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Notizie Radicali - 5 ottobre 1972
AL CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE LA SCELTA E' FRA
rifondazione o scioglimento

SOMMARIO: Editoriale di lancio del Congresso di Torino del novembre 1972.

Il segretario del partito, all'epoca Angiolo Bandinelli, aveva lanciato un appello perché al Congresso il partito arrivasse con almeno mille iscritti, in mancanza dei quali esso avrebbe dovuto prendere la decisione di una immediata chiusura. Nell'editoriale si segnala come, alla data di chiusura del giornale, gli iscritti siano appena cinquecento mentre nulla fa ritenere probabile il raggiungimento dell'obiettivo.

Il regime, insomma, sembra aver vinto "qualcosa di più che tutte le sue battaglie fondamentali", mentre solo un partito capace di fungere da "detonatore" di una serie di "esplosioni", di iniziative democratiche e popolari può proporsi come "partito radicale" nel paese.

Il partito attuale, centralizzato, romano, non è adeguato alla scommessa, non può gestire "un complesso di iniziative politiche di rilievo fondamentale, che spaventerebbe e spaventa qualsiasi grande, massima forza" esistente in campo democratico. E nessun altro progetto è adeguato se non il lancio di una "mezza dozzina di referendum popolari abrogativi" su cui raccogliere "mezzo milione di firme" in pochi mesi.

Perché la richiesta di "mille" iscritti? A questo interrogativo dovrà rispondere il congresso. Intanto, a nome dei compagni che lavorano a Roma, viene sottolineata la "ricchezza e la singolarità" del lavoro compiuto e delle attestazioni ricevute. Il convergere sul partito di "itinerari umani e politici tanto differenti" consente di lottare ancora per "farcela". Successivamente, l'articolo ricorda nominativamente le personalità, i militanti, i democratici che danno rilievo, con la loro adesione, alla campagna di iscrizioni.

(NOTIZIE RADICALI, 5 Ottobre 1972)

Le numerose e importanti adesioni al partito radicale non autorizzano ottimismi - all'inizio di ottobre gli iscritti sono ancora cinquecento - per raggiungere l'obiettivo minimo dei mille dovremmo registrare in dodici giorni tante iscrizioni quante non ne abbiamo avute in dodici mesi - un partito laico, libertario, socialista, federato non può essere un partito "romano", centralizzato, unicefalo o carismatico - deve avere la capacità di promuovere iniziative politiche che di grande rilievo nazionale - mille iscritti a novembre per sperare di essere diecimila fra due anni

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Questo ultimo numero di »Notizie Radicali giungerà ai suoi destinatari a pochi giorni ormai dal Congresso Nazionale di Torino. Nel momento in cui chiudiamo il giornale gli iscritti al PR superano appena i cinquecento; la situazione debitoria, il passivo finanziario è di circa otto milioni.

Non tireremo le somme che il 31 ottobre. Fino ad allora, così come ci eravamo impegnati, saremo tutti, nuovi e vecchi radicali, protesi senza riserve per raggiungere quella piattaforma minima di militanti e di iscritti al di sotto della quale converrà dichiarare terminata l'esperienza del Partito Radicale.

Dovremmo comunque (per raggiungere un obiettivo "minimo", ricordiamolo) registrare più iscrizioni e sottoscrizioni in dodici giorni di quante non ne siano giunte in dodici mesi. E' possibile, a nostro avviso, che questo accada; è più probabile che non sia così. A questo punto, è inutile far più previsioni - sarebbero tutt'al più inutili profezie.

Queste pagine, con la serie di lettere di adesioni che pubblichiamo, vanno lette con attenzione; tenendo cioè sempre presente anche quello che "non" è stato scritto, anche quel che è assente, che manca. Sarebbe altrimenti facile fare di uno stato d'animo, probabile, di conforto e anche di entusiasmo, il surrogato di un giudizio che deve essere quanto più profondo, rigoroso e responsabile tanto meno irrilevanti sono, per una formazione di estrema minoranza, i margini fra scelta privata e scelta civile dei suoi militanti.

Ripetiamo che nessuno dei cinquecento radicali può o vuole o tollera la condanna ad eroismi, non fossero altro che pacifici e civili; e che non siamo testimoni o martiri, né missionari o apostoli. L'analisi che ci unisce è che questo regime ha vinto qualcosa di più che tutte le sue battaglie fondamentali e che solo un partito, un movimento, un gruppo (chiamatelo come volete) capace di fungere da detonatore di una serie di esplosioni democratiche e alternative popolari, davvero unitarie (e unitarie qui ed oggi) merita e può vivere e proporsi come »partito radicale nel paese, per i prossimi, drammatici anni.

