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Merlini Liliana - 31 gennaio 1972
Liberalizzazione dell'aborto:
Una nuova battaglia civile

di Liliana Merlini

SOMMARIO: Il MLD, "primo movimento femminile non tradizionale italiano", nato nel 1970, ha portato avanti la lotta per una maternità libera e consapevole, per la liberalizzazione dell'aborto e per scardinare la situazione di sudditanza sociale della donna. In questo articolo vengono riportati i testi delle due proposte di legge socialiste (Banfi e Brizioli) e il progetto di legge di iniziativa popolare elaborato dal movimento di liberazione della donna; c'è poi il drammatico racconto di Matilde Maciocia sulla sua esperienza di aborto clandestino.

(LA PROVA RADICALE N.2, BENIAMINO CARUCCI EDITORE, Inverno 1972)

Nel gennaio del 1970 nasceva il primo movimento femminile non tradizionale italiano, il MLD, e si cominciò a parlare di lotta per una maternità libera e consapevole, per la liberalizzazione dell'aborto.

II MLD elaborò un progetto di legge di iniziativa popolare per la liberalizzazione dell'aborto, e lo presentò al congresso del Movimento, che si tenne a Roma il 28-29 febbraio 1971. La prima risposta per ammortizzare e assorbire col minor danno possibile questa rivendicazione inaudita fu la sentenza, tardiva, della Corte Costituzionale, che legalizzava gli anticoncezionali, non mancando però di sottolineare che questa larghezza non poteva assolutamente riguardare l'aborto. Non parve un caso che la Corte Costituzionale, dopo 18 anni di lotte condotte da Luigi De Marchi, numerosi processi da lui subiti e due rigetti da parte della stessa Corte, si accorgesse proprio in quel momento che l'art. 543 non era costituzionale. Si ebbe insomma la nettissima sensazione che quella sentenza fosse un tentativo di recupero sugli errori e la miopia di una politica a sfondo clericale che, uniformandosi fedelmente fino ad allora alla »Humanae Vitae paolina, aveva provocato l'esplosione di una rivendicazione ben più avanzata

e temibile, l'aborto legalizzato.

Quando si aspetta troppo per riforme essenziali, il momento delle concessioni diventa più duro. Così è stato, e si è dovuti andare oltre. Questa è, secondo il MLD, la genesi psicologica dei due 'progetti di legge per la legalizzazione dell'aborto presentati in parlamento a breve distanza l'uno dall'altro (Banfi a giugno, Brizioli ad ottobre). Può essere che questo giudizio sia troppo severo nei confronti dei presentatori delle due leggi. Non lo è invece sicuramente nei confronti dei partiti laici che erano stati oppositori di una legalizzazione in questo campo.

Dei due, il progetto Banfi, tranne i due casi contemplati nel punto f), è palesemente superato rispetto a quello Brizioli. Questo presenta, soprattutto al punto 4· dell'art. 1), una fondamentale innovazione, cioè l'introduzione, almeno in linea teorica, della causa sociale.

II primo progetto rivela esclusivamente una preoccupazione eugenetica (quando propone l'aborto dopo il 45· anno di età o per gravi malformazioni del nascituro) e di controllo demografico (aborto dopo il 5· parto). Appare evidente che Banfi non si è neppure chiesto quali possano essere le più frequenti motivazioni dell'aborto, e ha presupposto una serie di casi-limite statisticamente irrilevanti. Questo tipo di critica vale anche per il progetto Brizioli, ma bisogna riconoscere a quest'ultimo il merito di un tentativo di riferimento alla realtà, con l'introduzione, come si è visto, del punto 4. In favore di Banfi, occorre dire che non si comprende perché il progetto Brizioli abbia ritenuto di dover abolire il caso del limite elevato di età e di correggere la dizione Banfi (»quando una donna abbia partorito antecedentemente cinque volte ), che pure era troppo dura, con l'altra, »quando una donna abbia cinque figli viventi... . Si vuole così dire che una donna può aver partorito venti volte, ma se non le sono s

opravvissuti più di cinque figli - come probabile in questi casi - l'aborto le verrebbe negato? O anche questo caso lo si farebbe rientrare in uno dei precedenti, ritenendosi che una donna che abbia partorito venti volte debba obiettivamente essere malandata?

