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LID - 21 novembre 1970
LETTERA APERTA A SANDRO PERTINI PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

SOMMARIO: Noi militanti della LID non comprendiamo come un Parlamento democratico possa accettare il continuo ostruzionismo di tipo procedurale che da tempo ormai impedisce la votazione della legge Fortuna e, soprattutto, non comprendiamo come lei possa accettare simili provocazione in Aula. Ciò che, invece, abbiamo ben compreso è che si sta affossando la legge Fortuna non a causa della mancanza di base popolare quanto piuttosto per l'opera di corruzione politica messa in atto dagli antidivorzisti in Parlamento. Venuta meno ogni ragion d'essere della nostra testimonianza in Parlamento, dopo cinque anni di militanza, abbiamo deciso di ritirare ogni nostra presenza da piazza Montecitorio.

(L.I.D. LEGA ITALIANA PER L'ISTITUZIONE DEL DIVORZIO, 21 novembre 1970)

Onorevole Presidente,

Noi non comprendiamo. Non comprendiamo, innanzitutto perché il Governo abbia deciso una volta di più di presentare il decretone-bis proprio a quel ramo del Parlamento, la Camera, già impegnato nella discussione finale sul divorzio - come già fece con il Senato il 26 agosto, suscitando allora una Sua pubblica deplorazione.

Non comprendiamo come non sia data priorità alla necessariamente breve seconda lettura da parte della Camera del progetto Fortuna ed al suo voto malgrado la stessa Democrazia Cristiana - attraverso il Senatore Leone, il Segretario Nazionale on. Forlani, ed altri autorevoli esponenti - fosse impegnata in tal senso. Non comprendiamo che si sia deciso l'"abbinamento" iniziale di due dibattiti, profondamente diversi, per oggetto, qualità, maggioranza e precedenti parlamentari. Non comprendiamo che, malgrado questo, si sia nel frattempo trovato il modo ed il tempo di votare una nuova legge, di cosiddetta "difesa civile". Non comprendiamo che si sia concesso a numerosi parlamentari di intervenire di nuovo sul divorzio trattando dei suoi presupposti ideologici la situazione politica generale, il progetto di legge nel suo complesso, quando i regolamenti della Camera avrebbero consentito loro di parlare solo sugli emendamenti apportati dal Senato al testo trasmesso dalla Camera. Non comprendiamo perché l'abbinamento

in questione abbia comportato, la mattina, sul divorzio, al massimo due interventi; mentre nel pomeriggio, sul decretone, l'assemblea ha registrato un tempo medio quadruplo di lavoro. Non comprendiamo perché, giunto alla fine, un dibattito già così irregolamentare e specioso, non si sia passati al voto degli emendamenti, e poi della legge. Non comprendiamo che si continui a parlare di "abbinamento" dinnanzi ad una così evidente, anche se ipocriticamente taciuta, "subordinazione", procedurale, politica, logica e cronologica.

Da molte, troppe parti, si afferma che quanto sta accadendo in queste settimane alle Camere lo si deve alla Sua alta "mediazione". Non comprendiamo che si possa leggermente attribuire a Lei di aver di fatto declinato le Sue responsabilità di Presidente, che governa e "modera" l'assemblea attraverso le norme regolamentari che essa stessa si è data, per assolvere a quelle di mediatore politico, come al Senato l'On.le Leone.

Non comprendiamo tutto questo. O meglio comprendiamo che una battaglia laica che nel paese e dal paese era stata vinta, il Parlamento (ieri il Senato, oggi la Camera) la stia liquidando fino a rischiare di provocare l'ennesima vittoria di tradizionali quanto inammissibili interferenze straniere e del prepotere clericale.

Sentiamo ora il dovere di pubblicamente indicarle quali sono due fra i nostri fondati timori che Le sono certamente già noti.

Il primo è che una vita parlamentare che risponda a tali metodi sia incomprensibile per il cittadino o, se comprensibile, desolante.

