di Marco PannellaSOMMARIO: Il Pr sta guadagnando, anche con i risultati del Congresso di Napoli, una continuità di lotta ben ancorata nella tradizione socialista e libertaria, nelle migliori utopie liberali e una prassi d'edificazione di nuclei fortemente organizzati nella società autoritaria, di consapevole messa in mora delle strutture repressive. Lo statuto ne costituisce la massima e più felice espressione teorica. All'indomani della probabile vittoria divorzista, quando gli altri partiti rinnegheranno politicamente questo risultato, il Pr dovrà assumersi ancora maggiori responsabilità nel rilancio della battaglia anticlericale e anticoncordataria
(NOTIZIE RADICALI N. 107, 10 dicembre 1970)
8· Congresso: senza essere nulla di tradizionale, stiamo guadagnando una tradizione. Una lenta continuità di lotta ormai ci attraversa: radici solide, profonde, non esplicite, non sempre dette, qualche volta non abbastanza consapevoli, le lotte socialiste, libertarie, la sostanza delle migliori riflessioni e utopie liberali, queste, radici, certo, ci sono e apparteniamo loro. Di fronte al disordine costituito, il coraggioso, ragionevole sregolamento dei meccanismi politici esistenti che abbiamo iniziato sette anni fa, comincia ad apparire per quel che è: una prassi d'edificazione di nuclei libertari razionalmente e fortemente organizzati nella società autoritaria, di consapevole messa in mora delle strutture repressive dello Stato.
A Napoli abbiamo ancora una volta constatato che lo Statuto del Partito ne costituisce la massima e più felice espressione teorica: se pensiamo al punto di ricerca problematica cui forze tanto più agguerrite della nostra alle analisi culturali ed alle esposizioni politiche sistematiche ed acculturate, tanto più eloquenti e pregne d'erudizione e di tradizione ideologica, come ``il Manifesto'', sono giunte oggi, ne possiamo avere una riprova.
La mozione politica conclusiva è semplice nella lettura e nelle indicazioni di lavoro: basta leggerla, è inutile illustrarla. La soluzione organizzativa data per quest'anno al nostro lavoro militante è altrettanto chiara, ma vale forse la pena di soffermarcisi per un attimo. Nuovo Segretario Nazionale del P.R. è Roberto Cicciomessere. Roberto ha 24 anni, è ``studente'', da tre anni - anche al di fuori del Partito, in particolar modo nella LID e nel Movimento Antimilitarista, - i compagni con i quali lavoriamo conoscono quanto fondamentale e rigoroso sia il suo contributo. La Giunta che ha presentato al Congresso e che è stata ratificata, unisce nel lavoro di sostegno al nuovo Segretario, Spadaccia, Bandinelli, Mellini, me stesso, il gruppo di coloro che hanno assolto le funzioni di Segreteria negli anni scorsi, e, con Aloiso Rendi e Alma Sabatini, per l'essenziale, il pugno di militanti che nel 1963 decisero di continuare, dopo le scissioni di ``Il Mondo'' e ``L'espresso'', l'impresa radicale; ad essi s'aggi
unge Giancarlo Cancellieri, dopo cinque anni di impegno costante e prezioso nella LID, ed Enrico Pesci.
Anche il collettivo di lotta e lavoro che è per noi la Direzione Nazionale s'è questo anno arricchito e potenziato:
Da Napoli, dunque, è uscita una articolata, razionale, ricca proposta di organizzazione del lavoro politico del Partito Radicale.
Chi si chiedeva cosa, dopo il divorzio, potessimo ben fare, ha già avuto negli ultimi giorni una risposta definitiva. Pressoché unanime, la classe dirigente s'è pronunciata a favore del Concordato (aggiornato) e contro la sua abrogazione. In un paese in cui, appena dieci anni fa, Ernesto Rossi era solo, con alcuni di noi, nella battaglia libertaria e liberante anticlericale; in cui, in pochi anni, l'anticlericalismo è divenuto un fantasma ben nutrito e chiaramente tanto preoccupante da valere scomuniche e ostilità politiche e non più solo moralistiche da parte dei massimi pontefici delle burocrazie del movimento democratico; in cui la ``politica'' stessa si disintegra e reifica ogni giorno di più, con le istituzioni democratiche e repubblicane migliori sull'orlo della crisi in cui rischiano di precipitarle l'insipienza e la vecchiaia di coloro che le hanno sequestrate a fini di potere e di conservazione, sappiamo qual è il nostro posto e quanto grande sia, ormai, la speranza che ci coinvolge, e la richiesta
di assunzioni di maggiori responsabilità che ci si indirizza.
Al Congresso di Roma, nel novembre 1971, dovremo prenderne atto formalmente e potremo assumere decisioni adeguate.