XI Congresso Nazionale - Torino 1, 2, 3 novembre 1972SOMMARIO: Il precedente congresso radicale del novembre 1971 aveva stabilito che "sotto la soglia di mille iscritti - ai sensi dello statuto - e di venti milioni di bilancio annuale, il Partito radicale non può avere la pretesa o la speranza di rappresentare una valida dimensione di partito laico adeguato alla necessità della battaglia contro il regime". Nella sua relazione il segretario del Pr Angiolo Bandinelli, dopo aver annunciato che questo obiettivo è stato raggiunto e superato, rilancia i temi d'iniziativa su cui il partito è, in quel momento, impegnato con un lungo digiuno di Marco Pannella e Alberto Gardin: l'approvazione della legge per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e la liberazione di Pietro Valpreda. Dopo aver confermato la volontà e l'impegno, in polemica con il Pci, perché nel giugno del 1973 si tenga e si vinca il referendum sul divorzio, Bandinelli presenta un bilancio delle iniziative politiche del Pr nel 1972 e illustra la situazione organizzativa del partito.
LA SCELTA DEL CONGRESSO: RIFONDAZIONE O SCIOGLIMENTO
Compagne e compagni,
era chiaro a tutti, nuovi e vecchi iscritti, nel corso di tutto l'anno che lo ha preceduto, che questo congresso si sarebbe imperniato intorno alla alternativa, "Rifondazione o scioglimento" del partito radicale. Questa alternativa, proprio perché risponde a problemi reali e nasce da una analisi politica che ha trovato puntuale conferma negli avvenimenti che si sono verificati nel corso del 1972, non poteva lasciare spazio per scelte di carattere emotivo; ma esigeva ed esige un congresso di meditazione e di approfondimento della situazione reale che abbiamo di fronte, degli strumenti a nostra disposizione, della sproporzione esistente tra le prime e i secondi. E' una consapevolezza presente in tutti coloro che parteciparono al congresso di Roma dello scorso anno; ma io credo sia condivisa anche dai nuovi iscritti, la grande maggioranza dei quali ha raggiunto il partito negli ultimi tre mesi, perché ha avvertito, in tutta la sua gravità, la validità e la non strumentalità di questa alternativa congressuale.
CONGRESSO DI LOTTA
Il congresso è e deve essere tutto questo, ma è anche un congresso di lotta. Ci riuniamo proprio nel momento in cui la battaglia ingaggiata sulla obiezione di coscienza, con il digiuno collettivo, iniziato il primo ottobre per la liberazione di Valpreda e degli obiettori, giunge ad un momento drammatico e decisivo. Nella lotta, nostra e loro, contro questo parlamento a maggioranza clericofascista, contro l'inerzia e l'assenza di volontà politica dei vertici dei partiti e dei gruppi della sinistra, contro le pastoie delle procedure, della prassi e della burocrazia parlamentare, contro la congiura del silenzio della stampa, i compagni Pannella e Gardin hanno effettuato 31 giorni di digiuno. Al digiuno collettivo hanno inoltre partecipato un consistente numero di obiettori detenuti nel carcere di Peschiera, e di compagni radicali e nonviolenti di Roma, di Torino, Brescia, Condove, Verona. Per molti di essi il digiuno è stato di quindici, di diciotto, di ventiquattro giorni, ed è stato interrotto soltanto quando
le condizioni di salute lo rendevano indispensabile.
GLI OBIETTIVI DEL DIGIUNO COLLETTIVO
Abbiamo saputo per via indiretta che una delle massime autorità parlamentari del nostro paese ha parlato di una forma di ricatto esercitata nei confronti del parlamento. Noi respingiamo questa accusa. A tre anni ormai dalla strage di stato di Milano e dopo i fatti gravissimi e le responsabilità venute alla luce nel corso delle ultime indagini, pretendere un intervento riparatore del parlamento che apra la strada alla liberazione di Valpreda e dei suoi compagni anarchici Gargamelli e Borghese non è un ricatto, ma la richiesta di un elementare atto di giustizia.
