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Pannella Marco - 20 aprile 1971
"Ho compiuto un dovere"
di Marco Pannella

SOMMARIO: "Mi si addebita - scrive Pannella - di non aver esercitato quelle funzioni di censura politica e di cane da guardia del sistema autoritario contro la libertà di stampa che una legge chiaramente fascista tende ad assegnare a noi giornalisti professionisti". Io ho assunto la direzione responsabile di ``lotta continua'' come di molte altre pubblicazioni, proprio per assicurare invece l'esercizio del diritto costituzionale dei cittadini alla libertà di stampa, altrimenti impedito - e non per ``controllarlo''. "Ho quindi manifestamente, compiuto un dovere" - sia in termini di deontologia professionale sia (ed é questo che mi sta ancor più a cuore) di cittadino responsabilmente democratico. Non vedo come posso, con ciò, aver compiuto un reato. Contesto il diritto di chiunque a giudicarmi per aver assolto ad un obbligo democratico. Questo processo mi appare, sin dall'origine, un episodio di pura violenza. Per questo, il Partito Radicale ha deciso ch'io debba rifiutare di nominare dei difensori. Stiamo in

oltre considerando se - in caso di condanna - sia moralmente lecito convalidare l'accaduto proponendo appello".

(NOTIZIE RADICALI, 20 aprile 1971)

Il giornalista Marco Pannella, Tesoriere del Partito Radicale ha oggi fatto la seguente dichiarazione:

``Quale direttore responsabile del nr. 19 di ``Lotta Continua'' sarò processato con giudizio direttissimo dalla seconda sezione della 2ª Corte d'Assise di Milano, dopodomani, giovedì 22 Aprile. Dall'atto di accusa apprendo di esser imputato: ``per avere

omesso di esercitare il necessario controllo atto ad impedire che venissero pubblicate frasi aventi il contenuto e lo scopo di istigare pubblicamente i militari a disubbidire alle leggi e a violare i doveri della disciplina militare...''.

Se riconosciuto colpevole, sarò passibile di una pena che va da un minimo di due anni ad un massimo di cinque. Essendo questo il primo di una ventina di processi analoghi mi auguro che l'opinione pubblica democratica sia informata e possa giudicare quanto sta accadendo.

Per quanto mi concerne, ritengo utile rilevare sin d'ora quanto

segue:

a) l'iniziativa del processo è dovuta al sostituto procuratore Alma. Come radicali abbiamo già esperimentato, in passato, l'accanimento repressivo e inquisitorio di questo magistrato. Egli perseguitò in modo grave e degno della giustizia del periodo fascista dei militanti radicali, dei cittadini riconosciuti assolutamente innocenti in giudizio. Si trattò, anche in quell'episodio, di una iniziativa relativa a presunti reati ``militari'';

b) alla semplice lettura delle frasi incriminate risulta evidente l'inesistenza di qualsiasi ``istigazione''; semmai - in clima di oltranzismo militarista e antirepubblicano - si poteva pensare a una qualche forma di ``vilipendio''. Senonché il dott. Alma, in tal caso, avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione al Ministero di Giustizia, con il rischio di vedersi defraudato del frutto di questa sua nuova impresa - già in partenza;

c) la ``giustizia'' continua a ``funzionare'' ed ``disfunzionare'' a secondo che faccia comodo a chi ne usa ed abusa; infatti, sempre a Milano, ho impiegato "più di tre anni" per ottenere che venisse fissato un altro processo che mi riguardava, anch'esso fissato con ``giudizio direttissimo''; ma si rischiava di ledere gli interessi di Amerigo Petrucci, in quel caso. Oggi, invece, la ``giustizia'' sembra non essere più ``in crisi'' ed è - a quanto pare - rapidissima.

"Ma il problema, comunque, è un altro. Mi si addebita di non aver esercitato quelle funzioni di censura politica e di cane da guardia del sistema autoritario contro la libertà di stampa che una legge chiaramente fascista tende ad assegnare a noi giornalisti professionisti". Io ho assunto la direzione responsabile di ``lotta continua'' come di molte altre pubblicazioni, proprio per assicurare invece l'esercizio del diritto costituzionale dei cittadini alla libertà di stampa, altrimenti impedito - e non per ``controllarlo''. "Ho quindi manifestamente, compiuto un dovere" - sia in termini di deontologia professionale sia (ed é questo che mi sta ancor più a cuore) di cittadino responsabilmente democratico. Non vedo come posso, con ciò, aver compiuto un reato. Contesto il diritto di chiunque a giudicarmi per aver assolto ad un obbligo democratico. Questo processo mi appare, sin dall'origine, un episodio di pura violenza. Per questo, il Partito Radicale ha deciso ch'io debba rifiutare di nominare dei difensori. S

tiamo inoltre considerando se - in caso di condanna - sia moralmente lecito convalidare l'accaduto proponendo appello.

Sono personalmente piuttosto favorevole, in questo caso e negli altri dieci processi che s'annunciano imminenti, a rispondere in modo radicalmente nonviolento e con una manifesta posizione di noncollaborazione a tali manifestazioni di violenza di Stato. Se la giustizia, infatti, dovesse darle libero corso, e rendersi strumento di essa, tutto deve esser fatto perché tale violenza possa essere individuata e conosciuta, perché solo così sarà possibile combatterla, come vogliamo noi radicali, alla radice.

``Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione'' sancisce l'art. 21 della Costituzione. Credo di poter affermare che è reo dinanzi alla legge ed alla Repubblica chiunque violi questo principio, questa regola. Non chi ne assicura, con i mezzi civili e nonviolenti che sono i nostri, il rispetto e l'attuazione''.

 
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