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Padellaro Antonio - 1 ottobre 1973
Referendum contro il regime (11) Interventi e adesioni: Antonio Padellaro, giornalista

SOMMARIO: Il Partito radicale ha deciso d'indire una serie di referendum popolari: per l'abrogazione del Concordato, delle norme fasciste del codice penale (compreso l'aborto), dei tribunali militari e sulla libertà di stampa e di diffusione radiofonica e televisiva. Rispondendo al questionario de "La prova radicale", Antonio Padellaro afferma di condividere la diagnosi del Pr ma non la terapia proposta. I radicali - afferma - non devono esaurire le proprie forze nella ricerca affannosa delle firme su referendum che non riusciranno a fungere da acceleratore e da detonatore di un processo di alternativa al regime, ma devono piuttosto tentare di allargare la base del progetto alternativo collegandosi a tutte le altre forze della società che si battono contro una certa classe politica inefficiente e corrotta.

(LA PROVA RADICALE, n.10-11-12 agosto-ottobre 1973)

E' davvero difficile non condividere l'analisi che il Partito Radicale compie della realtà politica, sociale e civile del nostro paese. I mali della società italiana si aggravano di giorno in giorno e --ciò che è peggio-- l'opinione pubblica sembra ormai rassegnata a subire questo processo di degradamento. Ci si chiede: E' possibile fare qualcosa? Certamente sì, ma non attraverso la soluzione prospettata recentemente dal Partito Radicale. Come dire che condivido pienamente la diagnosi contenuta nel questionario, ma non altrettanto la terapia.

Per esempio non credo che la "raffica" di referendum proposta al congresso straordinario del partito possa fungere come è stato detto da "acceleratore e da detonatore di un più generale processo di rinnovamento e di alternativa al regime". Innanzi tutto il progetto di dieci referendum contemporanei da tenersi fra il 30 aprile e il 30 giugno 1975 è se non altro ambizioso. Gabrio Lombardi e c. --lo sanno tutti-- per assicurare il successo alla loro richiesta di referendum per la abrogazione della legge sul divorzio hanno dovuto mobilitare tutto il potente ed esteso apparato cattolico che, tra l'altro, alla prova dei fatti, non ha neppure risposto secondo le aspettative degli antidivorzisti. Ora con tutto il rispetto per il Partito Radicale che nelle battaglie condotte finora a sempre figurato come un coraggioso Davide alle prese con lo strapotere e la prepotenza dei vari Golia che popolano la nostra scena politica, non mi sembra che esistano allo stato attuale le condizioni per il successo sia pure parzia

le di una iniziativa così grossa.

Né l'adesione della maggior parte dei gruppi extraparlamentari e quella di parlamentari e dirigenti della sinistra e del mondo laico mi sembra sufficiente di per sé ad assicurare successo ad un'operazione che richiede uno straordinario impegno politico e organizzativo. C'è di più. Quali garanzie hanno i radicali che i grandi partiti della sinistra (PCI e PSI) che tante incertezze hanno dimostrato nella battaglia per il divorzio intendano appoggiare o almeno non ostacolare la campagna per i referendum? Soprattutto i comunisti non hanno esitato a sacrificare in passato sull'altare di strategie più o meno "conciliari" il loro impegno in favore dei diritti civili.

Una battaglia come quella che i radicali vogliono condurre presuppone inoltre una presa di coscienza abbastanza generalizzata a livello di opinione pubblica. Fortunatamente aumenta sempre di più il numero di coloro che credono nella necessità di una crescita civile del nostro paese, ma non sarà facile convincere tutti che, per esempio, l'abrogazione dei patti lateranensi o della legge riguardante l'ordinamento della professione di giornalista costituiscono dei presupposti perché questa crescita civile sia assicurata. Voglio dire che la campagna per la raccolta delle firme dovrebbe essere necessariamente preceduta da una campagna di informazione per chiarire alla gente perché certe leggi sono da considerarsi incostituzionali.

Non pensano infine i radicali che una sconfitta nella battaglia dei referendum potrebbe avere in futuro riflessi negativi sul piano della credibilità del loro partito?

Ma al di là di quelle che possono essere motivazioni di ordine politico e organizzativo io non credo alla possibilità di una "mobilitazione di massa" sia pure su problemi essenziali della nostra società. In questo particolare momento della vita italiana, con l'epidemia di colera che infesta le città del mezzogiorno ormai ridotte, dopo decenni di malgoverno e di corruzione, a veri e propri letamai, con la spirale dei prezzi che mette quotidianamente in pericolo i salari delle masse lavoratrici, con gli incettatori di grano, la cui attività senza scrupoli rischia di far scomparire dalle nostre tavole perfino un alimento base come il pane, pensiamo davvero di poter pretendere dall'opinione pubblica attenzione e consenso su problemi di crescita civile quando spesso sono messe in pericolo le stesse garanzie di sopravvivenza civile? Vorrei insomma che il Partito Radicale non commettesse l'errore di allontanarsi, sia pure in un eccesso di impeto politico dai problemi reali della gente. E' su questi problemi ch

e i radicali, a mio avviso, devono potersi impegnare a fondo. In che modo? Il Partito Radicale costituisce da anni un sicuro punto di riferimento per tutti coloro che credono nei valori di libertà e di antifascismo, e partito, pur se numericamente esiguo, può contare sulla adesione e sulla simpatia di molti democratici che militano in altre forze politiche o professano altre ideologie: magistrati, avvocati, giornalisti, uomini di cultura. Il partito ha potuto condurre in passato con successo certe sue battaglie potendo contare appunto su questa solidarietà "esterna". A mio avviso i radicali devono cercare di allargare la base di questo consenso non esaurendo le proprie energie in una affannosa ricerca di firme, ma collegandosi con tutte le altre forze che nei vari settori si battono per la crescita del paese contro le malversazioni di certa classe politica, contro le speculazioni che vengono compiute sulla pelle dei cittadini, contro le varie mafie di qualsiasi colore. E' un'opera di denuncia quella che si a

ddice al partito radicale, ma ancora più pungente, ancora più incisiva di quella condotta in passato. E' questo, io penso, il modo migliore per sensibilizzare l'opinione pubblica: farle comprendere da che parte sta il marcio. I referendum vengono poi.

 
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