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Teodori Massimo - 23 marzo 1973
Francia, test europeo
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Teodori traccia le linee principali delle elezioni legislative francesi e le conseguenze che avranno per tutto il panorama europeo. L'affermazione delle sinistre ha avuto un ampio significato, ha consentito quella dialettica tra "il partito della conservazione" e "il partito del mutamento". L'esperienza francese ha dimostrato - sottolinea Teodori - che un'intelligente politica di alleanza a sinistra, con il mantenimento di caratteristiche autonome e capacità concorrenziale teorica e politica con i comunisti rilancia il movimento socialista.

(NOTIZIE RADICALI N. 191-192, 23 marzo 1973)

Non è stato ancora chiarito a sufficienza il valore politico e le probabili ripercussioni che le elezioni legislative francesi con il tipo di schieramenti in campo e con i risultati ottenuti dalla sinistra unita hanno avuto e potranno avere per tutto il panorama politico europeo. E' opportuno prima di discutere gli ammaestramenti e le indicazioni che ne derivano, ricapitolare i risultati, per quanto riguarda sia gli aspetti quantitativi che qualitativi. Primo, "l'union de la gauche", considerando i risultati sia del primo che del secondo turno, ha sorpassato la soglia del 46 per cento, un risultato mai raggiunto dal dopoguerra, e sfiorato soltanto nel 1954 quando del "fronte repubblicano" di Mendes France facevano parte tutto il Partito Radicale ed una serie di altri gruppi e personaggi che oggi non possono che essere classificati che di centro o addirittura di destra. Secondo, all'interno dell'unione della sinistra, il balzo del Partito Socialista e delle altre forze non comuniste raccolte nell'"Union de la

Gauche Socialiste et Democrate" (essenzialmente radicali di sinistra) è stato stupefacente arrivando al primo turno ad un livello eguale a quello comunista tra il 21 ed il 22 per cento, senza contare il PSU che ad ogni ragione deve considerarsi forza del movimento socialista ed a favore del quale in alcune circoscrizioni il PS non si era presentato. Questo risultato ha perfettamente raggiunto l'obiettivo di "riequilibrare" la sinistra (comunista e non comunista) che Mitterrand si era da lungo tempo posto come condizione necessaria per un'alleanza di sinistra e per un eventuale governo con i comunisti. Terzo, un'analisi dell'elettorato socialista dimostra che questo si è accresciuto in senso operaio ed urbano, nelle regioni più industrializzate, con un apporto delle donne pari a quello degli uomini, ed un contributo giovanile importante, nonché una confluenza notevole di elettorato cattolico spostatosi, senza necessità di mediazioni organizzative proprie, direttamente sul nuovo Partito Socialista. Ultimo pun

to, e più significativo di tutti, la composizione del gruppo socialista all'Assemblea, si è rinnovata profondamente con l'entrata di una nuova classe dirigente giovane, militante, proveniente da significative esperienze locali o da gruppi di ricerca teorica sulla natura del socialismo nella moderna società industriale, per lo più formatisi fuori dalla vecchia SFIO in gruppi minoritari socialisti degli anni sessanta come il "PSU", la "Convention des Institutions Republicaines" e confluiti nel PS con il congresso di Epinay nel 1971 sull'onda di un progetto di ricostruzione di un moderno partito socialista.

Al di là di questi incontestabili aspetti, l'affermazione delle sinistre ha tuttavia altro, e più generalizzabile significato. Come ha pur fatto la socialdemocrazia tedesca, modestamente progressista, ancora di più in Francia, dopo decenni di tentazioni di "incontri" e pasticci chiamati di volta in volta centro, centro-sinistra, si ricreata quella dialettica tra il "partito della conservazione" (quelli che giustamente Pompidou ha chiamato "tout les autres" al di fuori dell'unione della sinistra) ed il "partito del mutamento", questa volta colorato in Francia di una accentuazione che incomincia ad essere in direzione socialista oltre che di "difesa democratica", come in altri tempi è stata la sostanza dei "fronti popolari". Molto poco fronte popolare, l'unione delle sinistre francesi non si è fatta su un programma di difesa minima della democrazia né di massima apertura verso la destra; tanto è vero che i residui del Partito Radicale francese, erede della più tipica tradizione trasformistica, sono passati al

loro campo naturale, con Servan-Schreiber leader del movimento riformatore alleato di fatto con il blocco di potere gollista e paragollista intorno al presidente della repubblica. D'altro canto la esperienza francese - non meno di quella cilena - ha dimostrato come una intelligente politica di alleanza a sinistra con il mantenimento di caratteristiche autonome e capacità concorrenziale teorica e politica con i comunisti (è stato il caso della proposta di autogestione socialista rispetto alle nazionalizzazioni comuniste, del rigido atteggiamento critico del PS nei confronti della politica interna del blocco sovietico-stalinista ecc.), rilancia il movimento socialista e gli conferisce a livello del sistema partitico la capacità di rappresentare le classi e le tendenze più radicalmente riformatrici della società fino ad assorbire anche istanze e metodi scaturiti dai movimenti sociali e ideali di nuova sinistra. I partiti socialisti invece perdono forza quando effettuano delle ambigue politiche di apertura alla

destra, quando praticano il terza-forzismo, i dialoghi ecumenici di cui pretendono di essere gli arbitri e di cui finiscono per essere solo le vittime, quando insomma abdicano il loro mestiere storico di dare espressione all'alternativa socialista non identificabile in nessun verso con le politiche dei partiti comunisti, quando sono egemoni o i soli difensori dell'opposizione.

Ma le vicende francesi, per tanti versi così interessanti per chi guarda alle sorti del movimento socialista in Europa, che dimostrano una specie di "miracolo del Partito Socialista" rinato nel giro di tre anni dalla sconfitta di Defferre alle elezioni presidenziali del 1969 che ottenne su una proposta di centro-sinistra il 6 per cento all'attuale affermazione di un partito che non solo raggiunge il 22 per cento ma comincia a radicarsi nella realtà sociale del paese e ad avere una struttura politico-organizzativa non affidata solo al clientelismo ed al controllo delle posizioni di potere municipali, devono essere considerate nel contesto storico in cui sono potute accadere. In breve, il rinnovamento del Partito Socialista - rinnovamento di classe dirigente, di base sociologica, di tematica politica ed ideologica, di forza e di credibilità politica - non proviene dall'interno di quel vecchio arnese che era la SFIO, ma è il prodotto di una lunga serie di azioni, iniziative, movimenti e gruppi operanti al di fu

ori del partito perlomeno dal 1958, cioè da quando in Francia si comprese che la situazione di regime consacrata dal ritorno di De Gaulle al potere, aveva inglobato anche il Partito Socialista, e l'unica possibilità di una politica socialista restava al di fuori di esso attraverso azioni che tentassero di coinvolgere strati di tutta la sinistra. Sono passati quindici anni di esilio della politica socialista dal Partito Socialista - qualcosa che non esitiamo a dire si verifica parzialmente anche in Italia - e grazie alle forze formatisi al di fuori, oggi il PS è ridivenuto con la sua chiara politica di alternativa al regime e di unità e rinnovamento agibile per chi vuole operare un radicale rinnovamento della società in direzione socialista libertaria.

 
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