Gli azzeccagarbugli del sacramentodi Mauro Mellini
SOMMARIO: Analisi di vari casi di annullamento di matrimonio effettuato dalla Sacra Rota, i quali testimoniano la precarietà del concetto di indissolubilità del matrimonio.
(LA PROVA RADICALE - BENIAMINO CARUCCI EDITORE - N. 4 - ESTATE 1972)
Il 15 febbraio 1968 nella rubrica »orizzonti cristiani della Radio Vaticana, veniva trasmessa una singolare tavola rotonda. Il gesuita padre Rotondi, il telegeologo prof. Medi e un certo avvocato Coppi, con don Pastore come moderatore, tennero un dibattito sul tema »annullamento facile del matrimonio? . Il punto interrogativo avrebbe potuto benissimo essere soppresso. Infatti senza punto interrogativo era il titolo di un libricino edito qualche mese prima dal Partito Radicale, libricino o libello (secondo il linguaggio curiale ecclesiastico) che i quattro personaggi (moderatore compreso, naturalmente) si affannarono a definire blasfemo, diabolico, immondo etc. etc. La maggioranza avrebbe voluto che l'autore, in mancanza di più acconce e radicali pene, dovuta alla tristizia dei tempi, fosse subito spedito in galera per istigazione a delinquere e rimase costernata e delusa quando l'avvocato spiegò che, purtroppo, la tristizia dei tempi era andata così oltre da non consentire più neppure di considerare delitto
dichiarare avanti a un notaio di non credere nel "bonum sacramenti".
Il pravo libello, come doveva definirlo più tardi una sentenza del Tribunale del Vicariato, rappresentava un'iniziativa provocatoria dei radicali e dei divorzisti nel pieno della controffensiva condotta dal Vaticano, in nome del Concordato, contro l'istituzione del divorzio. Poiché il diritto canonico, che grazie al Concordato, si voleva imporre ai cittadini italiani, considera il matrimonio indissolubile, al punto di non ritenerlo valido se uno dei contraenti in cuor suo non lo abbia voluto tale, la maggior parte dei matrimoni è canonicamente nulla, perché la maggioranza non crede affatto nell'indissolubilità. Basta quindi dimostrare in maniera inoppugnabile di appartenere a questa maggioranza, depositando una dichiarazione da un notaio prima del matrimonio, perché il matrimonio sia nullo. E basterebbe diffondere questo metodo, perché tutto il sistema dell'indissolubilità canonica obbligatoria vada a farsi friggere. »Domani speriamo che le leggi del nostro paese respingano questi espedienti fuori della real
tà moderna, con vantaggio sia del buon ordinamento civile, sia della schiettezza e della coerenza del sentimento religioso : così terminava la prefazione dell'opuscolo tanto discusso.
Sono passati cinque anni e già quasi da due il divorzio è oramai legge dello Stato. Ma sarebbe azzardato affermare che quei buffi espedienti siano stati relegati fuori della realtà moderna, almeno da quella del nostro Paese. Il boom degli annullamenti rotali, che allora sembrava soltanto un espediente per creare un diversivo nella battaglia in corso sull'istruzione del divorzio, non accenna affatto a esaurirsi, né la Chiesa sembra avviarsi a porre fine all'annullamento facile. Il motu proprio di Paolo VI del maggio 1971 e le più recenti istruzioni della Congregazione dei Sacramenti dimostrano proprio il contrario. Anche se in Vaticano si nega con molta decisione che il motu proprio sia stato determinato dalle attuali contingenze italiane, e cioè dalla necessità di sostenere la concorrenza del divorzio, l'idea in sé della concorrenza non scandalizza affatto i prelati addetti ai lavori, che possono oramai vantare una macchina giudiziaria efficiente e rapida e un armamentario giuridico capace di accontentare le
esigenze di riconquista della libertà dei coniugi meno previdenti e più frettolosi.
Non è quindi troppo azzardato ritenere che la rabbia dei recensori vaticani dell'opuscolo radicale sarebbe oggi alquanto placata, o almeno assai meno spontanea e che tutto ciò che ne resta sia una profonda irritazione per l'intromissione di laici ficcanasi nella presentazione al pubblico dell'»annullamento facile , che tuttavia neppure essi saprebbero o vorrebbero più negare che sia proprio facile, anzi facilissimo.
Non è un caso che l'impertinente pubblicazione radical-divorzista abbia ricevuto un'autorevolissimo e insospettabile collaudo, proprio nei giorni dell'approvazione della legge sul divorzio, da una sentenza del Tribunale del Vicariato di Roma, poi confermata in grado di appello dal Tribunale di seconda istanza il 23 aprile 1971, emessa nella causa Canali/ Stella. I giudici ecclesiastici hanno dato atto che la convenuta, pochi giorni prima delle nozze, consigliata dagli adepti della LID ("ex consilio ab asseclis LID datum ad conventam") (1) aveva scritto a se stessa una lettera assicurata, contenente la dichiarazione secondo il modello contenuto nel perfido manualetto ("declarationem exscribit ex libello »l'annullamento facile del matrimonio ") (2), spedendosela per posta ed esibendola poi, ancora chiusa al Tribunale ("... mittit ante nuptias ope publici tabellionis...; et clausa ad Tribunal exhibita") (3). Essa inoltre si era iscritta alla LID seguendo fedelmente i consigli ricevuti da Marcello Baraghini e An
tonio Azzolini ("fidelissime ad acta ducit accepta consilia: sese inscribit LID...") (4).
Constatato che nell'assicurata »"clausa ad Tribunal exibita" c'era scritto proprio che la suddetta signora non credeva affatto all'indissolubilità del matrimonio e che anzi voleva assolutamente escluderla e che aveva predisposto il marchingegno al fine di ottenere la nullità quando l'avesse voluto ("pravo fine eo utendi ut medio probationis in causa forte instauranda") i reverendissimi padri, »invocato il nome santissimo di Gesù Cristo e nulla avendo avanti agli occhi fuor che Dio e la verità , hanno dichiarato nullo il matrimonio, proprio come veniva promesso dal pravo manualetto.
