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Notizie Radicali - 18 giugno 1969
ASSISTENZA: COLPIRE I VERI RESPONSABILI

SOMMARIO: Il Partito Radicale ha fatto, del problema della riforma dell'assistenza pubblica, un obiettivo politico qualificante della propria iniziativa poiché questo settore è una delle roccaforti del regime clericale in Italia. Si rivolge ai cittadini a conoscenza di situazioni drammatiche degli istituti di assistenza per l'infanzia e li esorta a denunciarle per aprire nel paese una più ampia informazione e un momento di lotta anticlericale e antiautoritaria.

(NOTIZIE RADICALI N. 74, 18 giugno 1969)

Il Partito Radicale ha fatto, del problema della riforma dell'assistenza pubblica, un obiettivo politico qualificante della propria iniziativa. L'analisi compiuta dai radicali ha consentito di individuare in questo settore una delle roccaforti del regime clericale in Italia. Petrucci e il "racket" romano dell'assistenza e dell'ONMI, gli Ospedali Riuniti, Monsignor Angelini e gli interessi vaticani, gli ospedali psichiatrici e l'INPS sono stati oggetto di campagne politiche, giudiziarie, pubblicistiche che hanno trovato consensi tra i lavoratori e gli "utenti" dell'assistenza.

Dopo lo scandalo dell'Istituto "S. Rosa" di Grottaferrata, nel quale ancora una volta troviamo coinvolti Prefettura e Ministero degli Interni, ONMI e Vescovo, medici e pubblici ufficiali corrotti, il Partito Radicale si rivolge a quanti, come direttamente interessati o come semplici cittadini, sono a conoscenza di altri analoghi scandali relativi ad istituti di assistenza per l'infanzia, perché ne informino la redazione di "Notizie Radicali" ed il Partito per avviare assieme tutte quelle iniziative civili e giudiziarie che possano essere ritenute utili ad aprire nel Paese una ampia informazione e un momento di lotta anticlericale e antiautoritaria.

"Avevo sei anni quando per punizione Suor Concetta mi prese e mi portò nel porcile dicendomi che mi avrebbe fatto mangiare dai porci, perché diceva che chi bagnava il letto, era un porco. I grugniti del maiale mi spaventavano e cominciai ad urlare, lei mi prese sotto le ascelle e mi mise nel porcile, sono svenuto. Per tre notti non bagnai più il letto". Un episodio qualsiasi di vita in uno dei tanti istituti in cui si "organizza" l'assistenza in Italia.

In questi ultimi tempi gli scandali sui vari istituti assistenziali scoppiano a ritmo serrato: ultimo quello del lager di Grottaferrata. Per prima è andata la polizia a fotografare e a togliere le catene ai bambini di Suor Maria Diletta Pagliuga, poi la televisione ha inorridito la nazione, infine i giornali hanno cominciato la loro campagna. Un vero linciaggio per "la povera mamma di Grottaferrata", che spediva bigliettini traboccanti amore ed abnegazione in tutto il mondo; una indignazione uguale e giusta nel comunista, nel democristiano, nel socialista, nel liberale; un affannoso invio di doni inutili ai bambini martirizzati. Mai come questa volta tutta la stampa, da quella di sinistra a quella di destra, si è trovata d'accordo nel condannare i crimini di un "privato" e a compiangere i poveri bambini attoniti: gli stessi titoli vistosi sul "Messaggero" e su "Paese Sera", che chiede di responsabilizzare anche il medico e qualcun altro. Nessuno si chiede il perché di questi bambini torturati, subappaltati,

morti.

Dell'assistenza in Italia si continua a non volere sapere niente, quasi fosse un problema minore, da affrontare solo nell'eventualità di qualche scandalo. Non esiste in Italia un quadro assistenziale-completo. Solo dati, anche se significativi: 40.000 sono gli organi investiti di pubbliche funzioni di assistenza, secondo il programma economico nazionale per il quinquennio 1966-1970 (legge 27 luglio 1967, n. 685), oltre 20.000 le istituzioni private.

