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Liberazione - 4 ottobre 1973
STAMPA: AL VERTICE SI E' GIA' COL REGIME?
Mentre alla base aumentano le possibilità di scontro, l'autocensura e l'adesione sostanziale e spontanea ai valori del regime fanno del vertice della Federazione della stampa uno strumento quanto meno inadeguato per combattere la battaglia per la libertà di stampa, mentre invece si sviluppano, nelle redazioni e nel paese, nuove esigenze democratiche e di alternativa. E' necessario subito attaccare e smantellare l'ordine corporativo dei giornalisti.

SOMMARIO: La stampa italiana è nel complesso "spontaneamente di regime". Le sue organizzazioni sindacali non intervengono nemmeno nei casi più clamorosi, come quello della "informazione pubblica della Rai-TV". Il tandem Ceschia-Curzi realizza "forse il più eloquente esperimento di gestione neo-concordataria" della stampa italiana, con una politica "efficientista" che tende a controllare la base e a ridurre ogni problema a problema "tecnico". Non c'è dunque da meravigliarsi se tutta la stampa è avara di informazioni su quanto accade al "Corriere della Sera" o all'"Avanti" (dei due casi si fa quindi una dettagliata e lunga analisi, che qui si rinuncia a sintetizzare). Si cita quindi la vicenda del "Messaggero".

(LIBERAZIONE, 4 ottobre 1973)

Il caso di autocensura di tutta la stampa italiana, che da diversi giorni non riprende le informazioni dell'»Alto Adige sul preavviso di reato emesso contro 260 donne per procurato aborto, è, pur fra tante notizie di lotte, agitazioni, programmi sindacali, colloqui e ricerche dedicate ai temi ricorrenti sulla libertà di stampa, quanto di più emblematico e riassuntivo si possa ancora oggi notare sulla stampa italiana, stampa nel complesso spontaneamente di regime.

Altro dato gravissimo, che emerge proprio per il silenzio dal quale è circondato e che fa gravare un'ipoteca insuperabile e determinante, è l'ignoranza assoluta da parte di tutte le organizzazioni sindacali »democratiche del problema dell'informazione pubblica della Rai-TV, del principale tumore, cioè, che caratterizza e condiziona tutta la vita della stampa (scritta e parlata) in Italia.

Non si discute, qui, della »buona fede o meno, dei dirigenti della Federstampa; anzi, riconosciamola pienamente. Ma si tratta d'altro. Attraverso il tandem Ceschia-Curzi, si è realizzato forse il più eloquente esperimento di gestione neo-concordataria fra clerico-democratici, comunisti, uomini agnostici di regime, e codazzo di laici e socialisti di complemento.

In una sola giornata, ieri, i dirigenti della Federazione della Stampa sono stati ricevuti, da Rumor, da Bertoldi e da Zagari, ai quali hanno presentato le loro doglianze e richieste. Aria fritta, rivendicazioni arretrate, o che comunque non spostano i rapporti di forza strutturali nel settore della stampa.

Non discutiamo la »buona fede dei dirigenti della Federazione della Stampa. Si tratta d'altro. Con il tandem Ceschia-Curzi, dall'indiscutibile efficienza, si è realizzato nel sindacato dei giornalisti forse il più eloquente esperimento di gestione neoconcordataria fra clerico-democratici, comunisti, agnostici e codazzo di laici e socialisti di complemento. Una politica efficientistica rischia costantemente di ridurre a problemi tecnici dati tecnici contraddittori e si caratterizza con un necessario attivismo di vertice continuamente rivolto anche a frenare e a controllare le »intemperanze e i massimalismi della base. Così si plaude alle redazioni del »Corriere della Sera , del »Messaggero e dei molti altri giornali in agitazione ma non si proclamano lotte concrete e scioperi per la crescita effettiva dei poteri degli operatori dell'informazione. E non si fa l'unica lotta che abbia un preciso contenuto anticorporativo, quella contro l'Ordine dei giornalisti.

Come potrebbe essere altrimenti? La maggioranza della Federstampa non è composta da bernabeiani, da comunisti e da dipendenti? Non sono forse proprio la Rai-TV e i giornali dove Ceschia e Curzi lavorano ad applicare rigorosi criteri di censura contro episodi come quello di Trento e tutto quel che di anticlericale, anticorporativo e anticoncordatario si manifesta nella vita politica e nella cronaca?

Non c'è da meravigliarsi neppure se i quotidiani e i settimanali sono così avari di informazione su ciò che sta avvenendo al »Corriere della Sera e all'»Avanti .

