Divorzio: suicidio della Corte?di Mauro Mellini
SOMMARIO: Mauro Mellini lamenta il fatto che il problema dei referendum sul divorzio sia stato dimenticato; la DC ed il Vaticano tentano di rinviare il referendum al 1974; intanto, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno emesso una ordinanza in base alla quale la corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sul nuovo ricorso contro la legge sul divorzio. Mellini ricorda, inoltre, che l'11 febbraio si terrà una manifestazione radicale nella quale i radicali si impegneranno a promuovere un referendum anticoncordatario.
(NOTIZIE RADICALI N. 139, 10 gennaio 1973)
Dopo le premesse carettoniane dello scorso anno, i partiti sembra abbiano dimenticato il problema dei referendum sul divorzio. Dopo aver offerto, inutilmente, alla DC ed al Vaticano di abrogare la legge Fortuna e di sostituirla con altra che prevedesse un divorzio di gradimento degli antidivorzisti clericali, i laici "nutrono fiducia" nel rinvio del referendum al 1974 che il presidente Leone si dovrebbe compiacere di stabilire sulla base di certi cavilli immediatamente escogitati da tutti i costituzionalisti del regime.
Intanto si aspetta che la Corte Costituzionale fissi la trattazione del nuovo ricorso contro la legge sul divorzio, provocato dall'ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione. Ormai è certo che a decidere sarà una Corte Costituzionale profondamente rimaneggiata con due giudici nominati da Leone, dopo quello nominato dalla Corte di Cassazione e quello dal Parlamento, in sostituzione di Branca e sotto il ricatto della DC, che ha costretto i socialisti a ripagare su Amadei.
Affermare che oggi, in pratica, i partiti che ritengono essenziale "scongiurare" il referendum confidino che la Corte Costituzionale tolga loro la castagna dal fuoco facendo a pezzi la legge Fortuna, non è azzardato. Né ciò sarebbe smentito dal fatto che essi poi, a cose fatte, si strapperebbero i capelli prendendosela con Leone, con la Corte Costituzionale e con la svolta a destra.
Implorando che sia scongiurato il referendum, in realtà essi stimolano Leone e la Corte a liquidare il divorzio ed offrono loro un alibi ineccepibile. Ma allo stesso tempo essi spingono la Corte Costituzionale al suicidio. Perché è evidente che una Corte Costituzionale che si rimangiasse la sentenza del giugno 1971 sul divorzio e le ordinanze del 1972 (che dichiararono addirittura manifestamente infondate tutte le altre questioni contro la legge Fortuna) cedendo così alla sfida della Cassazione e del regime, perderebbe ogni credibilità e rinunzierebbe al ruolo altissimo assegnatole dalla Costituzione e riconosciuto dal Paese.
Intanto la tracotanza vaticana, si manifesta in un sempre più sfacciato abuso delle norme del concordato in materia matrimoniale. L'annullamento facile del motu-proprio di Paolo VI sta diventando facilissimo e sempre più scandaloso, con una impudente sopraffazione dei diritti di chiunque osi, avanti ai tribunali ecclesiastici, opporsi ai santissimi annullamenti.
La tragicommedia degli avvocati rotali, liquidati perché troppo ingombranti ed antiquati nel nuovo clima di automazione, ha fatto ridere mezza Italia. Ma non c'è solo da ridere: sta di fatto che non uno degli uomini politici dei vertici dei partiti cosiddetti laici, sostenitori della cosiddetta revisione del concordato, ha mai osato affermare che l'abolizione del riconoscimento della giurisdizione della Sacra Rota in materia matrimoniale dovesse essere condizione essenziale della revisione.
Delle sentenze scandalose della Sacra Rota sono quindi responsabili i Berlinguer, i De Martino, i Bozzi, i Tanassi, i La Malfa. Come sono certamente corresponsabili i magistrati delle Sezioni Unite della Cassazione, che si affannano per garantire alla Sacra Rota il monopolio, contestando la legge sul divorzio.
Ma saremmo tutti corresponsabili se dimenticassimo il nostro impegno per l'abrogazione del Concordato. E' proprio la compattezza della classe dirigente del regime che si forma ogni volta che si profila il pericolo che il sistema concordatario venga in qualche modo intaccato che ci dà la misura dell'importanza di questa lotta. Oggi un po' tutte le contraddizioni del Concordato stanno esplodendo: credenti e non credenti se ne rendono conto e oramai appare chiaro che non si tratta più della crisi dei rapporti tra Stato e Chiesa ma di crisi di un regime, per il quale il potere non ha più confini nello Stato e nella Chiesa, ugualmente corrotti.
Ci siamo impegnati a promuovere, tra gli altri referendum contro il regime, un referendum anticoncordatario. Non commetteremo l'errore di condurre la battaglia solo nell'astrattezza dei principi.
Il marcio del regime concordatario è marcio della commedia rotale, dell'assistenza in appalto, della scuola mandata in rovina per fornire una scuola di elite clericale. Partiremo dai fatti; ma occorre che tutte le forze che si riconoscono in queste lotte non vogliano isolarsi.
Credenti e non credenti hanno da combattere insieme questa battaglia. L'11 febbraio, a Roma, al Teatro Adriano potremo rispondere ad un primo appello. Insieme troveremo i nuovi mezzi e le nuove forze per andare avanti e per vincere.