loro spazio per rotture e proteste minoritarie e settarie; quelle socialiste il loro incontro di sottogoverno con i "cattolici".
Vogliamo citare dei dati: in tre anni dal 35% l'UGI è scesa al 15% del suffragio studentesco. Nello stesso tempo l'UNURI ha avuto un solo Presidente, cattolico, in genere in "ordinaria amministrazione". Mentre, con l'uscita dei radicali, l'asse del movimento goliardico poteva sembrare spostato finalmente a sinistra, quella "vera", "operaia" (di versione socialdemocratica non meno che comunista), per la prima volta nella sua storia la rappresentanza studentesca nazionale veniva abbondantemente foraggiata con sovvenzioni del clericalissimo Ministero della Pubblica Istruzione. Da anni, ormai, per la prima volta nella storia dell'UNURI, i cospicui bilanci di questa organizzazione sono gestiti con criteri che riguardano ben più il magistrato penale che gli studenti, al di fuori di qualsiasi regolarità amministrativa e statutaria. Le spese di organismi collaterali sono per il 90% e spesso per il 100% unicamente spese si funzionamento, senza che nulla arrivi agli studenti e che giustifichi sul piano dei servizi la
loro esistenza. In genere tutti gli incarichi funzionariali sono oggi affidato a ex-dirigenti o dirigenti politici studenteschi, ed assegnati sul piano del sottogoverno. Negli OO.RR. la situazione non è diversa, se non eccezionalmente. I miliardi delle Opere Universitarie vengono tranquillamente amministrati dalla burocrazia ministeriale senza nessuna attenzione e controllo da parte del movimento studentesco, cui si doveva il loro sviluppo ed il loro coordinamento nazionale.
Brogli sistematici sono molto spesso alla base delle elezioni universitarie. La cronaca che precedette la morte dello studente Paolo Rossi, a Roma, ne costituì una prova purtroppo clamorosa e "L'Espresso" poté così, molto giustamente, scrivere un servizio dal titolo "Il fiore del letamaio" che non trovò nessuna risposta nel movimento studentesco, duramente attaccato.
In queste condizioni, il Partito Radicale aveva la scelta, da una parte, di una posizione di denuncia e di impegno polemico contro questa catastrofica gestione di un patrimonio democratico impareggiabile, che l'avrebbe portato ad una lotta dura contro il resto della sinistra e, dall'altra, il suo ritiro.
Quando le forze della sinistra, nel Paese, erano divise ben più di oggi e nell'assieme molto al di sotto dell'attuale forza elettorale, l'UGI raggiungeva il 40% dello elettorato universitario, riducendo a margini risibili le perenni organizzazioni di disturbo alla sua destra. Oggi, la situazione si è capovolta.
Come è stato possibile il verificarsi ed il proseguirsi di questa situazione? La risposta è semplice: attraverso la sistematica sottrazione di ogni informazione sulla reale situazione universitaria e studentesca, in particolare ai danni dei rispettivi partiti prima ancora che dell'opinione pubblica. D'un tratto, per anni, i risultati delle elezioni universitarie non sono più comparsi sull'"Unità" e sull'"Avanti!". I congressi si sono fatti più radi, e quasi clandestini. Gli incarichi direttivi o il controllo del sottogoverno nel movimento studentesco divenivano, in queste condizioni, il piedistallo a volte per incredibili carriere politiche all'interno del PSU, o di alcune sue correnti, e del PCI. Divenivano puntualmente massimi dirigenti delle organizzazioni giovanili, socialmente rappresentative in prevalenza di giovani operai, contadini ed impiegati, oltre che di universitari, dirigenti studenteschi che avevano in realtà come unico bagaglio quello di un sorprendente insuccesso nelle Università. Si è tratt
ato di una sorta di gioco delle tre carte, condotto a regola d'arte.
Il Partito Radicale non mancava, in riunioni, incontri, dibattiti interni della Sinistra di sottolineare questa grave situazione. Da qui è nata gran parte dell'ostilità di alcuni apparati o ambienti della Sinistra, dove si è avuto lo inserimento di questi, giovani anagraficamente, ma così logori e triti nelle loro caratteristiche militanti; perché raramente come in questo caso è chiaro che l'ostilità nei confronti del PR, il soffocamento delle sue iniziative, la discriminazione contro i suoi militanti, coincideva con la necessità di sottrarre innanzitutto al movimento democratico, ai suoi Partiti, ai suoi massimi organi dirigenti ogni possibilità di obiettiva informazione e valutazione sul settore di massima crisi d'iniziativa della Sinistra, nel pur desolante panorama generale della crisi della scuola.
Così, associazioni vicine al Partito Liberale potevano, agitando più o meno sinceramente il tema dell'autonomia del movimento studentesco, del suo rinnovamento, affermarsi e apparire - cosa che non sono - come più libere, responsabili, capaci di lotta. Così la maggior parte degli studenti democratici si rifiuta di impegnarsi nelle strutture attuali, interessandosi solo a specifiche e episodiche azioni di rottura e di protesta, in occasioni di occupazioni di facoltà e di avvenimenti politici nazionali ed internazionali che consentano per la loro gravità di violare la torre d'avorio delle accademie professorali dei docenti e pseudo-democratiche dei giovani burocrati di Partito.
Ci rendiamo conto della gravità di quanto affermato in questo capitolo, ma siamo disposti a documentarlo in qualsiasi sede, da quella giudiziaria a quella politica, per la quale, evidentemente, abbiamo più interesse e che ci permettiamo noi stessi di sollecitare con tanta maggiore convinzione quanto più urgente e grave, e da superare, è oggettivamente la situazione denunciata.
4.4. Il CUSI
Il ""Comitato per l'Unità della Sinistra Italiana"" (CUSI), costituito nello agosto del 1965, rappresentava un contributo, in termini di iniziativa politica, al dibattito allora in corso sull'unità ed il rinnovamento della sinistra. Nacque come iniziativa autonoma di militanti della sinistra. Tra i circa 150 promotori vi erano comunisti, socialisti dei vari partiti e gruppi, radicali, repubblicani ed indipendenti. Il CUSI testimoniava cioè di un metodo nuovo di ricerca e di iniziativa tra i militanti della sinistra, metodo legato, come ricordava lo statuto, al "farsi" della prospettiva unitaria, al suo "maturare" progressivo; farsi, maturare, possibili e necessari nel realizzarsi di alcune premesse che trovarono espressione nel documento di presentazione.
