SOMMARIO: Kuznetov è a Praga per assicuarare una nuova stretta di vite al diktat di Mosca: la vera aggressione in Cecoslovacchia comincia adesso; il PCI non può solo prendere posizione contro l'aggressione, ma deve costituire un fronte unitario di sinistra che condanni l'iniziativa sovietica. Se è difficile fare ciò per il PCI in presenza di azioni diplomatiche con la classe dirigente sovietica, è compito del resto della sinistra muoversi. Se ciò non accade è a causa del fatto che lo stalinismo è duro a morire ed è capace di resistere a sostanziali mutamenti della politica internazionale. Abbiamo costituto a Roma il "Comitato italiano degli antiatlantici per la Cecoslovacchia" che si propone di svolegre un'attività di sostegno del socialismo in quel paese contro le attuali pressioni autoritarie.
(NOTIZIE RADICALI N. 45, 10 settembre 1968)
Kuznetov è a Praga ormai da tre giorni. Non sappiamo quali nuove richieste o imposizioni il "plenipotenziario" del Cremlino abbia recato da Mosca ai dirigenti del "nuovo corso". Siamo tutti in grado però di farcene un'idea leggendo i violentissimi articoli della "Pravda" o di "Tribuna Ludu". E' un crescendo di attacchi e di pressioni per assicurare una nuova stretta di vite al "diktat" di Mosca, della cui osservanza e interpretazione sono unici arbitri i carri armati del Patto di Varsavia. E per giustificare la nuova stretta di vite, ecco la favola dei progetti di invasione degli eserciti della NATO, pronti ad intervenire in favore delle forze antisocialiste e controrivoluzionarie. Ma quali minacce occidentali e progetti di invasione della NATO! I popoli d'oriente e d'occidente hanno purtroppo imparato a loro spese che gli eserciti e i patti militari non servono certo a tenere a bada e tanto meno ad aggredire i "nemici" dell'altro campo. Servono a tenere a bada, nelle rispettive zone d'influenza, i popoli e
i paesi "alleati". Lo sanno benissimo i Greci, che devono all'efficacia dei piani di sicurezza della NATO il colpo di stato dei colonnelli. Lo hanno appreso i Cecoslovacchi che hanno visto le truppe "alleate" di altri paesi socialisti venirli a "liberare" da ogni tentazione di indipendenza e di autodeterminazione.
Abbiamo scritto qualche giorno fa che la vera aggressione alla Cecoslovacchia comincia adesso, che proprio ora i dirigenti cecoslovacchi rischiano di trovarsi in un vicolo cieco senza alcuna possibilità di uscita e senza alcun valido appoggio. La "Pravda" lo conferma: non basta che la calma torni nelle strade perché gli "alleati" del Patto di Varsavia considerino attuata la "normalizzazione". Occorre di più, molto di più. Ciò che si chiede è la definitiva messa al bando del "nuovo corso" attraverso una repressione su vasta scala.
Di fronte a questa situazione, cosa ha fatto e cosa fa il Partito Comunista? Abbiamo scritto e ribadito - su questa agenzia - il nostro giudizio positivo sulla presa di posizione del PCI all'indomani dell'aggressione. Non siamo tanto stupidi o ciechi, per quel tanto che conosciamo del mondo comunista, per non renderci conto dell'importanza di questa posizione e delle conseguenze che essa avrà all'interno del movimento comunista internazionale. Per la stessa natura dogmatica della purtroppo prevalente ideologia comunista, sappiamo benissimo che dissensi così gravi non sono facilmente riassorbibili, che posizioni di questa gravità non sono facilmente reversibili. Ma detto questo dobbiamo anche aggiungere che il destino della Cecoslovacchia e del nuovo corso non si è tutto giocato il giorno dell'aggressione, né si è tutto giocato il giorno della firma dei cosiddetti accordi di Mosca. Si gioca adesso, giorno per giorno, ora per ora, in una vera e propria lotta contro il tempo, contro l'affermarsi del fatto compi
uto, contro l'assuefazione e la rassegnazione dell'opinione pubblica internazionale. Se c'è un momento che i dirigenti comunisti cecoslovacchi hanno bisogno dell'aiuto e dell'appoggio, il più autorevole e fermo, della sinistra internazionale, dell'impegno delle masse e del movimento operaio, "è proprio questo". Il compagno Ingrao pronuncia parole chiare e certamente nobili di fronte a un vastissimo pubblico di lavoratori. E gliene va dato atto. Ma non un incontro ufficiale, non un'iniziativa unitaria si è avuta tra le forze dello stesso schieramento della opposizione di sinistra; non una presa di posizione, non un'iniziativa pubblica rispetto alla classe dirigente sovietica di fronte alla pericolosa e grave evoluzione della situazione in Cecoslovacchia. "Ma che razza di unità" è quella che non viene verificata e sollecitata proprio nei momenti difficili? Ed è sufficiente una presa di posizione di principio - per quanto importante e gravida di conseguenze - se non si traduce in iniziativa politica, se non pro
muove mobilitazione democratica ed impegno di lotta?
