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Spadaccia Gianfranco - 10 gennaio 1973
Bipartitismo senza alternativa
AMENDOLA ATTACCA LOMBARDI

di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Spadaccia critica l'attacco di Amendola a Lombardi il quale, in un'intervista all'Espresso, ha sostenuto che centro-destra e centro-sinistra sono due varianti della stessa politica di potere della DC. Denuncia il fatto che i dirigenti del PCI assicurano soltanto a parole che non favoriranno quel processo di bipolarizzazione della vita politica italiana attorno al PCI e alla DC. In realtà essi perseguono una linea rivolta ad indebolire il PSI. L'attacco rivolto da Amendola a Lombardi è la più recente manifestazione di questa linea politica.

(NOTIZIE RADICALI N. 139, 10 gennaio 1973)

A parole i dirigenti del Partito Comunista assicurano che no favoriranno in alcun modo quel processo di bipolarizzazione della vita politica italiana intorno al PCI e alla DC che, messo in evidenza dai risultati elettorali del maggio 1972, è stato certamente accentuato dall'assorbimento del gruppo dirigente del PSIUP e dalla crisi del Manifesto e di molti gruppi extraparlamentari. A parole nelle loro dichiarazioni, a cominciare dalle dichiarazioni di Berlinguer, essi assicurano che considerano negativo anche per il PCI un tale processo di semplificazione dell'equilibrio politico italiano.

Ma che valore hanno queste parole? Si potrebbe osservare che non bastano parole e buone intenzioni, e neanche le convinzioni più profonde a fermare processi politici e sociali che hanno la forza della oggettività. Ma non si tratta solo di questo. Nei fatti la classe dirigente del PCI persegue una linea politica che smentisce questa affermazione e contribuisce sempre di più ad indebolire, in prospettiva, il Partito socialista.

Lo sciagurato attacco rivolto da Amendola a Riccardo Lombardi in una intervista all'"Espresso" è la più recente manifestazione di questa linea politica che era stata in precedenza espressa da Berlinguer e sanzionata da un documento della direzione comunista. Unico, all'interno della sinistra istituzionale, con una singolare e quasi letterale coincidenza con il giudizio contenuto nella mozione approvata dal Congresso radicale, Riccardo Lombardi aveva detto che centro-destra e centro-sinistra sono due varianti della stessa politica di potere della Democrazia Cristiana. Lo aveva detto al congresso del PSI. Lo ha ripetuto più recentemente in una intervista. Ed ha aggiunto che il cambiamento dell'attuale governo con un governo di centro-sinistra, presieduto da Fanfani, verrebbe fatto pagare dalla DC ai socialisti e all'intera sinistra con una più forte stretta autoritaria. Amendola non solo dichiara di essere in disaccordo con Lombardi e gli rimprovera di sottovalutare i pericoli della attuale svolta a destra, ma

fa buon viso alla stessa ipotesi di un governo presieduto da Fanfani. In altre parole, scavalcando a destra non solo Lombardi ma lo stesso Mancini, il gruppo dirigente comunista spinge il PSI verso una rapida, la più rapida possibile, ricostruzione del centro-sinistra. La fretta comunista è la migliore alleata che De Martino potesse sperare di trovare per la sua politica. Il centro-sinistra è già costato al PSI la scissione del PSIUP, l'amara esperienza della breve unificazione socialdemocratica, la batosta delle ultime elezioni. Il ritorno al governo con i rapporti di forza che esistono in parlamento nell'attuale legislatura, non potrà che costare al PSI nuove umiliazioni, e un ulteriore indebolimento.

Nessuno, infatti può seriamente illudersi che il risultato delle recentissime elezioni parziali amministrative costituisca davvero una inversione di tendenza. Se è vero che una parte dell'elettorato del PSIUP e del Manifesto si è momentaneamente fermato sulle liste del PSI, invece di raggiungere le liste comuniste, questo è dipeso dal fatto che il PSI, ora, si trova all'opposizione. Quanto resisterebbe questo elettorato il giorno che il PSI fosse di nuovo coinvolto in responsabilità di governo?

Ma al di là delle vicende del PSI e del destino di questo partito, il che non è certo cosa da poco momento per l'intera sinistra italiana, c'è da chiedersi quale consistenza e validità abbia l'intera strategia comunista.

La svolta a destra è in atto nel paese, e non da oggi, almeno dal 12 dicembre 1969. Non l'hanno arrestata i governi di centro-sinistra che si sono costituiti dopo quella data, come non l'ha particolarmente accentuata l'attuale governo di centro-destra. Non è Lombardi a sottovalutare i pericoli dell'attuale situazione, ma proprio Amendola, se davvero crede che qualche mutamento di vertice, un cambio della guardia alla guida del governo, l'estromissione di qualche ministro liberale e l'inserimento di qualche socialista possano da soli rovesciare la tendenza in atto e mutare i rapporti di forza che le ultime elezioni hanno determinato in Parlamento.

Su questi calcoli si può impiantare una mediocre politica di potere, non si persegue né una politica rivoluzionaria né una politica seriamente riformatrice. Ed è in questo quadro di politica interna che va giudicato, e acquista il suo vero significato, l'ostentato disprezzo di cui Amendola ha risposto a quella parte dell'intervista di Lombardi con la quale il leader della sinistra socialista ha riproposto al PCI non il problema della Cecoslovacchia in astratto, ma il problema concreto del rapporto con gli esuli cecoslovacchi, cioè con i sostenitori di quel "nuovo corso" che il PCI disse di approvare e di sostenere.

 
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