"Noi crediamo che al di là dei tradizionali motivi di divisione del movimento operaio esista oggi un immenso e ancora parzialmente inesplorato campo di ricerche, di elaborazione e di azione comune. Siamo però fermamente convinti che elaborazione critica, verifica delle rispettive posizioni e soprattutto possibilità di tradurre la teoria in azione politica concreta siano inscindibilmente legati all'avanzare, al maturare, al farsi insomma della prospettiva unitaria. Siamo convinti cioè che il discorso sui contenuti deve essere legato, molto più strettamente che nel passato, al discorso sulle forze; che premesse per l'elaborazione e soprattutto per la realizzazione di qualsiasi soluzione, anche la più avanzata, sia la presenza a sinistra di una forza a vocazione maggioritaria che non si limiti cioè all'azione di protesta o di inserimento negli interstizi che via via si aprono nel blocco conservatore dominante. Oggi il problema dell'unità della sinistra è al centro dell'attenzione dei militanti di sinistra del n
ostro paese. E' oggetto di polemiche, di dibattiti, di proposte anche ai più alti livelli delle istanze di partito; si traduce in linee politiche tra loro confluenti o più spesso alternative, ma che appaiono sovente inadeguate anche perché non trovano, nel Paese, una diretta forza di sollecitazione e di appoggio. In questa situazione il C.U.S.I. intende promuovere lo svolgimento e l'approfondimento di tutte quelle proposte che nascono nell'ambito della sinistra e che, anche al di là della loro caratterizzazione polemica e tattica, esprimono o dicono di esprimere una prospettiva unitaria.
Tra queste diverse linee il C.U.S.I. non vuole, in sostanza, compiere scelte o stabilire graduatorie: non vuole cioè farsi portatore di questo o quel contenuto, di questa o quella dottrina.
Esso è ad un tempo gruppo di pressione e strumento di verifica e di dibattito di una prospettiva unitaria. Opera, in tal senso, portando il discorso e la propaganda unitaria a livello delle basi dei partiti, dei sindacati, di tutte le organizzazioni della sinistra onde favorire su questi temi il consenso; il dibattito e la partecipazione attiva dell'opinione pubblica, nella certezza che solo così il discorso unitario, nel suo svolgersi, acquisterà concretezza e forza di iniziativa politica.
Per questo discorso unitario, per le varie proposte che oggi esistono, il C.U.S.I. vuole d'altra parte essere una libera tribuna, promuovendo dibattiti confronti di idee tra gli esponenti delle forze politiche interessate".
Le posizioni del comitato vennero esposte nel corso di una conferenza stampa che ebbe luogo il 12 luglio 1965 al ridotto dell'Eliseo. Dopo questa ed altre manifestazioni la ostilità degli apparati dei partiti della sinistra, congiunta alle obiettive difficoltà legate alle scadenze congressuali socialiste, comuniste, socialproletarie, paralizzarono di fatto l'iniziativa.
Basterà in questo caso citare un solo episodio. Visto l'interesse con cui l'iniziativa era stata accolta, "Rinascita" organizzò un incontro-dibattito con due comunisti facenti parte del gruppo dirigente del CUSI. Le interviste ed i servizi relativi non furono mai pubblicati. Ogni altra attività venne soffocata nel nascere. Ma dopo poche settimane, solo provvisoriamente, veniva concesso ogni appoggio ad una iniziativa apparentemente analoga, ma invece sostanzialmente ben diversa, in quanto imperniata su un comitato costituito da rappresentanti delle varie forze di sinistra, con criteri peripatetici. Naturalmente nel comitato le vari componenti trovarono il loro equilibrio nella paralisi o in un marginale e presto esaurito attivismo.
Dietro questo altro tentativo, soffocato o abbandonato come per l'ADESSPI e il SNSP, c'erano decine di nuovi militanti non sottratti ad un altro impegno politico ma al disimpegno; decine, spesso centinaia di ore di lavoro politico, l'assoluto autofinanziamento dell'iniziativa; l'interesse spontaneo della base.
4.5. Assistenza e previdenza pubblica
Sul numero speciale di "Agenzia Radicale" per "1967 - Anno Anticlericale", i radicali hanno affermato che oggi in Italia
"il mondo clericale ed ecclesiastico sa di godere e gode, nel suo temporalismo, di un'assoluta impunità;
......
"con procedure corruttrici e spesso delinquenziali" esso ha potuto realizzare, in un ventennio, un vero e proprio "saccheggio" in settori essenziali della vita del Paese, dal Ministero della PI, all'apparato poliziesco, da quello militare a quello della Sicurezza Sociale, che oggi certamente costituisce il "vero pilastro del regime"
......
"Siamo al punto in cui il voler "difendere lo Stato dal clericalismo" è un non-senso: in settori essenziali "il clericalismo è lo Stato"".
Sui problemi della sicurezza sociale e dell'assistenza pubblica "AR" aveva iniziato, nel "giugno 1965", una inchiesta di informazioni e denunce che di riallacciava da una parte alle battaglie dell'allora sindaco Rebecchini; l'inchiesta infatti metteva in luce con quali metodi corrotti e scandalosi, attraverso quale rapina di beni pubblici, contando su quali carenze e sostanziali complicità con gli organi di controllo, si sia venuta formando in questi anni, a Roma, la classe dirigente democristiana nelle diverse sue componenti.
Ma la campagna radicale aveva anche il merito di mostrare il quadro più ampio, nazionale, delle connessioni che collegano strettamente fatti apparentemente distaccati, quelli rivelati dal processo Aliotta e quelli dell'ONMI, quelli degli Ospedali Riuniti di Roma e del Sanatorio "Principi di Piemonte" di Napoli, o quelli concernenti le strutture ed il significato dell'assistenza "privata" gestita dagli Enti religiosi.
