SOMMARIO: Nel decimo anniversario del disastro del Vajont, si rievocano i tanti morti, per incidenti o per strage (come quella alla Banca dell'Agricoltura di Milano), o per accidenti sul lavoro, che cospargono la vita civile del Paese. Uno dei magistrati che si occupò del Vajont, il giudice Dal Forno, è tornato alla ribalta della cronaca perché incriminato per illeciti collegati con finanziamenti alla DC. Ma a Roma non c'è solo il caso Dal Forno: ci sono i "cinque giudici" "manutengoli o scherani del SIFAR, ci sono i fratelli Vitalone, c'è infine il caso del magistrato Jannuzzi, di cui si ripercorrono qui vicende e fasti, degni sicuramente di indagine della magistratura...
(LIBERAZIONE, 7 ottobre 1973)
L'inchiesta sui rapporti fra il magistrato Dal Forno che si occupò della strage di Longarone e l'ex-segretario amministrativo della DC Schettini, imputato di truffa, mette alla luce la torbida e complessa realtà di una certa »giustizia romana. Non sono casi individuali di corruzione ma centri di potere omogenei agli interessi della DC e del mondo clericale, con connessioni politiche costanti, spesso fra le più gravi. Il caso del Presidente Jannuzzi
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Il decimo anniversario del Vajont va ricordato. Il tempo passato rende quella strage ancora più allucinante, odiosa, emblematica della società in cui viviamo. Pensate ai venti morti della Banca dell'Agricoltura di Milano, ai duemila scomparsi di Erto, Casso e Longarone, alla campagna di odio, alla giustizia persecutoria, odiosa che si son mosse nella prima di queste occasioni, che ancora proseguono, senza un processo, con anni di galera già imposti e sofferti, con un linciaggio morale assoluto durato per anni sulla base delle convinzioni - diciamo così - dei magistrati Occorsio e Cudillo.
Torniamo ai duemila morti previsti, preventivati, iscritti moralmente nel registro dei profitti e delle perdite del capitalismo italiano, della scienza che gli è prostituita, della classe politica che ne è culturalmente e ideologicamente il prodotto, e della giustizia che li ha irrisi.
Una sorta di nemesi ha fatto sì che uno dei magistrati che al tempo della istruttoria e del processo amministrò la giustizia in quella occasione, il giudice Dal Forno, tornasse proprio in questi giorni all'onore delle cronache.
Sottoposto ad inchiesta, questa volta, e forse già incriminato, viene accusato di aver favorito in modo illecito le operazioni finanziarie dell'ex segretario regionale amministrativo della Democrazia cristiana del Lazio, Schettini.
Se i fatti imputatigli sono veri, Dal Forno ha agito perché attivamente corrotto dallo Schettini? O »solo per amicizia? Al limite, questa seconda ipotesi è la più grave, la meno »individuale e la più emblematica. Emblematica di una situazione romana (certo anche nazionale, ma su questo torneremo in futuro con un'inchiesta precisa) che è infetta, corrotta dal potere pubblico e privato della Democrazia cristiana, degli interessi e dei costumi vaticani, con le sue immobiliari, i suoi finanzieri, le sue speculazioni, i suoi tentacoli in ogni ambiente.
A Roma, da anni, da sempre, sulla magistratura pesa l'ipoteca di voci, di accuse, di denuncie precise. Solo negli ultimi dieci anni, come dimenticare - al tempo del procuratore capo Velotti - i cinque giudici che tutti sapevano essere stati manutengoli e scherani del SIFAR, veri pionieri degli scandali delle intercettazioni che in America rischiano di travolgere il Presidente stesso dello Stato e qui continua a trascinarsi fra una squallida operazione di ricatto, una di rinvio, una di simulazione di giustizia, colpendo al massimo qualche artigiano dell'impresa criminale?
Come tacere, ancora, dopo lo scorcio che ci viene dall'inchiesta a carico di Schettini e di Dal Forno, che da sempre si asserisce che le più turpi o le più raffinate alleanze sono spesso passate dalla sezione fallimentare? Queste cose si spiegano, nei corridoi del palazzo di giustizia, con i legami che lì si intrecciano o che da lì sono testimoniati e che ammorbano ogni settore, non solo quelli democristiani o di estrema destra?
E la ridda di storie su fascicoli e intercettazioni comparsi e scomparsi. La pletora di denuncie e di critiche che a torto o a ragione hanno coinvolto i fratelli Vitalone, magistrato e avvocato, l'uno e l'altro al centro, spesso, di fatti e di avvenimenti giudiziari, politici, cittadini di rilievo. Le infinite inchieste, indagini istruttorie a carico del Comune, di Ospedali Riuniti, di società finanziarie, di immobiliari, di enti religiosi, di previdenza sociale che in genere languono per anni, lustri interi prima di arrivare - a tanta distanza dai fatti, con tanta potenza e tempo di intervento - puntualmente a conclusioni squallide prive di verità e di ombra di giustizia.
Si accusa il sistema, il regime, la Dc; sempre astrazioni, sigle, concetti.
Una galleria di personaggi resta così all'ombra, esposti solo al giudizio ed alle mormorazioni e alle complicità degli iniziati. La calunnia e la verità dilagano insieme. E' necessario il bisturi della responsabilità, dell'iniziativa, perché dietro ognuno di questi volti e di queste storie c'è un Vajont quotidiano, continuo, non solo potenziale. Il Presidente Jannuzzi, per esempio. Abbiamo a mente solo alcuni dei suoi interventi evidenti e pubblici. Non sono di poco conto. Jannuzzi è uno dei più potenti magistrati romani, e forse non solo romani. E' compatibile la prestazione retributiva come direttore della rivista »Giurisprudenza di merito , dell'editore Giuffré, che sia vera o no la cifra di L. 600.000 mensili che si afferma egli percepisca a questo titolo, è compatibile con le sue responsabilità e funzioni? E' compatibile, se si tien anche conto che il comitato scientifico sotto la cui autorità e controllo la rivista viene edita è composto da noti avvocati che svolgono attività civile e penale nel Tribu
nale di Roma e nelle sezioni che sono state presiedute da Jannuzzi? Jannuzzi si è astenuto dal partecipare alle decisioni di cause o provvedimenti giurisdizionali interessante gli avvocati del suddetto comitato? Non vi sono stati dei magistrati »distratti dalla redazione della rivista? L'art. 16 della nuova legge sul trattamento economico dei magistrati non lo vieta, per quanto riguarda il presente? E ancora: Jannuzzi ha mai partecipato o tentato di partecipare, irritualmente, a camere di consiglio di alcune sezioni civili del tribunale, in particolare la III sezione civile? Jannuzzi ha pronunciato il 12 maggio del 1971 la prolusione per i corsi di perfezionamento e aggiornamento per sottufficiali e vigili urbani di Roma diretti dall'avv. Wilfredo Vitalone: allo stesso avvocato, Jannuzzi, o altri magistrati che dovevano, non hanno per caso conferito curatele fallimentari allo stesso Vitalone, suscitando le proteste del Consiglio dell'ordine degli avvocati perché l'anzidetto avvocato non è iscritto all'albo
di Roma? E' esatto che il giudice Santiapichi, il cui servizio presso la Regione Lazio destò al tempo dello »scandalo Rimi qualche clamore o avversità, era stato autorizzato da Jannuzzi ad assumere quell'incarico e che la figlia di Jannuzzi venne assunta, in quel periodo, dalla stessa Regione Lazio, alle dipendenze dell'avv. Vitalone o comunque nel suo entourage?
Dal Forno, va bene. Vedremo come andranno le cose. Ma Jannuzzi?