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Pannella Marco - 9 agosto 1968
FAR EVADERE PINKY E BERTOLE? DOPO L'ARRESTO DEI DUE COMPAGNI ANARCHICI DI "LA COMUNE" DI MILANO
(M.P.)

SOMMARIO: Marco Pannella denuncia la violazione della legge nel procedimento contro due anarchici del circolo "La Comune" di Milano. Gli imputati non vengono infatti processati per direttissima ma con la più lunga istruttoria formale che consentirà di continuare l'attività repressiva con il pretesto del proseguirsi delle indagini, allargando a macchia d'olio, come sta già accadendo, controlli, pedinamenti, interrogatori, ascolti telefonici, infiltrazioni di agenti provocatori... Contro questa e altre continue violazioni della legge è dovere dei democratici contrapporre dure azioni che restaurino l'ordine costituzionale.

(NOTIZIE RADICALI n. 40 del 9 agosto 1968)

Gianoberto Gallieri detto Pinky e Franco Bertole, del gruppo "La Comune" di Milano, sono stati arrestati in base all'art.2 della legge nr 895 del 2/10/67 (detenzione di armi, o pezzi di armi ecc...). La stampa ne ha ampiamente parlato, non avremmo nulla di essenziale da aggiungere sul piano della cronaca dell'arresto o degli interrogatori.

Ci interessa però rilevare che l'art. 9 della stessa legge prescrive un processo per direttissima: cioè dopo cinque giorni dall'arresto. Invece, a quel che pare, la Procura di Milano intende procedere ad una normale istruttoria formale, che potrà durare mesi e mesi, consentirà di tenere in carcere Pinky e Bertole per tutto questo periodo, di continuare l'attività repressiva con il pretesto del proseguirsi delle indagini sui nostri due compagni, allargando a macchia d'olio, come sta già accadendo, controlli, pedinamenti, interrogatori, ascolti telefonici, infiltrazioni di agenti provocatori...

E' lecito, è legittimo, è ammissibile tutto questo?

Uno dei personali motivi di perplessità contro azioni come quelle contro la Boston Chemical a Roma, o quelle contro le chiese milanesi (nelle quali Pinky e compagni non c'entrano per nulla) è dovuta al fatto che, s'io fossi un poliziotto della "politica", sarei io ad organizzarne, tanto facilitano, potenziano, rafforzano - psicologicamente - nelle masse - l'azione repressiva e l'apparato autoritario. In cambio di che?

Ciò detto, il Procuratore Capo della Repubblica di Milano, dott. De Peppo, il sostituto procuratore dott. Paolillo, sappiano - almeno loro - che la violazione della legge che a nostro avviso stanno compiendo per non aver proceduto in direttissima, non può che rafforzare in tutti noi la convinzione - che si sia "violenti" o "nonviolenti" - che all'illegalità sistematica, all'assoluta incertezza del diritto, da parte dello Stato e dei suoi qualificati rappresentanti, non v'è che da contrapporre il dovere di una contrapposta illegalità che restauri l'ordine costituzionale, per quel minimo che esiste e può esistere e garantisce a dei cittadini elementari libertà e diritti, in Italia.

E' l'ora di finirla. La legge diventa un rebus, un gioco truccato, anche quando non sia specificamente fascista e autoritaria.

A Braibanti, dopo 4 anni di indagini, nel dicembre del 1967, si applica un'istruttoria sommaria, irridendo la logica, la legge, i dettami della Corte Costituzionale. A Pinky e Bertole, che entro e non oltre cinque giorni dal loro arresto devono comparire in giudizio, si rischia di addossare le lungaggini e la teorica "serietà" di un'istruttoria formale. La logica del sistema ci vuole tutti burattini, d'accordo. Ma forse è un po' troppo sperare di ottenerli così, senza colpo ferire, e con tutti consenzienti. Si tratta, ormai, di organizzare risposte altrettanto sistematiche e dure. Non mancheremo di farlo. Impreparazione a parte: rispetto a quanto sta accadendo nella vicenda Pinky-Bertole, come non dichiarare - ad esempio - che se la possibilità ci fosse data, o riuscissimo a procurarcela, sarebbe doveroso il tentativo di liberare (cioè far evadere) questi due compagni? e che lo faremmo senza esitazione, convinti di non compiere un reato, ma il nostro dovere di cittadini e di democratici?

Questa "giustizia" persecutoria, arbitraria, discrezionale ci sta stancando. Questa collaborazione fra "uffici politici" (al posto dell'OVRA, nella crisi persistente del SIM-SIFAR-SID, bisogna pure che qualcuno assicuri la "sicurezza dello Stato", no?) e magistrati diventa troppo patente.

L'invocazione fatta - proprio in questi giorni - da parte del Procuratore Generale della Corte d'Appello di Roma, dott. Guarnera, della "ragion di stato" o "dei superiori interessi del Paese" come ragione di un provvedimento giudiziario, dimostra che la borghesia italiana sta una volta di più, spesso inconsapevolmente (ed è quasi più grave) scegliendo la via dell'illegalità, della violenza e della sopraffazione per garantire il proprio potere di classe.

Eppure non era stato lo stesso pensiero borghese ad aver chiarito che l'autonomia e la sovranità della giustizia sono garanzia, nascono proprio contro "la ragione" del sovrano assoluto o dello "Stato" cioè dell'esecutivo? Non sanno, Guarnera o il Presidente Saragat, che non si può essere "fuori" o "al di là" della "giustizia", ma solo "al di qua" e "al di sotto"? Almeno secondo la tradizione costituzionalista, garantista, democratica che poi si pretende di rappresentare?

Torniamo a Milano. Contro "la Comune", dopo la polizia, la giustizia, e in attesa della "scuola", si muove la famiglia. I genitori di un giovane diciassettenne, aderente a "La Comune", il compagno Maurizio S., lo hanno in questi giorni, di ritorno dalla Marcia Antimilitarista Milano Vicenza, internato in una clinica psichiatrica. Siamo già all'azione della famiglia Sanfratello nel quadro del processo Braibanti, contro il proprio figlio Giovanni.

Non resta che attendersi, contro Pinky, anche una denuncia per "plagio". Accadrà facilmente, se non si pone mano decisamente alla cosa, a quanti sono impegnati a disinfestare dal fradicio e dal lezzo che emanano i "valori" sui quali si fondano e il perbenismo e le carriere dei funzionari dello Stato la propria vita - quindi anche l'altrui.

 
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