"Le basi sociologiche, culturali, politiche su cui ha potuto fondarsi questa situazione sono chiare e ad essa i radicali hanno sempre guardato con particolare lucidità e consapevolezza, forse unici della Sinistra, perché hanno una visione complessiva e realistica del mondo cattolico italiano, del suo partito unico, dei suoi tenui e traditi rapporti con ogni vera religiosità, in tutte le sue componenti". [Da ``AR'' del 12 giugno 1965, n. 113]
Ad una anno di distanza dall'inizio della inchiesta di "Agenzia Radicale", cioè nel giugno 1966 il segretario nazionale del PR, a nome e per incarico della Direzione Nazionale del Partito, presentava al Procuratore Generale di Roma una denuncia a carico delle persone individuate come responsabili e coinvolte in quello che i radicali definirono un vero e proprio "racket della assistenza". Riportiamo qui appresso gli stralci essenziali della denuncia:
""Signor Procuratore Generale della Corte d'Appello di Roma",
avendo pubblicamente e responsabilmente denunciato, a più riprese, gravissime responsabilità di persone giuridiche e fisiche in ordine al settore della pubblica assistenza, della previdenza sociale, della amministrazione comunale di Roma, e degli organismi pubblici di tutela, ministeriali o prefettizi; dovendo prendere atto che dinanzi alle nostre accuse, riprese in gran parte dalla stampa nazionale, quotidiana, periodica, settimanale, trasmesse a numerosi milioni di lettori, i responsabili dei fatti che riteniamo delittuosi hanno sistematicamente taciuto; poiché le situazioni lamentate e denunciate sono tali da provocare nocumento gravissimo, sia morale che materiale, al bene pubblico; essendo noi giunti alla conclusione che tale enorme carico di malcostume, di reati, di responsabilità di vario tipo non può, per sorreggersi, non coinvolgere funzioni molto importanti della pubblica amministrazione. Le esponiamo quanto segue, perché la verità venga definitivamente accertata e sia resa giustizia o a coloro che
accusiamo, se le nostre accuse fossero ingiuste, o ai cittadini ed allo Stato.
A Roma, come in moltissimi altri luoghi, si è venuto infatti formando, dal dopoguerra, un onnipotente gruppo di potere politico, civile e confessionale basato fondamentalmente sullo sfruttamento della pubblica assistenza, sull'utilizzazione fraudolenta delle ingenti somme a questa destinate.
Questo gruppo ha determinato il formarsi di una ripugnante catena d'omertà che coinvolge e corrompe l'alto clero e importantissimi settori della Democrazia Cristiana, e che si risolve in un necessario attacco, condotto con ogni mezzo, alla competenza, alla dignità, alla autonomia dello Stato. Le basi sociologiche, culturali, politiche su cui ha potuto fondarsi questa situazione sono chiare.
Ma le particolari strutture di sfruttamento e di corruzione delle funzioni assistenziali dello Stato configurano, ben al di là e al di sotto di qualsiasi fatto specificamente politico, la realtà di una vastissima associazione a delinquere, sul piano morale e, probabilmente, anche sul piano giuridico.
Due dati recentemente emersi come incontestabili ci sembrano in verità eloquenti e esclusivi:
"a") gli scandali concernenti l'assistenza ai minori, in tutte le sue forme, hanno tutti questo in comune: "che non sarebbero stati concepiti senza la colpevole, dolosa in molti casi, assenza di qualsiasi controllo ispettivo da parte degli enti pubblici interessati e degli organismo di tutela". I casi Aliotta, o quelli del tipo dei padri Celestini, hanno messo in luce la situazione di puntuale, pratica connivenza dei corpi ispettivi dell'INPS e dell'ONMI con i protagonisti degli scandali stessi. E che dire delle cosiddette Autorità tutorie?
"b") la "forzata" rinunzia da parte degli enti pubblici ad assicurare in proprio l'assistenza pubblica con spesso pretestuose motivazioni finanziarie; mentre le organizzazioni confessionali cui questa viene, arbitrariamente delegata, stanno costituendo con il danaro dello Stato un'enorme rete di istituti assistenziali, con evidenti fini di lucro e di potere. "Vediamo così, proprio in questi giorni, smantellare ulteriormente le strutture assistenziali dell'ONMI mentre crescono e si arricchiscono quelle di Ordini religiosi o Enti legati alla Democrazia Cristiana che vivono con i cespiti loro assicurati dalla "convenzioni" dello Stato e dei suoi Enti".
Ci sia concesso, a puro titolo di esempio, di illustrarLe brevemente alcuni aspetti della situazione dell'ONMI romana, che riteniamo particolarmente eloquente.
Questa organizzazione, che per reiterate dichiarazioni dei suoi stessi dirigenti è da anni sull'orlo del fallimento, ha visto tutti i suoi esponenti conquistare le massime leve di potere della città, senza che ad essi potesse venir riconosciuta altra forza che non fosse quella derivante dalle loro funzioni in questo settore dell'assistenza pubblica.
Ci limiteremo solo agli ultimi anni.
"L'avv. Urbano Cioccetti", commissario dell'ONMI di Roma, divenne poi, in due anni, Sindaco.
"Il suo segretario particolare, Amerigo Petrucci", gli succede in ambedue le cariche.
"Il sub-commissario di Petrucci, dottor Dario Morgantini", divenuto commissario, viene nominato, sotto il governo Fanfani, segretario generale della corrente fanfaniana per il Lazio, e mobilita l'ONMI nella fase elettorale a favore del candidato fanfaniano "dottor Clelio Darida, assessore all'Igiene e Sanità del Comune di Roma, che è così eletto deputato.
Il sub-commiissario di Morgantini, dottor Ettore Ponti", diviene segretario politico della Democrazia Cristiana, e poi presidente della Provincia di Roma, e in quanto tale Commissario Provinciale dell'ONMI romana, della quale è oggi Commissario cittadino.