LA RISPOSTA DEL PARLAMENTO
Su questo problema, così evidente e clamoroso, la manifestazione di digiuno è andata di pari passo con l'indignazione crescente dell'opinione pubblica e la classe politica tutta, anche quella che è più diretta espressione di questo regime, sembra ormai volersi muovere in questa direzione. Ma è forse meno grave il problema del carcere per centinaia di obiettori di coscienza, veri e propri prigionieri politici dell'esercito, della giustizia militare e del parlamento? Esso può apparire meno grave soltanto perché l'opinione pubblica non ne è informata; soltanto perché la stampa cosiddetta indipendente e i giornalisti cosiddetti "laici" di questo paese, da Benedetti a Ronchey, da Casalegno ad Alfetra, da Piero Ottone a Montanelli, non dedicano una sola riga alle lotte radicali, alle scelte degli obiettori, alla gestione della giustizia militare e alle condizioni di vita delle carceri dell'esercito.
LIBERARE VALPREDA E GLI OBIETTORI
Non è un ricatto, onorevole Pertini, a oltre venticinque anni dalla costituzione democratica, e ad oltre dieci dalla avvenuta ratifica della convenzione europea dei diritti dell'uomo, pretendere che il parlamento giunga finalmente al voto conclusivo dei progetti di legge di riconoscimento dell'obiezione di coscienza.
Non applicando una convenzione internazionale a cui è vincolato, è lo stato, è il parlamento che si pongono fuori legge, e la legge applicata dai tribunali militari scade a pura violenza politica.
Ci dovrebbe indignare, se prima non ci addolorasse e amareggiasse, il fatto che questa insensibilità, questa indifferenza e cinismo nei confronti dei prigionieri politici di questo regime, vengono non soltanto da esponenti di una classe dirigente clericale e fascista, ma anche da esponenti di una classe politica che ha fatto la resistenza e che è cresciuta, per le proprie obiezioni di coscienza di allora, nelle galere del fascismo.
FISSARE I TEMPI DELL'ITER PARLAMENTARE
Questo momento di lotta, così preciso e prevalente, in questo congresso, non è in contrasto con l'esigenza di un dibattito serrato, ma non emotivo, capace di guardare con freddezza e con distacco ai problemi che abbiamo davanti. Al contrario, proprio lo stato di questa singola battaglia, gli ostacoli e l'inerzia contro cui ci scontriamo, sono un ulteriore riscontro delle difficoltà politiche che caratterizzano la lotta per i diritti civili, e dei costi crescenti che essa comporta, se si vuole affrontarla con la volontà e la speranza di uscirne politicamente vittoriosi, e di non esserne soltanto le vittime e i testimoni. Non mi riferisco soltanto alle condizioni di Gardin e di Pannella, ma al nuovo mandato di cattura spiccato contro Roberto Cicciomessere, agli altri compagni obiettori già detenuti come Alberto Trevisan, Matteo Soccio, Adriano Scapin, Carlo Filippini, Gualtiero Cuatto, e agli altri che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi li raggiungeranno. Esso ci fornisce dunque un ulteriore elemento
di riflessione collettiva, che esclude tassativamente da questo dibattito le mozioni degli affetti, gli entusiasmi momentanei, i discorsi astratti, non misurati sulle concrete possibilità politiche ed organizzative. Proprio perché siamo responsabilmente e collettivamente investiti di questi problemi, i compagni Gardin e Pannella devono consegnare la lotta nelle mani del congresso e di tutto il partito che la svilupperanno nei modi che saranno decisi a conclusione del dibattito. Infatti, anche la decisione dello scioglimento, se essa dovesse essere presa a conclusione del congresso, non implicherebbe l'automatica sospensione di ogni impegno ma al contrario i radicali non potrebbero non continuare a sentirsi investiti da questo problema e dalla sorte degli obiettori.
Invito pertanto il congresso a dibattere le iniziative necessarie per proseguire collettivamente, con eguale e maggiore efficacia questa lotta, fino alla sua conclusione vittoriosa.
LA SITUAZIONE POLITICA DOPO IL 7 MAGGIO
Il mio compito di segretario è di fornire, con questa relazione, elementi sufficienti di informazione e di valutazione ai congressisti, innanzitutto sullo stato del partito e sulle caratteristiche che esso ha assunto con le centinaia di iscrizioni che si sono verificate negli ultimi mesi e che ne fanno ormai un partito nuovo e diverso. Ritengo pertanto superfluo soffermarmi su una analisi della situazione politica e su una valutazione degli avvenimenti che hanno contraddistinto il 1972 e l'inizio di questa legislatura. Essi sono stati sufficientemente trattati sia nel numero elettorale, che nei dieci numeri periodoci successivi di Notizie Radicali, sia dal "La Prova Radicale". Al congresso di Roma dello scorso anno denunciammo la chiusura della situazione politica e di regime che annunciava una preclusione di lungo periodo nei confronti di ogni politica di reale sviluppo democratico, di ogni volontà e speranza di unità laica e libertaria delle forze della sinistra, delle più urgenti riforme, dell'espansione
delle libertà e dei diritti civili.
