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Rudino Salvatore - 1 febbraio 1973
LA MARIJUANA E I GIOVANI (8)
Non si può dire: "è innocua" ma qualcosa di certo si sa

di Salvatore Rudino

SOMMARIO: In seguito alla pubblicazione sul IL MESSAGGERO di una lettera di Marco Pannella (testo n.1071) che, prendendo spunto dall'arresto di 17 studenti accusati di fumare hascisc, sostiene la necessità di depenalizzare le "non-droghe", si apre sul quotidiano romano un dibattito sulla droga.

(IL MESSAGGERO, 1 febbraio 1973)

(Decine di lettere continuano a giungere sul tema la "marijuana e i giovani" che forma oggetto del nostro dibattito. Molte sono interessanti, altre rappresentano successivi interventi in polemiche dirette tra lettore e lettore, ma in fondo pochissime aggiungono qualcosa di utile a quanto già detto. D'ora in poi, pertanto, pubblicheremo solo quegli interventi che propongono fatti nuovi. I temi che dalla discussione sembra di poter enucleare sono tre: 1) se la marijuana sia dannosa o meno; 2) se possa essere considerata persecutoria la caccia al fumatore attuale dalle forze di polizia; 3) se, risultando sbagliata le legge attuale, quella in preparazione sia adeguata o meno. Sul primo punto è già stato detto molto e non sarà forse difficile giungere, per quanto possibile, a una conclusione. La risposta al secondo deriva in buona parte dal primo. Sul terzo, viceversa, i più hanno sorvolato. Riprenderemo il discorso. Per oggi pubblichiamo la lunga lettera inviataci dal dottor Rubino, capo del gruppo di medici e a

ssistenti sociali costituito tre anni or sono nell'ambito del Comune col compito di valutare il problema della droga diffusa tra i giovani. E' una testimonianza che non può essere ignorata.)

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"Ho seguito con vivo interesse lo sviluppo della discussione sul tema della pericolosità della marijuana e liceità o meno del suo consumo, che da qualche giorno il "Messaggero" va ospitando nelle sue pagine. Prima di addentrarmi anche io nel cuore della discussione ritengo opportuno porre alcune considerazioni pregiudiziali che, pendo, dovrebbero fare meditare chiunque fosse colto dall'onesto desiderio di intervenire nel discorso. La prima riguarda il tono generale della discussione. E' vero che la ``droga'' in generale comporta l'implicazione di tali e tante discipline e coinvolge così profondamente la comunità, da consentire praticamente a chiunque di parlarne. Ma è pur vero che talune basi scientifiche possono e devono venire costituite per un tale discorso, dal quale, quindi, dovrebbe essere bandito ogni tono polemico: stabilire se una sostanza, naturale o sintetica, sia causa di danni fisici o psichici non ci sembra possa divenire terreno di agone politico e sociale.

"La seconda considerazione riguarda la competenza degli interlocutori: la classe medica italiana, ad esempio, pur essendo la più qualificata ad intervenire sull'argomento, è stata colta, per così dire, alla sprovvista dal fenomeno dell'uso di sostanze che fino a qualche anno fa erano relegate fra le curiosità farmacologiche. Mi sembra chiaro quindi che se già fra i medici non esiste ancora in proposito una sufficiente informazione, non è attendibile l'autorità di molti che pur sprovvisti di adeguate basi culturali specifiche, vorrebbero non che manifestare un'opinione personale, imporre addirittura una teoria pseudoscientifica.

"Tutto ciò premesso, e me ne scuso, ma le puntualizzazioni per essere tali devono rasentare la pignoleria, mi sia consentito di dire che in Italia oggigiorno non sono moltissimi coloro che possono con serenità e competenza discutere di questa o di quella ``droga'' e della loro relativa dannosità o innocuità. La cittadinanza, è informata che da tre anni ormai, l'Amministrazione comunale, nella persona del suo assessore all'Igiene dottor Sacchetti, ha costituito nell'ambito dei propri servizi un gruppo di medici e di assistenti sociali, che mi è stato fatto l'onore di dirigere, con lo specifico scopo di studiare in ogni suo aspetto il fenomeno dell'uso delle droghe da parte dei giovani e, ricavato qualche fondato elemento scientifico, suggerire quelle iniziative che fossero realizzabili, per limitarne la portata e la consistenza. E' inutile in questa sede che rubi dello spazio prezioso per riferire l'opera di documentazione di se stessi e altrui che, attraverso molteplici vie, siamo venuti sviluppando fin qui:

lo farò volentieri se me ne richiedesse.

"Testimonianza palese di questa attività sono le pubblicazioni ed il materiale educativo, la stretta collaborazione con il Provveditore agli Studi di Roma d'intesa col quale iniziamo quest'anno già il III Corso di Educazione Sanitaria per insegnanti delle scuole medie, continuando a condurre un'opera oscura ma costante di sensibilizzazione del mondo della scuola attraverso incontri e dibattiti. Sul particolare problema della innocuità della marijuana esiste a tutt'oggi una ponderosa bibliografia che divide i ricercatori e i medici in sostenitori e in ``negatori'' di tale innocuità. Qualunque citazione al riguardo è incompleta se non riporta tutti i titoli di tutte le pubblicazioni che si esprimono sulla materia: sconsiglierei a chiunque di accettare di farlo, a meno che ella non volesse dedicare, peraltro senza costrutto, un intero numero di quotidiano all'argomento.