Il dottor Nicola Signorello, attualmente Segretario politico della Democrazia Cristiana, è stato, quale Presidente della Provincia, Commissario Provinciale dell'ONMI, ma, indipendente da questo, egli è da molti anni Presidente dell'Ente Comunale di Assistenza (ECA).
"Numerosi esponenti della Democrazia Cristiana romana sono stati e sono, inoltre, dipendenti dell'ONMI, o suoi fornitori o assistiti"".
Non mancava, nella denuncia, la precisa individuazione del meccanismo attraverso il quale l'ONMI romana era stata trasformata, da Ente pubblico di assistenza, in macchina elettorale e strumento di potere, intorno al quale si è costantemente negoziato il difficile equilibrio che regola i rapporti tra le correnti democristiane, la dorotea e la fanfaniana.
"1) Venivano utilizzati a fini elettorali, inflazionandoli, i cosiddetti "sussidi una tantum", destinandoli in genere a non aventi diritto.
2) Venivano truffati all'ONMI somme considerevoli con la concessione a trattativa privata di forniture a società esponenti ed iscritti democristiani, i quali realizzavano, come libri contabili dell'ONMI dimostrano, guadagni inconcepibili vendendo la merce a prezzi fortemente maggiorati, d'accordo in particolare con Amerigo Petrucci.
3) Si inflazionavano gli Enti religiosi cui venivano riconosciute le caratteristiche di Enti assistenziali.
Nel'imminenza delle elezioni, rappresentati dei Commissari visitavano gli Ordini: chiedendo aiuti e voti preferenziali.
4) Veniva dolorosamente e sistematicamente omessa l'effettuazione delle necessarie forme di controllo rispetto a tutte le forme di assistenza, non meno che il rispetto, nelle attività patrimoniali e di esercizio dell'Ente, delle forme legali.
59 Gli esponenti della Democrazia Cristiana che così si affermavano accrescevano nel contempo i loro meriti ed il loro prestigio presso l'alto clero vaticano e la curia romana, per ragioni evidenti e per antica rivendicazione interessati a mantenere e potenziare tale situazione, contro le pretese dello Stato di svolgere una propria funzione nel campo dell'assistenza".
Il quadro quindi si allarga, coinvolgendo ordini religiosi come quello delle Suore Serve di Maria Riparatrice, enti "laici" di assistenza (l'EFEAS) e la stessa gestione degli Ospedali Riuniti di Roma.
"Ma questo vero e proprio "racket" non si limitava, certamente all'ONMI. Una pletora di Enti, Associazioni, Gruppi "culturali", "sportivi" o "assistenziali" venivano creati artificialmente per poter concorrere alla spartizione delle somme statali che per mille rivoli giungono alla palude "dell'assistenza pubblica" romana. Spesso dei gruppi di religiose, o enti confessionali, non avrebbero nemmeno intuito da soli le possibilità di lucro connesse a certe "specializzazioni" assistenziali. Ma finivano poi per dedicarvisi, senza forse nemmeno comprendere il meccanismo messo in moto, divenendo vittime anch'esse, sia pure in posizione diversa e più vantaggiosa dei privati cittadini, del vergognoso sistema escogitato dalla classe dirigente democristiana di Roma (e non solo di Roma)".
L'EFEAS
""Un altro esempio pertinente è quello dell'Ente Femminile di Assistenza (EFEAS). Questo Ente ha sede presso il Comitato Romano della Democrazia Cristiana". Ne è Presidente la signora De Gasperi, Tesoriera la signora Coccia, Segretaria generale la signora Caronia. Nel consiglio direttivo sono le signore: Tupini, Mattarella, Rebecchini, Gonella, Dominedò, Battista, Provera, Coen. La stessa Presidente Nazionale dell'ONMI, on. Gotelli, ha riscontrato irregolarità a carico di questo Ente, "coperte" naturalmente dai Commissari romani.
L'EFEAS stipula convezioni per almeno trecento milioni annui, in via ordinaria, con tutti i Ministeri ed Enti Pubblici che hanno voci disponibili per l'assistenza.
Le sue attività sono state, in passato, di tre tipi: centro di lavoro ed addestramento professionale, colonie estive, gestioni di un preventorio a Velletri.
In sostanza, riteniamo di poter affermate che, per quanto riguarda gli anni 1958-1963, l'Ente ha aumentato sistematicamente il numero degli effettivi assistiti con falsificazioni nella compilazione degli elenchi inoltrati secondo la legge alle autorità tutorie e agli Enti convenzionali; questo per quanto concerne i centri di lavoro, le colonie estive diurne e temporanee e i doposcuola.
Inoltre l'EFEAS possiede terreno ed edificio del preventorio di Velletri. Il terreno venne acquistato a condizioni che vanno accettate nel periodo di cui l'on Andreotti era Ministro delle Finanze. Non è dato sapere dove l'EFEAS abbia reperito le somme necessarie per costruire il preventorio, del valore approssimativo di circa mezzo miliardo. L'impresa cui fu affidato, a trattativa privata, il lavoro è quella dell'ingegner Catti, genero dell'on. De Gasperi.
Per un mese, bambini predisposti alla tbc furono ospiti del preventorio, mentre questo era ancora senz'acqua e dovette essere rifornito con autobotti del Comune di Roma e di Velletri. Tutto questo perché scadenze politiche avevano imposto una determinata data di inaugurazione.
E' evidente che nessun fra le signore impegnate nell'EFEAS può avere personalmente distratto somme di denaro a fini di personale lucro. Ma è anche evidente che irregolarità gravi vengono commesse e che non è concepibile che tutte le dirigenti ne siano all'oscuro. Qualcuno dovrà pure aver indicato, anche ad un ambiente così qualificato, la sostanziale "moralità", rispetto alle proprie idee, di comportamenti che a noi paiono invece reati".
L'ORDINE DELLE SUORE SERVE RIPARATRICI DI MARIA
"Abbiamo così illustrato, con esempi pertinenti, due delle forme di abuso contro l'assistenza pubblica e di strumentalizzazione da parte del gruppo dirigente romano di questo delicatissimo settore della vita sociale. Ne illustreremo un terzo ed ultimo, che concerne Suor Flaviana Venturi, ormai assurta per varie vicende all'onore delle cronache dei giornali cittadini.