LA CONFERMA DELLA ANALISI POLITICA DEL X CONGRESSO
L'elezione di Leone, il modo in cui si è giunti alle elezioni anticipate, il modo con cui i partiti di sinistra le hanno prima volute e accettate, e poi affrontate, le truffe commesse ai danni delle minoranze e dell'elettorato, le scelte politiche compiute da Leone anche in clamoroso e palese contrasto con la costituzione, il mutamento degli equilibri all'interno della Corte costituzionale, che siamo stati i primi e per molto tempo gli unici a prevedere e a denunciare, la scomparsa dopo le elezioni di forze politiche come il PSIUP e il MPL e il loro mortificante riassorbimento da parte degli apparati tradizionali, la crisi che attraversano il Manifesto e le altre forze extraparlamentari, la strage di leggi e di istituzioni che continua ad essere perpetrata dalla classe al potere, gli incredibili giochi e patteggiamenti che si sono verificati e si verificano intorno alla questione del referendum sul divorzio, tutto questo conferma - io credo - senza bisogno di insistervi ulteriormente, almeno in sede di relaz
ione introduttiva, la validità delle nostre analisi. Caso mai, le previsioni che ne avevamo tratto si sono verificate con maggiore rapidità e in proporzioni e dimensioni più gravi di quanto noi stessi, forse, avevamo pensato. Basti pensare all'indebolimento del PSI, ridotto da terzo grande partito di massa al più consistente dei partiti minori, alla scomparsa di ogni rappresentanza parlamentare autonoma di sinistra a fianco del PCI e del PSI, alla stessa crescita elettorale del PCI dovuta probabilmente più a preoccupazione, a disperazione e a paura che a convinzione e a slancio, alle dimensioni che ha assunto il fenomeno del bipolarismo dc-pci, alle ridotte possibilità di espressione all'interno dei partiti parlamentari per le forze vive di alternativa e di dissenso, condannate o alla mortificazione e al silenzio o al ralliement nei confronti degli apparati.
LA SINISTRA, IL REFERENDUM E IL DIVORZIO
Spetta al Congresso valutare se questa accelerazione di fenomeni negativi che si è verificata in questi mesi consenta nuove possibilità di reazione da parte della sinistra, e quindi autorizzi qualche speranza, o sia una pura e semplice accelerazione della chiusura di regime che coinvolge irrimediabilmente gli apparati della sinistra.
Se dovessimo tuttavia giudicare dal dibattito in atto all'interno del PSI, tutto assorbito da una lotta fra due gruppi che si contendono la gestione di una stessa linea politica di centro-sinistra, o da quanto ancora oggi si verifica sul problema del referendum sul divorzio, dovremo concludere che è ingiusto e dannoso autorizzare speranze e illusioni sul comportamento della classe dirigente di sinistra.
Noi consideriamo semplicemente incredibile, dopo quanto è accaduto con le elezioni e dopo che il mutamento degli equilibri interni della Corte Costituzionale minaccia di rimettere in discussione la costituzionalità dell'art.2 della legge Fortuna, il comportamento della classe dirigente della sinistra, che si preoccupa ancora e unicamente di evitare il referendum sul divorzio, o di ritardarlo di un anno attraverso capziose interpretazioni legislative. (...) Noi ribadiamo qui che è semplicemente assurdo incoraggiare eventuali revisioni della Corte Costituzionale, che svilirebbero l'autonoma funzione che questo istituto ha saputo assolvere e che è stata uno dei pochi fatti positivi nella storia dell'ultimo decennio della nostra repubblica democratica. Come è assurdo pensare di trattare la revisione e la abrogazione della legge Fortuna in un parlamento che ha una maggioranza clericale e fascista.
L'ASTENSIONISMO RADICALE NELLE ELEZIONI POLITICHE
E' per questo che riconfermiamo che l'unica strada, pulita, rispettosa della costituzione, delle regole più elementari del gioco democratico, della sovranità popolare e delle stesse istituzioni repubblicane, è quella del referendum da affrontare subito, nel giugno 1973.
