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Notizie Radicali - 12 ottobre 1968
LA NOTA: IL CAPITALISMO DI STATO E L'AFFARE MONTEDISON

SOMMARIO: In polemica con le posizioni assunte dal Pci, Pannella afferma che l'affare Montedison (l'operazione che ha portato al controllo della Montedison da parte di IRI-ENI e Valerio) accresce e non diminuisce l'integrazione tra interessi industriali di Stato e interessi privati e prefigura una nuova coalizione di interessi: "tecnocrati della industria di Stato sempre più affrancati ad ogni possibilità di controllo pubblico e fortissimi e moderni gruppi neocapitalistici che hanno interesse a certo tipo di intervento subordinato dello Stato nella economia".

(NOTIZIE RADICALI N. 50, 12 ottobre 1968)

I compagni del PCI hanno dovuto oggi ricredersi sull'operazione Montedison, dopo l'annuncio di una partecipazione paritetica IRI-ENI e Valerio nel controllo della società, arbitra e garante la Banca d'Italia, e la conferma alla presidenza dello stesso Valerio. Se invece di fondare le loro prese di posizione sulle relazioni pubbliche con alcuni dirigenti dell'ENI che le relazioni pubbliche le fanno per mestiere e sulle informazioni di un giornalista, ormai dai suoi stessi colleghi considerato molto più un dipendente di Cefis che un iscritto al PCI, si fossero invece fondati e avessero prestato la loro attenzione alla logica obiettiva dello sviluppo del capitalismo di stato dopo la morte di Mattei, si sarebbero risparmiati questo errore di valutazione, che si aggiunge ai molti altri commessi in questo essenziale settore della politica economica. Se non altro non avrebbero imposto al compagno sen. Adamoli di ritirare una interrogazione già presentata al Senato e che se fosse giunta alle stampe avrebbe avuto alm

eno il merito di non collocare il più importante partito della classe operaia fra gli esaltatori acritici della operazione Montedison.

Noi frequentiamo i bene informati, non abbiamo a disposizione giornalisti prezzolati dai nostri avversari. E forse proprio per questo riusciamo a dare ormai da anni giudizi precisi sulle potenti società del capitalismo di stato, giudizi che purtroppo non sono mai smentiti dai fatti.

Atteniamoci alla operazione Montedison. Non ci vuole molto acume e non è necessario disporre di informazioni segrete per mettere insieme i seguenti elementi di giudizio:

1) una operazione di borsa della importanza, delle dimensioni e della segretezza di quella realizzata nel giro di tre anni presuppone: a) una strettissima intesa fra Cefis, Petrilli e Carli (e questo è già un fatto politico di estrema rilevanza perché fino a qualche tempo fa i rapporti fra i due capifila del nostro capitalismo di stato erano improntati a massima diffidenza se non a duro scontro di interessi; se poi si pensa al ruolo che Petrilli ha nella rete di potere della DC, è impossibile immaginare che l'operazione abbia avuto luogo senza l'assenso e il controllo di Colombo e di Rumor); b) l'accordo e quanto meno la neutralità di altri potentissimi gruppi del capitalismo privato, presenti con forti interessi nel pacchetto azionario di controllo della Montedison (in particolare la famiglia Agnelli e Pesenti). Nessuno riuscirà mai a farci credere che un movimento che interessa una fortissima percentuale del capitale azionario della Montedison è potuto avvenire solo per il tramite della mediobanca e senza

la copertura di altri interessi privati. Un finanziere della capacità e della esperienza di Valerio non si sarebbe fatto prendere di sorpresa dalla operazione se questa non avesse avuto la copertura di altri interessi privati.

2) L'ENI agisce ormai da anni di conserva con gli interessi dei grandi monopoli internazionali del petrolio; aveva da tempo raggiunto, nel campo della politica di mercato, una pacifica intesa con la Montedison per quanto riguarda i prezzi dei prodotti chimici.

L'IRI teorizza, attraverso Petrilli, e attua in pratica la funzione di "complementarietà" dell'industria pubblica. Sia l'IRI che l'ENI stanno da mesi finanziando giuristi e convegni "scientifici" per teorizzare l'autonomia dei gruppi del capitalismo di Stato nei confronti delle decisioni del potere politico e la gestione privatistica delle aziende pubbliche.

La ricerca scientifica nel campo del diritto è condotta con mezzi imponenti da organismi apparentemente indipendenti.

Fra qualche anno sia il giudice che il legislatore si troveranno fra i piedi una imponente massa di lavoro dottrinale preparata o avallata da grandi nomi del diritto.

