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Pannella Marco - 1 gennaio 1974
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Marco Pannella

SOMMARIO: Nel gennaio del 1974 il referendum sul divorzio - già fatto slittare di un anno con una discutibile interpretazione della legge - era ormai imminente, e di lì a poco il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto fissarne la data. Tuttavia le forze politiche erano ancora riluttanti a questo scontro. Il Pci, soprattutto, era favorevole ad una modifica peggiorativa della legge per venire incontro ai cattolici e per evitare il "trauma" di una "divisione" del paese. Un atteggiamento che svelava una sostanziale non accettazione delle regole classiche della democrazia liberale, in cui l'esercizio del principio maggioritario è momento fisiologico e non traumatico della vita politica.

(L'Espresso - Gennaio 1974 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

Contro il regno violento della menzogna, poche minoranze di verità condannate dal regime al confino del silenzio ufficiale e della non-comunicazione sociale tentano in queste settimane un'ultima sortita. Si tratta innanzitutto di gettare almeno il fascio di luce della ragione e della conoscenza sulla ribalta dello squallido dramma civile che stiamo vivendo e subendo. Sarà difficile. Il regime non censura più la verità: l'ha corrotta, la possiede. Valori e uomini congeniali, venuti da sponde diverse o opposte, ma tutti convinti assertori della "doppia verità", presiedono ormai la miriade di istituzioni, "pubbliche" o "private" che siano, poliziesche o giornalistiche, economiche o ideologiche, dello Stato corporativo che prospera sotto l'insegna della repubblica democratica.

Chi pensa che siamo dinanzi alla possibile tragica alba di un nuovo 1921 sbaglia: ci troviamo già nel pieno degli anni Trenta. Non sono all'orizzonte le guerre, la distruzione, gli orrori che sfociarono nella nostra Liberazione. Esistono solo le contraddizioni (poderose quanto potenziali) dell'interclassismo corporativo e clericale, del monopartitismo imperfetto della nostra classe politica, che possano farci sperare nella possibilità di conquistare un domani migliore. Ma con quanto sta accadendo sul divorzio, questo domani rischia di arretrare in poche settimane di quinquenni interi. Il referendum contro la legge sul divorzio, infatti, probabilmente non si farà: affermare che "solo un miracolo" può evitarlo è come imboccare la strada più sicura, cupa e remota, per realizzare l'agguato, nel quale il referendum potrebbe essere sequestrato.

Dice L'Unità: "Bufalini ha ricordato che in qualunque momento prima del giorno per cui la consultazione è stata indetta il Parlamento può abrogare la legge per cui il referendum è stato promosso". E le fa eco Rinascita: "Bisogna continuare, con tenacia e perseveranza, e fino all'ultimo, negli sforzi tesi a evitare il referendum".

"Fino all'ultimo" significa infatti qualunque momento prima del giorno per cui la consultazione è stata indetta. Il referendum deve tenersi entro il 15 giugno, ma deve svolgersi di domenica: diciamo quindi entro il 9. L'8 giugno: ecco dunque il tempo tecnico di cui dispone il regime.

Di qui ad allora tutto è possibile, sempre che il Paese si convinca che il referendum è una jattura, una catastrofe che oramai incombe e di fronte alla quale qualsiasi compromesso e prezzo sono possibili e doverosi.

Si mente così, coscientemente, sulla legge del divorzio in vigore, che è ottima; la più severa del mondo. Anziché mostrarla, documentarla, rifiutarsi di squalificarla con il sospetto che sia urgente "migliorarla" si opera da anni una suicida operazione di disgressione. Bufalini indica come modifiche necessarie "il diritto alla mutua", "il diritto alla reversibilità pensionistica", "all'adozione", eccetera. Ma cosa c'entra la "Legge Fortuna"? Perché in tra anni non si sono votati, fra diecimila altri, questi provvedimenti? E mentre si supplica la Democrazia cristiana di accettare l'abrogazione '"con modifiche sostanziali", di questa legge, non si fa nulla invece per l'abrogazione (dopo vent'anni!) delle leggi fasciste e autoritarie, ci si oppone alla richiesta di farlo attraverso la partecipazione popolare di altri referendum. Tutto questo perché? Con quali argomenti? Vediamo.