Al Congresso dello scorso anno potevamo solo prevedere questi sviluppi della situazione politica. Ancora all'inizio di gennaio, quando la direzione si è riunita contemporaneamente all'entrata in funzione del nuovo segretario e del nuovo tesoriere del partito radicale, le elezioni anticipate erano uno sbocco possibile ma tutt'altro che certo. I nuovi organi dirigenti del partito si sono trovati alle prese, nei tre mesi successivi, fino al 7 maggio, con questo problema e con questa scadenza, che poteva costituire per il partito un grave momento di crisi, tale - in caso di decisioni affrettare e sbagliate - da pregiudicare irrimediabilmente lo sviluppo del partito, cioè la realizzazione del mandato congressuale che ci imponeva, come prioritario su ogni altro, il compito di raggiungere i mille militanti iscritti. Scartata la possibilità di una presentazione autonoma del partito, per ragioni organizzative - insufficiente articolazione della presenza del partito nelle diverse circoscrizioni elettorali - ma anche,
e soprattutto, per ragioni politiche (per una forza di minoranza, esclusa a priori dall'utilizzazione dei mezzi di comunicazione di massa, presentarsi alle elezioni significava avallare una truffa antidemocratica) l'indicazione della astensione che la direzione ha dato, si è rivelata una scelta giusta.
Per un partito che non aveva alcuna possibilità concreta di intervenire nella competizione elettorale e di influire sui suoi risultati, il compito fondamentale era quello di affrontare con distacco e con freddezza l'effetto centrifugo, che rispetto ai temi e agli obiettivi della sua politica, determinavano le reazioni emotive suscitate da una competizione elettorale largamente inquinata anche da fattori di tipo terroristico. Avevamo il dovere di trasmettere a quante più persone possibili la nostra analisi della situazione politica, la nostra denuncia delle gravi manomissioni che il potere politico - dal capo dello stato, al governo, agli stessi vertici dell'opposizione di sinistra - avevano compiuto ai danni del paese.
I RAPPORTI CON IL MANIFESTO
Non è stata una decisione facilmente accettata, né sul momento compresa, non solo all'esterno ma all'interno stesso del partito, ma proprio la giusta scelta della astensione ci ha consentito, superato il momento elettorale, di recuperare il ritardo che le elezioni avevano rappresentato nell'azione di sviluppo del partito, rispetto alla quale le elezioni erano state un fattore di distrazione e di disturbo, e di invertire l'effetto centrifugo che esse avevano determinato, rispetto agli obiettivi di lotta del partito radicale.
L'unica ipotesi, subordinata a quella dell'astensione, che il Partito ha preso in considerazione, fu l'eventuale presentazione comune con il Manifesto. Abbiamo ritenuto un grave errore quella decisione del Manifesto, ma per le cose che metteva in gioco nella sinistra non ingabbiata nel regime, abbiamo ritenuto opportuna una nostra dichiarazione di disponibilità a liste di concentrazione di nuova sinistra. Non è colpa nostra se quella disponibilità è stata lasciata cadere e se il Manifesto alla giusta indicazione unitaria di Valpreda capolista ha fatto seguire la contraddittoria scelta di liste caratterizzate strettamente come liste comuniste rivoluzionarie. Sarebbe stato d'altra parte un grave errore sostenere dall'esterno una campagna elettorale che non avevamo alcuna possibilità di condizionare e di gestire. Se lo avessimo fatto, avremmo inutilmente coinvolto il Partito in una scelta sbagliata e subalterna, e in una sconfitta di cui non era in alcun modo responsabile.
L'ATTIVITA' ORGANIZZATIVA DEL PARTITO
I mesi da gennaio a maggio non sono stati unicamente occupati dal problema e dal momento elettorale. Sul piano organizzativo sono stati mesi in cui il segretario ed il tesoriere, anche sulla base delle indicazioni della prima riunione della direzione avvenuta in gennaio, hanno provveduto al primo riordinamento degli strumenti organizzativi della attività del partito, e a dare continuità a modesti ma periodici strumenti di informazione destinati agli iscritti e ai sostenitori. I quindici numeri di Notizie Radicali a ciclostile, che abbiamo inviato in media ogni dieci giorni sono stati un primo utile strumento di comunicazione e di collegamento. In quei mesi abbiamo avuto la seconda obiezione collettiva di coscienza motivata politicamente, e i successivi arresti di Roberto Cicciomessere, Alerino Peila, Gianni Rosa, Valerio Minnella, Alberto Gardin, Adriano Scapin, Alberto Trevisan, Carlo di Cicco, Antonio Fedi, Claudio Pozzi, Matteo Soccio, Franco Soriano.
