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Cosentino Francesco - 13 ottobre 1976
(7) L'assegnazione degli scranni nell'aula della Camera
I POSTI DEI RADICALI di Francesco Cosentino (Il Tempo del 13 ottobre 1976)

PREMESSA: All'inizio della VII legislatura i quattro deputati eletti nelle liste radicali (Emma Bonino, Adele Faccio, Mauro Mellini, Marco Pannella) si scontrano con l'ostinata volontà del gruppo parlamentare comunista e del Presidente della Camera Pietro Ingrao (Pci) d'impedir loro di sedere all'estrema sinistra dell'aula. I deputati radicali avevano infatti preso posto ai margini estremi dell'emiciclo per sottolineare la loro estraneità ed opposizione a quella maggioranza sostanziale che si autodefinisce dell'"Arco costituzionale" - una "ammucchiata", la chiamano i radicali, che spazia dal Pci alla Dc attraverso il Psi, il Psdi, il Pli e il Pri per comprendere più del 90% dei parlamentari - che si consoliderà e formalizzerà nel corso della VII e VIII legislatura. Questa vicenda, di per sé marginale ma che spinge il Presidente Ingrao ad espellere dall'Aula l'intero gruppo radicale, rappresenta la prima manifestazione emblematica di quel clima d'intolleranza nei confronti dell'unica reale opposizione esisten

te in Parlamento che caratterizzerà gli anni del "compromesso storico" e della "Unità nazionale" e che vedrà in particolare i comunisti nel ruolo di puntello autoritario della maggioranza. Particolare violenza viene quindi riservata dal Pci ai radicali che per la prima volta osavano insidiare il trentennale monopolio comunista dell'opposizione di sinistra in Parlamento svelando la natura storicamente compromissoria e sostanzialmente subordinata alla Dc della loro politica. Nella gestione presidenziale della questione degli scranni già si manifestano quelle forzature ed anche quelle vere e proprie violazioni regolamentari che successivamente diverranno prassi costante per tentare di spegnere la voce dell'opposizione radicale.

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SOMMARIO: Francesco Cosentino, già segretario generale della Camera, afferma che il regolamento è stato violato dal Presidente dell'Assemblea quando ha impedito ai deputati radicali di proporre l'inserimento nell'ordine del giorno della questione dei posti in aula e d'investire l'Assemblea della decisione. "Negare ad un gruppo minore la parola e rinunciare a far valere col voto le ragioni della maggioranza, quale che essa sia, significa sacrificare i principi al vitello d'oro dell'unanimismo deteriore".

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INDICE COMPLETO DEI DOCUMENTI E ARTICOLI SULLA QUESTIONE DELL'ASSEGNAZIONE DEI POSTI IN AULA NELLA VII LEGISLATURA:

- Lettera di Marco Pannella al Presidente della Camera sul problema dell'assegnazione dei posti in aula (31 luglio 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale) [testo n. 4660];

- Lettera di Marco Pannella ai presidenti dei gruppi parlamentari della Camera e, per conoscenza, al Presidente della Camera sulla dislocazione in aula dei gruppi (14 agosto 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale) [testo n. 4661];

- Il Resto del Carlino (30 agosto 1976);

- Il Tempo (30 agosto 1976);

- La Repubblica (1 ottobre 1976);

- Il Resto del Carlino (2 ottobre 1976);

- Lettera a tutti i deputati con richiesta di solidarietà per il problema degli scranni (6 ottobre 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale) [testo n. 4662];

- Espulsione dall'aula dei Deputati Pannella, Mellini, Faccio e Bonino (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 7 ottobre 1976);

- Lettere di solidarietà di Raffaele Costa, Mario Segni, Gerardo Bianco, Alessandro Giordano, Sergio Cuminetti, Antonio Brusca (7 ottobre 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale);

- Richiesta di dibattito sulla questione degli scranni (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta dell'8 ottobre 1976);

- Il Messaggero (8 ottobre 1976);

- Il Giornale (8 ottobre 1976);

- Corriere della Sera (8 ottobre 1976) [testo n. 4663];

- La Stampa (8 ottobre 1976);

- Paese Sera (8 ottobre 1976);

- Gazzetta del Popolo (8 ottobre 1976);

- L'unità (8 ottobre 1976);

- L'Avvenire (8 ottobre 1976);

- Lettere di Luigi Spaventa e Massimo De Carolis (8 ottobre 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale);

- Conferenza stampa del gruppo radicale (9 ottobre 1976) [testo n. 4664]