In fondo i bravi monsignori debbono aver pensato che, anche se iniziata piuttosto maluccio, data la brutta piega presa con l'iscrizione alla LID e i cattivi consigli dei due capelloni radicali e divorzisti, la vicenda finiva, se non nel migliore dei modi, tuttavia in maniera abbastanza edificante. Anche un matrimonio sacrilego può rappresentare la via scelta dal Signore per un buono e sacrosanto annullamento, che, se non è ancora divenuto, come qualcuno sostiene, l'ottavo sacramento, è tuttavia un atto della S. Chiesa, compiuto a maggior gloria di essa e del suo potere nella vita degli uomini.
Si divorzia dunque nel nostro Paese almeno finché lo permetteranno le Sezioni Unite della Cassazione, la Corte costituzionale in nuova edizione, la sen. Carrettoni e la »buona volontà dei »laici di evitare la »guerra di religione . Ma si annulla anche, ad un ritmo mai raggiunto in precedenza.
Gli ultimi anni del regime dell'indissolubilità del matrimonio hanno visto accrescersi di numero e di qualità la schiera degli »annullati . Alla Camera e al Senato avrebbero potuto costituire un gruppo parlamentare. Si è fatto un gran parlare di Almirante, antidivorzista con due mogli, sposate l'una in Municipio e l'altra in Chiesa, e in attesa del divorzio per liberarsi della prima e impalmare anche con effetti civili la seconda. In fondo egli non è che una vittima del laicismo. Se avesse dovuto liberarsi del matrimonio religioso anziché di quello civile, non avrebbe certamente trovato difficoltà a ottenere un bell'annullamento, senza ricorrere al divorzio da lui combattuto con tanto vigore, come l'avevano ottenuto i suoi colleghi missini Roberti e Turchi, e il DC on. Bosco, il sen. Giorgio Bo, l'attuale moglie del sen. Signorello, la figlia del sen. Pella. Annullato è l'ex onorevole e sottosegretario DC Larussa che volle convolare a nuove nozze lo stesso giorno della figlia avuta dal matrimonio nullo, che
pure convolava a nozze nuove (se così si può dire) dopo un primo matrimonio dichiarato nullo. Anche in campo »laico non mancano onorevoli annullati e mariti di annullate: naturalmente, l'unico caso che la stampa ha sottolineato è quello dell'on. Giacomo Mancini; che ha sposato un'annullata.
Buon ultimo, in ordine di tempo e anche d'importanza politica, è l'esponente fanfaniano della DC romana Bubbico, annullato dopo l'istituzione del divorzio, il che, da una parte ha fatto crescere i suoi meriti di coerenza clericale, dall'altra ha fatto sospettare che il suo matrimonio fosse veramente e irrimediabilmente nullo.
Ma a chiedere l'annullamento invece del divorzio non sono soltanto i clericali di stretta osservanza, l'equivalente di quelli che cento anni fa rifiutavano di sposarsi anche in Municipio. Finché rimarrà in vigore il Concordato e le sentenze ecclesiastiche di annullamento potranno avere efficacia civile, l'annullamento potrà sempre rappresentare un mezzo più rapido e disinvolto del divorzio per liberarsi di un matrimonio scomodo.
La durata media di un giudizio ecclesiastico di annullamento, dopo il motu proprio, può ridursi a pochi mesi. E per denunziare la nullità non è necessario affatto attendere cinque anni di separazione, né correre l'alea di trovare qualche presidente di Tribunale disposto ad attenersi allo spirito degli emendamenti dell'on. Leone, studiati per consentire lunghi rinvii e impedire ai coniugi di far durare troppo poco la causa di divorzio. Una preoccupazione divenuta ancor più ridicola nelle proposte della sen. Carrettoni, cui un giurista »laico , Barile, riconosceva, in un convegno del circolo Salvemini, il grande merito di aver trovato un espediente per consentire al coniuge cattolico, durante i rinvii della causa disposti nell'interesse della conservazione dell'unità familiare, di far dichiarare nullo il matrimonio, al cui scioglimento ritenesse di doversi opporre per motivi religiosi.
I motivi per far dichiarare nullo un matrimonio prima che il Tribunale faccia a tempo a pronunziare il divorzio, sono in realtà assai meno sublimi e assurdi di quelli ipotizzati dal Barile. E' sempre più frequente il caso di un marito impegnato in una gara senza esclusione di colpi con la moglie per riuscire a trascrivere l'annullamento prima del divorzio, essendo in palio l'assegno alimentare, dovuto in caso di divorzio (malgrado le conclamate »insufficienze della legge Fortuna nella tutela del coniuge economicamente più debole ), ma non dovuto affatto in caso di nullità del matrimonio, qualunque possano essere i motivi della nullità. Le fasi alterne di queste gare assumono talvolta toni grotteschi, con impensabili colpi di scena.
