di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: All'indomani della vittoria divorzista i partiti laici si preoccupano di rassicurare il Vaticano e la DC, parlano di opposti estremismi, di vieto anticlericalismo per tentare di riprendere la corsa ai dialoghi conciliari solo interrotti. Il Pr e la LID sono certamenmte isolati dai vertici dei partiti ma non dal paese e dalle sue speranze.
(NOTIZIE RADICALI N. 107, 10 dicembre 1970)
E' stata una strana vittoria, quella del divorzio, per i partiti laici; celebrata in punta di piedi, con umiltà, quasi con l'aria di scusarsi per non umiliare il Vaticano e il partito clericale. Tutti, nelle loro dichiarazioni, si sono subito preoccupati di non allarmare l'avversario sconfitto, di ricucire la spaccatura parlamentare, di indicare nuovi terreni di incontro per tornare alle vecchie abitudini, ai vecchi compromessi, ai vecchi equilibri. Ma evidentemente non bastava: per assicurare questi equilibri così profondamente scossi dalla lotta per il divorzio occorreva differenziarsi nettamente dai protagonisti della lotta popolare, che è stata vinta nel paese molto prima che nel Parlamento. Così già nel corso del dibattito a Montecitorio il discorso dell'unico deputato che abbia osato pronunciare parole di elogio per la LID, il socialista Renato Ballardini, è stato accolto con gelido distacco e con irritazione dagli altri parlamentari dello schieramento laico e dai suoi stessi compagni di partito.
Erano solo i primi accenni a un nuovo ostracismo, analogo e più grave di quello che già in passato era stato tentato dagli apparati di partito contro divorzisti e radicali. Il pretesto, per cercare di ridurre queste forze, ormai ritenute scomode, all'isolamento, hanno creduto di trovarlo nella denuncia contro i 306 vescovi della Conferenza Episcopale italiana, presentata dalla LID, dal Partito Radicale e dall'Associazione per la libertà religiosa in Italia (ALRI), cui questa volta si sono aggiunti la Sinistra liberale e la Federazione Giovanile Repubblicana. "La pruderie" dei laici italiani si è scatenata contro questa iniziativa, che pare era stata annunciata responsabilmente prima dello svolgimento della Conferenza Episcopale. La LID aveva avvertito la CEI: nessuno avrebbe trovato nulla da ridire nei confronti di una presa di posizione pastorale sulla indissolubilità del matrimonio religioso. Ma se si fosse fatto riferimento alla Legge Fortuna, l'intervento della CEI sarebbe stato considerato una ennesima
interferenza nelle vicende dello Stato italiano, una ennesima violazione del Concordato. Siamo contro il Concordato, ma fino a quando è in vigore non possiamo tollerare che sia attuato a senso unico, nelle parti che assicurano privilegi e poteri alla Chiesa in Italia, e violato e non applicato nelle parti che pongono limiti e doveri a vescovi e preti. Questa interferenza c'è stata e c'è stata anche la denuncia. A questo punto tutti i vertici politici, tutti gli apparati di partito e di potere si sono mostrati scandalizzati: da Malagodi a Berlinguer hanno tenuto a marcare al differenza verso l'estremismo e l'anticlericalismo (il primo particolarmente preoccupato per la presenza in calce alla denuncia delle firme di due parlamentari liberali come Baslini e Bonea).
Si torna a parlare di ``opposti estremismi'', quello della LID e dei radicali, dunque, come quello di Gonella, di Greggi, di Gedda. Con questa differenza però, che i moderati del clericalismo italiano si sono ben guardati dall'attaccare il cosiddetto estremismo clericale; i laici moderati sembrano invece volersi assumere di nuovo contro di noi il ruolo di sicari del Vaticano e della Democrazia Cristiana.
Si torna a parlare di ``vieto anticlericalismo'', di ``leghisti intransigenti'', di ``anticlericalismo imbecille''. Ci si ammonisce che il Partito comunista (come quello liberale) non si farà trascinare in una guerra di religione. Il burocrate di turno, in vena di diffamazione e di calunnia, è giunto a parlare di ``anticlericali pagati dai padroni''.
Come abbiamo detto, la denuncia contro la CEI (che per chiunque non consideri le leggi dello Stato cose cui si può irridere e che si debbano manipolare, era un atto semplicemente doveroso) da sola non poteva giustificare la violenza di questi attacchi. Essa è solo un pretesto, mentre l'obiettivo reale era e resta quello di isolare e se possibile ammazzare il movimento popolare, l'unico movimento democratico autonomo che si è affermato in questi anni, e le forze che hanno contribuito in maniera determinante a promuoverlo ed organizzarlo. L'obiettivo reale è quello di dissociarsi da una iniziativa come quella del referendum abrogativo del Concordato, che il Partito Radicale e la LID hanno da tempo posto al centro della loro azione e che ha già ottenuto l'appoggio dichiarato di duecentocinquantamila cittadini. A questa iniziativa viene contrapposta la ``responsabile'' offerta alla DC e al Vaticano di una revisione bilaterale dei Patti lateranensi: questo dovrebbe essere nelle intenzioni degli strateghi di via d
elle Botteghe Oscure e di via Frattina, finalmente accomunati nella corsa ai dialoghi conciliari, il nuovo terreno di incontro. Un secondo art. 7, insomma, per puntellare e rinnovare l'edificio concordatario che sta ormai crollando. Soltanto gli imbecilli possono non capire che parlare oggi di revisione bilaterale del Concordato, significa rimettere in discussione la stessa conquista del divorzio.
Per quanto ci riguarda non temiamo questi attacchi né temiamo questo isolamento. Non è l'isolamento dai vertici di partito e dagli apparati burocratici che abbiamo mai temuto. Ci interessa non essere isolati dal paese e dalle speranze delle masse democratiche, e in questi anni non lo siamo mai stati.