- Dichiarazione del gruppo radicale sulla lettera di Riccardo Lombardi (9 ottobre 1976) [testo n. 4665]

- Intervento sul processo verbale dei deputati radicali sull'espulsione dall'aula (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 12 ottobre 1976);

- Corriere della Sera (13 ottobre 1976);

- La Nazione (13 ottobre 1976);

- Paese Sera (13 ottobre 1976);

- Il Tempo (13 ottobre 1976) [testo n. 4666];

- Il Giorno (13 ottobre 1976);

- Lettera di Antonio Caldoro (15 ottobre 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale);

- Tempo (17 ottobre 1976) [testo n. 4667];

- Dichiarazione del gruppo radicale sulla dislocazione dei posti in aula (conferenza capigruppo - 21 ottobre 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale) [testo n. 4668];

- Comunicato stampa del Presidente della Camera (21 ottobre 1976 - "Questioni regolamentari e costituzionali" a cura del Gruppo Parlamentare Radicale) [testo n. 4669];

- Pannella sul comunicato del Presidente - Replica di Ingrao (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 22 ottobre 1976);

- L'Avvenire (22 ottobre 1976);

- Pannella sul processo verbale sottolinea che le modalità di votazione del 22 ottobre non devono costituire precedente (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 28 ottobre 1976);

- I deputati radicali abbandonano l'aula (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 28 ottobre 1976);

- Pannella sull'art. 36 del Regolamento (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 8 novembre 1976);

- I deputati comunisti impediscono a Pannella di parlare dal suo banco (Camera dei Deputati - Resoconto stenografico della seduta del 4 maggio 1978);

(CAMERA DEI DEPUTATI, Gruppo Parlamentare Radicale, VII legislatura, "QUESTIONI REGOLAMENTARI E COSTITUZIONALI" dal 5 luglio 1976 al 5 maggio 1978)

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I POSTI DEI RADICALI di Francesco Cosentino

(Il Tempo del 13.10.1976)

La pattuglia radicale alla Camera è certamente intemperante, pittoresca, aggressiva ed i suoi componenti riescono a volte a dare la sensazione di preferire che i diritti che rivendicano siano conculcati, anziché riconosciuti, per aver modo così di dare libero sfogo alla ennesima campagna contro la presunta violenza del potere!

Non me la sentirei, però, di dare loro torto quando protestano nei confronti del rifiuto opposto dalla Presidenza dell'Assemblea, venerdì scorso, alla loro proposta di inserire nell'ordine del giorno della seduta successiva la questione dei posti in aula.

L'art. 26 del Regolamento della Camera stabilisce, infatti, che se all'annuncio, da parte del Presidente, dell'ordine del giorno per la prossima seduta vi sia opposizione , l'Assemblea decide con voto per alzata di mano, uditi un oratore contro ed uno a favore per non più di dieci minuti ciascuno. Non è ammessa opposizione - che può avere luogo anche mediante proposte alternative a quelle della Presidenza - quando l'ordine del giorno annunciato sia stato predisposto sulla base del programma e del calendario dei lavori approvati a norma degli articoli 23 e 24.

Gli articoli sopraindicati si riferiscono al metodo cosiddetto della organizzazione dei lavori da parte della Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari, per quel che attiene al programma trimestrale, e dei rispettivi rappresentanti per quanto concerne il calendario bisettimanale.

La regola è che il programma se approvato all'unanimità dalla Conferenza, diviene impegnativo dopo la comunicazione alla Assemblea, ove peraltro, se un deputato chiede di discuterlo, l'Assemblea decide, sentiti un oratore per gruppo per non più di cinque minuti ciascuno. Non essendo prescritta la modalità della votazione, è chiaro che possono essere richiesti l'appello nominale o lo scrutinio segreto,

Quanto al calendario, la unanimità non è tassativa e, se non v'è accordo, l'Assemblea decide sulle proposte presentate, sentiti i proponenti e, per non più di cinque minuti ciascuno, un oratore per gruppo. Il modo di votazione non è, anche in questo caso, obbligatoriamente per alzata di mano. Il calendario, comunque approvato, deve essere stampato e distribuito.

Quando manca l'unanimità sul programma, viene meno la comunicazione all'Assemblea e quindi ogni possibilità di discuterne, così come, ovviamente, essendo il calendario legato all'esistenza del programma, anche quest'ultimo finisce per essere sottratto alla decisione della Camera.

