Dichiarazione di Marco PannellaSOMMARIO: Criticando la presa di posizione del quotidiano vaticano a proposito dell'iter della legge sul divorzio, il segretario della LID Marco Pannella afferma che si tenta di spostare il centro dell'attenzione politica sulla prospettiva del referendum abrogativo per distrarre le forze laiche, con la minaccia di una impossibile vittoria clericale, dall'effettiva minaccia rappresentata da una revisione del Concordato che instauri nuovi privilegi vaticani in tema di matrimonio, di scuola e di finanze.
(LEGA ITALIANA PER L'ISTITUZIONE DEL DIVORZIO - L.I.D. -
Via di Torre Argentina 18 - tel. 651732/653371 Roma -
Ufficio stampa - comunicato. - 23 settembre 1971)
Marco Pannella, Segretario Nazionale, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"Che dall'Osservatorio Romano", a proposito dell'iter della legge Fortuna, si pretenda di fornire lezioni di democrazia e dare o ritirare patenti di legittimità morale al parlamento repubblicano, ci sembra francamente eccessivo, se si tiene conto dei diversi accenti per decenni riservati ai tribunali speciali ed alla camera dei fasci e delle corporazioni ed all'uopo della provvidenza. La nuova interferenza dell'organo vaticano nei problemi interni della vita politica italiana ed in quelli di coscienza dei credenti deve esser respinta con decisione.
Se i credenti e noncredenti clericali (cioè di una particolare tendenza politica) non troveranno nulla da obiettare contro la pretesa di Alessandrini di rappresentarli, credenti e noncredenti democratici e laici non possono che sottolineare ancora una volta la vera e propria impostura di chi pretende di dare patenti di democraticità e di ortodossia religiosa alle sole forze politiche che in Italia risultino a tutt'oggi mobilitate e schierate a favore del referendum antidivorzio: cioè agli almirantiani del MSI, ai fanfaniani e ex-dorotei della DC. Credevano trascorsi, anche nella Chiesa, il tempo in cui si dosavano le ammissioni in Paradiso solo a chi potesse provare d'essere illiberale, antidemocratico, autoritario e classista.
Ma la LID deve continuare a denunciare il tentativo di spostare il centro dell'attenzione pubblica e dello scontro politico su una prospettiva - l'effettivo svolgimento del referendum con il persistere della compromissione della chiesa nell'iniziativa - che appare quanto meno incerta o comunque non immediata. Si vuole così distrarre le forze laiche dall'effettivo scontro di oggi: che ha per caratteristica la minaccia di una impossibile vittoria clericale nel referendum (cui mostrano di credere solo pochi fanatici e chi in malafede ha bisogno di questo alibi per i suoi cedimenti) per ottenere una rapida revisione e conferma del concordato, con l'instaurazione di nuove limitazioni e nuovi privilegi vaticani in tema di matrimonio, di scuola e di finanze.
Noi ribadiamo che la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale non potranno certo automaticamente dare il loro avallo ad un referendum fondato su illeciti costituzionali e penali flagranti; che ogni tentativo di dare per scontate diverse decisioni non è altro che pressione interessata a che il referendum antidivorzio si tenga - comunque e anche a scapito della legge costituzionale e penale.
Nella sintomatica e ormai illuminante assenza di qualsiasi pubblicità alle inchieste demoscopiche da parte della Doxa e di qualsiasi altro ente ufficioso o ufficiale sull'atteggiamento del popolo italiano rispetto al referendum, le indagini e le inchieste della LID portano alla certezza che ove il confronto si svolgesse i divorzisti vincerebbero la prova con il 12% di scarto nel caso di un improbabile nuovo scatenarsi della gerarchia ecclesiastica e vaticana, e del 24% nel caso in cui Almirante, Greggi, Forlani e Gabrio Lombardi possano contare solo sulla tacita complicità di una minoranza dei vescovi italiani.
Le vie "proprie ed autonome" dei democratici italiani tendono così a chiarirsi: se con una sostanziale violenza di Stato si arrivasse a questo confronto elettorale essi riporterebbero una schiacciante vittoria e la chiesa subirebbe un rovescio storico pari solo a quello di cento anni or sono.
Qualsiasi concessione, quindi, al neo-temporalismo paolino, qualsiasi riedizione dei patti lateranensi, non costituirebbe altro che un triste mercato di potere, chiunque ne siano gli stipulatori, nella linea già realizzata dai Patti mussoliniani dal 1929."