I NOSTRI PROCESSI POLITICI
Sempre in quei mesi si è avuta la prima serie dei processi politici soprattutto contro Marco Pannella, ma anche contro il compagno Baraghini, contro Roberto Cicciomessere, contro numerosi altri compagni del partito. Si è trattato di tre diversi tipi di processi politici:
1) Un solo processo per diffamazione derivante dall'attività pubblicistica del partito, intentato contro Pannella e Loteta e contro l'ex vice direttore responsabile dell'Astrolabio Mario Signorino, per gli articoli pubblicati da Notizie Radicali e dall'Astrolabio durante il processo Braibanti, per denunciare il comportamento del presidente Falco e del pubblico ministero Lojacono; il processo si è concluso con una condanna a nove mesi di reclusione.
2) Una serie di processi per reati di stampa commessi sia da Pannella sia da Baraghini in qualità di direttori responsabili di giornali e periodici di gruppi minoritari ed extraparlamentari, direzione assunta per vanificare la legge dell'ordine dei giornalisti che impone l'obbligo di un giornalista iscritto all'albo per fare uscire un qualsiasi tipo di pubblicazione;
3) processi derivanti da attività politica radicale ed antimilitarista sia per presunti reati commessi a mezzo di stampa - vilipendi, istigazione di militari a disubbidire alle leggi, eccetera -, sia per manifestazioni - adunate sediziose, manifestazioni non autorizzate, ecc.-
CARCERI E TRIBUNALI MILITARI - DIFESA POLITICA DEI DETENUTI
In questo aspetto di lotta giudiziaria, il partito ha dovuto accrescere il suo impegno e la sua mobilitazione. L'esperienza del carcere militare fatta dai nostri compagni obiettori, ha portato loro e noi a contatto con una realtà che intuivamo, ma di cui non avevamo conoscenza diretta: la realtà di migliaia di giovani sottoproletari, di emigrati, di sfruttati di questa società e di questo sistema, che si vedono erogare ogni anno secoli di carcere dai tribunali militari che costituiscono l'ultima incostituzionale sopravvivenza dei tribunali speciali. I diari dal carcere dei compagni Pizzola, Minnella e Cicciomessere, le esperienze di Trevisan, Soccio, Gardin, Scapin, Truddaiu e i molti altri che hanno con essi condiviso la scelta dell'obiezione politica, e non più soltanto religiosa e morale, ci hanno fornito questi strumenti di conoscenza; ma ancora oggi i risultati raggiunti, pure importanti, rimangono parziali e insoddisfacenti. Essi possono essere così riassunti: 1) siamo riusciti a coordinare e a mettere
a punto una più efficace difesa politica degli obiettori. Credo che sia doveroso riconoscere il contributo determinante che hanno dato a questo i compagni avvocato Canestrini, che ci ha raggiunto nel partito, e i compagni De Luca e Todisco. I loro metodi di difesa politica non solo coincidevano con quelli da noi sperimentati in altre occasioni di lotta giudiziaria, ma hanno consentito di superare, in questo settore, le gravi lacune che avevano caratterizzato la difesa nei precedenti processi. 2) Si è cominciata a mettere a fuoco la lotta, politica e giudiziaria, contro l'incostituzionalità dei tribunali militari e per la loro abolizione, con i primi, anche se parziali, successi.
Per un aspetto secondario, l'assenza del doppio grado di appello, la questione, per la prima volta giunge alla Corte Costituzionale. 3) Si è riusciti a portare all'attenzione dell'opinione pubblica alcuni casi più clamorosi di processi militari intentati - è il caso di dire per futili motivi - ma con gravi e sproporzionate conseguenze penali, anni ed anni di carcere, contro soldati di leva. Si è anche riusciti recentemente ad assicurare a qualcuno di questi processi collegi di difesa politica, formati da avvocati radicali e da altri compagni della sinistra di classe, per sottrarre questi nostri compagni alle difese di ufficio che si rivelano quasi sempre utili e rassegnati strumenti di connivenza nelle mani della giustizia militare.