A differenza del Senato, ove norme regolamentari più dettagliate e minuziose fanno sì che, sempre e comunque, l'Assemblea possa discutere di un programma-calendario sulla base di uno schema settimanale (art. 54, commi V e VI) rendendolo definitivo e vincolante col proprio eventuale voto, la carenza di unanimità produce alla Camera il vuoto in materia di ordine dei lavori, rimanendo quindi aperto ad ogni deputato il ricorso all'articolo 26 per la determinazione dell'ordine del giorno di seduta in seduta.

Vero è che esiste una prassi quinquennale - è doveroso darne atto - la quale prevede che in simili casi il Presidente della Camera formuli le sue proposte di volta in volta, tenendo conto degli orientamenti emersi in sede di Conferenza. Ma è altrettanto vero che si tratta di proposte autorevoli quanto si vuole, ma revocabili in dubbio da parte di qualsiasi deputato che, a norma del citato art. 26, ne presenti di altre alternative.

Che tali sia la situazione di diritto e di fatto, rivelano del resto, e ampiamente, i lavori preparatori del regolamento del '71, ove la testi del "giorno per giorno" - in carenza di unanimità - venne sostenuta e fatta prevalere dalle minoranze del tempo a migliore loro tutela, come è chiaro, di fronte al rischio che una solida maggioranza potesse ipotecare ben tre mesi di lavoro della Camera con un solo voto dell'Assemblea.

Ora, nel caso della richiesta dei radicali, non risulta che alcun programma dei lavori sia divenuto definitivo a seguito di regolare comunicazione alla Camera a norma dell'art. 23 del Regolamento, né, tanto meno, che un calendario sia stato stampato e distribuito a termini dell'art. 24. Non sussistevano, cioè, i requisiti idonei a negare a un deputato il diritto di formulare proposte alternative a quelle della Presidenza in sede di informazione dell'ordine del giorno della seduta successiva. Ed è per questo motivo che i deputati radicali hanno ottime ragioni per protestare sulla procedura adottata.

Per quanto riguarda il merito, però, e cioè la loro pretesa di occupare stabilmente i seggi dell'Aula che si erano autoattribuiti fin dall'inizio della legislatura, la questione è ben diversa.

Nessuna norma regolamentare stabilisce quando e come gli scanni esistenti nell'Aula di Montecitorio debbano essere assegnati ai deputati dei vari gruppi, ivi compreso quello misto. Per tradizione antica - prima che l'esigenza di posti fissi connessa col voto elettronico rendesse necessaria l'apposizione dei nomi sui banchi - ciascun deputato era libero di sedere dove preferiva, anche se una consuetudine altrettanto antica voleva che lo schieramento dei gruppi nell'Aula riproducesse quello politico tradizionale, dalla sinistra estrema alla destra del seggio presidenziale.

Quanto le suaccennate esigenze del voto elettronico ebbero a verificarsi nel corso delle precedenti legislature, in alcune riunioni della Conferenza dei Presidente, dell'Ufficio di Presidenza e del Collegio dei Questori, la situazione di fatto venne sancita de jure, con ampia e reciproca buona volontà nel dirimere le divergenze.

Ma è fuori d'ogni dubbio che, in assenza di accordi precisi, nessuno può privare un gruppo, per esiguo che sia, di chiamare l'Assemblea a giudice della propria pretesa. Così come, per converso, nessuno può impedire alla stessa Assemblea di decidere in modo definitivo e cogente, attraverso il formarsi di una maggioranza qualsiasi in sede di votazione.

A tale voto il gruppo radicale non potrebbe che inchinarsi e ottemperare.

Come si vede - ed è questa la lezione che si deve trarre dall'episodio altrimenti soltanto folcloristico - non è bene attentare impunemente alla grande e unica legge della democrazia, che è e resta quella della maggioranza - e cioè, in termini poveri, della metà più uno - che ha il diritto di decidere quando ogni minoranza, anche la più esigua, abbia avuto modo di enunciare e spiegare le proprie opinioni.

Negare ad un gruppo minore la parola e rinunciare a far valere col voto le ragioni della maggioranza, quale che essa sia, significa sacrificare i principi al vitello d'oro dell'unanimismo deteriore, dietro la cui facciata si cela il volto dell'assemblearismo che è, sempre in ogni caso, l'antitesi del regime parlamentare.

E' forse venuto il momento di rievocare le rimembranze liceali per non dimenticare che la demagogia non è soltanto la degenerazione della democrazia, ma anche l'anticamera della tirannia?

(Francesco Cosentino)

 
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