Per il resto, non vi sono, tra i due progetti, differenze sostanziali. Entrambi, ad esempio prevedono circa lo stesso periodo di liceità per l'intervento, circa la 14ª settimana o entro il 100· giorno di amenorrea. Per essere valido, un simile limite dovrebbe essere dettato da considerazioni esclusivamente mediche; non si spiega allora perché nello Stato di New York il limite sia di 24 settimane. Perché ciò che è clinicamente possibile a New York a Roma non lo è? Forse i nostri legislatori non sono ben informati sulle possibilità cliniche, o, peggio, si sono fatti guidare da improbabili considerazioni metafisiche?

Comunque, se in Parlamento sono già depositati due progetti per la legalizzazione dell'aborto, ci si può chiedere perché si debba insistere con un progetto di iniziativa popolare, che richiede sforzi notevoli solo per giungere ad essere presentato e incontrerebbe enormi difficoltà in sede di discussione. Le preoccupazioni, le diffidenze, non vertono sulla casistica, più o meno adeguata, contemplata dai due progetti. Soprattutto nel progetto Brizioli potrebbero teoricamente rientrare tutti i casi prevedibili. Ma un progetto di legge deve porsi innanzitutto il problema della applicabilità pratica della normativa che esso vuole introdurre. Ed è qui che comincia il discorso sostanziale del MLD; anzi, più precisamente là dove i progetti prevedono l'introduzione di commissioni inappellabili, nominate dall'Ente ospedaliero, cui spetterebbe il giudizio sulla fattibilità o meno dell'aborto, sulla applicabilità della legge. E' vero che si tenta di riferirsi anche alla salute fisica e psichica della madre e si fa cenno

alle condizioni economiche, ambientali o familiari. Anzi, il progetto Brizioli, rispetto a questi casi, è fin troppo »aperto alle indicazioni più larghe. L'uso e l'abuso di quell'aggettivo »grave avrà ben un suo significato. E lo ha, ma appunto lo spiegheranno caso per caso, alla richiedente, le commissioni, uniche addette ai lavori, a discrezione.

In sostanza, ogni discorso sul diritto della donna a decidere di sé e del proprio corpo, sul suo diritto ad una maternità libera, voluta e consapevole, è qui spazzato via, con la riaffermazione della maternità come dovere, cui si può sottrarre solo col consenso delle autorità. L'aborto è reato, ma si concedono attenuanti e »amnistie .

Queste commissioni, che siano costituite dal neurologo, dal ginecologo, dall'assistente sociale o dall'internista, dal pediatra, il magistrato, il prete, il poliziotto, non sono altro che mezzi di controllo e di selezione. E quale donna correrebbe il rischio di rivolgersi a queste commissioni, rivelando così ufficialmente la propria gravidanza, per esporsi a un divieto e vedersi pregiudicare anche la possibilità di un aborto clandestino? E comunque, quale sarà la sorte di tutte quelle donne che non essendo pazze, non essendo malate, non avendo il certificato di povertà, hanno pur sempre la volontà di abortire? Arbortirebbero clandestinamente, come adesso, come sempre, con tutti i rischi connessi, a riscatto della colpa di non rientrare nei casi previsti da una legge astratta che nasce vecchia e superata. Una legge inutile, che non risolve niente, che lascerebbe intatto un lucroso mercato nella mani della mafia dell'aborto e immutata la sorte delle sue vittime. Ma noi riteniamo che non esistano leggi »inutili

: o servono al cittadino o servono al potere.

La concezione che emerge invece dal progetto di legge di inizia'tiva popolare per l'abolizione del reato d'aborto proposto dal MLD è profondamente diversa. Come ricorda la relazione al progetto: »II movimento ritiene che il problema dell'aborto sia particolarmente indicativo di quella situazione di vera e propria discriminazione e di sudditanza della donna. Liberalizzare l'aborto significa, quindi, rivendicare per la donna il diritto alla libera disponibilità del proprio corpo, dare alla maternità un significato diverso da quello che la retorica e i voli poetici non riescono a coprire e mistificare: una mera funzione di riproduzione al servizio della società... La lotta per la liberalizzazione dell'aborto viene quindi scelta dal MLD come una battaglia per scardinare la situazione di sudditanza sociale della donna .

Proposta di legge Banfi ed altri senatori del PSI

Disegno di legge presentato al Senato dai senatori del PSI, Banfi, Califfo, Fenoaltea.