LOTTA POLITICA E LOTTA GIUDIZIARIA PER LA LIBERTA' DI STAMPA
Nei processi giudiziari per i reati di stampa dobbiamo considerare un successo il fatto che solo uno delle decine di procedimenti in corso si è tramutato fino ad oggi in una condanna. Mi riferisco alla condanna in primo grado, a undici mesi di carcere, inflitta a Baraghini per la pubblicazione di un manifesto antimilitarista su un giornale extraparlamentare. Sono tuttora in corso di svolgimento decine di processi a Marco Pannella per la direzione di Lotta Continua e di altri giornali. Anche qui, grazie all'impegno fraterno assicurato dal compagno Franco De Cataldo, siamo riusciti a trasformare questi processi da processi a Pannella in processi contro la legge fascista e corporativa sulla stampa.
E' finora fallito l'obiettivo di impugnare davanti alla Corte Costituzionale l'articolo riguardante la direzione responsabile dei giornali. Proprio in questi giorni, invece, la Corte Costituzionale ha discusso in udienza pubblica una eccezione di incostituzionalità riguardante il rito direttissimo riservato ai reati di stampa. Se questa eccezione sarà accolta, dovranno essere riaperte tutte le istruttorie relative ai procedimenti e sarà una nuova occasione per sviluppare l'iniziativa in questo senso. La lotta contro la legge corporativa dell'ordine dei giornalisti è stata portata avanti dal Partito anche in altre forme. Gli ultimi due numeri di Notizie Radicali sono usciti con la direzione responsabile del compagno professor Bruno De Finetti, che non è iscritto all'albo dei giornalisti. Questo fatto è già stato denunciato all'ordine dei giornalisti. Subito dopo il congresso, provvederemo a inoltrare una autodenuncia alla Procura della repubblica, per cercare di portare finalmente la questione alla Corte Cost
ituzionale. Contemporaneamente, altri giornali e periodici extraparlamentari potranno adottare la stessa decisione, e generalizzare l'iniziativa del Partito Radicale.
RAGGIUNTO E SUPERATO L'OBIETTIVO DEI MILLE ISCRITTI
Mi resta ora di parlare dell'attività svolta dal Partito a partire dalle elezioni, per il raggiungimento del mandato congressuale dei mille iscritti.
Sono lieto di comunicare al Congresso che questo obiettivo è stato raggiunto e superato.
I radicali sono oggi 1.300, ma sicuramente questa cifra sarà superata ancora nei prossimi giorni.
Ho già parlato del fattore di ritardo determinato dalle elezioni politiche anticipate. E di come abbiamo ritenuto di poterlo superare. Un numero di Notizie Radicali a 150.000 copie e il numero tre de La Prova Radicale, tirato a 15.000 copie ci hanno consentito di dare ampia diffusione alla nostra decisione di astensione. Sapevamo che questo sforzo di diffusione non avrebbe potuto dare risultati immediati, nel senso cioè di aumentare in maniera considerevole la percentuale di astensionismo nel paese. Per questo obiettivo infatti i mezzi che avevamo a disposizione erano sproporzionati e quasi irrilevanti. Non lo erano, invece, per la successiva attività di sviluppo e di rafforzamento del Partito, che avremmo dovuto riprendere all'indomani delle elezioni. Subito dopo i risultati elettorali del 7 maggio, nel corso di un'altra riunione della direzione, abbiamo deciso di abbandonare invece la pubblicazione di numeri unici a grande tiratura, e di concentrare gli sforzi editoriali del partito su una pubblicazione p
eriodica di Notizie Radicali con una tiratura media di circa 15.000 copie. Sulla base di quella decisione della direzione, siamo riusciti da giugno ad ottobre a fare uscire dieci numeri a stampa di Notizie Radicali. Nei mesi di giugno, di luglio e di settembre, NR ha avuto in pratica una periodicità decadale. Oltre che ad assicurare continuità di informazione alle nostre iniziative politiche, questa pubblicazione periodica ha consentito di riportare l'impegno e l'attenzione del partito dalle singole lotte, che altrimenti avrebbero avuto l'aspetto di lotte settoriali, sui temi centrali di una politica alternativa nella lotta contro il regime. Io credo inoltre che l'esistenza di questo strumento abbia permesso la giusta valorizzazione e il dovuto risalto delle lotte in corso per l'obiezione di coscienza, per la libertà di stampa e di quelle che venivano combattute nelle aule giudiziarie, e che dall'altra parte abbia fortemente aiutato nel lanciare e preparare prima, e nel propagandare dopo, la sesta marcia ant
imilitarista.