La signora G.D.F. nel 1965, stanca delle avventure extraconiugali del marito, un noto medico romano cui è affidata la salute di molti autorevoli prelati, iniziò una causa di separazione. In difesa del medico mosse un illustre avvocato, noto per i suoi legami con la corte di Pio XII e, in veste di testimoni, molti monsignori e altri personaggi ineccepibili. Per due anni il dott. G. si affannò a dimostrare al Tribunale di essere un marito fedele, affettuoso morigerato, tutto lavoro e famiglia. Poi il primo colpo di scena. La signora G.D.F. ricevette una lettera di convocazione avanti al Tribunale del Vicariato, dove un monsignore molto cerimonioso le spiegò che il marito con supplice libello (ricorso) depositato qualche giorno prima, aveva chiesto la dichiarazione di nullità del matrimonio facendo presente di essere un ateo incallito, refrattario alla dottrina cristiana dell'indissolubilità del matrimonio, portato per sua natura all'incostanza nei rapporti affettivi, libertino etc. etc. Quindi aveva concepito
il matrimonio come una specie di esperimento, che sarebbe durato finché fosse durato l'accordo. Anzi egli non avrebbe neppure pensato a sposarsi, se non vi fosse stato costretto dalla petulanza dei parenti della sposa. Questa cadde dalle nuvole: il dottore era, sì, un marito perfido, ma era stato un fidanzato affettuoso e assiduo, che l'aveva inondata di lettere d'amore, piene di progetti rosei per tutta una vita di reciproca dedizione, con figli, nipoti, etc. Quasi mille lettere d'amore finirono così tra le mani dei reverendi padri. La signora fu assicurata che il sacro vincolo sarebbe stato difeso inflessibilmente: il Tribunale era lì proprio per quello. Tranquillizzata non nominò neppure un avvocato, seguendo il consiglio del cortesissimo e comprensivo monsignore. I giudici del Vicariato presero la faccenda con calma: sentirono le ragioni della signora, ma sentirono anche magistrati, frati, monsignori, etc., portati come testimoni dal dott. G., che intanto, avanti al Tribunale civile continuava a difender
e accanitamente la propria integrità di marito. Dopo due anni il responso: debitamente illuminati dallo Spirito Santo, i reverendi Padri avevano accertato che effettivamente il dott. G. era quel poco di buono che aveva sostenuto di essere: ateo, simulatore, libertino, etc.; e pertanto gli avevano dato ragione, dichiarando nullo il matrimonio e, conseguentemente tutti gli obblighi del dottore verso la moglie, a cominciare da quello di corrisponderle un assegno di mantenimento. Disperata, la signora si rivolse questa volta a un avvocato rotale, decisa a dar battaglia in grado di appello. Il giovane canonista da lei scelto si diede molto da fare: chiese nuove testimonianze, esibì altri documenti, fece risaltare contradizioni e assurdità dei testi portati dal G. e ritenne di poter ben sperare nell'esito della causa. Ma la signora G.D.F. oramai resa scettica della giustizia dei preti, pensò bene di chiedere il divorzio, dato che nel frattempo era stata introdotta la legge Fortuna, che le garantiva, almeno, di non
essere stata solo la concubina di un marito ritenuto erroneamente tale e le assicurava il godimento di un assegno di mantenimento.
Chiamato avanti al Presidente del Tribunale di Roma, il dott. G. si mostrò sdegnato della richiesta della moglie di attentare col divorzio all'unità familiare, dichiarandosi cattolico e favorevole all'indissolubilità del sacro vincolo e opponendosi accanitamente al divorzio »per insufficienza della legge I-XII-1970 n. 898 . L'esimio medico mostrava così di pensare come la senatrice Carrettoni ritiene la pensino tutti i buoni cattolici »avanzati , che secondo lei, resterebbero ostili al divorzio solo per le insufficienze della legge Fortuna. Il tempo perso con queste e altre eccezioni è stato comunque sufficiente al dott. G. per ottenere la sentenza di annullamento di secondo grado e l'ordinanza della Corte d'Appello che la rende esecutiva in Italia prima della sentenza di divorzio. I monsignori del Tribunale di seconda istanza si sono profusi in elogi per la solerzia e l'abilità del volenteroso avvocato della signora, ma hanno mostrato di apprezzare meno le ragioni e i propositi di questa, che poi, tutto som
mato aveva tentato di simulare un matrimonio che era invece inesistente perché il dott. G. aveva simulato la volontà di contrarlo.
Ora la signora G.D.F. ha ricorso in Cassazione contro l'ordinanza di esecutività in Italia della sentenza ecclesiastica, chiedendo che la questione sia rimessa alla Corte Costituzionale, sostenendo che è violato l'art. 29 della Costituzione, quello che assicura il riconoscimento dei diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, dato che il riconoscimento della nullità del vincolo determinata dai pensieri nascosti di uno degli sposi, che pur sposandosi intenda rimanere libero (e libertino), distrugge ogni certezza del diritto.
Ma gli annullamenti chiesti e ottenuti, più che per il naturale desiderio di liberazione da un vincolo divenuto insopportabile, in frode manifesta ai diritti patrimoniali di uno dei coniugi che possano sopravvivere allo scioglimento del vincolo, non sono una novità portata dalla necessità di fare concorrenza senza esclusione di colpi alla legge sul divorzio. Un vero scandalo, tale da interessare e scuotere persino i sonnolenti ambienti delle riviste giuridiche specializzate, la cui specializzazione sembra comprendere anche una speciale capacità di ignorare le più paradossali stranezze di quella mezzadria concordataria sul matrimonio, scoppiò qualche anno fa, e ancora se ne protraggono gli strascichi in sede giudiziaria.
Una sentenza in primo grado del Tribunale del Vicariato di Roma in data 22 settembre 1965 aveva dichiarato la nullità del matrimonio del colonnello Franco Fatigati con la signora Licia D'Amore, »"ex capite vis et metus" cioè per costrizione della volontà matrimoniale. Tale sentenza non era definitiva, in quanto all'epoca, prima cioè del motu proprio del maggio '71, occorreva sempre un'altra sentenza conforme emessa in grado di appello. Senonché, convocate le parti per il secondo giudizio, la D'Amore presentò un certificato di morte del marito avvenuta il 23 agosto 1965 e il giudizio venne archiviato. La D'Amore cominciò anzi a percepire la pensione, quale vedova di un ufficiale morto in servizio. Ma un bel giorno si vide sospendere i versamenti e apprese così di non essere più vedova ma nubile, perché la Corte d'Appello di Roma aveva dichiarato esecutiva la sentenza del Tribunale del Vicariato, trasmessale dal Tribunale Supremo della Signatura Apostolica, tra l'altro contrassegnata non con la data della sua
pubblicazione, ma con quella della deliberazione da parte dei giudici ecclesiastici, così da apparire anteriore alla morte del povero colonnello. La Signatura certificava inoltre che la sentenza, che pure era stata emessa solo in primo grado, era da considerare esecutiva.
Non erano mancati nel secolo scorso casi di veri e propri falsi commessi da giudici del Supremo Tribunale della Signatura Apostolica, che pure ha il compito di controllare la regolarità e l'autenticità degli atti della Chiesa, ma questa volta il pasticcio era dovuto nientemeno che a un rescritto del Papa, che, avvalendosi dei suoi poteri di supremo giudice e legislatore della Chiesa, al di sopra di ogni legge umana, aveva il 10 novembre 1965 dichiarato esecutiva, definitiva, come se emessa in grado di appello con decisione »doppia conforme , la sentenza in questione.