1. "L'interruzione della gravidanza può essere effettuata nei seguenti casi:

a) quando la salute della madre è messa in pericolo dalla prosecuzione della gravidanza; b) quando la prosecuzione de la gravidanza minaccia di aggravare uno stato patologico della madre; c) quando si debba prevenire l'esaurimento della donna gravida se, in considerazione delle sue condizioni di vita, il parto e le cure per il nato possono gravemente nuocere alla sua salute fisica o mentale; d) quando è riconosciuta l'esistenza di un'embriopatia incurabile che si presuma possa portare alla nascita di un bambino affetto da gravi anomalie fisiche o mentali; e) quando la gravidanza è la conseguenza di delitto previsto dagli articoli 519 e 564 del C.P.; f) quando una donna antecedentemente abbia partorito cinque volte ovvero abbia superato, all'atto del concepimento, gli anni quarantacinque.

2. L'interruzione della gravidanza nei casi previsti dall'articolo l deve essere compiuta non oltre il centesimo giorno di amenorrea.

3. L'interruzione della gravidanza può essere praticata esclusivamente presso un Ente ospedaliero riconosciuto ai sensi della legge 12-2-1968, n. 132.

4. Presso ciascun Ente ospedaliero di cui all'articolo 3 è costituita una commissione composta da un medico ginecologo, da un neuropsichiatra e da un'assistente sociale nominati dal Consiglio di amministrazione dell'Ente ospedaliero con le forme previste dall'articolo 10 della legge 12 febbraio 1968, n. 132.

5. La donna che intende interrompere la sua gravidanza deve fare istanza alla comm. di cui all'art. 4.

L'istanza può essere fatta anche oralmente, ma deve sempre essere accompagnata dalla dichiarazione di un medico.

L'istanza, che la donna gravida deve fare personalmente qualunque sia la sua età, viene registrata dalla commissione con la data di presentazione.

6. I membri della commissione sottopongono ad esame la richiedente procedendo, anche separatamente, ai necessari accertamenti, esauriti i quali la Commissione esprime collegialmente la propria decisione che viene comunicata alla richiedente.

7. La decisione della comm., che deve essere comunicata all'interessata tenendo in considerazione il termine di cui all'art. 2, non è soggetta a ricorso.

8. Le norme previste dagli articoli 546, 547, 548 e 549 del Codice penale non si applicano quando l'aborto sia effettuato ai sensi della presente legge".

Proposta di legge Brizioli ed altri deputati del PSI

Proposta di legge a iniziativa dei deputati dal P.S.I.: Brizioli, Zappa, Ferrari, Bensi, Querci, Zaffanella.

1. "Le norme previste dagli articoli 546, 547, 548 e 549 del codice penale, non si applicano quando l'aborto venga effettuato nei casi seguenti:

1) quando il proseguimento della gravidanza comporterebbe per la madre, anche per complicazioni future, pericolo di vita o grave danno alla salute fisica o psichica, 2) quando sia riconosciuta l'esistenza di un'embriopatia incurabile o di una malattia metabolica ereditaria o di un'aberrazione cromosomica da cui derivi un'anomalia fisica o psichica tale da determinare una grave minorazione del prodotto del concepimento; 3) quando la gravidanza è la conseguenza dei delitti previsti dagli articoli 519 e 564 del C.P.; 4) quando la donna abbia cinque figli viventi o si trovi in condizioni economiche, ambientali o familiari così disagiate da arrecare pregiudizio allo svolgimento normale della gestazione od al prodotto del concepimento o grave danno alla famiglia.

2. L'interruzione della gravidanza nei casi previsti dall'articolo 1 deve essere compiuta entro e non oltre la 14ª settimana di amenorrea. Viene fatta eccezione per l'aborto dovuto a cause eugenetiche che può essere effettuato entro e non oltre la 18ª settimana.

3. L'interruzione della gravidanza può essere, esclusivamente praticata, presso un ente ospedaliero riconosciuto tra quelli indicati dall'articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, n. 132.

4. Presso ciascun ente ospedaliero è costituita una commissione composta da un medico specialista in ostetricia-ginecologia, da un medico internista e da un assistente sociale designati dal consiglio di amministrazione dell'ente secondo le norme previste dall'articolo 10 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, a cui spetta di decidere sulle richieste di interruzione della gravidanza. Il medico internista deve essere sostituito da un medico specialista in pediatria, nel caso di interruzione della gravidanza per ragioni eugenetiche.