Un partito "laico, libertario socialista, federato", nonviolento e rivoluzionario, non può essere un partito »romano , centralizzato, unicefalo, burocratico o carismatico. Il Partito in cui crediamo e quello che già esploda lui stesso, subito, in almeno cinque, sei Partiti regionali federati e, fra un anno o due, in almeno altri dieci.

Un partito non mistificante, non alienante, non »politicistico deve inoltre essere in condizioni di condurre sin da ora, subito, un complesso di iniziative politiche di rilievo fondamentale, che spaventerebbe e spaventa qualsiasi grande, massima forza esistente in campo democratico e socialista. Di condurle, però, in modo, con mezzi e metodi tali che siano omogenei e prefiguranti rispetto ai contenuti ed agli obiettivi.

Non vediamo altro che la mezza dozzina di referendum popolari abrogativi per i quali dovremmo raccogliere mezzo milione di firme nei prossimi mesi; sui quali qui più non ci soffermiamo, ma che ci sembrano costituire, per ora, l'unico progetto avanzato per una risposta adeguata, storica alle vittorie sempre più pericolose alla stabilizzazione ed al rafforzamento del regime.

Perché mille? Ai tanti compagni che, senza farci a volte un minimo di credito di serietà, oltre che senza aver mostrato di essersi documentati su quel che abbiamo detto, fatto, tentato in questi ultimi quattordici mesi (da quando abbiamo avanzato l'ipotesi dello scioglimento) ci rivolgono questa domanda, diciamo che un'altra ce ne attendiamo, altra ci sembra ragionevole e necessaria; "perché, come", è possibile con "soli" mille iscritti?

E, al Congresso di Torino, questo - ci sembra - dovrà essere il serio interrogativo cui trovare una piena, responsabile risposta, se la piattaforma sarà stata raggiunta; altrimenti, si tratterà di fornire a noi stessi e a chi vorrà e potrà ascoltarci una ultima prova di verità e di onestà, un prezioso contributo di chiarezza nella nostra vita civile. Ed anche questo non è da poco, per chi sa di quanta insopprimibile umiltà è fatta la democrazia.

Per finire, a nome dei compagni che operano in particolare a Roma, dobbiamo aggiungere che questi mesi, queste settimane queste ore ci sono state rese d'una ricchezza e d'una singolarità eccezionali. Fra digiuni e aggressioni, odi e minacce, ostruzionismi e censure, fatiche e errori le lettere, le adesioni, le critiche gli incoraggiamenti di amici avranno reso felici e sereni, eccezionalmente arricchenti, cariche di nuovo di speranza umana (se non necessariamente politica) quanti di noi le hanno potute raccogliere.

Se il potere è riuscito forse a fare scattare troppo tardi un meccanismo di difesa civile e di alternativa radicale, la coraggiosa e fraterna decisione di tanti e tanto diversi compagni, il convergere di itinerari umani e politici tanto differenti e, tutti, così significativi, ci consente meglio di lottare fino all'ultimo momento per "farcela".

Quale che sia la decisione "giuridica" che andremo a prendere non è detto dunque che qui si sarà manifestato l'ultimo sussulto d'un mondo di persone e di speranze ormai destinato a scomparire e sconfitto; può anche essere, ne siamo certi, un primo segno del nuovo che potrà nascere, affermarsi.

Quando da Loris Fortuna a Argentina Marchei, la nostra "popolana di Testaccio" iscritta al PCI sin dal 1921; da vecchi compagni del "libero pensiero" al folto gruppo di credenti che costituisce forse per noi il più profondo e commosso motivo di crescita e di fiducia; dai compagni obiettori di coscienza a quelli degli altri gruppi extraparlamentari, dell'ex MPL o di "lotta continua" o libertari e del "Manifesto"; da compagni socialisti Guarraci e Benzoni a Bonzano, Murabito, Della Rovere, della "sinistra liberale"; da Veronese dell'UILM ai compagni repubblicani e della FGR (che sono tanti e non solo l'immancabile, puntuale Franco De Cataldo); quando, nello scorcio di poche settimane, tutto questo s'aggiunge alle scelte ed alle parole di Giorgio Fenoaltea e di Sandro Canestrini; quando questo accade nel persistente, totale silenzio della stampa di qualsiasi colore (con l'unica eccezione dell'"Espresso", e di "ABC" che ha ospitato l'articolo di Fortuna) con soli ventimila italiani forse, in grado di giudicarci

e di risponderci, possiamo ancora dire che, malgrado tutto, è doveroso e lecito sperare, per i prigionieri dell'esercito e della giustizia, per gli oppressi, per noi tutti.

Compagni ed amici, ancora una volta buon lavoro, coraggio, forza ed arrivederci al Congresso.

 
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