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Signorino Mario - 30 agosto 1976
DALL'ANTAGONISTA RADICALE AL PROTAGONISTA SOCIALISTA
XVI congresso straordinario del Partito Radicale

di Mario Signorino

SOMMARIO: Nel commentare i lavori del XVI congresso straordinario del Partito radicale, Signorino rileva come il comportamento dei radicali, dopo i successi conseguiti, non sia mutato, rimanendo quello di appartenenti ad un partito non "perbene". In particolare, il partito deve adeguarsi alle nuove adesioni provenienti dall'area radicale e socialista che la crisi del PSI ha lasciato priva di un punto di riferimento politico. L'indicazione proposta è: "disorganizzarci scientificamente", ossia stimolare la nascita di gruppi autonomi e snellire le strutture organizzative, rifiutando il finanziamento pubblico che favorirebbe il "funzionariato".

(PROVA RADICALE, luglio/agosto 1976)

Niente da fare, non cambiano. Se qualcuno si aspettava che l'ingresso in Parlamento costringesse i radicali a darsi una qualche rispettabilità o normalità, questo congresso straordinario - il sedicesimo nella storia del partito - l'ha irrimediabilmente smentito. Qualche segno s'era avuto già all'indomani delle elezioni, alla festa organizzata a Piazza Navona, a Roma. Quei simpatizzanti che erano arrivati speranzosi al seguito del quoziente - "ora, dicevano, bisogna dare un taglio alle stranezze, alla disorganizzazione" - erano rimasti di sale quando uno degli irregolari che gravitano attorno alla sede di via di Torre Argentina s'era impadronito del palco per fare uno spogliarello, e nessuno s'era trasformato in poliziotto per cacciarlo.

Il congresso dice ora chiaro e tondo che la "politica da marciapiede" non è stata abbandonata. Vi ho assistito, più che come radicale, come giornalista che cerca spunti per un articolo frettoloso. Ricordo che, tanti anni fa, agli inizi della lotta per il divorzio, m'era già accaduto di assistere, da giornalista non radicale, ai congressi di un Partito Radicale allora emarginato del tutto dalla politica ufficiale: far pubblicare un articolo su di esso equivaleva a un atto di simpatia militante. Oggi può sembrare assurdo, ma in quegli anni a mostrarsi in giro con Pannella si correva il rischio di perdere la propria rispettabilità politica o di diventare quanto meno sospetto. Anche allora, comunque, a chi pretendeva di applicare ai congressi radicali gli schemi consueti riusciva difficile ricavare una visione critica definita, capire quelle cose strane che succedevano, e che "non dovevano" succedere in un partito perbene.

Stavolta c'è anche la curiosità di vedere come si ritrova un partito che ha imposto in questi anni le sue battaglie e i suoi successi, che è passato da congressi di decine di persone a congressi con migliaia di partecipanti. Ma ancora una volta bisogna rinunciare agli appigli del mestiere: non ci sono i riferimenti delle correnti, tanto meno le indiscrezioni sui giochi di corridoio; i discorsi ideologici, le analisi generali sono secondarie nel programma dei lavori. Il fatto è che in questo congresso non ci si limita a Parlare di politica, ma si vuole fare politica: a norma di statuto, i congressi radicali hanno il compito di decidere le lotte da portare avanti - e solo quelle che si ritiene possibile condurre - in un anno, cioè fino al congresso successivo. Stavolta si doveva decidere cosa fare nei prossimi tre mesi fino al congresso ordinario che si terrà a Napoli ai primi di novembre.

Che cosa in particolare? Innanzitutto l'adeguamento del Partito, delle sue strutture, dello statuto, alla massa delle nuove adesioni, provenienti da quell'area radicale e socialista libertaria che la crisi del PSI ha privato di un consistente punto di riferimento politico, e con la quale il Partito Radicale ha potuto finora stabilire solo legami ristretti. Lo slogan del congresso rivela chiaramente le ambizioni del partito: "Dall'antagonista radicale al protagonista socialista". Cinquemila iscritti e circa 20 mila simpatizzanti, 240 sedi o recapiti associativi, contro i 130 di due mesi fa: cifre non alte rispetto ad altri partiti, ma impensabili appena qualche anno fa nel Partito Radicale. C'è poi il pericolo di una riduzione del partito nell'ambito parlamentare e del rafforzamento delle strutture organizzative centrali con le inevitabili degenerazioni burocratiche.

Si è risposto con un'indicazione antiautoritaria: "disorganizziamoci scientificamente". Vale a dire, stimoliamo la nascita di gruppi autonomi, che agiscano anche in settori rimasti finora estranei al partito; invece di rafforzare le strutture organizzative, snellirle e renderle più efficienti, come servizi a sostegno dei gruppi autonomi. Di qui il rifiuto del finanziamento pubblico: non solo perché l'attuale forma di finanziamento pubblico equivale a una "nazionalizzazione" di fatto, ma perché - ha dichiarato il tesoriere - "la fisionomia del partito ne sarebbe stravolta, non si resisterebbe alla tentazione del funzionariato, ai viaggi pagati, si rinuncerebbe a cercare i mezzi di auto finanziamento anche per le piccole cose"; e le nuove iniziative perderebbero il carattere tipico delle lotte radicali, l'autogestione e l'autofinanziamento.

Fare e ragionare politica, dunque: ma con la gente considerata normalmente spoliticizzata, nei casini che accompagnano ogni congresso radicale, che fanno inorridire giornalisti e politici, ma che sono il segno di un lavoro collettivo che non prevede deleghe, delle difficoltà che nascono con ogni nuovo militante spesso Per il persistere di tentazioni e complessi d'inferiorità nei confronti delle ideologie "rivoluzionarie" dominanti.

Di sicuro nessun altro partito corre il rischio di esibire questo "casino" radicale. Ma la capacità di superarlo ogni volta, di farlo esplodere più forte con sempre nuovi militanti, conferma la validità del "disorganizzarsi scientificamente" per dare espressione politica all'area socialista libertaria. Vedremo se ancora una volta il protagonista radicale risulterà vincente.

 
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