IL SUCCESSO DELLA VI MARCIA ANTIMILITARISTA
La marcia antimilitarista, che si è svolta in dieci giorni, dal 25 luglio al 6 agosto, sul confine orientale, da Trieste ad Aviano, è stata un momento importante e qualitativo rispetto alle marce degli anni precedenti. Non mi soffermerò ulteriormente sulla marcia, rimandando per questo a quanto abbiamo scritto sul giornale e ad eventuali successivi interventi di altri compagni, né mi soffermerò, ancora, su ciò che essa ha rappresentato, sul successo che ha avuto tra i militari - i proletari in divisa - che gremiscono le caserme del confine orientale, lo scontro che ha determinato con le forze militariste e fasciste e la solidarietà che ha suscitato tra la popolazione e tra le rappresentanze elettive e le forze politiche di una regione che ha, tra i problemi fondamentali del suo sviluppo economico, quello dell'affrancamento dalle servitù militari. Lo hanno capito i militaristi e i fascisti di sempre, che sotto l'etichetta di "amici delle forze armate" stanno realizzando, proprio in questi giorni, una contro-m
arcia, questa sì, squallida, con i suoi dibattiti sull'incostituzionalità dell'obiezione di coscienza e con i suoi ipocriti omaggi alle masse dei "soldati contadini" falcidiati dalla prima guerra mondiale. Questi caduti, lo ribadiamo, ci appartengono, sono nostri, perché appartengono in massima parte alla classe e alla storia degli sfruttati, degli oppressi, dei massacrati del nostro paese.
SCONTRI CON IL MANIFESTO, COLLABORAZIONE CON LOTTA CONTINUA
Due sole considerazioni: nella crescita, rischiosa e costosa, soprattutto per i nostri compagni obiettori, ma anche seria, politica, per molti versi esaltante, della nostra iniziativa antimilitarista, abbiamo dovuto registrare due dati, uno negativo ed uno positivo: da una parte gli attacchi polemici e settari del collettivo antimilitarista del Manifesto, dall'altra di Lotta Continua, che ha mostrato di comprendere il significato della marcia e della iniziativa politica complessiva, antimilitarista e nonviolenta, lo ha rispettato, nonostante la differenza delle posizioni, sia nelle indicazioni ai propri militanti, sia nei comportamenti politici, contribuendo con la propria partecipazione e con il proprio intervento, al successo e alla riuscita della marcia stessa.
L'ANDAMENTO DELLE ISCRIZIONI DURANTE L'ANNO
Non è casuale il fatto che proprio durante e dopo la marcia antimilitarista comincia la curva ascendente delle iscrizioni. All'inizio del Congresso dello scorso anno, gli iscritti al partito erano 143. Sull'effetto della tematica congressuale alla fine di novembre del 1971 erano saliti a 206. Due mesi dopo, a gennaio, erano 224. Nei mesi della campagna elettorale, fino a maggio compreso, le iscrizioni sono state una quindicina al mese. Superano leggermente questa media a giugno e a luglio, diventano quaranta in agosto. A fine agosto, abbiamo però ancora 350 militanti iscritti. Il passaggio da questa cifra ai 1300 attuali si è verificato, in sostanza, nei mesi di settembre ed ottobre, come effetto incrociato delle iniziative politiche, editoriali ed organizzative assunte dal partito. Una analisi precisa degli iscritti mi è impossibile fornirla. Abbiamo avuto negli ultimi giorni una media di quaranta/cinquanta iscrizioni giornaliere. Di fronte a questo flusso di iscrizioni, tuttora in corso, ogni analisi sulla
composizione che il Partito veniva assumendo, sulla distribuzione geografica degli iscritti, sulla loro età, sul loro lavoro, era impossibile o poco indicativa, perché immediatamente modificata e superata dalle iscrizioni successive. Fermando invece le iscrizioni al 31 ottobre, mi sembra opportuno che questo lavoro sia ora affidato dal Congresso ad una apposita commissione, che ci fornisca questi indispensabili elementi di valutazione.
PRIME INDICAZIONI SU RIPARTIZIONE GEOGRAFICA ED ETA' DEGLI ISCRITTI
Residenza: 63% nelle regioni dell'Italia centrale (questo dato comprende tuttavia iscrizioni di Roma, dove lo sviluppo delle iscrizioni ha un andamento, come è del resto naturale, assai più forte che in ogni altra parte d'Italia), 28,2% nelle regioni dell'Italia settentrionale, 9,3% nel sud e nelle isole.