Si dice: "Per impedire il risorgere di storici steccati". Non solo i "paesi civili", e l'ltalia stessa, ma i movimenti operai e socialisti si sono "uniti" proprio su questi "steccati": quando gli steccati caddero fummo "uniti" nella servitù e nella dittatura. Oppure: "contro il risorgere degli opposti estremismi, clericale e anticlericale" . I contenuti ideali, le ragioni storiche, diventano irrilevanti: un agnosticismo lassista, cinico, si afferma come cultura aggressiva e sicura di sé, ed è il segno inconfondibile d'una vittoria profonda del regime. Civiltà laica e intolleranza clericale vengono liquidati come identici fattori di divisione e di fanatismo. Gli ideali vengono reietti nel limbo dell'utopia, fuori del perimetro della contesa politica e civile.

E ancora: "Per impedire l'abbraccio mefitico di Almirante alla DC" . Il ricorso al referendum è stato voluto dal papa, dalla CEI, dalla DC. Fu un segretario della DC a controfirmare la richiesta. Il milione e mezzo di firme vennero raccolte nelle parrocchie. L'abbraccio col MSI ci fu per cinque anni, in pieno Parlamento, e in pieno "centro-sinistra". Il primo voto contro la proponibilità della "Legge Fortuna" avvenne alla Camera su una eccezione presentata dai parlamentari dei MSI: e tutta la DC, unanime, la votò. La Costituzione è tradita, le leggi fasciste sono in vigore; i corpi separati dello Stato sono impestati di uomini di estrema destra: tutto questo è opera democratica. "L'abbraccio mefitico" c'è: ma è la DC a volerlo.

Dietro questi argomenti antidemocratici e pretestuosi la realtà è ben altra. E quella indicata dai sondaggi sul referendum, che danno per certa la catastrofica sconfitta clerico-fascista. Per questo, per "sequestrare" il referendum , si sono sequestrate da oltre un anno le inchieste demoscopiche e alla fine se ne sono ordinate altre, prefabbricate e mistificanti, che saranno utilizzate nelle prossime settimane.

Vaticano e DC non vogliono questo scontro; ma sono costretti, per averlo richiesto, a contare solo sull'iniziativa comunista e laica. Possono contarci. Cosa accadrebbe, infatti, se il referendum mostrasse che, su temi fondamentali di civiltà, l'alternativa democratica alla DC può contare su una solida maggioranza di milioni di voti, e che solo un parte minoritaria del "mondo cattolico" è dietro le strutture chiesastiche e di regime? L'ipotesi del 5l per cento, di un'alternativa "francese" o quanto meno "tedesca", diverrebbe pressoché obbligata, e anche nei partiti tradizionali le politiche e i gruppi dirigenti che da venticinque anni edificano ogni loro scelta sulla ipotesi della collaborazione privilegiata con la DC e la Chiesa verrebbero finalmente colpiti e spazzati via. Gli otto referendum che i radicali chiedono, il dibattito sull'aborto, si imporrebbero nella loro necessità democratica e nella loro concreta fattibilità.

La drammatizzazione in atto, le mobilitazioni di quadri da una parte e dall'altra dell'estremismo opportunistico, non sono per ora che elementi necessari per giungere a un accordo contro il divorzio e contro il referendum. E' come un incontro di "catch", con tutte le sue regole: gli avversari si fanno smorfie orrende, si minacciano, urlano. Ma solo per la platea. Sono per ora d'accordo solo di non farsi male e per un "match" nullo (il più forte pensa ad altre compensazioni). Lo spazio per una "mediazione" o per altre violenze costituzionali e civili esige questo clima di "Annibale è alle porte". Senza di che sanno che non potrebbero neppure tentar questo allucinante compromesso.

E' dunque necessario altro che semplici "posizioni" laiche e divorziste. E' necessario, urgente, usare una "forza organizzata" per difendere fino all'8 giugno il referendum, e, con esso, il divorzio. Sono necessarie lotte politiche, dal basso, subito. Anche i compagni delle sinistre socialiste, democratiche, liberali e comuniste, devono uscire dal loro atteggiamento nei confronti dei diritti civili: anche il Manifesto e Lotta Continua, che finora hanno usufruito in questo campo di una sorta di "rendita di posizione". Domenica prossima, 20 gennaio, alla manifestazione che il Partito radicale ha indetto al teatro Adriano di Roma in difesa del divorzio e per il lancio di otto referendum abrogativi di leggi fasciste o democristiane, gli impegni potranno concretarsi. Se siamo ancora in tempo.

 
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