La commissione, a suo giudizio insindacabile, può servirsi della collaborazione di uno specialista della malattia denunciata che in tal caso fa parte integrante della comn. e partecipa alla decisione.

5. La decisione della commissione deve essere comunicata agli interessati tenendo presente l'osservanza dei termini di cui all'articolo 2. La decisione non è impugnabile.

6. La donna che intende richiedere l'interruzione della sua gravidanza deve farne richiesta alla commissione prevista dall'articolo 4 allegando alla richiesta la dichiarazione di un medico.

Nel caso di donna incapace di intendere e di volere la richiesta deve essere fatta dal padre o da chi ne fa le veci o da chi ne fa comunque la rappresentanza legale. La richiesta può essere fatta anche oralmente ma deve essere sempre accompagnata da una dichiarazione del medico. La richiesta deve essere registrata dalla commissione su di di un apposito registro con la data di presentazione.

7. I membri della commissione sottopongono ad esame anche separato e ad ogni accertamento utile, la richiedente. Esauriti gli esami e gli eventuali accertamenti, la commissione, nel più breve tempo possibile, esprime collegialmente la propria decisione che rimane agli atti della commissione. Copia della decisione viene comunicata alla richiedente.

8. Le disposizioni relative alla richiesta del parere alla commissione medica, non si applicano all'interruzione della gravidanza praticata da un medico abilitato all'esercizio della professione anche al di fuori dei casi previsti dall'articolo 54 del codice penale quando questi abbia fondati motivi per ritenere che l'interruzione debba essere effettuata immediatamente, al fine di salvare la vita o scongiurare una grave menomazione fisica o psichica della gestante. In questo caso dell'intervento deve essere data comunicazione al medico provinciale nei termini stabiliti dall'articolo 103, comma b, R.D. 27-7-'34, n. 1265.

9. Nessun medico od altra persona, può essere tenuta, per contratto, disposizioni regolamentari od altra norma di legge, a praticare l'interruzione della gravidanza nei casi consentiti dalla presente legge, qualora abbia un'obiezione di coscienza nei confronti di essa eccettuato il caso previsto dall'articolo 8 della presente legge".

Progetto di legge di iniziativa popolare del MLD

Progetto di legge di iniziativa popolare elaborato dal movimento di liberazione della donna.

Art. 1

"Il titolo X del libro II del Codice Penale (dei delitti contro l'integrità e la sanità della stirpe, art. 545, 546, 547, 548, 549, 550, 551, 552, 554, 555) è abrogato.

E altresì abrogata integralmente nell'art. 2 del D.L. 31 maggio 1946 n. 561 la frase »coloro che divulgano mezzi rivolti a procurare l'aborto o illustrano l'impiego di essi o danno indicazioni sul modo di procurarseli o contengano inserzioni o corrispondenza sui mezzi predetti ".

Art. 2

"Chiunque somministra ad una donna non consenziente mezzi diretti a provocarne l'aborto o comunque commette su di lei atti diretti a tale scopo, è punito, se l'aborto non è conseguito, o se dal fatto non deriva una malattia grave, con la reclusione da tre a cinque anni.

Qualora conseguano l'aborto o una malattia grave o la morte della donna, si applicano le pene previste dagli artt. 538, prima e seconda parte e 584 c.p.

Le stesse pene si applicano se la donna per infermità di mente o per età minore degli anni 14 incapace di intendere o di volere o se il consenso è estorto con minaccia o frode".

Art. 3

"Chiunque al di fuori dei casi di cui all'articolo precedente, abusando della patria potestà, della qualità di coniuge o dei poteri a lui derivanti dalla convivenza o dall'affidamento di una minore, della qualità di datore di lavoro o di ministro del culto, esercitando su di una donna incinta minacce o suggestioni, la induce a sottoporsi a pratiche abortive, è punito, ove il fatto non sia previsto dalla Legge come più grave reato, con la reclusione fino a due anni".

Art. 4

"Quando il reato di cui all'art. 348 c.p. (abusivo esercizio di una professione) sia commesso con il compimento di pratiche o con somministrazione di sostanze con il fine dell'aborto, la pena è della reclusione fino a 18 mesi. Alla stessa pena soggiace chi senza necessità induca una donna a valersi, al fine del conseguimento dell'aborto, dell'opera di chi non sia abilitato all'esercizio della professione sanitaria. La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di un minore".