Il successo sociale, politico, economico di questa religiosa, davvero poliedrica nelle sue attività, "è parallelo a quello degli esponenti pubblici romani già menzionati", e vi si intreccia strettamente.
Trascriviamo quanto su di lei è stato scritto il 12 giugno 1965, da "Agenzia Radicale":
"Intendiamo fornire un esempio di cosa rappresentino nella vita politica, nel costume, come testimonianza ``religiosa'', ordini religiosi dediti all'assistenza pubblica. Questo ordine ha per protettore il cardinale Ottaviani. Ancora alla fine della guerra era molto modesto come sviluppo, e dedito all'assistenza delle moribonde. Ma l'attività di una suora dell'Ordine, Madre Flaviana Venturi, capacissima nel settore dell'assistenza, ne ha mutato completamente il volto. Il suo patrimonio ammonta a molti miliardi. Attraverso l'utilizzazione sistematica dei fondi dello Stato italiano, esso possiede attrezzature assistenziali sontuose: usufruisce annualmente di convenzioni, contributi e sussidi, tra gli altri con il Ministero della Sanità, il Ministero degli Interni, l'ONMI, l'INPS, il Comune di Roma, l'Opera Pia De Donato (del Comune), l'ENPAS, il Consorzio Antitubercolare, la Banca Nazionale del Lavoro.
"Abbiamo potuto accertare che con uno solo di questi Enti v'è una convenzione per novanta milioni trimestrali. E' subbappaltante, infine, rispetto a molte altre società Ordini o Enti. Madre Flaviana Venturi può essere considerata la massima autorità nel campo dell'assistenza pubblica romana e probabilmente razionale. Temuta da uomini politici, alti prelati, è circondata da ammirazione e di rispetto. Il suo potere è enorme. Il Sindaco Petrucci le è molto legato fin dal tempo in cui era Segretario del Presidente dell'ONMI, Cioccetti. Nelle ultime elezioni politiche essa si interessò personalmente della campagna politica e della raccolta dei voti preferenziali per la corrente fanfaniana a Roma. Si dedica anche ad una rilevantissima attività antiquaria, e si sarebbe anche molto interessata ad acquisti di aree, anche sulla costa adriatica.
"Madre Flaviana ha avuto rapporti finanziari con gli imputati del gruppo dell'INPS che faceva capo al dottor Aliotta. "Ispettrice generale all'importante Opera Pia Federico De Donato, del Comune di Roma", ha oggi per collaboratore un suo nipote, il ragionier Mazzoncini, già semplice impiegato di banca, che è già, pur giovanissimo, interessato all'assistenza pubblica, ed è vicepresidente della ``Pro infanzia''.
"Non vi è ente di Stato in cui Madre Flaviana non conti potenti amicizie: perfino l'avv. Onesti, del CONI, fino al dottor Tommaso Morlino, dell'Ente Maremma, con cui non sono mancati i soliti rapporti.
"Quali controlli sono stati effettuati dal Sindaco Petrucci e dall'assessore all'Igiene Darida, dai dirigenti dell'ONMI, o dai Prefetti? Chi sono gli "ispettori" che dovrebbero controllare l'assistenza delle Case, degli Enti di Cura, degli Ospedali o dei Preventori? Che cosa facevano prima? Da quale ambiente provengono? Quali incarichi occupano, oggi?
"Possiamo avanzare, come risposta ad una di queste domande, un dubbio che riteniamo legittimo, e che corrisponde alla convinzione di persone che conoscono molto da vicino il problema.
""Quanti Enti si vedono assicurati contributi in base ad un solo ed unico bambino che figura in più elenchi di assistiti? Quante rette cumula un Ente per un solo bambino assistito?"
"La legge esige per ogni Ente invii alle autorità tutorie e ai finanziatori pubblici gli elenchi nominativi degli assistiti. Per anni, ogni controllo è stato irrisorio. Chiediamo formalmente che si proceda ad un confronto degli elenchi di assistiti forniti da tutti gli Enti assistenziali, privati e pubblici, in questi dieci anni.
GLI OSPEDALI RIUNITI DI ROMA
Il 23 luglio 1965 avevamo già scritto: "Da elementi in nostro possesso risulta che il "Pio Istituto di Santo Spirito ovvero gli Ospedali Riuniti di Roma" (che il processo Aliotta ha portato alla ribalta quale soggetto di pratiche non dissimili da quelle usate dagli imputati) "ha di recente venduto alla Madre Generalizia dell'Ordine delle Serve di Maria Riparatrice, Suor Domenica Bonato, circa" 30.000 "mq. di terreno a L." 570, "e circa" 100.000 "mq. a L." 400, "per un totale di circa" 55 "milioni, in località Passo Oscuro". La maggioranza del terreno dovrebbe servire per la costruzione di un grande preventorio e, in considerazione di tale finalità, il Ministro degli Interni Rumor propose al Presidente della Repubblica Segni di decretare l'esonero di ogni tassa sull'operazione.
Lotti di terreno adiacenti, nella stessa località, sono posti in vendita a prezzi che vanno dalle 5.000 alle 8.000 lire al mq. Salvo ulteriori accertamenti è possibile dunque supporre che il terreno è stato alienato dal Prefetto Adami, commissario agli Ospedali Riuniti, a favore dell'Ordine in questione, in condizioni del tutto particolari.
Comunque, mentre a Roma gli Ospedali rifiutano di accogliere malati, anche gravi, per difficoltà patrimoniali e finanziarie che non consentirebbe loro di accrescere i servizi essenziali e di far fronte alle esigenze minime della collettività, si alienano a cifre irrisorie le sostanze degli Enti pubblici. In secondo luogo, vien confermata la denuncia fatta dal Partito Radicale sull'accumulazione dei enormi fortune da parte di Enti, Ordini ed Opere Pie, che, ricevendo dallo Stato rette apparentemente modeste, per una prestazione di servizi sanitari in genere di carattere giornaliero, accumulano in pochi anni, senz'altro cespiti apparente, patrimoni ingenti.