Non si sa invece chi abbia provveduto a cambiare la data, anticipandola di quattro mesi, e cioè a prima della morte dell'interessato, dato che non sembra pacifico che, tra gli amplissimi poteri sovrani del Pontefice, rientri anche quello di cambiare la data ai documenti. A scusante del Papa, va detto che probabilmente l'inconsueto provvedimento dovette sembrargli qualcosa come un annullamento concesso alla memoria, come una decorazione, a un soldato caduto facendo il suo dovere.
In realtà, benignamente degnandosi di retroannullare il matrimonio del colonnello, secondo le pressanti suppliche dei parenti di lui, egli aveva semplicemente privato la vedova di ogni diritto patrimoniale e di ogni trattamento pensionistico. Alla signora D'Amore non restava che ricorrere in Cassazione contro l'ordinanza della Corte d'Appello.
Ma la Corte Suprema della Repubblica le diede torto, affermando che non era stato violato nel procedimento avanti alla Corte d'Appello, iniziato e concluso senza che essa fosse stata chiamata in giudizio, il suo diritto alla difesa, tanto è vero che aveva avuto la possibilità di dolersi in Cassazione che tale diritto era stato violato! Quanto alla sentenza retrodatata e dichiarata esecutiva per grazia papale, la Corte disse che, se tutto andava bene per la Signatura Apostolica, il Giudice Italiano non aveva nulla da dire, nemmeno che non esisteva alcuna sentenza ecclesiastica con quella data.
Il bello è che la questione, così sbrigativamente liquidata dai giudici italiani (la Cassazione non aveva consentito che la questione fosse portata alla Corte Costituzionale) non è ancora chiusa per quelli ecclesiastici. Infatti la D'Amore, visto che per la Cassazione il Papa ha sempre ragione, pensò bene di ricorrere anche lei al Papa perché dichiarasse che la Cassazione aveva avuto torto a dargli così sbrigativamente ragione, e riuscì a ottenere un altro rescritto pontificio, in forza del quale la sentenza del Vicariato non è più definitiva, ma, tornata a essere quello che era in origine, cioè solo una sentenza di prima istanza, è stata finalmente sottoposta ad appello. Ora pare che, in seconda istanza, prevalga l'opinione che il matrimonio fosse valido e che la D'Amore debba ritornare vedova. Ma è difficile che la poveretta possa farsene qualcosa di questa nuova sentenza, perché anche l'ossequio della Cassazione per l'infallibilità del Papa ha un limite, ed è improbabile che essa sia disposta a riconoscer
e che è infallibile anche quando proclama che prima aveva sbagliato.
Non è quindi la preoccupazione di ostacoli e di restrizioni da parte dell'Autorità Giudiziaria italiana per il riconoscimento degli effetti civili delle loro sentenze che può indurre i monsignori dei sacri tribunali a rallentare il ritmo dei loro annullamenti. Un ritmo che non ha subìto alcun rallentamento con l'istituzione del divorzio. Anzi, il 1971, primo anno di vita dell'istituto del divorzio in Italia, ha segnato un vero record per i Tribunali ecclesiastici. Tra annullamenti e rescritti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato ne sono stati rimessi alle corti d'appello per l'esecutività in Italia ben 917 provvedimenti, cifra mai prima raggiunta. Nel 1970, infatti, erano stati 812, nel 1969 756. Nel 1968 annullamenti e dispense erano stati 579 e fino al 1965 la media era stata di non più di 300 all'anno.
Tutti i Tribunali ecclesiastici lavorano a pieno ritmo. Il motu proprio di Paolo VI del maggio '71, abolendo la necessità del grado di appello, consente di smaltire un numero assai maggiore di cause, in un tempo più breve.
Primo fra tutti, per il gran numero di annullamenti sfornati e anche per l'importanza dei personaggi che finiscono per ricorrervi, avendo esso competenza per le cause romane, è il Tribunale del Vicariato dell'Urbe. Alla testa di esso impera sempre mons. Marcello Magliocchetti, oramai da più di vent'anni Officiale di Curia, cioè presidente. La sua carriera è delle più strane. Da molti anni si parla della sua promozione a presidente di un tribunale d'appello unico per tutta Italia; ma la promozione non è mai arrivata, e ora l'abolizione del grado d'appello, praticamente operata dal motu proprio, l'ha resa ancor più improbabile. Ma, senza ottenere promozioni di sorta, la sua importanza è andata via via crescendo in questi anni il boom degli annullamenti e, di conseguenza, dei tribunali che li sfornano. C'è chi dice che i monsignori del superiore tribunale della Sacra Rota lo snobbino un po', ma che lui se ne infischi altamente, ben sapendo che le sottigliezze rotali conterebbero ben poco nei disegni della Chies
a, senza che il lavoro di massa dei Tribunali di prima e seconda istanza consentisse a essa di svolgere una vera e propria politica degli annullamenti.
Era sembrato negli scorsi anni che ai vari monsignori Mogliocchetti fosse toccato di condurre una tenace lotta di retroguardia contro l'incalzare del divorzio, creando, con un po' di annullamenti, il miraggio di una soluzione »ammissibile per i più disperati e fortunati fuorilegge del matrimonio. O al più era sembrato che essi fossero destinati in futuro a dispensare ai divorziati di riguardo, annullamenti che sanassero agli occhi della Chiesa, non la situazione determinata dal fallimento del matrimonio, ma quella determinata dalla sanazione già ottenuta in sede civile con il divorzio. Era questa la funzione in cui si erano specializzati i tribunali diocesani americani per maggior conforto dei miliardari cattolici che non si sanno privare dell'uso del divorzio.