Tutti i Ministeri, Presidenza del Consiglio compresa, hanno un loro settore di assistenza specifico, un vero esercito di uffici, di funzionari, di competenza, che si sovrappongono e creano conflitti e sperperi economici, mentre intere categorie di cittadini rimangono dimenticate: nessuna legge prevede ad esempio prestazioni assistenziali per gli insufficienti mentali, che in Italia sono più di un milione. E questi finiscono nelle mani delle benefattrici come Suor Diletta, che provvede a legarli per non sprecare personale costoso e a nutrirli con gli avanzi dei suoi pasti, proprio perché in Italia l'assistenza non è ancora un diritto tutelato, ma soltanto una concessione dello Stato o una "caritatevole" beneficienza del privato. Su queste carenze, una vera industria è nata sulla pelle della gente indifesa, di quella esclusa dalla società fin dalla nascita. Quanti conventi hanno improvvisamente aperto le porte per accogliere illegittimi e minorati, quanti privati si sono dedicati al subappalto di bambini? La r

ecente legge sull'adozione speciale ha squassato un poco questa tranquilla industria, fucina di disadattati, ha costretto le suore e tutti i gestori in genere a trasmettere elenchi trimestrali dei minori presenti in istituto al Tribunale per i minorenni, che può dichiarare lo stato di adottabilità del minore trovato in stato di abbandono, e quindi toglierlo all'istituto. Ma le suore non si sono ancora adeguate alla legge, pensano alle rette che diminuiscono col diminuire delle presenze e si rifiutano di consegnare, di rendere pubblici gli elenchi.

La riforma dell'assistenza richiede una lotta contro privilegi antichi ed usanze ancora più antiche (tipo la vendita redditizia di bambini dall'istituto ad una famiglia tramite abili intermediari), ma nessuno se ne è fatto promotore, perché tutta la classe politica clericale è più o meno coinvolta in questo giro di pubblici uffici e di istituzioni private, che riescono a rimanere in vita nonostante le circolari prefettizie, gli ultimatum.

Noi ci rifiutiamo di fermarci al caso clamoroso, rifiutiamo la meraviglia indignata che colpisce la stampa e il lettore, quasi che ogni volta gli abusi e le illegalità degli istituti siano nuovi e inimmaginabili.

Dietro le porte di "tutti" gli innumerevoli istituti assistenziali si celano scandali; dobbiamo lottare nella convinzione della esistenza di infiniti lager come Grottaferrata o di innumerevoli Aliotta. Ci vuole poco per scoprire il marcio. Un privato si mette a fare una indagine sugli istituti di rieducazione per minorenni, fa il giro dell'Italia e lo conclude con "sei esposti" per maltrattamenti a Procure della Repubblica per altrettanti istituti (Boscomarengo, Verbania Pallanza, Genova "Garaventa", Bologna, Catanzaro, Catania). Gli istituti questa volta sono statali, rigidamente inquadrati nella chiusa organizzazione gerarchica della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e di Pena del Ministero di Grazia e Giustizia. I controlli al vertice, alla periferia, la spesa esorbitante (6.000 lire al giorno per ragazzo, più di due milioni all'anno) non impediscono gli stessi abusi degli istituti privati.

Quali le soluzioni? Una specifica: "demolire" l'istituto con il suo carattere di comunità chiusa e di segregazione, che isola più che educare; evitare la costituzione di nuovi "splendidi" mausolei, come si sta facendo in alcune città (a Genova la provincia ha speso miliardi per costruire un istituto per 400 bambini); organizzare una assistenza nella famiglia e di tipo familiare, a piccoli gruppi autonomi, cosicché gli scambi con la società siano continui. L'altra è politica. Oggi in Italia si ragiona in termini di esclusione, di sfruttamento economico. I minori assistiti sono già ai margini della società prima di essere bollati e rinchiusi, sono già esclusi dalla nascita. Su di loro è così fiorita un gigantesca industria privata e pubblica. Si tratta quindi in primo luogo di abbattere questa industria, poi di pensare a nuove soluzioni del problema, più moderno e pedagogicamente valide.

Grottaferrata, i "celestini" di Prato, le case di rieducazione insegnano che oggi non ha più senso fermarsi ogni volta, a registrare lo scandalo. Bisogna avviare la lotta per una riforma organica, individuando subito responsabili, istituti, funzionari pubblici corrotti o conniventi, enti coinvolti in questo gigantesco "racket". Ci rivolgiamo perciò a tutti gli interessati (famiglie, ragazzi, medici, insegnanti, cittadini) perché forniscano "tutte" le notizie utili in loro possesso. E' una raccolta di notizie essenziale per definire, in comune, una azione tendente a riformare radicalmente le condizioni dell'assistenza all'infanzia in Italia.

 
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