"Poiché sembra da escludersi che le rette di per sé consentano da sole tali arricchimenti, appaiono in tal modo pienamente legittimati i sospetti avanzati sull'effettiva esistenza degli assistiti, o sul cumulo di rette che ogni assistito reale o fittizio consente di realizzare. Inoltre, con il processo Aliotta, sono ora venute alla luce quali siano gli altri disgustosi casi di sfruttamento degli assistiti, malnutriti e mal curati".
La sostanza di queste accuse era stata resa nota in diversi numeri di "AR" a partire, come si è detto, dal giugno del 1965, nonché nel corso di alcune conferenze stampa (12 giugno e 23 luglio del 1965). Le accuse dei radicali furono riprese da numerosi giornali, fra cui l'"Unità", "Paese Sera", "Avanti!". "Il Messaggero", di fronte alla loro gravità, sollecitò una smentita dal Sindaco Petrucci.
La sezione romana del PR riteneva necessario investire dello scandalo anche il Consiglio Comunale invitandolo attraverso una lettera a tutti i consiglieri comunali (luglio 1965) a non ignorare la denuncia dei radicali contro Petrucci ed i suoi collaboratori, e sfidando contemporaneamente il sindaco a dimostrare infondate le precise accuse mossegli.
Alcuni consiglieri comunali comunisti presentarono una interrogazione.
In risposta, il Sindaco Petrucci accusò i radicali di scandalismo e dichiarò di aver "chiesto alla magistratura" di indagare sui fatti a lui addebitati. Ma la realtà era diversa: la Magistratura aveva già da tempo avviato, per suo conto, indagini in proposito.
Fin dall'inizio della sua campagna "AR" aveva posto anche in luce quali strettissimi rapporti collegassero lo scandalo "romano" dell'ONMI e quello dell'INPS, che veniva proprio allora portato a conoscenza dell'opinione pubblica attraverso il processo Aliotta "AR" del 12 giugno 1965, nel momento in cui dava le prime informazioni sull'ONMI, intitolava questa sua inchiesta ""Il vero scandalo dell'Assistenza pubblica"", aprendo così un discorso generale su problemi fino ad allora, ed anche successivamente, restati scissi e separati l'uno dall'altro. Nuovi elementi, che confermavano le denunce radicali e, partendo dai dati forniti da "AR", ampliavano il quadro dello scandalo, venivano forniti, in periodi diversi, dalle inchieste promosse da settimanali l'"Astrolabio", "L'Espresso" ed "ABC". Ma una giusta analisi dei problemi connessi poteva essere possibile solo a partire da una corretta analisi politica. Nel gennaio 1966, "Agenzia Radicale", nel mettere a fuoco alcuni fatti relativi allo scandalo INPS, sottoline
ava
"l'esattezza delle denunce e scelte politiche fatte dal Partito Radicale nella lotta di draghi che ha opposto ed oppone alcuni ministri, l'alta burocrazia ministeriale, le massime autorità burocratiche dell'INPS, alcuni amministratori di questo Istituto, ambienti clericali, democristiani e dirigenti socialdemocratici all'azione svolta in questi anni dal Presidente dell'INPS, on. Angelo Corsi".
"Dunque, cinque mesi dal giorno in cui era pronta la sostituzione di Angelo Corsi dalla Presidenza dell'INPS, che riteniamo di avere almeno in parte il merito di avere impedita, e a cinque anni dall'inizio di una campagna complessa e violenta per eliminare il Presidente dell'INPS sotto le più disonorevoli accuse, un gruppo di alti dignitari politici e burocratici di questo corretto regime sono ufficialmente, sul piano penale o su quello morale, incriminati di reati gravissimi o di comportamenti intollerabili e disonesti. A questo punto, ci sembra troppo semplice e a buon mercato, per quanti da anni hanno scritto e dissertato sui casi della Presidenza, cavarsela con la pretesa obiettività di chi prende atto e depreca che si sia avuta una dannosa "battaglia di draghi" fra ministri, direttori generali, professori universitari, ordini religiosi, partiti e gruppi di potere. Perché questa "lotta di draghi" è, pienamente, lotta politica, e in modo lampante politici sono i presupposti, le condizioni, gli obiettivi e
gli interessi dai quali nasce l'"affare INPS". [Da "AR" del gennaio 1966, n. 117]
Da due decenni, progressivamente, la previdenza e l'assistenza pubbliche vengono messe a sacco. L'INPS, l'ONMI, l'INAM, la miriade di istituti pubblici o privati che operano nel settore assistenziale, sono usati come strumenti di corruzione politica e sociale, di traffico elettorale, di potere baronale, da chi in definitiva all'asservimento dello Stato.
Le riforme mancate non sono che un aspetto di una politica oggettivamente consapevole e necessaria al regime.
Rimproverare a quanti tentano di opporsi a questa tendenza la insufficienza della loro forza, significherebbe esser complici, anche consapevoli, dei veri responsabili; significherebbe, per le forze di opposizione, confessare a quale grado sia giunta la loro integrazione alla classe di governo.
Aliotta, Caracciolo, Masini Carapezza, Delle Fave, Monaldi, Leone; i Padri Trinitari, Suor Flaviana Venturi, padre Gregori, Monsignor Fiorenzo Angelini, Monsignor Novarese, il Cardinale Traglia; e ancora il sindaco di Roma Amerigo Petrucci, la DC di Roma, l'on. Clelio Darida, la DC di Napoli, gli Ospedali Riuniti di Roma con il loro professor Alonso e i loro santi padri protettori, le mafie universitarie dei Babolini, dei De Maria e tanti altri... il quadro comincia a prendere forma. L'inchiesta di A.R., che dura da un anno, mai smentita in nessuno dei dati acquisiti e denunciati, in forma pur così grave, con echi a volte così forti, non sembra interessare in alcun modo, o in alcun modo serio, forze politiche che più di noi dovrebbero sentire la responsabilità che si assumono tacendo. Eppure la lotta è politica. Non se ne accorge "Socialismo Democratico", l'organo del PSDI, il partito dell'on. Angelo Corsi, per il quale il Presidente dell'INPS, secondo "Paese Sera", avrebbe a suo tempo ed ancor oggi, almeno
in parte, ingaggiato la sua battaglia contro gli ambienti clericali e democristiani della burocrazia e ministeriali? Parliamo, allora, anche di questo: dello strano comportamento del PSDI in questa faccenda.
