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Notizie Radicali - 14 febbraio 1977
RADICALI: MOZIONE APPROVATO DAL CONSIGLIO FEDERATIVO DEL PR

SOMMARIO: LA MOZIONE APPROVATA SABATO DAL CONSIGLIO FEDERATIVO DEL PR IN RELAZIONE AI PROBLEMI SOLLEVATI DAL COSIDDETTO CASO PLEBE: 1) RIBADITO CHE LA MANCANZA DI CONTROLLO E DI SINDACATO SUL DIRITTO DEI CITTADINI AD INSCRIVERSI AL PR E' LA CONNOTAZIONE FONDAMENTALE DELLA CONCEZIONI LIBERTARIA DELLO STATUTO RADICALE; 2) DECISA L'APERTURA DI UN DIBATTITO SULLO STATUTO; 3) RIBADITA L'IMPOSSIBILITA' DI INQUINAMENTO DELLA POLITICA DEL PR DA PARTE DI PLEBE O ALTRI; 4) LO STATUTO DEL PER NON CONSENTE A NESSUNO CHE SIA PARLAMENTARE DI RAPPRESENTARLO. UNA SECONDA MOZIONE RESPINTA CON CINQUE VOTI SU 16.

(NOTIZIE RADICALI n. 44, 14 febbraio 1977)

Roma, 14 febbraio - N.R. - Si sono conclusi sabato sera i lavori del Consiglio Federativo del Partito Radicale. All'ordine del giorno, oltre alla definizione del pacchetto referendario, era la discussione sullo statuto del partito, in relazione anche al cosiddetto ``caso Plebe''. Su questo punto sono state presentate due mozioni: la prima è stata approvata con nove voti su sedici; la seconda ha avuto cinque voti. Gli astenuti sono stati due. Il testo della mozione approvata è il seguente:

``Il Consiglio Federativo del Partito Radicale, ascoltata la relazione del presidente del CF, Gianfranco Spadaccia, sullo statuto del partito in ordine ai problemi sollevati dal cosiddetto ``caso Plebe'', ritiene che la mancanza di ogni potere di sindacato e di controllo sul diritto dei cittadini ad iscriversi al partito e di ogni potere disciplinare del partito nei confronti degli iscritti costituisce la connotazione fondamentale della concezione libertaria che ispira lo statuto del PR e, cadute le quali, il partito ricadrebbe nella prassi autoritaria propria della tradizione giacobina e leninista che contraddistingue sia pure in forma di garantismo tutte le altre formazioni politiche della sinistra;

approva la decisione della segreteria nazionale del partito di aprire un dibattito sullo statuto che consenta il maggiore approfondimento possibile sia sui principi libertari che esso contiene, sia sulle conseguenze che potrebbero avere eventuali modificazioni.

Afferma con vigore che nessuno, né all'interno né all'esterno del partito, può utilizzare le capriole politiche e le stravaganze futuristico-culturali del sen. Plebe, che ha accettato di militare per cinque anni nelle file del fascismo dei sicari dell'on. Almirante; dopo essere stato per 15 anni uno dei maggiori esponenti della cultura frontista, per inquinare o stravolgere l'immagine del PR. Questo non sarà possibile a nessuno né per il caso Plebe né per qualsiasi ``caso'' o provocazione interna o esterna al partito. Il nostro antifascismo è quello della nostra storia e delle nostre lotte, quelle contro il fascismo di oggi che è prima di tutto nelle istituzioni del regime democristiano contro il militarismo, contro la repressione sessuale, contro il clericalismo, l'autoritarismo, il classismo di oggi, le quali sole possono giustificare il richiamo alle lotte, alle persecuzioni, ai sacrifici, alla testimonianza, alle sconfitte e alle vittorie, ai meriti come agli errori degli antifascisti e dei radicali che

ci hanno preceduto.

Mentre ricorda al sen. Plebe che lo statuto del PR non consente a nessun parlamentare, neppure eletto nelle liste radicali, di rappresentare il partito, e meno che mai può consentirlo ad un senatore eletto nel MSI-DN, il Consiglio Federativo, come primo contributo al dibattito aperto dalla segreteria nazionale del Partito, ricorda a tutti i radicali che nessuno può impossessarsi di un partito libertario, laico, socialista, non ideologico, in cui la mozione congressuale deve essere approvata, per essere vincolante per tutti gli iscritti, dai 3/4 dei voti del congresso nazionale, in cui i depositari dei valori e delle linee radicali non sono gli organi del partito ma tutte le associazioni e ciascun militante radicale.''

Diamo inoltre il testo della mozione respinta dal Consiglio Federativo con cinque voti su sedici:

``Il Consiglio Federativo del PR ha preso in esame la situazione creatasi con la ventilata possibilità di adesione del prof. Armando Plebe al Partito Radicale. Il Consiglio Federativo ritiene che, al di là di ogni questione statutaria, il Partito non possa esonerarsi dall'esprimere un preciso giudizio politico.

L'iscrizione di Plebe al PR sarebbe, da punto di vista politico, un gesto dettato da una volontà di prevaricare, e compiuto sfruttando le possibilità offerte da uno statuto libertario e nonviolento, come quello radicale, e dimostrerebbe, al più, che il sen. Plebe usa tuttora metodi che sono la negazione della nonviolenza e della serietà dell'impegno radicale; nella migliore delle ipotesi tale iscrizione nascerebbe da un equivoco, che ai limiti della provocazione, tra futurismo e radicalismo. Ciò che è certo è che i radicali non chiameranno né considereranno compagno il suddetto Plebe, che con estrema impudenza dice di voler rappresentare a livello europeo il movimento radicale. Il Consiglio Federativo ricorda al sen. Plebe che la tradizione radicale è rappresentata da Amendola, Gobetti e Rosselli uccisi dai fascisti, da Salvemini esiliato dal regime fascista, da Ernesto Rossi, incarcerato dall'O.V.RA, e che, perciò, le sue interviste sono un'offesa grave per tutti i radicali. Il sen. Plebe cominci a dimostra

re la sua ``conversione'' dando le dimissioni da senatore e ritirandosi a meditare sui suoi trascorsi di teorico del MSI quando esplodevano le bombe sui treni. Per ora egli è e resta per tutti il filosofo della violenza e della reazione.''

 
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