L'assemblea dei giornalisti del »Corriere , dopo la prima bordata di agitazioni, ha deciso altre 36 ore di sciopero. La settimana scorsa si è visto in via Solferino il primo sciopero selvaggio dei giornalisti (fermate a scacchiera nei diversi settori, con »impazzimento della programmazione) ma si è sentita anche la mano durissima della nuova proprietà (Agnelli, Moratti). La direzione generale (amministrazione) che, secondo l'interpretazione di molti corrierologi, starebbe dando una mano ai nuovi padroni per accelerare la cacciata della signora Mozzoni Crespi, ha assunto un atteggiamento provocatorio: per esempio ha anticipato di un mese la trattenuta per gli scioperi e ha tolto la giornata paga anche ai giornalisti malati o in ferie; non solo ma, cavillando sullo statuto dei lavoratori, ha contestato di fatto il diritto di assemblea retribuita sancito dalla legge. Il Comitato di Redazione ha evitato finora di portare l'amministrazione davanti ad un pretore per non cadere nella trappola (siccome la signor

a Crespi è ancora formalmente accomandataria unica, la reazione sarebbe caduta in pratica solo sulla sua testa), ma ha spiegato in giro che la cautela non può portare al punto di rinunciare allo statuto dei lavoratori ed ai diritti acquisiti. In pratica i giornalisti si stanno muovendo su diversi fonti: capiscono che la Mozzoni Crespi rappresenta un indubbio e irrinunciabile legame con la linea di Ottone, sulla quale concordano o quanto meno ripiegano, ma non accettano una visione paternalistica (e maternalistica) della libertà di stampa che in concreto si vorrebbe imporre col paravento della Zarina, consapevole o inconsapevole. Quanto ad Agnelli e Moratti e ai loro progetti di superconcentrazione ed omogeneizzazione della stampa italiana in dialettica con gli altri »grandi padroni , i giornalisti intendono smascherarli ora e subito. La signora Mozzoni disse nove giorni fa al Comitato di Redazione che la invitava ad una scelta di campo: »Allende è caduto anche perché gli hanno sparato pure i suoi . In via S

olferino fanno osservare che seguendo il paragone citato, Agnelli e Moratti non possono avere altro ruolo che quello della CIA, con Montanelli o chi per lui nel ruolo di Pinochet.

Il resto della storia è noto, anche se i grandi settimanali evitano di parlarne: i redattori vogliono al »Corriere quell'inizio di riforma dell'informazione che, anche a causa della recente conversione di Piccoli a Recoaro, difficilmente passerà nella sostanza sul piano nazionale proprio perché »voluta dalla DC. Ma se i partiti e i movimenti di sinistra, i sindacati non danno una mano ai giornalisti in lotta la riforma delle riforme rischia di andare in vacca.

Dopo lo sciopero di sabato, all'»Avanti! è tutt'altro che tornata la serenità. Uno scontro con l'amministratore del Partito, Luciano De Pascalis, è all'origine immediata delle vertenza. De Pascalis, nel corso di un colloquio con il comitato di redazione, aveva affermato: »per quel che danno, i giornalisti dell'"Avanti!" sono anche troppo ben pagati . Ma, alla base, c'è la convinzione dei giornalisti che si sia alla vigilia di una azione di »ristrutturazione che consenta licenziamenti o comunque una riduzione degli effettivi del giornale. I demartiniani sono infatti scontenti dello scarso lancio che, a sentire Labriola, il quotidiano socialista impiega per sostenere l'azione di governo. Martedì sera, De Martino ha ricevuto il comitato di redazione. Nel comunicato ufficioso che è stato trasmesso ieri si parla di una prossima riunione della direzione, cui sono state invitate le redazioni di Roma e Milano dell'»Avanti! , per »rafforzare e potenziare la stampa socialista . Le cose non sono andate affatto così

liscie; De Martino ha anzi risposto al comitato di redazione: »L'"Avanti!" non è oggetto - come dite - di un ridimensionamento strisciante ma di un declino: è un fatto oggettivo, non la conseguenza di una nostra scelta .

Il fatto è che, sui trenta redattori, 22 sono manciniani o di sinistra.

»Il Messaggero continua a scioperare: ma, senza una chiara indicazione di lotta da parte della Federstampa, rischia d'essere uno stillicidio d'energie. Sarebbe il caso che anche i colleghi del giornale romano se ne rendessero conto e ne traessero le necessarie conseguenze esigendo la Ceschia e Curzi impegni precisi.

Della situazione difficile fra Federazione della Stampa e »Messaggero si è avuta ieri una manifestazione in un dibattito svoltosi a Roma sulla riforma dell'informazione anche se le divergenze fra Ceschia e Guarini (intervento dello stato o editori »puri ) non ci sembrano davvero cogliere il problema centrale della stampa italiana e delle lotte per la sua riforma.

Va infine registrata una risposta della Federazione agli editori. Ma si tratta solo di un documento, non ancora di una risposta sindacale.

 
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