Art. 5

"Chiunque, esercitando abusivamente la professione sanitaria, con pratiche o somministrazioni di sostanze dirette a conseguire l'aborto provoca taluno degli eventi previsti dagli artt. 589 e 590 c.p., diversi dall'aborto, è punito con le pene detentive previste rispettivamente nei suddetti articoli, aumentate di un terzo".

Art. 6

"Chiunque, con violenza o minaccia o con abuso della qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio o di ministro del culto o di datore di lavoro impedisce ad una donna di praticare l'aborto, è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato, con la reclusione fino ad un anno. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un sanitario o da chi gestisca una casa di cura".

Art. 7

"Gli ospedali, le cliniche, le case di cura gestite da enti pubblici o che ricevano sovvenzioni pubbliche o che siano convenzionate con enti pubblici previdenziali o mutualistici, che abbiano reparti di ostetricia, ginecologia, maternità o che comunque compiano prestazioni o che accettino ricoveri per tale settore, debbono assicurare anche il servizio sanitario per l'aborto volontario o per la consulenza circa ogni mezzo anticoncezionale.

I medici condotti non possono rifiutare le loro prestazioni per il conseguimento dell'aborto e per la consulenza sui mezzi anticoncezionali di qualsiasi tipo".

Art. 8

"La lettera B e F dell'art. 103 del R.D. 27-7-1934 n. 1265 non sono abrogate".

Autodenuncia di Matilde Maciocia

Mi chiamo Matilde Maciocia. Il motivo per cui ho dichiarato pubblicamente di essermi procurata un aborto nasce dalla coscienza che migliaia di donne subiscono esperienze simili alla mia, esperienza che è stata delle più traumatizzanti. Avevo 20 anni e una bambina di pochi mesi, mio marito frequentava ancora l'università e non lavorava; il peso della famiglia era tutto sulle mie spalle quando restai di nuovo incinta. E' logico che in tali condizioni non potessi mettere al mondo un altro figlio. Non avevo i mezzi per andare da un ginecologo, tantomeno in una clinica, così per mezzo di una nostra conoscente mi rivolsi ad una mammana.

La donna venne, poteva avere una cinquantina d'anni, molto volgare, di aspetto grossolano, secondo me non era neppure una infermiera, »L'operazione avvenne sul tavolo di cucina di casa mia. La donna, con maniere molto sbrigative, priva di tatto e di qualsiasi umanità, introdusse la sonda che aveva portato con sé avvolta in una garza. Poi non disinfettò né sterilizzò niente; disse soltanto »quando viene fuori tra una ventina di ore, avvolgetelo e buttatelo nel water .

Lasciò come recapito soltanto un numero di telefono e si prese diecimila lire. Dopo venti ore cominciarono dei dolori atroci che durarono circa due ore. Poi venne fuori il feto e sangue a non finire, stavo malissimo, ma pensai che ormai era tutto finito, che avrei avuto una mestruazione piuttosto abbondante e poi tutto sarebbe stato normale. Invece i dolori continuarono fino a diventare insopportabili; la sera mi venne una febbre altissima. Allora cominciai a spaventarmi davvero. Non avevo i soldi per andare da une medico privato, sarei dovuta andare in ospedale con il rischio di essere denunciata.

Telefonai allora al numero che mi aveva lasciato la mammana, ma il numero risultò falso. Non sapendo che fare, chiamammo un amico di mio marito, studente del 3· anno di medicina, non era molto esperto, ma impressionato dalle mie condizioni mi fece delle iniezioni di antibiotici; la febbre non calava e i dolori erano sempre molto forti e continuavo ad avere perdite di sangue miste a brandelli di placenta. Questa situazione andò avanti per qualche giorno finché, terrorizzata, decisi di andare all'ospedale. Seppi poi che non avrebbero potuto denunciarmi perché non si poteva dimostrare che l'aborto era stato procurato ed io dichiarai che era stato spontaneo. I dottori capirono benissimo di che si trattava, ma non avendo prove fecero finta di crederci. Mi fecero il raschiamento, durato circa quindici minuti.

Poi mi disinfettarono e mi mandarono a casa.