Ma oramai la Chiesa di Paolo VI, mentre continua imperterrita a contestare il diritto dello Stato italiano di avere una legge divorzista e di farla a suo modo, sembra per più versi convinta che nella società dei consumi il divorzio sia un istituto e una pratica inevitabile. Ma sembra anche convinta che in una società dei consumi di tipo italiano, retta con istituzioni e da una classe politica all'italiana, sia possibile alla Chiesa annettersi la gestione del divorzio, manipolandola attraverso le sue istituzioni e i suoi congegni canonici. Annullamenti invece che divorzio: questa alternativa usata come sgangherato e grottesco argomento propagandistico contro l'approvazione della legge Fortuna (alla televisione fu un democristiano di »sinistra , l'on. Galloni, a sfoderare questa tesi) diviene ora, nella pratica dei tribunali ecclesiastici e di fronte all'autolesionistica debolezza dei cosiddetti laici, pronti a storpiare la legge sul divorzio per non turbare i loro equilibri di potere con l'apparato clericale,
una prospettiva tutt'altro che fantastica.
E' un disegno che la Curia romana realizza in maniera strisciante, senza ricorrere a clamorose riforme (in fondo anche il motu proprio paolino non è che una innovazione procedurale) ma con una dilatazione quotidiana della giurisprudenza e della prassi, col perfezionamento dei meccanismi, col potenziamento degli uffici.
L'elaborazione di nuovi concetti e di nuove teorie, che il pensiero teologico e la dottrina canonistica cattolica vanno operando soprattutto all'estero, non sembra contagiare di fervore di nuove conquiste intellettuali gli ambienti curiali romani, ma serve anch'esso mirabilmente ad arricchire la casistica e a consentire nuovi espedienti per i monsignori addetti agli annullamenti. Imperturbabili e insensibili alle irrequietezze che serpeggiano anche nel mondo cattolico, essi non rifiutano il frutto di una speculazione intellettuale che detestano, purché suscettibile di dare nuovi strumenti alle loro alchimie e alla loro gestione del potere.
E molti di loro sono sinceramente convinti che le loro novità da azzeccagarbugli del sacramento del matrimonio, siano vere conquiste per il rinnovamento della Chiesa.
Non è difficile quindi che siano talvolta presentate e pubblicate dai loro autori con vero compiacimento, sentenze che testimoniano la completa perdita da parte loro del senso dell'umorismo; nel momento stesso in cui danno la misura di ciò che sono diventati gli annullamenti ecclesiastici.
Deve essersi inteso ripieno di legittimo orgoglio mons. Menghi dopo aver stilato una sentenza in tema di esclusione del "bonus prolis" e di "vis et metus" incautamente lasciata pubblicare in una rivista giuridica. Una sentenza ricca di riferimenti letterari.
Versato nelle lettere oltre che nel mestiere delle armi era infatti il sig. Verreggia, alto ufficiale, anche lui, dell'aereonautica, il cui matrimonio è stato dichiarato nullo dal Tribunale del Vicariato per eccesso di spirito aviatorio. Fin da piccoletto, il nostro aveva avuto ben fisso nell'animo l'esempio di D'Annunzio e il suo motto »"Memento audere semper" . E aveva coltivato l'aspirazione per l'aereonautica: »"aereonauticae dicatum inde a puero invenimus" (5). Una dedizione che divenne vera passione negli anni dell'accademia: »"... celestis militia, finis supremus cunctae proprietatis atque personae desideriis, cuique omnia immolari necesse est" (6).
»E la dottrina di quella scuola militare in questo si differenzia dalle altre: esser ottima cosa per l'aviatore non aver famiglia ("optimum esse aereonautae familia deesse"), tanto è vero che i tenenti dell'aereonautica, malgrado la politica demografica dei governi dell'epoca ("de augendo populo numericae, semper nova prole") no potevano sposarsi prima dei trent'anni.
Né a distorglierlo dalla sua passione aviatoria sarebbe valso l'incontro con Rosa Maria, vero personaggio dannunziano, »"bononiensis mulier" , ardente fanciulla »"musicae artis alumna" , incontrata a Bologna, dannunzianamente, mentre vi si trovava all'ospedale militare per curarsi le ferite riportate in Libia. Egli le aveva scritto diecine di lettere d'amore, ma si trattava di esercitazioni letterarie: »"D'Annunzio autem, non dedit iuvenem Verreggia tantum audaciae virtutisque exemplar, sed etiam in litteris amorum scribendi ingenium et irrefrenabile tormentum" (7). Ma il prode aviatore, sfuggito ai pericoli della guerra, cade nei lacci del furbo padre della giovane musicista, desideroso di trovare un marito per la figlia, difficilmente reperibile, oltre tutto, data la penuria di uomini a causa della guerra in corso: questi »"laqueum praeparat" (8), gli mette la figlia nel letto, quindi »reparationis coniugium urget (9). Recalcitra il giovane, se ne torna in Africa, cerca di squagliarsela. Ma il genitore
lo perseguita: minaccia di rivolgersi alle autorità militari. Sarà la fine della carriera del Verreggia, forse la fine della sua appartenenza all'Aereonautica. E qui la passione per l'eroica »"celestis militia" giuoca al nostro un brutto tiro. Una paura terribile lo attanaglia: quella di essere messo in condizione di rinunziare all'eroismo: »"metus cui resisti non potest" (10). Il teste Piseddu, altro ufficiale collega del nostro doveva infatti testimoniare: »noi eravamo appena usciti dall'Accademia... decisi a evitare tutto ciò che potesse incidere negativamente sulla carriera... .
Ma anche per altro verso era nullo il matrimonio dell'aviatore, e sempre per via della sua passione aviatoria. L'Aereonautica, arma fascista per eccellenza, era tuttavia, abbiamo visto, refrattaria alla politica demografica, o almeno a esercitarla in proprio. Il nostro non aveva avversione per i bambini, ma escludeva di avere figli, perché il loro atteggiamento di preoccupazione per la sua vita pericolosa lo avrebbe distratto dai suoi ideali, influendo negativamente sulla sua mentalità di pilota. »"... suae adspirationis militaris atque aereonauticae disciplinae ipsi fuissent impedimentum" (11). Tre preti avevano testimoniato garantendo questi intendimenti del giovane »"praefectus aereonautarum" (tenente dell'aereonautica): così il reverendo Don Fiore: »egli non voleva figli; la figlia nacque per sbaglio ed il V. non volle nemmeno aderire alla preghiera di suo padre che voleva un nipote maschio... ("errare umanum est", deve aver pensato, "sed perseverare diabolicum").