Da alcuni anni, ben più di cinque, qualcuno aveva cominciato, in ogni sede, ad invocare una radicale e tempestiva riforma dell'INPS. Le strutture corporative dell'Istituto s'andavano dimostrando come le più idonee ad accogliere istanze, interessi e politiche regressive nel campo previdenziale. Il corrompersi della situazione politica e della classe dirigente cominciava a manifestarsi anche nelle strutture dell'INPS. Con l'elezione di Cattabriga a Direttore Generale un passo davvero considerevole veniva ad essere compiuto in questa direzione. Di fronte ad un Presidente confinato dalla legge ad un ruolo secondario, e nonostante questo non disposto alla rinunzia, s'affermava un nuovo gruppo di potere deciso ad accrescere ed usare in ogni modo la sua forza".
Se il PSDI, nei suoi vertici e in quasi tutti i suoi settori, dimostrava di volersi dissociare dall'operato dell'on. Corsi e della sua battaglia di moralizzazione e di riforma, gli altri partiti democratici non intesero, per errore di valutazione o per decisione politica, fare propria le indicazioni politiche radicali.
"Purtroppo, proprio in questa circostanza, mentre tutto questo era in gioco, gli altri partiti della sinistra hanno dimostrato gravi contraddizioni e indecisioni. I comunisti hanno rischiato infatti di trovarsi a fianco delle peggiori forze interessate alla difesa di questo istituto corporativo a causa di una campagna dell'"Unità" esclusivamente rivolta contro ogni obiettivo elemento di valutazione, ad attaccare l'on. Corsi. I veri termini di scelta non hanno tuttavia tardato ad imporsi in questo settore della sinistra, grazie alla diversa linea seguita da "Paese Sera" e alla giusta battaglia condotta dal gruppo parlamentare comunista al Senato. I socialisti, che pure avevano le mani pulite in questa faccenda dell'INPS e che si erano in un primo tempo dichiarati favorevoli ad una inchiesta parlamentare, hanno finito invece in Senato per subordinare anche in questo caso, essenziali interessi democratici ai rapporti che condizionano la maggioranza di centro-sinistra. Anche per i socialisti tuttavia, gli errori
determinati dai cedimenti del sen. Vittorelli non sembrano essere definiti. Il comportamento del sen. Gatto alla Presidenza della Commissione Lavoro e Previdenza sociale sembra ormai aver riaperto il problema dell'inchiesta parlamentare, indicendo i socialisti a riconsiderare il valore delle iniziative che insieme al sen. Parri e agli altri organi di stampa di tendenza radicale, abbiamo ripetutamente proposto a tutte le forze della sinistra. [Da "AR" del 31 maggio 1966, n. 121]
L'estromissione dell'on. Corsi dalla Presidenza dell'INPS, avvenuta nel marzo 1966, proprio nel momento in cui egli con più rigore e determinazione si stava impegnando nell'opera di moralizzazione dell'istituto, era da considerare - ad avviso dei radicali - una pesante sconfitta per tutti i democratici. Questa, infatti, era la condizione necessaria perché la DC, il ministro del lavoro, la burocrazia dell'Ente, potessero affrontare l'inchiesta parlamentare, proposta prima da un gruppo di deputati del PSIUP, e, successivamente da Parri e altri senatori, senza correre il rischio di vedersi addossare le responsabilità che loro competevano. Perciò i radicali si opposero (e per alcuni mesi riuscirono ad evitarla) all'estromissione dell'on. Corsi dalla presidenza dell'INPS. In questa loro battaglia essi restarono completamente isolati nonostante che in date diverse, già nel febbraio e quindi nel marzo di quell'anno, non avessero mancato di gettare un grido di allarme sul grave errore di questo ennesimo cedimento al
la Democrazia Cristiana.
Resta, alla fine dell'illustrazione di questa serie di iniziative radicali, e per ben cogliere il significato, da rispondere ad un interrogativo.
E' lo stesso interrogativo che crediamo sorga spontaneo se si considerano altre iniziative del PR in questi anni, in particolare quella sugli Enti di Stato e l'ENI.
Come è possibile che il PR, senza mezzi, senza propri organi di stampa, senza funzionari, senza l'aiuto di presenze negli organi direttivi o burocratici di sindacati, patronati, organismi unitari vari, senza parlamentari, con rarissimi eletti locali, giunga ad impostare e condurre, o solo ad avere gli elementi di conoscenza necessari, battaglie di tale respiro e rigore?
Non vale dire, come certuni fanno, che si tratta di battaglie essenzialmente pubblicistiche. Non è vero: lo provano, come abbiamo più volte ricordato, le decine di processi, di vessazioni poliziesche, di tentativi ricattatori che vengono messi continuamente in atto contro militanti radicali; lo confermano la stretta adesione, nei tempi, nei metodi, negli obiettivi, di queste battaglie con quelle organizzazioni dei lavoratori; lo escludono la continuità di un impegno che si svolge contemporaneamente, su più fronti, utilizzando ogni mezzo possibile, ogni spiraglio: le contraddizioni degli avversari, degli interessi costituiti, della giustizia, della classe politica anche a noi vicina, della stessa stampa di informazione.
D'altra parte, se così fosse, resterebbe da spiegare come sia possibile che il PR, che non ha altri organi di stampa vicini al di fuori di "Agenzia Radicale", che non ha redattori o collaboratori remunerati, né strutture che le consentano continuità, che esce in genere sotto la veste di pochi fogli ciclostilati, riesca "sul piano pubblicistico" a determinare campagne politiche, ad ingaggiare lotte che organi di stampa di sinistra e di centro, ricchi di mezzi, aventi come fonti di informazioni quelli propri a grandi forze politiche legate nel profondo alla realtà sociale del paese potrebbero teoricamente condurre con molta maggiore efficacia?