La febbre cessò ed ebbi una mestruazione normale. Sembrava tutto a posto, ma il mese seguente ebbi una mestruazione lunghissima di otto giorni a tipo emorragico. Tornai a farmi vedere da un medico che riscontrò una infezione dell'utero - endometrite - provocata proprio da quell'aborto fatto in maniera così bestiale. Mi fece un altro raschiamento, sempre da sveglia, questa volta perché non avevo soldi per pagare un'anestesista e mi disse che sarei rimasta sterile poiché l'infezione mi aveva provocato la chiusura delle tube. Questa esperienza è stata un dramma profondo per me e per mio marito e ha influito molto sui nostri rapporti. Per un lungo periodo dopo l'aborto avevo veramente il terrore di avere dei rapporti con mio marito. Poi con il tempo, quando le nostre condizioni economiche migliorarono avremmo voluto avere un altro figlio e inconsciamente consideravo responsabile lui della mia sterilità. Per anni ho avuto incubi terribili, mi svegliavo urlando perché sognavo sempre di abortire, sognavo laghi di s

angue, sognavo di morire, sognavo bambini morti.

La mia sterilità in particolare mi ha causato una profonda crisi depressiva, tanto forte da dover essere ricoverata per sedici giorni in casa di cura, dove subii cinque elettrochoc. Lo stesso neurologo mi disse che se avessi avuto un normale aborto non avrei subito nessun trauma. II mio caso non è certo l'unico, né il più tremendo. Andando nelle borgate per parlare con le donne e portare loro dei contraccettivi, ho conosciuto una donna che a quarant'anni ha avuto dodici aborti, sette figli e due tentati suicidi. Tutti gli aborti li aveva fatti ricorrendo alla mammana, per poche migliaia di lire, tanto che aveva l'utero ridotto a brandelli. Molte donne poi, disperate, se lo procurano da sole. Hanno infatti imparato e si aiutano l'una con l'altra senza nemmeno usare la sonda; si introducono nell'utero gambi di sedano o fili di paglia oppure usano il ferro da calza.

Le migliaia di donne vittime di un sistema che impone loro di accettare la maternità ad ogni costo, calpestando il diritto della donna di scegliere come e quando essere madre, debbono trovare coraggio di ribellarsi a leggi così ingiuste. Mi appello ad esse perché rompano il muro di omertà che circonda l'aborto clandestino".

L'UDI tutrice dell'inferiorità femminile

Dai giornali: "ogni anno in Italia secondo i dati dell'organizzazione mondiale della sanità, si sottopongono ad aborto clandestino da un milione a un milione e mezzo di donne. Secondo altre valutazioni, fornite all'ultimo congresso di ginecologia, il numero di aborti illegali, che interessa in massima parte le donne dei ceti proletari e sottoproletari, ascende a tre milioni".

Dalle »Note di discussione per il convegno nazionale dell'UDI del 29 e 30 gennaio su »La donna e la maternità : "»I fautori della liberalizzazione dell'aborto lo presentano come libertà di non avere figli, prescindendo spesso dalle cause del fenomeno e dalle conseguenze che esso determina. Questa posizione che agli sprovveduti può sembrare avanguardistica, in realtà come mezzo di controllo delle nascite rappresenta una posizione conservatrice ".

Dai giornali: "i movimenti femministi americani rivendicano la liberalizzazione dell'aborto in nome del diritto della donna alla autodeterminazione del suo corpo".

Dalle »Note dell'UDI: "»I sostenitori della liberalizzazione propugnano l'aborto in nome della `libertà' della donna. Niente di più falso. Se c'è qualcosa che contrasta con il libero esprimere della personalità femminile è proprio la pratica abortiva: teorizzare l'aborto come controllo delle nascite significa liberare definitivamente l'uomo da ogni responsabilità ".

Dai giornali: "le donne rivendicano il diritto a una maternità consapevole".

Dalle »Note dell'UDI: "»...la posizione tradizionale sostiene che la vera e autentica vocazione e realizzazione della donna è la cura dei figli... La seconda posizione fa sostanzialmente coincidere la liberazione femminile con il rifiuto della maternità... Ma entrambe, anche se pervengono a sbocchi opposti partono, a ben guardare, dal medesimo presupposto profondamente errato: essere la maternità, in definitiva, un fatto individuale della donna e non un valore che la società deve riconoscere assumendo su di sé tutte le responsabilità che ne derivano .

 
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