Così concludono i giudici ecclesiastici: »"Excludendae autem prolis propositum in eo plenius inveniendum est quod... peramatae aereonauticae disciplinae, innititur argumentum" (12). E poiché l'esclusione della volontà di aver figli da parte di uno degli sposi è motivo di nullità del matrimonio cristiano, l'amore dell'aereonautica ("amor laboris militiae aereonauticae" (13) rende nullo il matrimonio, non solo per la Chiesa, ma, grazie al Concordato, anche per lo Stato italiano.
Siamo dunque ben lontani dal rigore con il quale, fino a non troppi anni fa, si definiva un matrimonio nullo. La percentuale, sul totale degli annullamenti, di quelli pronunciati per vizio di consenso è aumentata enormemente e, tra questi è aumentata quella delle pronunzie fondate sulla »riserva mentale . Una volta annullamento di matrimonio e Sacra Rota evocavano automaticamente l'idea di inutili tentativi di consumazione, mariti disperati e sposine deluse dopo la prima notte di nozze. Oggi i tempi sono cambiati e c'è da scegliere. Ma non sono passati di moda i matrimoni rati e non consumati. Solo che in questo campo il progresso ha toccato i giudici della Chiesa. Una volta una visita di una saggia levatrice o di un vecchio e autorevole medico in presenza di una »"honesta matrona" , tutrice della verecondia e delle convenienze, decideva tutto, senza possibilità di tanti cavilli. Oggi il carattere problematico della verità scientifica si è imposto ovunque, e anche tra i prelati addetti a queste faccende l'in
cosumazione del matrimonio e la sua prova attraverso la constatazione della verginità della moglie non sono concetti semplicistici e elementari. La verità ha molte facce e, così sembra, la verginità. C'è da riflettere e da discutere e, soprattutto, da osservare.
Quanto ci sia da osservare potrebbe attestarlo la signora F.G., il cui marito, fratello di un autorevolissimo e influentissimo avvocato rotale, iniziò alcuni anni fa un giudizio di nullità del matrimonio per riserva mentale sulla prole o, in subordine per inconsumazione.
La signora non era affatto d'accordo e, soprattutto le sembrava azzardata e ridicola la storia dell'inconsumazione, giacché abbondanti e ripetute più che normalmente erano state le consumazioni nel corso degli anni.
Si presentò quindi ai giudici ecclesiastici con un buon numero di certificati medici che attestavano senza ombra di dubbio la sua qualità di moglie consumatissima. Ma i monsignori ritennero egualmente che dovesse essere sottoposta a visita ginecologica. Il responso non le sembrò sfavorevole. Esaminata la situazione con un apposito strumento metallico graduato e millimetrato e considerata l'ampiezza così riscontrata, la peritessa aveva concluso che il matrimonio doveva considerarsi consumato. Ma, c'era soltanto questo ma; se il signor E. fosse stato munito di un apparato alquanto superiore alla media, la consumazione avrebbe anche potuto non essere avvenuto, o almeno non essere canonicamente perfetta nelle varie fasi necessarie secondo la dottrina ecclesiastica ("erectio, introductio, penetratio, ejaculatio") così che lo stato di cose riscontrato avrebbe potuto essere dovuto soltanto a tentativi infruttuosi.
Su questo punto doveva scatenarsi una battaglia epica a colpi di perizie, controperizie dottrina e giurisprudenza canonistica.
I reverendi padri disposero una nuova perizia, alla quale la signora, divenuta oramai sospettosa anche per le informazioni ricevute sul nuovo perito, rifiutò di sottoporsi. Il perito dovette quindi accontentarsi dei rilievi e delle misurazioni compiuti da chi lo aveva preceduto nell'incarico; ma visitò il signor E. che esibì senza difficoltà quanto di sua competenza, seppur sul piede di pace anziché su quello di guerra. I reverendi padri dovevano poi così dare atto dei risultati di questa ispezione: »"concludit (peritus) eum praeseferre membrum paulo supra norman" (14). A parere del secondo consulente il matrimonio non doveva considerarsi consumato.
La povera signor F.G. pensò allora di avvalersi di un perito di parte di sua fiducia che, armato di buona volontà e di indiscussa competenza e convinto di difendere la buona causa, si accinse a demolire le misurazioni, illazioni e deduzioni dei periti d'ufficio avvalendosi delle più recenti conquiste della tecnica.
Incominciò il bravo ginecologo a contestare le misurazioni fatte dalla prima perita sulla sua cliente, e addirittura il metodo e lo strumento di misurazione. Invece dell'antiquato e malagevole aggeggio metallico, egli usò uno strumento d'avanguardia, il colpoeurinter in gomma o pallonetto di Champtier De Ribes, gonfiato con acqua, ottenendo una misurazione di 42 millimetri anziché di 28. Per fissare e documentare il risultato ottenuto il prof. B. ricorse alla fotografia, fornendo ai dubbiosi monsignori varie panoramiche, con e senza il salsiciotto in funzione, con schemi geometrici dei raggi dell'obbiettivo sulla stecca millimetrica posta in sito, con equazioni, calcoli etc. Forte dei suoi 42 millimetri il prof. B. si dichiarò pronto a sfidare chiunque che potesse parlarsi di inconsumazione.
Dei riferimenti del suo collega alle abnormi misure dell'apparato del signor E. egli dichiarò di ridersene, dato che la constatazione era stata fatta sul piede di pace e, come è noto, variano le proporzioni con l'assetto di guerra da soggetto a soggetto. »Comunque, stando ai trattati di anatomia umana, un pene in erezione varia dai 28 mm. di diametro a un massimo di 36 mm. Non sono stato a consultare trattati di anatomia comparata per vedere in quali specie di animali dette misure aumentino, dato che il tema della materia del contendere è tra rappresentanti della specie umana .