La risposta, a nostro avviso, può essere articolata nei seguenti punti:
"a") il PR dimostra ormai di avere chiavi di interpretazione della realtà oggettiva del nostro Paese che consentono di meglio individuarne aspetti essenziali; in particolare il suo "anticlericalismo" gli consente di legarsi politicamente ai "problemi dell'individuo, della famiglia, della sicurezza sociale, dei diritti civili" e di interpretarne le possibili soluzioni democratiche;
"b") il PR ha realizzato strutture organizzative e militanti che moltiplicano la forza e la libertà dei suoi iscritti, anziché limitarle, che consentono non da oggi di sostenere una vera ""guerriglia politica"" estremamente mobile, efficace, che spesso ha come armi quelle strappate agli avversari, che non riesce ad essere stroncata nemmeno dagli errori della classe dirigente di sinistra nei suoi confronti, traendo forza dalle stesse basi e masse sulla quale quella di fonda;
"c") il PR ha come metodo costante quello di assicurare alle sue iniziative una effettiva capacità di svilupparsi autonomamente come unitarie e non aprioristicamente polemiche nei confronti della Sinistra;
"d") la rigida applicazione del principio dell'autofinanziamento, di un rapporto fra spese di gestione amministrativa e organizzativa e attività politiche che è inedito (oltre l'80% a favore di queste ultime), e la ricerca di energie umane e finanziarie che nascano dall'interno delle varie iniziative, costituisce un evidente punto di forza e non, come viene generalmente ritenuto, di debolezza nella lotta.
C'è da aggiungere che tutto questo è stato possibile in una situazione che giudichiamo anomala e superabile, di soffocamento e non di informazione oggettiva o amichevole, cioè creando artificiosamente pesanti diaframmi fra il PR e l'opinione pubblica e la massa dei cittadini democratici. Se cinque cattolici, in quanto tali, compiono una passeggiata per la pace in un centro cittadino, si può essere certi che tutta la "nostra" stampa dedicherà all'episodio un grande rilievo; ma se, com'è accaduto, alcune decine di radicali, di anarchici, di non violenti, fanno una marcia antimilitarista da Milano a Vicenza, con un sorprendente successo di folla e di dibattito, fra le aggressioni più dure degli avversari, l'informazione sarà avara e reticente, malgrado le richieste delle Federazioni di base dei Partiti di sinistra.
Chiudiamo dunque questo capitolo con nuovi interrogativi: perché non valorizzare questo fatto nuovo, rappresentato dal PR, non utilizzarne il contributo di lotta, non considerarne l'apporto di nuovi temi, di nuove energie, di nuova volontà unitaria? Perché continuare a comportarsi in modo tale da legittimare la convinzione che le grandi forze della Sinistra sono disposte solo a strumentalizzare quelle presenze eterogenee che diano la "garanzia della non-organizzazione, della non-autonomia, della incapacità a condurre per loro conto, e con loro metodi e criteri, una effettiva politica?" Perché, malgrado enunciazioni diverse e contrarie, in pratica voler protervamente costringere ogni fenomeno e manifestazione di autonomia e di rinnovamento alle forche caudine frontiste? Perché non riconoscere che questo fatto è legato soprattutto alla paura irragionevole che consentendo libertà a compagni esterni alle tradizionali organizzazioni, in realtà sarebbero gli stessi compagni di partito che vedrebbero, anche per lor
o stessi, presentarsi maggiori possibilità concrete di iniziativa?
Per una volta, "L'Espresso", "L'Astrolabio", "ABC", ma anche "l'Unità", "Il Paese" ed i giornali d'informazione hanno dato atto al partito Radicale di essere riuscito ad imporre l'attenzione su aspetti fondamentali della crisi dell'assistenza e della previdenza pubbliche, portando alla luce strutture e sistemi di saccheggio dello Stato da parte del mondo ecclesiastico e clericale italiano.
Si tratta di una battaglia che, per quante clamorose battute abbia già registrato, "non è che ai suoi inizi". Nelle prossime settimane saremo in grado di fornire attraverso pubbliche manifestazioni in numerose città italiane ulteriori elementi a questa campagna, a sostegno delle lotte che i lavoratori e i cittadini coinvolti in questo "sistema di non-sicurezza" sociale già stanno conducendo, in condizioni difficilissime.
Coloro i quali pensano che, con l'elusiva e sbagliata inchiesta senatoriale sull'INPS, con l'oblio colato sul prof. Aliotta, con la morte dell'on. Corsi (un vero assassinio morale operato anche grazie ad esponenti di rilievo del suo partito, scaduti all'ignobile funzione di comuni sicari, anche se clericali, malversatori e delinquenti), con le annunciate dimissioni da Sindaco di Roma del dott. Amerigo Petrucci (che corre così verso i lidi trabucchiani dell'immunità parlamentare), con la sostituzione dell'on. Delle Fave con l'on. Bosco al Ministero del Lavoro, con l'assunzione dell'on. Leone ai fastigi del laticlavio a vita, con gli insabbiamenti od il trascinarsi a dopo le elezioni della fase pubblica di decine di processi come quello contro i dirigenti democristiani dell'ospedale Principi di Piemonte di Napoli, o contro ""Amerigo Petrucci + quindici"" relativo al fosco mondo dell'assistenza pubblica e ospedaliera rimane, con il prevalere del sospetto atteggiamento di qualche redattore di giornali di estrema
sinistra rispetto alla impostazione ed ai giudizi che portarono il gruppo comunista senatoriale ad una violenta denuncia degli ispiratori e complici morali di Aliotta che numerosi siedono in Parlamento, coloro che con tutto questo ritengono di poter esser finalmente al riparo di un giudizio dell'opinione pubblica, ebbene, sicuramente si sbagliano.