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Forcella Enzo - 1 ottobre 1973
Referendum contro il regime (18) Una lettera di Enzo Forcella

SOMMARIO: Il Partito radicale ha deciso d'indire una serie di referendum popolari: per l'abrogazione del Concordato, delle norme fasciste del codice penale (compreso l'aborto), dei tribunali militari e sulla libertà di stampa e di diffusione radiofonica e televisiva. Rispondendo al questionario de "La prova radicale", Enzo Forcella, pur dichiarandosi d'accordo su gran parte dei problemi sollevati con l'iniziativa referendaria, solleva dubbi e perplessità sulla effettiva possibilità di risolverli con lo strumento dei referendum popolari.

(LA PROVA RADICALE, n.10-11-12 agosto-ottobre 1973)

Ho ricevuto il questionario di Prova Radicale, (...) e non sono tanto le distrazioni "stagionali" che mi rendono difficile la risposta quanto, piuttosto, delle incertezze "soggettive" sulla opportunità della azione che avete intrapresa. Sono d'accordo su una buona parte dei problemi che vorreste sottoporre a referendum popolare: mi chiedo però se il referendum può essere qualcosa di più e di diverso che una minaccia da agitare esclusivamente a fini di propaganda. Per dire tutto in poche parole, anzi, sono convinto che sarebbe stato assai meglio se questa norma della Costituzione fosse rimasta lettera morta e non se ne fosse barattata la attuazione con lo sblocco della discussione parlamentare sul progetto di divorzio.

D'accordo, gli apprendisti stregoni sono stati intrappolati nella trappola che loro stessi avevano preparato e non v'è nulla di più patetico e irritante dei contorcimenti con cui ora tentano di sfuggire alla morsa. Perciò sin da quando sono cominciate le grandi manovre, la mia risposta istintiva è stata: "avete voluto il referendum? Bene ora dovete affrontarlo". Mi rendo conto, tuttavia, che si tratta di una reazione illuministica, basata sulla presunzione di uno Stato di diritto che non esiste. La realtà della vita pubblica italiana è assai diversa, molto più limacciosa, e non mi sembra che la si risanerebbe (o si darebbe un contributo al suo risanamento) moltiplicando per dieci il ricorso a uno strumento così ambiguo come è, a mio avviso, il referendum. Ritengo del resto illusorio anche il pensare che il paese ci guadagnerebbe se fosse posto di fronte a delle scelte elementari che gli consentirebbero di portare alla luce le sue due anime: conservatori e progressisti, clericali e laici, destra e sinist

ra. So benissimo che questo costituisce uno dei postulati di tutta la vostra azione politica e ne capisco anche le motivazioni: quando ci si trova in una situazione così chiusa come quella in cui viviamo quando si riconosce che non si intravedono né soluzioni di ricambio a breve scadenza, né prospettive alternative a lungo termine qualsiasi azione sembra preferibile all'immobilismo. Lo capisco ma, adesso per me, non è sufficiente a convertirmi alla filosofia del "ci si imbarca e poi si vede". Si tratta, ripeto, di uno stato d'animo soggettivo, impressioni e considerazioni "a braccio" che andrebbero sviluppate e argomentate con assai maggiore cura.

 
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