Le conclusioni del perito di parte crearono qualche perplessità tra i giudici ecclesiastici, probabilmente impressionati dal fatto di dover considerare il fratello di un avvocato rotale, sia pure per dargli ragione, appartenente a una specie animale anziché umana. Nominarono quindi un terzo perito d'ufficio. Anche questi, senza visitare la signora, ma sulla base di tutte le precedenti rilevazioni, constatazioni etc. concluse che, se vi doveva essere stata qualche »penetrazione parziale , non si poteva ammettere che fosse anche avvenuta l'"ejaculatio" in vagina, canonicamente indispensabile, perché allora non si comprende perché la "penetratio" sarebbe stata soltanto parziale. Come si vede anche i rapporti sessuali hanno i loro sillogismi.
Chiamati a decidere con tanta abbondanza di contrastanti elementi, i reverendi padri »"animadverterunt et pro certa habuerunt quae sequuntur" (ritennero e considerarono per certo ciò che segue). In primo luogo rilevarono che esistevano, sì, indiscutibilmente delle lacerazioni dell'imene, ma chi poteva garantire che con tante ispezioni, misurazioni, constatazioni etc. la situazione non si fosse deteriorata? ("imprimis quaerendum est num illae adscribi debeant inspectionibus gynecologicis...") (15). Ciò premesso considerarono che in verità qualcosina doveva pur essere successo: »"adfuit penetratio initialis, quae dicit appositionem glandis ad orificium vaginae" (16). Ma vi era stata almeno anche la »"penetratio imperfecta" di cui parla il decreto della Sacra congregazione del Santo Uffizio del 12 febbraio 1941? La penetrazione di questa categoria canonica non si poteva escludere in assoluto e a priori »"sed nec certa dici potest" , e allora doveva tenersi conto delle presunzioni e delle considerazioni del t
erzo perito. Daltronde »"factum inconsumationis vero non est judicandum ex sola mensuratione phisica peritorum" ma anche »"ex conscientia et aestimatione partium" (17), secondo la coscienza e la stima delle parti. E allora ragionarono i padri, giacché il sig. E, persona stimabilissima (fratello di un avvocato rotale) malgrado il grande amore esistente tra i coniugi, si è accertato avesse una relazione adulterina, è certo che doveva avere le sue buone ragioni. Quindi la prova morale che i suoi rapporti intimi con la moglie non erano normali!
Illuminati dallo Spirito Santo, i reverendi padri avevano cosi potuto risolvere un quesito difficilissimo.
Ma, sempre nella materia apparentemente arida della consumazione del matrimonio, essi hanno dovuto affrontare problemi ancor più ardui, relativi, stavolta agli aspetti non tanto materiali ma spirituali della bisogna.
La signora E.Z., moglie di un architetto romano, era ricorsa al Tribunale del vicariato, lamentando le strane inclinazioni del marito, che le saccheggiava il guardaroba più intimo. Essa aveva scoperto che la refurtiva veniva adoperata dall'architetto M. per travestirsi in gran segreto, in preda a una specie di mania d'imitazione dell'altro sesso. Spiegava insomma la Z. che il marito presentava, come poi dissero i giudici ecclesiastici, »"graves anomalias in modo se gerendi, cum ille inde ab adolescentia, sua gravi monomania obsessiva seu inversione sexuali laboraret... minime emendabili" (gravi anomalie del comportamento, in quanto egli, fin dall'adolescenza soffriva di una monomania ossessiva, ovverosia di una inversione sessuale assolutamente inemendabile). In base a tale esposto veniva impiantato un giudizio di nullità sul quesito »"an constet de matrimoni nullitate in casu ex capite defectus iudicii discretionis ex parte viri..." (se consti della nullità del matrimonio nel caso a motivo del difetto di
giudizio e discernimento da parte del marito...).
Non sembrava in verità che fosse proprio il discernimento a far difetto all'architetto M., noto e stimato professionista, e, malgrado i travestimenti e l'ossessiva inversione sessuale, non sembrava neppure che dovessero fargli difetto gli attributi e le funzioni del sesso che pure avrebbe voluto cambiare, visto che dal matrimonio erano nati ben tre figli.
Ma difficoltà e stranezze del caso non erano certo un ostacolo per i bravi monsignori, esperti in ogni sorta di sottigliezze e di sillogismi, secondo la migliore scuola gesuitica.
Incominciarono col disporre una perizia psichiatrica sul signor M. e raccolsero testimonianze di parenti e di amici sulle sue inclinazioni, abitudini etc. ed ebbero la sua piena confessione: se infatti egli si travestiva in segreto, non sembrava però alieno dal confidare i suoi segreti a chi di dovere: »dall'età di quindici anni ho cominciato a sentire internamente il bisogno di cambiare sesso... i fenomeni di travestimento si sono sempre più accentuati, creando in me una vera difficoltà nell'accettazione della mia identità sessuale... sposando E. io non vedevo in lei la moglie, ma una persona femminile che mi avrebbe aiutato, nella mia immaginazione, a cambiare sesso e al tempo stesso a imparare meglio il comportamento femminile... nei nostri rapporti intimi io mi immaginavo donna, considerando mia moglie un uomo . La confessione del marito collimava con le asserzioni della moglie che raccontò le attenzioni del marito per il suo abbigliamento e per i suoi cosmetici, la scoperta dei travestimenti etc. Unica
discrepanza il racconto dei loro rapporti intimi: nelle intimità mio marito pretendeva che io fossi nuda, ma sempre con scarpe a tacchi molto alti, con calze molto aderenti... il che non doveva giovare molto all'immaginazione dell'architetto che proprio in quei frangenti voleva vedere nella moglie un uomo.
Il perito d'ufficio, il »"medicus psychiater" prof. C. Enderle rincarò la dose, parlando di »classico travestitismo , »inversione dello istinto sessuale con psiche femminile totale congenita ... »attività omosessuale passiva con solo erotismo diretto in tal senso . A lui anzi pare che il periziando avesse fatto confessioni anche più spinte, circa gli unici atti che gli assicuravano godimento sessuale. Concludeva lo "psychiater" che ci si trovava di fronte ad una psicopatia congenita e costituzionale.
