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Pannella Marco - 27 marzo 1975
Compromesso storico e compromesso massonico
Marco Pannella

SOMMARIO: A partire dalle accuse, da parte repubblicana, di agire per conto della massoneria, Marco Pannella analizza il ruolo degradato e sostanzialmente subalterno al compromesso storico dell'organizzazione massonica che con il suo Gran Maestro Lino Salvini ha tradito completamente le tradizioni laiche e civili del passato, ben rappresentate da uomini come Ernesto Nathan.

(Abc - 27 marzo 1975 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

Mi sono stati attribuiti due moventi, o due servitù, nel putiferio che sono lieto di avere involontariamente suscitato attorno al PRI, nella consistente - anche se marginale e incidentale - opera di verità che abbiamo così compiuto. Avrei agito su commissione della massoneria italiana, che certuni dicono mobilitata per fagocitare il PRI nel PSI; o avrei creato tutto quello scompiglio per accumulare meriti antirepubblicani con i miei compagni radicali, e guadagnare così un qualche possibile compenso politico o parlamentare da parte dei socialisti.

Da vent'anni mi si insegue con polemiche di questa qualità. I fatti si sono sempre incaricati di depositarle nelle pattumiere storiche dove s'accumulano i prodotti della inintelligenza e della bassezza della classe politica cui non par possibile che qualcun altro possa essere diverso nelle ambizioni, nelle speranze, nella qualità della vita, nei progetti e nei metodi politici e civili. Dispiace che un Ugo La Malfa se ne sia fatto eco, allarma che la sua coscienza si soddisfi ora di così poco e meschino.

Non avrei dunque risposto, affidando al tempo galantuomo il suo giudizio di verità (a meno di incidenti, dovrei ancora aver dinanzi vita sufficiente), se il rilancio di attenzione che così si è creato attorno alla massoneria non consentisse qualche considerazione e qualche chiarezza che mi paiono utili e necessarie.

Non sono, non sono mai stato un massone, e me ne spiace. Per un laico e libertario, quale sono, la massoneria ha origini e tradizioni che non possono non aver avuto qualche fascino, suggerito qualche interrogativo, se non qualche attesa. Anche per questo, nel passato, ho incontrato un paio di volte Salvini e il suo predecessore. Carbonari, massoni, liberi pensatori, più di un secolo fa, erano rivoluzionari veri; nei decenni successivi, e a lungo, vi furono massoni e massonerie di segno profondamente civile e progressista: all'inizio del secolo l'amministrazione Nathan, a Roma, dette alla capitale tutto quel che di democratico, a livello di istituzioni, essa abbia conosciuto fino al 1970. Con la lista di unità popolare e di alternativa al regime clerico-monarchico-moderato, il Sindaco massone fu l'unico civile di tutta la storia di Roma capitale.

Cosa resta oggi di tutto questo? Nella intervista rilasciata al Mondo, il Gran Maestro Salvini, senza reticenze, ce lo svela. Un sodalizio la cui principale attività politica (lasciamo perdere le altre) consiste nel frequentare gesuiti, cardinali e collitorti, nel proclamare con fierezza che non s'è impegnato sul divorzio, che non s'impegna sull'aborto, che sono bene accetti esponenti democristiani e clericali anche al proprio interno, e che pratica un'unica discriminazione: contro i comunisti.

Il Gran Maestro ci conferma anche di essere un iscritto al PSI, e in questo è modesto: visto che fa anche parte di un qualche direttivo di una qualche sottosezione di quel partito. Assicura di poter contare su un centinaio di parlamentari, su molti ministri, sui potenti del regime. E chi ne dubita? Far della massoneria uno strumento, un alibi per sostenere nei fatti la conferma (detta "revisione") del Concordato, farsi mallevadore in pubblici convivi, a New York, del laicismo, della democraticità e del patriottismo di Giulio Andreotti e Emilio Colombo; rifiutare di combattere le grandi battaglie storiche di liberazione laica e sociale per i diritti civili; situarsi nel PSI con posizioni di anticomunismo viscerale, di alleanza istituzionale con Vaticano e DC (nella misura in cui questi lo accettano); tollerare o ricercare a livello di esercito, di polizia, di magistratura le più torbide adesioni, merita certo un serio riconoscimento di regime.

Io non avevo, da tempo, illusioni e attese verso costoro. Ma quando penso a tanti amici e fratelli, a tante logge della provincia italiana, a tanti onesti e ingenui massoni così ingannati e usati, allo scempio d'una tradizione che, altrove, in particolare in Francia, riesce ancora ad avere momenti di altissimo valore civile e anche politico, sono tentato dalla rabbia e dalla nausea. Poi mi ricordo che vi sono purtroppo migliori occasioni per provarle e superarle. Mi vien voglia di divenirlo, massone, di contribuire a contestare e strappare all'ignobile presente ufficiale eredità d'un passato che andrebbe rispettato e compreso e difeso.

Ed è da questi pulpiti, magari, che si usa o userà l'alibi laico per condannare il "compromesso storico" dei comunisti che essi praticano invece nei retrobottega del sottogoverno. Mi scusi La Malfa se lo prego di grattarsi questa rogna senza pensare di potermela passare. Quando sarò massone, ne sia sicuro (mi conosce abbastanza), lo proclamerò. Quando avrò progetti con il PSI, anche. Quando ritenessi necessario rischiare nuovi anatemi e linciaggi dai compagni comunisti che ancora nel passato recente non andavano tanto per il sottile, in Italia contro i radicali e socialisti laici e libertari, non esiterò, convinto che esser compagni, volere l'unità, esiga più amore per la verità che per la comodità di corrive compiacenze o complicità.

Per ora, il "compromesso storico" non mi fa più paura. Dopo il 13 maggio è divenuto tattica, che disapprovo, di un partito di opposizione che ha scoperto la forza democratica, laica e alternativa di un Paese cui non credeva. Non più strategia, non è più timore d'una inesistente debolezza popolare. Corretto dall'evidenza dei fatti, l'errore dei compagni comunisti non è più al centro dei nostri timori.

Non a caso, oggi, pur nelle differenze, pur in alcune persistenti infelici scelte (come il testo iniziale della proposta di legge sull'aborto), non è giunta dal PCI, tutt'altro, alcuna critica o opposizione al nostro progetto di referendum contro le leggi fasciste del regime. Forse se si continua a insistere sulla tattica del compromesso sono invece le bandiere liberali e laiche del risorgimento che, troppo tempo dopo la proclamazione di Togliatti, cominciano davvero a essere da loro innalzate senza riserva.

Sono ottimista? Forse. Ma senza ottimismo non avremmo creato dieci anni fa la LID, non avremmo imposto la battaglia del divorzio, non saremmo nemmeno impegnati, con il Congresso d'organizzazione del referendum sull'aborto che si terrà a Roma contemporaneamente e a poche centinaia di metri dal Congresso del PCI, a preparare seriamente nuovi e conclusivi 13 maggio.

 
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