"Una conferma di un tale stato di incertezza nel definitivo giudizio da esprimere sula marijuana ci è venuta anche dal recente incontro (nel novembre 1972) con la speciale Commissione statunitense di studio sulla marijuana nominata dal Presidente Nixon; essa, in un suo breve viaggio di documentazione e di informazione attraverso alcuni Paesi europei, ha avuto col nostro gruppo un esauriente scambio di opinioni: abbiamo potuto dibattere sotto ogni punto di vista la vexata quaestio e le conclusioni sono state appunto di un'estrema attenzione e prudenza circa la dichiarazione di innocuità di una sostanza con tanti risultati ugualmente plausibili sul piano scientifico, ma contraddittori.

"Atteggiamento di dubbio quindi e non già di certezza è quello che qualunque persona di buon senso può e deve assumere oggi sull'argomento: se poi, nel dubbio di un possibile danno, ci si debba astenere o meno, lasciamo giudicare ai lettori. Ma il vero nocciolo della questione, secondo la nostra non completamente trascurabile esperienza e secondo l'esperienza di altri Paesi, non consiste tanto nel fatto che la marijuana e i suoi derivati rechino o meno nocumento al fisico o alla psiche, quanto nella circostanza statisticamente inoppugnabile che per la maggioranza grandissima di coloro i quali hanno percorso l'intera scalata delle droghe fino a quelle tossicomanigene, reperiamo il precedente anamnestico del consumo di marijuana, ciò che, beninteso, non vuol dire che tutti i consumatori di marijuana giungano alla morfina e all'eroina! A ciò, poi, si aggiunga il significato che il giovane dà alla marijuana: usarne non equivale solamente alla sfida più o meno aperta nei confronti della ``legge'', sfida che, con

maggiore o minore compiacimento, potrebbe ancora essere giustificata con una certa giovanile spavalderia; usarne, in realtà, costituisce per moltissimi l'evasione, il sottrarsi a una società che si rifiuta perché non piace, perché frustrante, perché creatrice di disadattamento e per mille altre ragioni, anche valide, ma che ``caricano'' l'uso della marijuana di rischi ancora maggiori di quelli unicamente organici.

"A noi questi sono sembrati buoni motivi per preoccuparcene e pur prendendo atto dell'attuale posizione di incertezza della informazione scientifica, non ce la sentiremmo di andare suonando la grancassa a pro della marijuana né di manifestare particolari ``motivi di specifica stima per chi fuma hashich''.

"La lettura, in particolare dell'opinione estremamente equilibrata di un giovane studente, Fabrizio Granata, induce a un'ultima considerazione in merito all'obiezione frequente ma, mi si consenta poco intelligente, circa l'opportunità di condurre un'azione preventiva contro la diffusione delle cosiddette droghe, marijuana compresa, mentre di altri problemi, al momento più gravi (vedi alcolismo), ancora non si vede la soluzione.

"A me non pare che l'interesse verso un problema nuovo, diverso, ma non meno grave, debba necessariamente fare dimenticare quelli già esistenti: è semplicemente (si fa per dire!) un altro problema di cui abbiamo il dovere di occuparci; ma è anche vero che sempre polemizzando, sempre contestando, sempre aspettando un intervento risolutore, sia esso una nuova legge o una provvidenza paternalistica o addirittura, come qualcuno invoca, una vera rivoluzione sociale, non risolveremo né questo né nessun altro problema.

"Se ciascuno, quale che siano le sue opinioni, riflettesse di più sulle proprie responsabilità dirette o indirette sia nella genesi di certi fenomeni che nella impossibilità o incapacità del corpo sociale di risolverli, facendo seguire alla riflessione un impegno personale serio, coraggioso, otterremmo certo risultati migliori. E questo non è un qualunquistico discorso moralistico, che non avrei né le vesti né i meriti per imporre a chicchessia, ma è semplicemente il risultato di innumerevoli incontri a ogni livello sociale con ogni tipo di interlocutori, che raramente hanno mostrato quell'impegno della intelligenza e del sentimento da cui gli adulti non possono prescindere quando si trovano alle prese coi problemi giovanili.

"Per tornare alla marijuana e concludere, nei suoi confronti occorre assumere, a nostro parere, due diversi atteggiamenti: il primo, riguardante la sua intrinseca pericolosità per l'organismo umano, e questo non può essere che di attesa per dati scientifici più probanti; il secondo, volto all'interesse, al significato che certo mondo giovanile attribuisce alla marijuana e al fatto che essa costituisce costantemente una tappa, la prima in genere, per coloro che percorrono la via della tossicomania: questo secondo atteggiamento potrà trovare un accordo unanime su alcuni aspetti quali, ad esempio, la assoluta necessità di rivedere la legislazione vigente, ma sarà costituito certamente da una posizione di netto rifiuto di coloro che pur consapevoli delle colpe e dei difetti della società in cui sono nati e devono vivere, non ritengono che il sistema più idoneo a modificarla sia quello di allontanarsene confinandosi in una contestazione suicida e sterile come quella che vorrebbe esprimersi con la droga".

"dr. Salvatore Rudino" del Servizio di Medicina Scolastica Divisione Educazione Sanitaria del Comune di Roma

 
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