Età: il 21,4% di questi iscritti ha una età inferiore ai 21 anni, il 30,4% una età fra i ventidue e i trenta, il 29,5 fra i 31 e i 45, il 18,6 ha più di 46 anni.
Altri dati complessivi sulla distribuzione geografica degli iscritti sono relativi soltanto a 702 iscritti. Su questa cifra 295 erano gli iscritti di Roma e Lazio, pari al 42,2% del totale, 77 gli iscritti del Piemonte e della Valle d'Aosta, 73 della Lombardia, 76 delle tre venezie, 12 della Liguria, 62 della Emilia Romagna, 38 della Toscana, 7 dell'Umbria, 6 delle Marche e dell'Abruzzo, 10 della Campania, 22 in Puglia, 7 in Calabria e Basilicata, 10 in Sicilia, 7 in Sardegna.
LE "DOPPIE TESSERE"
Un'analisi anch'essa parziale, sullo stesso campione inizialmente ricordato di 355 iscritti, riguarda il numero dei nuovi iscritti che hanno anche tessera di altro partito: essi erano 63 su 355, pari al 18%. La ripartizione percentuale di queste "doppie tessere" è la seguente: 38,2% PSI; 31,8% PRI; 11,1% sinistra di classe e anarchici; 9,5% PCI; 9,5% PLI.
E' una risposta - credo di poter anticipare su questo il giudizio del Congresso certamente positiva ai problemi che la prospettiva dello scioglimento ha creato: una risposta che, per la prima volta, dimostra l'esistenza di una volontà di reazione e di resistenza contro l'attuale momento politico di riflusso che tende a travolgere ogni forza di alternativa e di dissenso e che va pertanto in direzione contraria a fenomeni come quelli dello scioglimento del PSIUP e dell'MPL, o la scomparsa e il riassorbimento di forze operanti all'interno degli altri partiti (mi riferisco tanto per fare alcuni esempi, da una parte alla mancata rielezione di alcuni compagni parlamentari che nella scorsa legislatura difesero con intransigenza in Parlamento il divorzio e la politica anticoncordataria, dall'altra al destino cui sembrano rassegnarsi forze come la sinistra liberale e la federazione giovanile repubblicana).
LA CRISI DELLA LID
Ma è anche il primo fatto positivo che registriamo all'interno del movimento organizzato per i diritti civili, in un anno che per altri aspetti è stato un anno di crisi: crisi della Lega Italiana per il Divorzio, ormai in regime di liquidazione e di cui almeno per il momento sembra improbabile la possibilità di una ripresa e di un rilancio; crisi della LIAC e degli altri movimenti per i diritti civili, ad esclusione del movimento antimilitarista, battuta di arresto nel movimento per la depenalizzazione del reato di aborto. Sono elementi che dobbiamo, anche questi, attentamente valutare nel corso del dibattito. Registriamo intanto con soddisfazione che il primo segno di reazione e di ripresa si sia realizzato con la manifestazione di volontà di tanti compagni di militare nel Partito Radicale.
Riteniamo anche estremamente importante la risposta positiva e l'iscrizione di compagni di altri partiti, in primo luogo Loris Fortuna con il quale abbiamo combattuto giorno per giorno la vittoriosa battaglia del divorzio, i quali hanno mostrato di comprendere il significato innovatore della formula statutaria della "doppia tessera".
Intorno a questo argomento sono stati sollevati interrogativi e problemi. Si è risollevato l'argomento se sia opportuno chiamarsi movimento o partito. Ci si potrebbe chiedere che cosa hanno in comune compagni di Lotta Continua o del Partito Liberale. Ma porci questi problemi significherebbe ricadere prigionieri degli schemi asfittici della situazione politica italiana, in cui alla rigidità delle divisioni ideologiche non corrisponde quasi mai l'efficacia della lotta politica.
COSA CI UNISCE
Portare avanti la politica dei diritti civili, affrontare avversari come il clericalismo e il militarismo che la sinistra ufficiale ha rifiutato di considerare tali, cercare di combattere gli equilibri politici attuali per strade che non siano quella soltanto agitatoria e spontaneistica e quella soltanto parlamentare, tutto questo significa concretamente essere partito, cioè parte politica all'interno della collettività. Ed è questo ciò che ci unisce, concretamente, intorno alla prassi di lotta e intorno agli obiettivi politici precisi, di anno in anno, fra un congresso e l'altro.