Il secondo richiede una esposizione meno telegrafica, ed un richiamo al recente passato. Avevamo a lungo, anche mediante un pubblico digiuno, ad Agosto, chiesto alle forze laiche maggioritarie in Senato di rispettare l'impegno preso di votare - entro giugno prima, entro la metà di luglio poi, entro il 20 agosto, durante la crisi governativa - senza emendamenti - la legge sul divorzio. Sostenevamo, infatti, che - nel deteriorarsi della situazione politica oltre che del dibattito specifico - la ristretta maggioranza di cui disponevamo stava progressivamente mutandosi in minoranza - a causa dell'opera di corruzione politica messa notoriamente in atto dagli antidivorzisti. La LID affermava, anche allora, che le tattiche defatigatorie ed ostruzionistiche non avevano altro obiettivo. I "politici", i tristi maestri di una "realpolitik" che si contrappone sempre alla chiarezza di confronti ideali e politici capaci d'essere intesi e sostenuti dalle masse del paese, erano scettici e ci accusavano, anche allora, di all

armismo e di astrattezza. Quel che è invece accaduto è a tutti noto: il 1· ottobre, al Senato, senza l'improvvisa malattia di due senatori clericali, la legge Fortuna sarebbe stata definitivamente affossata.

In questa situazione, solo l'emozione e lo sdegno che sorse nel paese consentì di limitare la sconfitta, al voto di emendamenti gravi ma non snatura?? con il conseguente rinvio alla Camera del progetto.

Oggi siamo di nuovi soli, da settimane, ad ammonire che le valutazioni della LID sulla situazione alla Camera non autorizzano tranquillità e buona coscienza a buon mercato da parte di chi sostiene il divorzio.

L'operazione di corruzione e di sfaldamento della maggioranza è in corso - concerne "innanzitutto" il voto di un emendamento profondamente snaturante la legge - e il tempo pretestuosamente

guadagnato dalla DC e dal MSI con il decretone contro il divorzio potrebbe risultare determinante il tal senso.

Per quanto sta in noi, cittadini democratici, sappiamo di aver fatto ormai, tutto quanto era umanamente possibile. La LID avrà garantito una partecipazione e un appoggio alle forze repubblicane democratiche del Parlamento che, nel panorama politico italiano, è eccezionale. Non altrettanto crediamo, potrà dirsi di voi. Ci auguriamo ugualmente che la legge, quando vi farà finalmente comodo, sarà votata e passi. Questo accadrà "malgrado" e non "grazie" il comportamento della Camera.

Noi non abbiamo più fiducia. Se non nel Paese. Lo diciamo con dolore ma anche con il massimo senso di responsabilità. Non abbiamo trovato, in questa occasione determinante nessun segno che al livello formale ed a quello sostanziale rivelasse nello stato altro voto di quello della mera violenza. Di conseguenza poiché non siamo dei postulanti di misure corporative ma cittadini democratici, che con la loro partecipazione e con le loro manifestazioni contribuiscono ad edificare una società più umana e più giusta, non ha più ragione d'essere la nostra testimonianza dinnanzi ad un Parlamento che così ha deciso di comportarsi.

Abbiamo perciò, dopo cinque anni, deciso di ritirare ogni nostra presenza da Piazza Montecitorio. Per una istituzione repubblicana, manifestazioni di cittadini volte a sottolinearle l'importanza, la credibilità e ad attestarle ?? e fiducia, sono un riconoscimento ed un onore, che non intendiamo più, per quanto ci concerne e fino al voto della legge, attribuire.

La nostra lotta, ora, si aggrava e si estende, proprio per il venire meno di questo punto di riferimento.

Se "questo" silenzio e "questa" solitudine è quanto la Camera dei Deputati ricercava, l'avrà ottenuta, Auguri.

Con osservanza,

I MILITANTI DELLA LEGA ITALIANA PER IL DIVORZIO

 
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