Ci si obietta che la presa di posizione del PCI incontra alla base resistenze ed opposizione. Ci si ricorda che i dirigenti comunisti sono impegnati in una vasta, difficile e complessa iniziativa diplomatica che copre il vasto fronte dei partiti e dei paesi socialisti.
Ammettiamo anche la gravità di queste resistenze. Sono però esse stesse la conseguenza di una iniziativa politica che dal memoriale di Yalta in poi è stata diretta non alle masse ma ai vertici degli altri partiti della sinistra italiana e degli altri partiti del comunismo internazionale.
Continuare a preferire oggi i metodi della "diplomazia segreta" al pubblico dibattito e alla aperta e chiara iniziativa politica significa continuare a peccare di sfiducia rispetto alle masse.
Ma ammettiamo pure questa difficoltà dei comunisti. E' compito allora del resto della sinistra muoversi, prendere adeguate iniziative, se necessario sollecitare i comunisti. E' ciò che in Francia hanno fatto fin dal primo giorno numerose forze: dal comunista Garaudy, al PSU, al sindacato CFDT, da "Nouvel Observateur" e "Temoignage Chretienne" all'UNEF.
Dove sono in Italia queste forze? Cosa fanno, quando non prendono le gravi posizioni che purtroppo ha preso il PSIUP? E' a queste forse di sinistra che rivolgiamo il nostro appello in ore che probabilmente si avviano a diventare le più difficili e drammatiche per la Cecoslovacchia.
Non lo facciamo certo per paura della solitudine, alla quale ci condanna la stupidità degli apparati. Sappiamo che solo un'autonomia consapevole può essere di effettivo aiuto al rafforzamento e a una effettiva unità della sinistra. Senza di essa c'è il frontismo, c'è l'annullamento della volontà politica, c'è l'appiattimento burocratico.
I compagni che per oltre dici giorni hanno attuato uno "sciopero della fame e di lavoro per la Cecoslovacchia" hanno giustamente scritto che "l'Unità" è stata pari solo all'organo della Fiat nell'ignorare la loro iniziativa. Una spiegazione di questo comportamento, beninteso non ufficiale, sarebbe che, a differenza delle forze politiche che in altri paesi esprimono le stesse posizioni, non saremmo una realtà "seria", ma una realtà numericamente e politicamente trascurabile. Non sono argomenti che meritino di essere raccolti e confutati. Dimostrano solo come lo stalinismo sia una realtà dura a morire e capace anche di resistere, in un partito comunista, a sostanziali mutamenti della propria politica internazionale.
"COSTITUITO A ROMA IL COMITATO ITALIANO DEGLI ANTIATLANTICI PER LA CECOSLOVACCHIA."
Al termine di una riunione alla quale hanno partecipato diversi gruppi democratici e esponenti di forze socialiste si è costituito a Roma il Comitato Italiano degli Antiatlantici per la Cecoslovacchia, che si propone di svolgere una azione di sostegno del socialismo di quel paese, contro le attuali pressioni autoritarie, in primo luogo richiedendo l'evacuazione delle truppe occupanti dei Paesi del Patto di Varsavia ed informando l'opinione pubblica italiana dei problemi posti dai recenti, drammatici avvenimenti. Nei prossimi giorni sarà reso noto un primo elenco di personalità e di gruppi aderenti e stabilito un primo programma di attività. Il Comitato Promotore ha inviato una comunicazione a esponenti dell'intero arco della Sinistra chiedendo l'adesione al C.I.A.C. ed un concreto sostegno alle sue iniziative. La sede provvisoria, per quanti fossero interessati a stabilire contatti con il Comitato, è in Via XXIV Maggio 7.
"CONCLUSO IL DIGIUNO DEI "GRUPPI DI ATTIVITA' E DI SCIOPERO DELLA FAME PER LA CECOSLOVACCHIA"."
Si è concluso il 5 settembre, dopo 11 giorni, il digiuno dei "Gruppi di attività e di sciopero della fame per la Cecoslovacchia" promossi dai radicali a Roma, Milano, Pescara e Sulmona. In un comunicato conclusivo, i gruppi hanno dichiarato: "La situazione in Cecoslovacchia permane grave; come grave è la testimonianza di persistente incapacità di condurre concretamente serie battaglie internazionaliste e socialiste da parte delle forze tradizionali della sinistra, e dei loro vertici burocratici. I gruppi ritengono di aver contribuito - come era loro obiettivo - a darne coscienza alle forze di nuova Sinistra. L'annunciata costituzione del "Comitato degli Antiatlantici per la Cecoslovacchia" ne costituisce una prova e una garanzia".
Nel corso dell'attività, a Roma, si è tenuto, il primo settembre, un dibattito sulle responsabilità della sinistra di fronte ai fatti cecoslovacchi e, quasi quotidianamente, sono stati diffusi alla stampa comunicati e documenti di lavoro. Un appello perché portassero avanti una autonoma iniziativa politica è stato inviato ai "Gruppi spontanei per una nuova Sinistra". Il 5 settembre si è tenuta, sempre nella sede di via XXIV maggio una riunione nazionale di iscritti e dirigenti del Partito Radicale.