I reverendi padri, previa la solita ispirazione dello Spirito Santo etc stabilirono, il 4 dicembre 1970 (c'è da dire a loro scusante che erano ancora probabilmente sotto choc per l'approvazione della legge sul divorzio) che »"conventus inhabilis erat psycologice et affective dandi, uti vir obiectum consensum natrimonialis" era incapace dal punto di vista psicologico e affettivo a dare il proprio consenso quale marito al matrimonio. Né si obietti che dal matrimonio erano pur nati tre figli, perché i figli possono sempre esser procreati in questa ambigua situazione dell'uomo per inversione sessuale: »"idcirco proles ut elementum materiale atque accidentale in casu est habenda, quod minime qualificare potest relationem inter partes ut verum matrimonium" così la prole deve essere considerata nel caso come un elemento materiale e accidentale che per nulla può qualificare la relazione tra le parti come vero matrimonio!
Ed infatti il convenuto »"physiologice mas erat, sed psycologice et affective ut foeminam se sentiebat (18). Le conclusioni più acute le trassero i reverendi monsignori sulla consumazione del matrimonio con un sillogismo veramente efficace: così come non può parlarsi di consumazione del matrimonio in caso di fecondazione artificiale perché non si può dire atto umano, »"ita copula in qua viri et mulieris partes inventantur, matrimonii consumationem non producit" (19) nel senso indicato dalla costituzione »"Gaudium et spes" . La copula, insomma, materialmente c'era, ma mancava l'"animus copulandi". E il servizio prestato in un ruolo diverso, come del resto avviene per i benefici di carniera di certi impiegati dello Stato, non conta.
Così fu pronunziata la nullità del matrimonio, »"vetito viro transito ad alias nuptias" vietato (per la chiesa) il passaggio dell'uomo a nuove nozze.
Il bello è che, diversamente dalla signora, che è rimasta tuttora signorina, (titolo che le spetta di pieno diritto essendo risultata psicologicamente inconsumata e vergine) l'architetto ha deciso ben presto di risposarsi e per di più con una donna e anche graziosa. Non solo, ma ha voluto che il suo nuovo matrimonio non fosse privo delle benedizioni della Chiesa, e così per superare l'ostacolo del divieto di passaggio a nuove nozze, disposto con la sentenza di annullamento delle prime, ha presentato una nuova perizia alle autorità ecclesiastiche, redatto da un "medicus psychiater" di fiducia delle medesime autorità (costo 500.000 lire) nella quale si attesta che, se in passato egli "foeminam se sentiebat", ora si sente completamente maschio, e oramai è perfettamente capace non solo "»phisyce , ma anche »psicologice " di una copula canonicamente perfetta con tanto di "animus copulandi" e con la piena consapevolezza di svolgere nella bisogna la parte del maschio.
Forte dell'attestazione psichiatrica e dell'autorizzazione che in conseguenza il Vicariato si è affrettato a concedergli, in una bella giornata di primavera l'architetto E. è convolato a giuste nozze nella romantica cappella di Villa Borghese con la fanciulla da lui prescelta, avvolta in bianchi veli. Presenti in qualità di paggetti e damigelle d'onore i tre figli »elemento meramente materiale e accidentale che non avevano potuto dare carattere di vero matrimonio alla precedenti nozze, ma che con la loro presenza davano particolare leggiadria alla cerimonia delle seconde.
Questi alcuni fatti, queste alcune sentenze, questi gli uomini, con le loro leggi, la loro logica. Raccontarli, parlarne sorridendo è forse necessario per non essere presi da un'atmosfera kafkiana e non dubitare di correre dietro a fantasmi assurdi. Ma a un certo punto ci si vergogna di sorridere e ci si meraviglia che altri non si vergogni di accettare tutto ciò senza neppure sorridere, ma con compunzione e con indifferenza, se non con zelo conformista. E' per difendere queste porcherie solenni e assurde che la Cassazione vorrebbe far dichiarare incostituzionale la legge sul divorzio. Il metro con il quale una classe dirigente atea e bacchettona giudica la santità del matrimonio e condanna e respinge il divorzio è quello di queste lubriche sentenze. I sentimenti dei cattolici, per rispettare i quali alcuni sedicenti laici vorrebbero venire a patti sul divorzio, sono in realtà i sentimenti di questi manipolatori blasfemi di annullamenti e di inconsumazioni e con essi i patti dovrebbero essere conclusi e sott
oscritti.
Note
(1) Secondo il consiglio dato dagli adepti della LID.
(2) Trascrive la dichiarazione dal libello »L'annullamento facile del matrimonio .
(3) Spedisce prima delle nozze per mezzo della posta pubblica... ed esibita chiusa al Tribunale.
(4) Fedelmente pone in atto i consigli ricevuti: si iscrive alla LID.
(5) Lo troviamo infatuato dell'aeronautica fin da fanciullo.
(6) L'arma azzurra, fine supremo dei desideri relativi alla persona e ad ogni bene, cui è necessario tutto immolare.
(7) D'Annunzio infatti non diede al giovare Verreggia soltanto un esempio di audacia e di valore, ma anche il genio e l'irrefrenabile passione nello scrivere cose di amore.
(8) Prepara la trappola.
(9) Urge il matrimonio di riparazione.
(10) Paura cui non è possibile resistere.
(11) Essi fossero di intralcio alla sua aspirazione militare ed alla sua professione aviatoria.
(12) Il proposito di escludere la prole in ciò più pienamente deve essere individuato, che si inserisce nella questione della passione per la professione aereonautica.
(13) Amore per gli impegni dell'arma aereonautica.
(14) Conclude il perito che egli presenta un membro un po' superiore alla norma.
(15) In primo luogo occorre chiedersi se esse non dovessero attribuirsi alle ispezioni ginecologiche.
(16) Vi fu penetrazione iniziale come si definisce l'apposizione del glande all'orificio della vagina.
(17) Il fatto dell'inconsumazione in verità non deve essere giudicato solo in base alle misurazioni fisiche dei periti, ma anche secondo la coscienza e la stima delle parti.
(18) Fisiologicamente era maschio, ma dal punto di vista psicologico ed affettivo si sentiva femmina.
(19) Così la Copula, nella quale le parti dell'uomo e della donna si invertono, non produce consumazione del matrimonio.