3) Fin dal primo momento l'ENI si è preoccupata di trovare, nel presentare l'operazione, copertura a sinistra e non a destra. Non a caso la prima notizia dell'operazione è stata data attraverso Paese Sera. E l'ENI non aveva alcun motivo di preoccupazione rispetto alla destra che conta (quella democristiana e quella che fa capo ad Agnelli e ai settori dell'industria meccanica). Contro questa operazione rimanevano schierati soltanto i gruppi ancora finanziati da Valerio (liberali e missini), nonostante che da tempo il potente finanziere mostrasse di preferirgli alcuni socialisti.

Da questi elementi di giudizio noi traiamo alcune conclusioni:

1) siamo in presenza di una operazione che accresce e non diminuisce l'integrazione tra interessi industriali di Stato e interessi privati, fra tecnocrazia del neocapitalismo pubblico e privato.

2) l'operazione non era rivolta ad escludere Valerio, ma ad isolarlo e a condizionarlo. Il tentativo di attribuire la colpa della soluzione paritaria e della permanenza di Valerio alla presidenza a un ripensamento di Carli è semplicemente ridicolo. Questa era la soluzione cui in realtà si voleva arrivare. Basterebbe prestare un minimo di attenzione, del resto, alla precisazione che Bo si è affrettato a dare sul rispetto della decisione del governo di non procedere a nuove nazionalizzazioni.

3) Valerio e tutto il gruppo di interessi che fa capo agli ex elettrici ne esce indebolito e ridimensionato. Prima o poi, con molta gradualità, questo gruppo di interessi sarà definitivamente emarginato. E' quindi giusto sostenere che un periodo di storia della nostra alta finanza si conclude. Ma non si conclude a vantaggio di una soluzione di interesse collettivo, ma a vantaggio di una situazione di capitalismo di Stato che vede formarsi una nuova coalizione di interessi: tecnocrati della industria di Stato sempre più affrancati ad ogni possibilità di controllo pubblico e fortissimi e moderni gruppi neocapitalistici che hanno interesse a certo tipo di intervento subordinato dello Stato nella economia.

4) questa operazione va vista in un quadro più ampio, quello della ristrutturazione della industria italiana in atto anche attraverso le iniziative internazionali della FIAT.

Ai compagni comunisti, che continuano ad accumulare errori su errori nella valutazione dei fatti del nostro capitalismo di Stato; ai socialisti della "programmazione" sempre così benevoli nel giustificare a posteriori questo tipo di operazioni e nel sostenerne la coerenza rispetto alle finalità della politica di piano; al socialista Mancini che di tanto in tanto si prodica in attacchi velleitari ai potentissimi e incontrollati dirigenti dell'industria di Stato, noi sentiamo pertanto il dovere di rivolgere alcune domande, che possono apparire sproporzionate rispetto ad avvenimenti così importanti, ma che hanno il vantaggio di essere precise ed essenziali, ai fini della efficacia di un intervento parlamentare.

1) Perché la discussione in corso al senato sull'aumento del fondo di dotazione dell'ENI avviene nella più completa disinformazione dell'opinione pubblica, senza che alcun giornale e meno che mai quelli di sinistra se ne occupino? Non è quella la sede adatta per giudicare la politica dell'ENI e per cercare di condizionare, almeno nei limiti del possibile, le incontrollate operazioni politiche del suo gruppo dirigente?

2) Come si spiega che, mentre è ancora in corso di approvazione l'aumento di dotazione del fondo dell'ENI davanti al Parlamento, l'Ente di Stato si affretta a chiedere attraverso un libro bianco ampiamente pubblicizzato dal "Messaggero" e da "Paese Sera", nuovi finanziamenti pubblici? E' coerente anche questo comportamento dell'ENI con le finalità della tanto mancata programmazione? Non è forse vero che l'attuale fondo di dotazione impegna già lo Stato fino al 1972 e cioè ben oltre la scadenza dell'attuale piano quinquennale? Come è possibile rispettare (sappiamo che purtroppo è una domanda retorica) gli altri impegni e gli altri obiettivi della politica di piano se ogni volta le previsioni di spesa di grande entità e di lungo termine vengono rimesse così clamorosamente in discussione?

3) Non sarebbe male neppure indagare sulle contropartite che gli individuabili gruppi privati che hanno favorito e coperto l'operazione IRI-ENI-Banco d'Italia si attendono da questa copertura. L'Unità ha fatto bene a sollevare il problema dell'Alfa Sud e per ora possiamo accontentarci delle assicurazioni di Luraghi. Ma allora bisognerà seguire con attenzione i successivi avvenimenti della nostra economia e cercare di individuare quelli occulti, che come abbiamo visto sono anche i più importanti.

 
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