SOMMARIO: Il Partito radicale ha deciso d'indire una serie di referendum popolari: per l'abrogazione del Concordato, delle norme fasciste del codice penale (compreso l'aborto), dei tribunali militari e sulla libertà di stampa e di diffusione radiofonica e televisiva. Rispondendo al questionario de "La prova radicale", Adele Cambria afferma che la sinistra non deve avere paura dei referendum, come nel caso del divorzio, e invece utilizzarli per ottenere far uscire l'Italia dalla sua arretratezza civile in particolare sul tema dell'aborto.
(LA PROVA RADICALE, n.10-11-12 agosto-ottobre 1973)
1)
Credo nell'iniziativa, presa da parte radicale, dei referendum, soprattutto come colpo di acceleratore in un processo di "presa di coscienza" il più ampio possibile della situazione di arretratezza civile del paese.
A patto, naturalmente, che gli obiettivi siano quelli giusti (abolizione dei reati di opinione, del reato d'aborto ecc.). Credo anche che la sinistra non debba avere paura dei referendum come ha mostrato di averla a proposito del referendum (conservatore e peggio) per la abrogazione della legge sul divorzio. La campagna per un referendum può, perlomeno, generalizzare la discussione su temi fraintesi, malconosciuti, su cui si incrostano pigrizie mentali del singolo e burocraticismi di partito. Secondo me la controinformazione, specie in un paese come l'Italia, è sempre rivoluzionaria.
2)
Sono d'accordo sulla diagnosi di "crescente sottosviluppo" che sta subendo il paese nel campo dei diritti civili anche primari. Penso che non basti però soltanto il referendum per portare avanti la lotta: bisognerebbe promuovere, per esempio, un vastissimo e concreto movimento di disobbedienza a tutte le leggi e i regolamenti repressivi e arcaici, che andrebbero costantemente trasgrediti da masse sempre più vaste di cittadini.
3)
Al punto in cui stanno le cose mi pare che l'unica possibilità di bloccare l'uso da destra dello strumento costituzionale del referendum sia il suo uso da sinistra. Da tenere comunque sempre presenti i rischi che lo strumento ha in sé: precarietà dell'unanimismo (vedi gloria e caduta di De Gaulle), obiettiva limitazione delle possibilità di successo per chi, come le sinistre, sia sprovvisto di mezzi di comunicazione ricchi ed efficienti ecc.
4)
Sì, salvo i rischi di cui sopra.
5)
Quello abrogativo del reato d'aborto, effetto indispensabile anche se in tutto insufficiente della lotta femminista per ottenere finalmente il diritto sul nostro corpo. Quello abrogativo dei reati di opinione. Ma, secondo me, interi quinterni dei nostri codici andrebbero subito, intanto, puramente e semplicemente abrogati.
6)
Trovandoci tagliati fuori dai grandi mezzi di comunicazione di massa, RAI TV e grossi giornali, non resta altro da fare che, da una parte tentare di restaurare il colloquio "porta a porta" con la gente -- cioè azione di quartiere condotta anche dentro le case -- facendo nel contempo opera di controinformazione o attraverso la stampa "povera", o, tra le maglie del sistema (opportunità che, nella mia esperienza giornalistica che dura ormai da diciassette anni, va sempre più rarefacendosi. 17 anni fa, voglio dire, i potenti potevano anche permettersi di essere distratti. Oggi non più ).